Storia

La cremazione è una forma di trattamento del cadavere attraverso la sua combustione e conseguente riduzione in ceneri praticata già da civiltà mediterranee quali gli etruschi, i greci e i romani.

Le prime testimonianze certe della sepoltura con il fuoco risalgono al neolitico, presente soprattutto tra le popolazioni legate al nomadismo, ma anche, (talora insieme con l’inumazione) tra quelle sedentarie, in alcuni casi la cremazione era riservata solo ai guerrieri caduti in battaglia o alle donne morte durante il parto.

Nell’antica Ellade (narrata dai poemi omerici) la cremazione era rito regale riservato all’aristocrazia guerriera, mentre, spesso, durante le campagne militari, i cadaveri dell’anonima soldataglia erano smaltiti attraverso ingiuria di belve ed animali selvatici (“[…] e di cani ed augelli orrido pasto lor salme abbandonò” come appunto si legge nel prologo dell’Iliade secondo la celeberrima traduzione di Vincenzo Monti).

Nelle tavole esposte nel foro dell’antica Roma Repubblicana era fatto divieto di cremare o inumare i corpi intra moenia, ossia entro il perimetro delle mura. Si tratta forse della più antica legge, giuridicamente codificata in tema di polizia mortuaria in tutta la storia del territorio italiano e delle popolazioni che lo abitarono sin dai tempi più remoti.

Il cristianesimo preferì l’inumazione o la tumulazione nelle catacombe, in simmetria con la tradizione giudaica dove i corpi venivano sepolti entro nicchie, epigee o ipogee, ricavate nella roccia. D’altra parte il Vecchio Testamento considera la cremazione un onore straordinario riservato ai re e agli eroi (Saul, Davide, Salomone, ecc.), come si legge negli scritti di San Gerolamo.

Il Cristo non detta agli Apostoli istruzioni sulle pratiche funerarie, e distrattamente si occupa di polizia mortuaria se non per paragonare gli ipocriti a sepolcri imbiancati, da cui, però, fuoriescono miasmi o per segnare con la Sua Parola una cesura recisa e netta con il passato attraverso la figura retorica dell’eterna dicotomia tra vita e morte (“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”,Luca 9:59-62 ).

Nel mondo romano il rito dell’incinerazione era appannaggio delle classi nobili: solo i patrizi si sarebbero potuti permettere la pompa funebre della pira costruita con legni preziosi irrorati di balsamo.

Fu anche per questa ragione che le prime comunità cristiane, pervase da un senso dì umiltà e di eguaglianza preferirono allo sfarzo tipico di queste cerimonie , la semplicità dell’inumazione o della deposizione dei morti in celle murarie scavate nel tufo.

Solo intorno al IX secolo la chiesa vietò la cremazione considerata una forma pagana di trattamento del defunto anche se nel Vangelo nulla si dice a tal proposito, tra i primi credenti in Gesù di Nazareth l’ignizione era ancora accettata, sono, infatti, state rinvenute urne cinerarie di epoca paleocristiana.

Tutto il pensiero cristiano, è, però, pervaso dall’idea delle fiamme viste non tanto come purificazione, ma quale prefigurazione dei tormenti infernali ove sarebbe stato piano e stridore di denti, secondo il monito evangelico; è quindi pienamente comprensibile questo slittamento della Chiesa verso posizioni fortemente proibizioniste.

La legislazione carolingia (Capitulare Paderbrunnense del 785) del Sacro Romano Impero, addirittura, colpiva la scelta cremazionista, ormai ridotta alla clandestinità, con la massima delle sanzioni penali: la morte.

Verso l’anno Mille la cremazione scomparve pressoché da tutta l’area mediterranea, poichè bandita come massimo scandalo dalla cristianità e dalle aree geografiche influenzate dall’Islam.

Il Medioevo esasperò il concetto delle sepolture ad sanctos, ossi vicino agli avelli ed ai reliquiari dove riposavano le spoglie del Santi Martiri caduti durante le persecuzioni, così estese a nobili, ecclesiastici ed ai ceti più abbienti il diritto alla sepoltura all’interno di chiese, pievi cimiteriali, basiliche e cattedrali. Lungo tutto questo periodo morti e vivi vissero in totale promiscuità.

Papa Bonifacio Ottavo il 21 febbraio del 1300 con la Detestandae Feritats Abusu vietò la cremazione anche come metodo di profilassi in situazioni di emergenza igienico-sanitaria, tale prassi, infatti, era instaurata in Terrasanta durante le crociate per smaltire rapidamente i cadaveri dei soldati caduti in battaglia.

Il dibattito sull’introduzione della cremazione si riaprì durante la rivoluzione francese e, ancora di più, nella seconda metà del IX secolo promosso da uomini ispirati al positivismo scientifico cui si rifacevano molti medici igienisti.

Determinante fu poi il contributo culturale offerto da minoranze molto organizzate ed attive come le società segrete della massoneria.

La data di partenza per questa epocale rivoluzione culturale è l’11 novembre 1797 quando a Parigi venne sottoposto all’attenzione del Consiglio dei Cinquecento un disegno di legge per accordare a tutti i cittadini la libertà di far cremare i loro morti.

Il colpo mortale contro il monopolio della Chiesa su morti e cimiteri fu, però, vibrato dalla legislazione napoleonica con l’Editto di Saint Cloud, in forza del quale l’autorità civile diventava unica e esclusiva titolare dell’azione di polizia mortuaria.

La morte ed i cadaveri divennero allora un problema di salute pubblica, sottratto alla sfera privata del lutto.

Da allora la cremazione si è affermata nel mondo occidentale quale, da un lato, espressione di un pensiero libero e razionale, e, dall’altro, efficace soluzione al problema degli spazi cimiteriali.

Il clero anglicano con la nascita di una società nominata “The Church of England Sanitary Association appoggiò con convinzione la scelta cremazionista.

In Italia il dibattito sull’incinerazione riportò le prime vittorie sul piano giuridico soltanto nel 1888 quando la cremazione sarà contemplata come facoltativa dalla nuova legge sanitaria con regolamentazione di dettaglio dettata da un Decreto del 1892.

Verso la fine del Diciannovesimo secolo nel Centro-Nord si assiste al sorgere spontaneo di “Associazioni per la Cremazione de’cadaveri”, meglio conosciute con la sigla di So.Crem.

La reazione della Chiesa fu durissima ed intransigente, così tra il 1886 ed il 1892 l’adesione alle So.Crem fu condannata in modo risoluto.

In quel momento storico la mentalità cremazionista attecchisce soprattutto in ambienti di stampo laico ed ispirazione medico-scientifica, il movimento non è di carattere meramente antireligioso.

La realizzazione del primo impianto crematorio avviene a Milano (1876), seguono, poi, Cremona (1883), Roma (1883), Varese (1884), Udine (1884), Firenze (1885), La Spezia (1885), Torino (1887), Bologna (1889).

Per far fronte all’aumento esponenziale di cremazioni le municipalità, poco propense ad investire direttamente, adottarono il rimedio più semplice, attribuendo il concessione l’esercizio di questo nuovo servizio pubblico alle associazioni crematorie già dotate di forni. (Tale disposizione fu poi codificata nell’attuale Testo Unico Leggi Sanitarie approvato con Regio Decreto 1265/1934 ed è stata solo recentemente novellata con la Legge 30 marzo 2001 n. 130).

Nel 1880 il Ministro Rattazzi recepì le istanze dei cremazionisti introducendo anche nell’ordinamento italiano la possibilità di destinare al fuoco le spoglie umane.

I reali effetti ottenuti da questa svolta saranno, però, di dimensioni contenute, anche perchè, operativamente, l’incinerazione continua a rappresentare un’opzione molto costosa caldeggiata pur sempre da una minoranza elitaria ed economica.

Nel nostro paese la cremazione è diffusa in percentuali che variano sensibilmente da regione e regione.

Se in alcune zone della penisola si ricorre alla cremazione anche nel 30% dei casi di scelta di trattamento del cadavere, in altre la percentuale non raggiunge l’1%. Si noti anche che vi sono grandi città prive di forni crematori.

In Italia, il movimento cremazionista, in epoca post unitaria, affrontò un feroce ostruzionismo da parte della Santa Sede e successivamente durante il ventennio fascista la cui influenza nella mentalità dell’italiano medio si estese ben oltre la fine della guerra.

Nell’epoca della dittatura, la cremazione venne giudicata con sovrano distacco e malcelata indifferenza, essa era sì il portato di una cultura libertaria d’èlite non certo allineata alla politica di potenza mussoliniana, ma non venne nemmeno particolarmente osteggiata, se, infatti, non si traduceva in una scelta condivisa dalla gerarchia del partito, l’incinerazione dei cadaveri era tutto sommato innocua e fortemente minoritaria, o quasi marginale, rispetto ai costumi ed alla morale di massa imposti dal regime. A differenza del Caudillo Francisco Franco, il Duce, seppur imprudentemente scambiato per uomo della Provvidenza non si presentò mai come defensor fidei, per rappresentare, in chiave moderna e totalitaria, la millenaria alleanza tra trono ed altare.

Il pensiero fascista, storicamente, partiva da presupposti ideologici di forte anticlericalismo, anche se rapporti tra il Vaticano ed il Regno, dopo lo strappo della Legge sulle Guarentigie, il ‘Non Expedit’ del Pontefice con cui si negava legittimità allo Stato Italiano, ed il lungo trascinarsi della questione romana, si normalizzarono proprio per volontà di Benito Mussolini, che cercò un’intesa con la Chiesa al fine di accrescere il proprio potere, ancora instabile: i Patti Lateranensi vennero siglati nel 1929.

Nel 1987 il Parlamento Italiano approva una Legge sulla gratuità dei servizi cimiteriali di cremazione ed inumazione, poi abrogata con l’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 in cui si stabilisce l’onerosità delle operazioni di polizia mortuaria (trasporti, sepolture, disseppellimenti) fatti salvi i casi di disinteresse, vita sola, stato di indigenza.

E nelle prossime righe potrete trovare i riferimenti ad alcuni articoli che trattano la materia:


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