I cadaveri durante la loro permanenza nella tomba, sia essa una fossa di terra oppure un tumulo, sono soggetti a diverse trasformazioni di stato intermedie prima di degradare a semplice ossame e, quindi, in polvere secondo il celebre monito biblico (et in pulvem reverteris!).
L’attività cimiteriale è ciclica e non ad accumulo, è, dunque, finalizzata alla scheletrizzazione dei corpi e non al loro mantenimento nella condizione di integrità immediatamente successiva al decesso, proprio per assicurare spazio alle nuove sepolture; quindi, dopo il periodo di sepoltura legale, si eseguono le operazioni di esumazione o estumulazione volte a rimuovere le vecchie tombe (con il loro contenuto), così da poterle riutilizzare.
Dal 10 febbraio 1976, da quando entrò in vigore il vecchio regolamento di polizia mortuaria per ogni cadavere, anche tumulato, deve esser fissato un tempo massimo di sepoltura (coincidente, quasi sempre, con l’esaurirsi della concessione) oltre il quale procedere con il disseppellimento proprio per verificare l’avvenuta mineralizzazione dei tessuti organici e provvedere alla raccolta delle ossa. Sono, infatti, vietate le concessioni perpetue.
Particolari condizioni ambientali, chimiche e fisiche possono inibire, rallentare o modificare radicalmente i processi di normale decomposizione della materia organica di cui consiste il corpo umano, quindi non è sempre vero che all’atto dell’apertura della tomba si rinvengano solo ossa, spesso, in effetti, i corpi sono ancora incorrotti (per effetto dei fenomeni postmortali di corificazione, saponificazione o mummificazione) o solo parzialmente intaccati dalla putredine.
Il maggiore dei problemi gestionali per i cimiteri italiani è proprio questo: i morti non si scheletrizzano nei tempi e nei modi previsti!
Da circa 10 anni a questa parte si rileva con sempre maggior frequenza come le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) abbiano elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione.
Questo dato tendenziale, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi, e nei prossimi anni, cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.
Ci si è quindi cominciato a chiedere quali fossero le cause di un simile trend negativo, tenuto conto che spesso i terreni di inumazione erano gli stessi (e in certi casi si era addirittura determinato un abbassamento delle falde superficiali per effetto di forti emungimenti dai pozzi) capaci, in passato, di garantire una certa efficienza “mineralizzante”.
E’ stato, inoltre, per certi versi sconvolgente constatare come nella tumulazione più si seguiva alla lettera la norma di legge e più si ottenevano risultati pessimi in termini di efficacia “mineralizzante”.
In pratica l’ impermeabilità ai liquidi e ai gas della bara e della cella muraria, unita magari alla puntura conservativa, determina condizioni di prolungamento nel tempo dei fenomeni di scheletrizzazione.
A partire dagli anni ‘90 si comincia ad avvertire l’esigenza di una norma con cui affrontare questa difficoltà strutturale, ossia lo smaltimento di cadaveri dissepolti ma ancora intatti che, non potendo esser ridotti in cassetta ossario o in ossario comune, continuerebbero ad occupare per ancora molto altro tempo posti feretro, riducendo, così, la capacità ricettiva del camposanto per i nuovi morti.
L’attuale regolamento di polizia mortuaria è varato il 10 settembre del 1990, ma, con una certa miopia, non introduce nuovi strumenti operativi, limitandosi a prescrivere per gli inconsunti estumulati un ulteriore periodo di interro, ed, ovviamente, in sede di calcolo del fabbisogno cimiteriale, ovvero del dimensionamento dei campi a sistema di inumazione, si dovrà appunto considerare questa ulteriore esigenza in termini di fosse.
Prendere coscienza di una problema significa anche dotarsi di un linguaggio tecnico-giuridico con cui, poi codificare le disposizioni normative per risolverlo o, quanto meno arginarlo: il cadavere mummificato, corificato o saponificato rappresenta un’entità medico legale di difficile interpretazione, invece il legislatore per uniformare i protocolli operativi della complessa macchina chiamata “polizia mortuaria”, decide, in diversi passaggi, ma con un obiettivo di fondo chiaro, di adottare una definizione amministrativa ed uniformante, basata su un criterio temporale, prima con la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, poi con la Legge 30 marzo 2001 n. 130 ed infine con il DPR 15 luglio 2003 n. 254: da questo momento i cadaveri indecomposti sono detti “Resti Mortali”, ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo a prescindere dal loro stato di reale conservazione (completo prosciugamento, presenza di parti molli…), se sono trascorsi almeno 10 anni dalla loro inumazione o 20 anni dalla loro tumulazione.
Quindi i cadaveri inconsunti, se dalla prima sepoltura sono passati gli anni di sepoltura legale (10 per l’inumazione, 20 per la tumulazione), cessano di esser tali e divengono resti mortali, ossia una nuova fattispecie cimiteriale cui l’ordinamento giuridico italiano riserva riconoscimento e protezione affievoliti rispetto al cadavere.
Prima, in mancanza di una norma positiva, anche la giurisprudenza più autorevole della Suprema Corte di Cassazione aveva oscillato non poco sul concetto di cadavere ora estendendolo sino alla completa dissoluzione dello stesso in ossa sciolte, ora limitandolo al solo corpo umano privo sì delle funzioni vitali, ma dotato di tutte le fattezze anatomiche ben riconoscibili e tali da suscitare sentimento di pietà e devozione verso i defunti.
In linea teorica anche all’interno dell’architettura normativa del DPR 285/90 è sempre consentita la cremazione dell’esito del fenomeno cadaverico trasformativo conservativo su richiesta dei familiari aventi titolo (a meno che non vi fosse un divieto espresso in vita dal de cuius). Per coloro che sono morti dopo il 1990 vale inoltre il criterio del silenzio assenso, cioè ai familiari si sostituisce il Responsabile del cimitero quando sia stata data opportuna pubblicità della destinazione finale di tali inconsunti, previa decisione del Sindaco con apposita ordinanza, ma vi sono due fortissime limitazioni altamente paralizzanti:
- l’impossibilità di cremare cadaveri di persone decedute quando vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria (in regime di DPR 803/1975 si sarebbe potuto dal luogo alla cremazione solo dietro espresso volere del de cuius senza che tale volontà potesse esser surrogata o integrata dai famigliari dello stesso).
-
L’obbligo di un turno supplementare di inumazione per gli indecomposti estumulati, con l’implicito divieto, quindi, di cremare l’indecomposto subito dopo l’estumulazione
In regime di DPR 285/90 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza (ma sono casi estremi) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.
La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .
Da questo pronunciamento della stessa autorità sanitaria statale emerge sempre come centrale l’elemento della volontà, che è una costante di tutta la legislazione in tema cremazione.
Questa volontà può risolversi in:
- atto di disposizione in termini di diritti personalissimi e di pietas (il dar sepoltura attiene alla sfera più intima delle relazioni giuridiche e parentali);
-
una decisione (cioè un potere discrezionale esercitato da un soggetto a rilevanza politica) che attiene alle funzioni del sindaco e va formalizzata con opportuna pubblicità notizia in un’apposita ordinanza.
Come manifestare allora la volontà per la cremazione dei resti mortali?
il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.
Circa l’opzione cremazionista per resti mortali ed ossame (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare il resto mortale o le ossa. Non è più necessaria, infatti, la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato.
La cremazione dei resti mortali e delle ossa può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto. La loro opposizione o contrarietà alla cremazione, invece, deve sempre esser rispettata.
Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivoco protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.
Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie o delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere,se non quello della sua dichiarazione resa al competente ufficio (potrebbe esser anche quello del cimitero) da parte di chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Altri giuristi si spingono ancora oltre con una lettura più estrema del DPR 254/2003, a loro avviso addirittura gli aventi titolo non esternerebbero neppure una volontà ma un semplice assenso (cioè una non contrarietà) qualora il comune attraverso l’ordinanza che regola le estumulazioni avesse previsto in via generale la cremazione come trattamento dei resti mortali.
Tale assenso non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 poiché il procedimento non avrebbe luogo ad impulso dei familiari, come avviene, invece, per la cremazione dei cadaveri.
Questo aspetto sembra un sofisma, ma è molto importante, perché rimarca la profonda differenza tra cadavere e resto mortale: Ad esempio: l’autorità comunale non può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere (se non vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica) perché per cremare un cadavere anche in caso di silenzio del de cuius, occorre pur sempre la volontà non sostituibile da terzi estranei, dei più stretti famigliari, e se si registra l’inerzia di quest’ultimi per la legge italiana la naturale sepoltura di un defunto è solo l’inumazione.
Se seguiamo questa logica di giusta semplificazione basterebbe, dunque un’autodichiarazione degli aventi titolo ai sensi del DPR 445/2000.
Per oppure ossa o resti mortali non richiesti si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti mortali oppure per ossa appartenute a diversi cadaveri).
La dottrina si interroga ancora su questo dilemma: “il divieto di cremazione da parte del de cuius si estende solo al suo cadavere o anche ai resti del suo cadavere?”. Cadavere e resto morali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre.
Diversa, invece, sarebbe un’inibizione legata alla durata di una concessione. Esempio: concessione di 90 anni con assoluta proibizione di estumulare un feretro per ridurne o bruciare i resti mortali. In quest’ipotesi il resto mortale sarebbe cremabile solo al naturale estinguersi del rapporto concessorio.
X carlo
Ciao carlo mi spieghi come si fa a dicharare x poter cremare i resti ossei …….
voglio dire la volonta e nostra cioe dei figli non di mio padre morto 30 anni fa’
Grazie
X redazione
Nel caso specifico, in seguito ad una serie ( 20 ) estumulazioni per la scadenza della concessione, è stata svolta da una ditta apposita la serie di servizi cimiteriali ( estumulazione ) e alcune imprese di onoranze funebri sono state incaricate dai famigliari di occuparsi della cremazione dei resti mortali.
In questo caso specifico dovrebbero fatturare i costi inerenti il servizio di cremazione ( costi di cremazione, cassa in cellulosa, trasporto, sacco barriera…) con IVA al 22%, Giusto?
x Daniele
A nostro avviso, nel caso da Lei prospettato, non si è in presenza di funerale e quindi la cessione di beni e servizi è soggetta ad IVA ad aliquota intera del 22%.
X Daniele,
chiedo scusa, ma oggi rispondo ” a rate” o, se si preferisce, “a singhiozzo”!
Qui da noi, in Emilia-Romagna con la DGR n. 156 del 13/2/2006, cioè con un atto sostanzialmente amministrativo e non di rango Legislativo o, tutt’al più Regolamentare, si individua, all”interno della definizione di attività funebre, non solo il trasporto di salme o di cadaveri, ma altresì anche quello di resti mortali, dilatando indebitamente la definizione dell’art. 13 comma 1, L.R. (Emilia-Romagna) 29/7/2004, n. 19. In dottrina, si consiglia, con cautela, di depotenziare (= disapplicare?) questa linea d’indirizzo, poiché il trasferimento di resti mortali può esser effettuato anche da chi eroghi il servizio di trasporto cose, soprattutto in forza delle recenti riforme in tema di liberalizzazioni e libertà d’impresa, fermo restando l’obbligo di adeguato confezionamento dei relativi contenitori, qualora si ravvisi anche il solo pericolo di percolazioni cadaveriche.
Per l’autorizzazione al trasporto è competente il Comune di partenza,
Se il trasporto avviene dentro il cimitero, è sufficiente la sola
registrazione di cui all’art. 52 D.P.R. 285/90.
Se il trasporto avviene entro il Comune, è sufficiente l’autorizzazione
del competente ufficio comunale.
La procedura per il confezionamento dei resti mortali prevede l’uso di contenitori di materiale facilmente biodegradabile (o combustibile, ) se questi saranno avviati alla cremazione ad eccezione della presenza
di parti molli rilevate dalla competente autorità di vigilanza (ASL o
Comune), nel qual caso è obbligatorio l’uso di feretro con caratteristiche analoghe a quelle di trasporto di cadavere (cassone esterno ermetico facilmente lavabile o disinfettabile, cassa anche grezza purché munita di dispositivo plastico impermeabilizzante o meglio ancora contenitore, pure di materiale “leggero” predisposto solo con lenzuolino di contenimento magari cosparso di polvere assorbente a base batterico-enzimatica, Questa terza soluzione permette sia di arginare le eventuali perdite di liquido cadaverico, almeno per il tempo necessario al trasporto, consentendo di lavorare in piena sicurezza, sia di favorire l’ossigenazione dei tessuti corporei, così da accelerarne il naturale dissolvimento grazie ai processi ossidativi, ovviamente se la destinazione ultima dei resti mortali sarà l’inumazione in campo indecomposti… per la cremazione il problema non si porrebbe neppure, in quanto il feretrino sarà direttamente incinerato, ossia sottoposto ad un fortissimo processo ossidativo, ancorché “violento”, perché indotto dal calore.
Rif. normativi: Circolare Min. Salute 31 luglio 1998 n°10
Risoluz. Min. Salute p.n. DGPREV-IV6885P/I.4.c.d.3
del 23/03/2004
X Daniele,
La lettera e) del comma 3 dell’art. 1 L.R. n. 19/2004 circoscrive l’ambito cimiteriale.
L’elencazione non presenta elementi di novità, essendo una ricognizione dell’esistente, quando ci si riferisce all’insieme delle attività connesse alla disponibilità del demanio cimiteriale:
1. operazioni cimiteriali e la loro registrazione;
2. le concessioni di spazi cimiteriali
3. la cremazione
4. illuminazione elettrica votiva.
La lettera f) del comma 3 dell’art. 1 LR 19/2004 delinea il complesso delle funzioni di polizia mortuaria. L’enumerazione è tassativa e quindi non ampliabile e vi si ricomprendono attività:
1) Autorizzatorie (tutte le operazioni, in questo caso, cimiteriali, sono sempre soggette ad autorizzazione amministrativa).
2 Vigilanza
3) Controllo
Da parte degli enti competenti. Si tratta quindi di quelle pubbliche funzioni che devono essere svolte da una pubblica autorità e non possono essere oggetto di affidamento all’esterno.
E’ il Comune il principale soggetto competente, sia per funzioni ad esso attribuite dalla L.R., sia per i compiti statali (stato civile) svolte in ossequio a norma statale, sia ancora per funzioni previste da norme nazionali in materia funeraria richiamate dalla L.R.
Tra attività funebre commerciale e gestione in regime di monopolio del servizio cimiteriale è, comunque, prevista la separazione societaria ex Art. 5 comma 2 L.R. n. 19/2004 e Legge n. 287/1990.
Nella regione emilia romagna, alla luce della legge regionale 19/2004 si può considerare anomalo che una onoranza funebre si occupi della cremazione dei resti mortali da estumulazione, essendo gli stessi dei servizi cimiteriali? in questo caso devono essere fatturati con aliquota iva al 22% vero?
Grazie.
x sogeci
Cosa significa che una onoranza funebre si occupa della cremazione di resti mortali?
Se intende che è incaricata dalla famiglia di confezionare in contenitore il resto mortale, trasportarlo al crematorio e recuperare sempre su incarico della famiglia l’urna cineraria, questo è consentito.
Non certo le operazioni cimiteriali che originano il resto mortale, che sono competenza del gestore.
Quanto all’IVA da applicare non risultano, a nostra memoria, delle risoluzioni dell’Agenzia delle entrate su questa fattispecie.
Sicuramente la fattura del crematorio è con IVA al 22% se il gestore è un soggetto diverso dal comune.
La questione è relativa alla fornitura di beni e servizi al di fuori di un funerale da parte di una impresa funebre.
Potrebbe intendersi attratta dall’attività principale, se viene fatto il tutto in un funerale di cui sia stata incaricata l’impresa funebre, e quindi esente IVA.
Se invece il confezionamento e il trasporto del resto mortale al crematorio è commissionato da Comune o altro soggetto (ad es. gestore del cimitero), non si tratta di funerale o attratto nella sfera del funerale, ma a nostro avviso, è cessione di beni e servizi soggetti ad aliquota IVA nella misura ordinaria del 22%.
Non in presenza di funerale la cessione di beni e servizi è soggetta ad IVA ad aliquota (ora) del 22%.
Ma è opportuno approfondire la questione. Quindi al momento questa parte di risposta è dubitativa.
X CARLO.
La sua risposta è stata rapida, chiara ed esauriente. La ringraziamo per l’interessamento e le facciamo i nostri complimenti per la competenza che ha in materia.
X Roberto Cozzani,
Sono, così come, del resto, erano, già in passato, a titolo oneroso le estumulazioni vere e proprie, le spese di pulizia e sanificazione del loculo, nonché di smaltimento dei rifiuti prodotti, la sostituzione della lapide (in modo che, dal giorno successivo alla scadenza possa esservi assegnazione a terzi),
Il comune, poi, se non vuole incorrere nelle ire della Corte dei Conti per danno erariale ex Art. 93 D.Lgs n. 267/2000, dovrà imputare al privato cittadino l’onere dell’inumazione post-estumulazione, l’eventuale cremazione, incluse le operazioni di collocamento nell’ossario comunale, sempre quando quest’ultime possano eseguirsi ai sensi dell’Art. 87 DPR 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria
Il costo da affrontare, grava sul concessionario per le prime operazioni inerenti alla “manutenzione della tomba”, una volta giunti alla scadenza della concessione, mentre per le seconde, le quali prevedono in ogni caso l’esercizio di un diritto di disposizione, sul coniuge o, se questi manchi, sui parenti nel grado più prossimo e, in caso di loro pluralità, tutti costoro SOLIDARMENTE sono obbligati verso il comune.
Il comune, quale titolare ultimo della funzione cimiteriale, se rileva un protratto silenzio da parte dei soggetti comunque obbligati a provvedere può scegliere tra due soluzioni:
a) ricorre a metodi di riscossione forzosa del credito attraverso gli ordinari strumenti e le relative azioni del Cod. Civile o, ancor meglio con l’iscrizione “a ruolo” dell’inadempiente ex D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, come modificato con D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 e si veda, anche. il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come modificato dal già citato D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 per quanto riguarda in particolare i termini stessi di iscrizione a ruolo)
b) Il comune appurata la non volontà (manifesto rifiuto???) di assunzione degli oneri da parte degli aventi titolo a pronunciarsi sulla destinazione dei resti mortali, procede d’ufficio in termini di cosiddetto disinteresse dei familiari, qualora, però, il familiare adotti comportamenti contrastanti con il disinteresse, viene a mutare il quadro di riferimento, consentendo di qualificare l’intervento come gestione di affari altrui (art. 2028 e segg. Cod. Civile) e quindi sorge la legittimazione (dovere? ex art. 93 D. Lgs. n. 267/2000) della ripetizione delle somme. Ma il mero reperimento di un familiare, senza alcun suo comportamento ‘attivo’ (cioe’ contrastante con il disinteresse), non fa sussistere, ex se, la possibilità di ripetere le somme erogate/anticipate dalla pubblica amministrazione al gestore del cimitero. Il “disinteresse” deve pertanto risultare da procedura certa dettata dal Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria.
Il Comune rimane estraneo ad eventuali accordi interni tra gli aventi diritto sulla ripartizione degli oneri al sostenimento dei quali essi sono tenuti in solido (è bene ribadire il concetto), le operazioni cimiteriali, invece, quali appunto estumulazioni, cremazioni ed inumazioni sono servizi pubblici locali erogati in regime di monopolio, il comune, poi, può anche, nella propria autonomia, affidarli ad un soggetto esterno il quale opererà pur sempre in regime di esclusiva.
Una missiva inviataci dal Comune (piccola località della Val di Vara, Provincia della Spezia, Regione Liguria) preavvisa che la salma di una lontana parente, deceduta 30 anni fa, verrà a breve estumulata.
Unitamente alla notizia ci informa che dovremmo sostenere delle spese, a seconda della scelta che andremo a fare.
Ecco le tariffe :
1) estumulazione ordinaria e cremazione 2000 euro.
2) estumulazione ordinaria e inumazione per 3 anni (1000 euro), dopodiché ossa nell’urna murata al cimitero per 30 anni ( altri 650 euro)
3) ulteriore rinnovo della concessione del tumulo per altri 10 anni (1000 euro), dopodiché le ossa resteranno per 30 anni nell’urna cimiteriale (altri 650 euro)
Per corretta narrativa aggiungo anche che non siamo gli unici eredi della defunta, ma l’ufficio del Comune ha inviato solo a noi la comunicazione perché unici residenti in zona.
Le nostre domande sono:
A) Dobbiamo, obbligatoriamente, provvedere al pagamento richiesto? Qualora facessimo “orecchie da mercante”, ignorando la comunicazione sopracitata, cosa potrebbe accadere?
B) Il Comune non dovrebbe prendersi la briga di contattare lui stesso tutti gli eredi, invece che chiedere solo a noi l’intero l’importo dell’operazione?
Abbiamo forti dubbi che gli altri parenti ci vengano incontro accollandosi una quota delle spese previste.
C) Esiste la possibilità di avere agevolazioni (sconti) per le categorie a basso reddito?
D) E’ possibile richiedere “preventivi” ad altri soggetti della zona (Pubbliche Assistenze ecc) per verificare se è possibile risparmiare qualcosa, oppure esiste una sorta di monopolio con appalto del Comune ad un’unica società, senza possibilità di rivolgersi ad altri?
Sperando di essere stati chiari nella descrizione della situazione, restiamo in attesa di una cortese risposta di merito. Grazie.
Il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.
L’Autorizzazione alla cremazione, anche di resto mortale, comporta pur sempre una manifestazione di volontà da parte degli aventi diritto a pronunciarsi, anche se nella forma affievolita del semplice assenso amministrativo. Occorre, allora, comunque, un atto volitivo degli interessati jure sanguinis. Solo in loro assenza comprovata, o in caso di loro protratto ed ingiustificato silenzio (leggasi DISINTERESSE che, appunto è l’animus di “fregarsene bellamente” ) provvede di default il comune, deliberando d’ufficio ed a proprie spese l’incinerazione del resto mortale esumato. Lei, quindi, ha tutto il diritto ad opporsi, con atto scritto da notificare al Suo comune, alla cremazione della spoglia mortale di Suo nonno. Naturalmente gli oneri per la re-inumazione ed il trasferimento in altro campo di terra riservato agli indecomposti, saranno a Suo esclusivo carico.
HO IL NONNO CHE E’ MORTO NEL DICEMBRE DEL 1969 ED E’ STA-TO SEPOLTO SEPOLTO IN TOMBA GENTILIZIA.EDIFICATA DALLA PRRPRIA MADRE-
UN PARENTE, (NIPOTE) PER POTER USUFRUIRE DELLA TOMBA, PER LA SEPOLTURA DEI PROPRI GENITORI, GIUSTIFICANDOSI SULLA NECESSITA’ DI ADEGUARE LA TOMBA ALLE NUOVE NORMATIVE CHE NEL CONTEMPO ERANO STATE PUBBLICATE..
PROVVIDE A FAR ESTUMULARE TUTTE LE SALME CONTENUTE NELLA TOMBA E A RACCOGLIERE I RESTI IN CASSETTINE.-
LA SALMA DEL NONNO ERA ANCORA INTATTA PER CUI IL COMUNE DISPOSE L’INUMAZIONE PER CINQUE ANNI, E, POI, PERDURANDO IL FENOMENO PER ALTRI CINQUE ANNI.-
ORA IL COMUNE DESIDERA LIBERARE L’AREA DEL CAMPO PER POTER PROCEDERE AD INUMAZIONI E QUINDI MI”INTIMA” DI PòROCEDERE ALLA CREMAZIONE DEI RESTI “A MIE SPESE”
IO INVECE DESIDERO CHE LA SALMA RIMANGA PER ALTRI DIECI ANNI INUMATA.-. E’ POSSIBILE?
ATTENDO NOTIZIE.-
Grazie /dal Veneto