Cremare resti mortali

I cadaveri durante la loro permanenza nella tomba, sia essa una fossa di terra oppure un tumulo, sono soggetti a diverse trasformazioni di stato intermedie prima di degradare a semplice ossame e, quindi, in polvere secondo il celebre monito biblico (et in pulvem reverteris!).

L’attività cimiteriale è ciclica e non ad accumulo, è, dunque, finalizzata alla scheletrizzazione dei corpi e non al loro mantenimento nella condizione di integrità immediatamente successiva al decesso, proprio per assicurare spazio alle nuove sepolture; quindi, dopo il periodo di sepoltura legale, si eseguono le operazioni di esumazione o estumulazione volte a rimuovere le vecchie tombe (con il loro contenuto), così da poterle riutilizzare.

Dal 10 febbraio 1976, da quando entrò in vigore il vecchio regolamento di polizia mortuaria per ogni cadavere, anche tumulato, deve esser fissato un tempo massimo di sepoltura (coincidente, quasi sempre, con l’esaurirsi della concessione) oltre il quale procedere con il disseppellimento proprio per verificare l’avvenuta mineralizzazione dei tessuti organici e provvedere alla raccolta delle ossa. Sono, infatti, vietate le concessioni perpetue.

Particolari condizioni ambientali, chimiche e fisiche possono inibire, rallentare o modificare radicalmente i processi di normale decomposizione della materia organica di cui consiste il corpo umano, quindi non è sempre vero che all’atto dell’apertura della tomba si rinvengano solo ossa, spesso, in effetti, i corpi sono ancora incorrotti (per effetto dei fenomeni postmortali di corificazione, saponificazione o mummificazione) o solo parzialmente intaccati dalla putredine.

Il maggiore dei problemi gestionali per i cimiteri italiani è proprio questo: i morti non si scheletrizzano nei tempi e nei modi previsti!

Da circa 10 anni a questa parte si rileva con sempre maggior frequenza come le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) abbiano elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione.

Questo dato tendenziale, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi, e nei prossimi anni, cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.

Ci si è quindi cominciato a chiedere quali fossero le cause di un simile trend negativo, tenuto conto che spesso i terreni di inumazione erano gli stessi (e in certi casi si era addirittura determinato un abbassamento delle falde superficiali per effetto di forti emungimenti dai pozzi) capaci, in passato, di garantire una certa efficienza “mineralizzante”.

E’ stato, inoltre, per certi versi sconvolgente constatare come nella tumulazione più si seguiva alla lettera la norma di legge e più si ottenevano risultati pessimi in termini di efficacia “mineralizzante”.

In pratica l’ impermeabilità ai liquidi e ai gas della bara e della cella muraria, unita magari alla puntura conservativa, determina condizioni di prolungamento nel tempo dei fenomeni di scheletrizzazione.

A partire dagli anni ‘90 si comincia ad avvertire l’esigenza di una norma con cui affrontare questa difficoltà strutturale, ossia lo smaltimento di cadaveri dissepolti ma ancora intatti che, non potendo esser ridotti in cassetta ossario o in ossario comune, continuerebbero ad occupare per ancora molto altro tempo posti feretro, riducendo, così, la capacità ricettiva del camposanto per i nuovi morti.

L’attuale regolamento di polizia mortuaria è varato il 10 settembre del 1990, ma, con una certa miopia, non introduce nuovi strumenti operativi, limitandosi a prescrivere per gli inconsunti estumulati un ulteriore periodo di interro, ed, ovviamente, in sede di calcolo del fabbisogno cimiteriale, ovvero del dimensionamento dei campi a sistema di inumazione, si dovrà appunto considerare questa ulteriore esigenza in termini di fosse.

Prendere coscienza di una problema significa anche dotarsi di un linguaggio tecnico-giuridico con cui, poi codificare le disposizioni normative per risolverlo o, quanto meno arginarlo: il cadavere mummificato, corificato o saponificato rappresenta un’entità medico legale di difficile interpretazione, invece il legislatore per uniformare i protocolli operativi della complessa macchina chiamata “polizia mortuaria”, decide, in diversi passaggi, ma con un obiettivo di fondo chiaro, di adottare una definizione amministrativa ed uniformante, basata su un criterio temporale, prima con la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, poi con la Legge 30 marzo 2001 n. 130 ed infine con il DPR 15 luglio 2003 n. 254: da questo momento i cadaveri indecomposti sono detti “Resti Mortali”, ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo a prescindere dal loro stato di reale conservazione (completo prosciugamento, presenza di parti molli…), se sono trascorsi almeno 10 anni dalla loro inumazione o 20 anni dalla loro tumulazione.

Quindi i cadaveri inconsunti, se dalla prima sepoltura sono passati gli anni di sepoltura legale (10 per l’inumazione, 20 per la tumulazione), cessano di esser tali e divengono resti mortali, ossia una nuova fattispecie cimiteriale cui l’ordinamento giuridico italiano riserva riconoscimento e protezione affievoliti rispetto al cadavere.

Prima, in mancanza di una norma positiva, anche la giurisprudenza più autorevole della Suprema Corte di Cassazione aveva oscillato non poco sul concetto di cadavere ora estendendolo sino alla completa dissoluzione dello stesso in ossa sciolte, ora limitandolo al solo corpo umano privo sì delle funzioni vitali, ma dotato di tutte le fattezze anatomiche ben riconoscibili e tali da suscitare sentimento di pietà e devozione verso i defunti.

In linea teorica anche all’interno dell’architettura normativa del DPR 285/90 è sempre consentita la cremazione dell’esito del fenomeno cadaverico trasformativo conservativo su richiesta dei familiari aventi titolo (a meno che non vi fosse un divieto espresso in vita dal de cuius). Per coloro che sono morti dopo il 1990 vale inoltre il criterio del silenzio assenso, cioè ai familiari si sostituisce il Responsabile del cimitero quando sia stata data opportuna pubblicità della destinazione finale di tali inconsunti, previa decisione del Sindaco con apposita ordinanza, ma vi sono due fortissime limitazioni altamente paralizzanti:

  • l’impossibilità di cremare cadaveri di persone decedute quando vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria (in regime di DPR 803/1975 si sarebbe potuto dal luogo alla cremazione solo dietro espresso volere del de cuius senza che tale volontà potesse esser surrogata o integrata dai famigliari dello stesso).

  • L’obbligo di un turno supplementare di inumazione per gli indecomposti estumulati, con l’implicito divieto, quindi, di cremare l’indecomposto subito dopo l’estumulazione

In regime di DPR 285/90 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza (ma sono casi estremi) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.

La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .

Da questo pronunciamento della stessa autorità sanitaria statale emerge sempre come centrale l’elemento della volontà, che è una costante di tutta la legislazione in tema cremazione.

Questa volontà può risolversi in:

  • atto di disposizione in termini di diritti personalissimi e di pietas (il dar sepoltura attiene alla sfera più intima delle relazioni giuridiche e parentali);

  • una decisione (cioè un potere discrezionale esercitato da un soggetto a rilevanza politica) che attiene alle funzioni del sindaco e va formalizzata con opportuna pubblicità notizia in un’apposita ordinanza.

Come manifestare allora la volontà per la cremazione dei resti mortali?

il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.

Circa l’opzione cremazionista per resti mortali ed ossame (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare il resto mortale o le ossa. Non è più necessaria, infatti, la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato.

La cremazione dei resti mortali e delle ossa può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto. La loro opposizione o contrarietà alla cremazione, invece, deve sempre esser rispettata.

Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivoco protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie o delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere,se non quello della sua dichiarazione resa al competente ufficio (potrebbe esser anche quello del cimitero) da parte di chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Altri giuristi si spingono ancora oltre con una lettura più estrema del DPR 254/2003, a loro avviso addirittura gli aventi titolo non esternerebbero neppure una volontà ma un semplice assenso (cioè una non contrarietà) qualora il comune attraverso l’ordinanza che regola le estumulazioni avesse previsto in via generale la cremazione come trattamento dei resti mortali.

Tale assenso non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 poiché il procedimento non avrebbe luogo ad impulso dei familiari, come avviene, invece, per la cremazione dei cadaveri.

Questo aspetto sembra un sofisma, ma è molto importante, perché rimarca la profonda differenza tra cadavere e resto mortale: Ad esempio: l’autorità comunale non può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere (se non vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica) perché per cremare un cadavere anche in caso di silenzio del de cuius, occorre pur sempre la volontà non sostituibile da terzi estranei, dei più stretti famigliari, e se si registra l’inerzia di quest’ultimi per la legge italiana la naturale sepoltura di un defunto è solo l’inumazione.

Se seguiamo questa logica di giusta semplificazione basterebbe, dunque un’autodichiarazione degli aventi titolo ai sensi del DPR 445/2000.

Per oppure ossa o resti mortali non richiesti si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti mortali oppure per ossa appartenute a diversi cadaveri).

La dottrina si interroga ancora su questo dilemma: “il divieto di cremazione da parte del de cuius si estende solo al suo cadavere o anche ai resti del suo cadavere?”. Cadavere e resto morali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre.

Diversa, invece, sarebbe un’inibizione legata alla durata di una concessione. Esempio: concessione di 90 anni con assoluta proibizione di estumulare un feretro per ridurne o bruciare i resti mortali. In quest’ipotesi il resto mortale sarebbe cremabile solo al naturale estinguersi del rapporto concessorio.

127 thoughts on “Cremare resti mortali

  1. Nel procedimento autorizzatorio per cremazione delle cosidette “salme inconsunte” provenienti da estumulazione, per superare l’impasse operativo originato dalla previsione dell’Art. 86 comma 2 DPR n.285/1990 (obbligo di un turno supplementare di rotazione in campo di terra prima di provvedere alla cremazione degli indecomposti) Legge 30 marzo 2001 n. 130 e DPR 15 luglio 2003 n. 254 s’intersecano pericolosamente creando una curiosa assimmetria normativa legata soprattutto al nomen juris di quell’entità medico-legale oggi conosciuta come “resto mortale”, per la cui definizione canonica si rinvia all’Art. 3 comma 1 lett. b) DPR n.254/2003, dopo che a più riprese, con semplici atti istruttivi come le due Circolari Esplicative n. 24/1993 e n.10/1998 il Ministero della Sanità aveva cercato di porre rimedio alla confusione linguistica del DPR n.285/1990, il quale spesso sovrappone confusamente i termini di “resti ossei” e “resti mortali”.

    Per fortuna, a far chiarezza in questa congerie semantica è intervenuto, conla sua emanazione, il DPR n.254/2003, di pari grado nella gerarchia dellefonti e, soprattutto successivo al regolamento nazionale, il quale con
    l’Art. 3 comma 1 lettera b) fornisce con un doppio criterio
    temporale-amministrativo e medico legale la definizione di “resti mortali”.
    Sono, quindi, “resti mortali” nella nuova accezione, solo e solamente gli
    esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo dovuti
    all’incompleta scheletrizzazione dei corpi umani sepolti in fossa di terra o
    cella muraria, per effetto di saponificazione, mummificazione, corificazione una volta decorso completamente il periodo di sepoltura legale,quantificato, in via ordinaria, in 10 anni per le inumazioni ed in 20 anniper le tumulazioni in loculo stagno (quelle areate sono contemplate solo da alcune legislazioni regionali).

    Come evidenziato in dottrina andrebbe, poi, considerato come le estumulazioni, finalizzate alla ricognizione sullo stato di avvenuta decomposizione del defunto, si possano legittimamente eseguire alla scadenza della concessione (art. 86, 1 DPR 10/9/1990, n. 285) …. ed solo in questo momento, con l’apertura del cofano attriverso la rimozione dei coperchi, con relativo taglio dello zinco si può realmente valutare se si sia in presenza o meno di resti mortali (art. 3, 1, lett. b) dPR 15/7/2003, n. 254).
    Anzi ogni “tentativo forzato e cruento” di cosiddetta raccolta ossa, con relativo smembramento del cadavere (siamo nell’Horror) effettuato prima, esporrebbe alla fattispecie dell’art. 87 DPR n.285/1990 citato, con conseguente rilevanza penale (art. 410 CP).

    Va considerato, inoltre, come l’art. 3, 1, lett. g) L. 30/3/2011, n. 130 ammetta, la possibilità di cremazione di quanto risulti dopo oltre 20 anni dalla tumulazione, anche se non si tratti di resti mortali, detta Legge n.130/2001 ragiona, infatti, solo in base ad un discrimen di ordine temporale ed in termini di “salme inumate da almeno 10 anni” o “tumulate da almeno 20 anni”, quando notorialmente a livello statale non esiste distinzione funzionale tra i concetti di “salma” e cadavere”, spesso usati come sinonimi, mentre per diverse Leggi Regionali “salma” è il corpo umano inanime prima e durante il periodo d’osservazione, mentre “cadavere” è la salma di cui sia stata dichiarata l’incontrovertibilità del decesso e, pertanto, sottoponibile a tutti quegli interventi irreversibili enumerati, in via negativa, dall’Art. 8 DPR n.285/1990.

    Ciò, allora significherebbe che la cremazione per i feretri provenienti da estumulazione, dopo un periodo di sepoltura ultraventennale, dovrebbe avvenire anche con la doppia cassa lignea e metallica, senza bisogno di apertura dell’originario cofano, operazione per cui pochi impianti di cremazione presentano le necessarie caratteristiche tecniche).

  2. Il combinato disposto tra gli Art. 340 e 341 del Testo Unico Leggi Sanitarie è norma di ordine pubblico, tassativa, categorica ed inderogabile, in quanto valida erga omnes.

    La questione è, dunque, complessa: l’Art. 340 del Regio DEcreto 27 luglio 1934 n. 1265, infatti, vieta di seppellire i cadaveri al di fuori dei cimiteri: due sono le eccezioni: la tumulazione privilegiata e la cappella gentilizia posta all’esterno del perimetro cimiteriale. Questi due istituti sono regolati dagli Art. 101, 102, 103, 104 e 105 del DPR 10 settembre 1990 n, 285 (approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria).

    Ovviamente i cadaveri fuori dei cimiteri possono solo esser tumulati entro nicchia muraria e duplice cassa di legno e metallica e non inumati nella nuda terra.

    La costruzione di una cappella gentilizia è senz’altro possibile, ma molto onerosa, infatti essa deve esser circondata per non meno di 200 metri dai fondi di proprietà della famiglia richiedente con l’ulteriore vincolo dell’inalienabilità e dell’inedificabilità.

    Occorrono poi diverse autorizzazioni e pareri igienico sanitari nonchè la piena rispondenza del fabbricato funebre ai dettami del DPR 10 settembre 1990 n. 285 in materia di tumulazione.

    Una cappella privata e gentilizia di cui all’Art. 340 del Regio Decreto n.1265/1934 per esser tale deve: deve: a) essere ?privata e gentilizia? (art. 340 del T.U.LL.SS.). Con il termine gentilizia si intende ?di famiglia?;

    b) essere ?non aperta al pubblico? (quindi aperta alla sola famiglia titolare della concessione di realizzazione). In caso contrario, se una cappella gentilizia fosse aperta a persone di distinte famiglie, le persone di una di queste famiglie, essendo estranee a quelle dell?altra famiglia, costituiscono il ?pubblico? per quest?ultima;

    c) essere ?posta a distanza di almeno 200 metri dai centri abitati? (a nulla vale l?art. 28 della L.166/2001, che riguarda la possibilità di deroga unicamente per i cimiteri);

    d) essere in un luogo che consenta alla cappella di essere ?attorniata da fondi di proprietà della famiglia che ne chiede la concessione e sui quali la famiglia assume vincolo di inalienabilità e di inedificabilità?. Tali vincoli devono essere costituiti mediante atto unilaterale autenticato, registrato e trascritto oppure con atto pubblico notarile bilaterale, sempre registrato e trascritto.

    La proprietà dei terreni deve essere del fondatore il sepolcro, il quale è l?unico che può restringere il diritto di uso dello stesso a sola parte dei membri della famiglia;

    e) ?rispondere a tutti i requisiti prescritti dal DPR 285/90 per le sepolture private entro i cimiteri? (e tra questi anche quelli di cui all?art. 92 e 93 del DPR 285/90),

    La norma si riferisce esplicitamente ad una concessione da parte del Comune (che segue un iter autorizzatorio particolare, stabilito dal Capo XXI del DPR 285/90), in quanto la possibilità di erigere una cappella gentilizia all?esterno di un cimitero sul terreno comunale è una eccezione alla regola della demanialità comunale del cimitero e quindi del diritto che ha il Comune sulla edificabilità di un qualunque sepolcro sull?intero suo territorio. La circostanza è ben chiarita dall?uso del termine ?concessione? da parte del Comune sia al comma 2 che al comma 3 dell?’art. 104 DPR 285/90, sia ancora all?art. 103. È questo, a ben vedere, è del tutto logico, poiché se la costruzione delle cappelle gentilizie fosse libera, la loro reiterata costruzione vanificherebbe la riserva posta dalla legge sulla demanialità del cimitero. La circostanza che l?Art. 103 DPR 285/90 consenta di imporre tasse di concessione per la sepoltura gentilizia avvalora la eccezionalità rispetto alla possibilità di erigere la sepoltura privata all?interno del cimitero, e consente al Comune di incassare entrate che avrebbe acquisito se la concessione fosse stata all?’interno del cimitero.

  3. Per cortesia vorrei sapere se, disponendo di una proprietà privata di una certa grandezza (campi), è possibile essere seppelliti in tale proprietà.
    Ringrazio per l’attenzione.

  4. X Sergio

    Tutte le attività di polizia mortuaria soggiacciono a preventiva autorizzazione comunale.

    L’affido delle ceneri, in Piemonte, è disciplinato dalla Legge Regionale 31 ottobre 2007, n. 20 così come modificata dalla L.R- Piemonte 3 agosto 2011, n. 15.

    In Piemonte L’affidamento e la dispersione delle ceneri sono disciplinate dalla legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri) nel rispetto della volontà del defunto, comprovata mediante disposizione testamentaria o dichiarazione, manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza, resa dal coniuge o, in difetto di questi, dal parente più prossimo, individuato secondo gli articoli 74 e seguenti del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, dalla maggioranza degli stessi.
    Per coloro i quali, al momento della morte, risultino iscritti ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati, per consentire l’affidamento o la dispersione è sufficiente la presentazione di una dichiarazione in carta libera datata e sottoscritta dall’associato o, se questi non
    sia in grado di scrivere, confermata da due testimoni, dalla quale chiaramente risulti la volontà che le proprie ceneri siano affidate o disperse, nonché il soggetto individuato ad eseguire tale volontà.
    Qualora il defunto non abbia individuato l’affidatario delle proprie ceneri oppure la persona incaricata della dispersione, la volontà del defunto è eseguita dalle seguenti persone:
    a) dal coniuge, ovvero, in difetto di questi, dal parente più prossimo, individuato secondo gli articoli 74 e seguenti
    del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, dalla maggioranza degli stessi;
    b) dall’esecutore testamentario;
    c) dal rappresentante legale di associazione che abbia tra i propri fini statutari la cremazione dei cadaveri degli
    associati, qualora il defunto ne sia iscritto;
    d) dal tutore di minore o interdetto;
    e) in mancanza dei soggetti di cui alle lettere a), b), c) e d), dal personale autorizzato dal comune.
    Qualora, in assenza del coniuge, concorrano più parenti dello stesso grado, essi devono, a maggioranza, con atto scritto reso davanti al pubblico ufficiale che autorizza l’affidamento o la dispersione, individuare quale di loro
    si assume la responsabilità di prendere in custodia l’urna per conservarla nel proprio domicilio o per disperdere le ceneri.
    Nell’autorizzazione all’affidamento o alla dispersione, nonché nel verbale di consegna dell’urna cineraria di cui all’articolo 81 del d.p.r. 285/1990, deve risultare quanto previsto dai commi 5, 6, 7 e 8 della suddetta Legge Regionale.

  5. Abito ad Ivrea (TO) e gradirei sapere se è possibile custodire le ceneri da cremazione di un congiunto presso il proprio domicilio e nel caso quale procedura è necessario eseguire se necessita autorizzazione
    Grazie

  6. Si, è del tutto legittimo, purché acquisiate agli atti: a) una dichiarazione di tutti i familiari circa la loro volontà alla cremazione; b) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione. Per il resto ci si comporta come se ci si trovasse di fronte al caso di un cadavere. Pertanto occorre sia escluso il sospetto di morte dovuta a reato e la piena applicazione dell’articolo 79 del DPR 285/90.

  7. Possono i familiari diretti del de cuis disporre la cremazione, dopo esser trascorsi solamente anni 5 dal decesso?
    Grazie per l’attenzione

  8. Nelle more di una specifica normazione regionale, il DPR 285/1990, all’art. 82 comma 1 fissa il tempo ordinario di inumazione in campo comune di cadaveri e dà al Sindaco la competenza di regolarla (art. 82 comma 2). Con l’art. 86 comma 3, e per le salme tumulate da più di 20 anni, è stabilito un tempo ridotto di inumazione (5 anni). Questi erano, fino alla emanazione della circolare Min. Sanità n. 10/98, gli unici riferimenti normativi. Da ciò se ne era dedotto ed applicato in diversi Comuni (con regolamento di polizia mortuaria comunale o più semplicemente con ordinanza del Sindaco) che le salme inconsunte (da esumazione ordinaria) dovessero essere reinumate per almeno 5 anni. In taluni Comuni, registrandosi tempi di scheletrizzazione abbreviati, si erano stabiliti anche periodi inferiori (ad es. 3 anni), per consuetudine (di fatto) o con gli strumenti normativi anzidetti (regolamento, ordinanza). Ora, in presenza della circolare del Min. Sanità n. 10/98, ordinariamente i tempi di reinumazione sono “stabiliti” in 5 anni se non si fa uso di sostanze biodegradanti ed in 2 anni se se ne fa uso. Detti limiti minimi sono derogabili in caso di comprovata capacità scheletrizzante accelerata. Cosicché, laddove non vi sia regolamento od ordinanza che dispongano diversamente, ora basta la circolare 10/98 a stabilire i due limiti minimi anzidetti. Laddove invece vi siano limiti prefissati diversi sono da adeguare gli strumenti normativi (regolamento, ordinanza) e fino a tale data valgono i precedenti limiti e non quelli della circolare. Concludendo l’Azienda municipalizzata di che trattasi è legittimata ad applicare già fin d’ora i limiti di 5 anni e 2 anni di reinumazione, senza necessità di ordinanza sindacale. Basta un ordine di servizio interno che richiami la circolare.

  9. URGENTISSIMO PER IL SIG. CARLO

    Avrei una domanda da porle.

    Cerco di spegarmi.

    Nel 1985 è mancato mio papà ed è stato sepolto in terra.

    L’anno scorso , novembre 2010, il comune ha disposto esumazione per trasferire in celletta le ossa.

    Purtoppo il corpo non era del tutto decomposto.

    La cassa era piena di acqua.

    Il necroforo ha provveduto a togliere il più possibile l’acqua , a spargere sui resti una sostanza che favorisse la decomposizione ed a richiudere il tutto.

    Ora il comune, a distanza di solo un’anno, vuole riprocedere ad un nuovo tentativo di esumazione.

    Mi viene detto che eventualmente si procede alla cremazione dei resti mortali.

    Mi sono informato sui costi e tra una cosa e l’altra mi viene una bella somma, circa 1500 euro, che in questo momento mi viene duro tirare fuoiri in una botta sola.

    Mi chiedo : il comune mi può obbligare ad andare in cremazione?

    Posso chidere che venga lasciato in terra per un’ulteriore periodo?

    Grazie infinite per l’aiuto.

  10. Allo stato della vigente legislazione statale (art. 80 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, art. 343, comma 2 del T.U. Leggi Sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e del paragrafo 14.3 della circolare Min. Sanità 24/6/1993, n. 24) le urne cinerarie possono essere custodite nel cimitero, in loculo, colombario, nicchia o cappella privata, o in altre sepolture fuori dai cimiteri (art. 101 e ss. del D.P.R. 285/90). Debbono cioè essere custodite in spazi aventi destinazione stabile e garantiti contro ogni profanazione.

    L’amministrazione comunale ha tutto l’interesse a facilitare l’uso di tombe esistenti, per massimizzare la capienza cimiteriale.

    Salvo il fatto che il fondatore del sepolcro non abbia disposto diversamente, il sepolcro è di tipo familiare. Hanno diritto di entrarvi i familiari del fondatore. Terminata la sua famiglia, gli eredi, purché entro la capienza massima del sepolcro. Per effetto delle recenti tendenze (cremazione, riduzione in resti ossei di salma tumulata, con mantenimento o meno di cassetta resti ossei dentro la stessa tomba), la capienza originaria delle tombe si dilata, consentendo una autonomia delle stesse e dell’intero cimitero maggiorata.

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