Cremare resti mortali

I cadaveri durante la loro permanenza nella tomba, sia essa una fossa di terra oppure un tumulo, sono soggetti a diverse trasformazioni di stato intermedie prima di degradare a semplice ossame e, quindi, in polvere secondo il celebre monito biblico (et in pulvem reverteris!).

L’attività cimiteriale è ciclica e non ad accumulo, è, dunque, finalizzata alla scheletrizzazione dei corpi e non al loro mantenimento nella condizione di integrità immediatamente successiva al decesso, proprio per assicurare spazio alle nuove sepolture; quindi, dopo il periodo di sepoltura legale, si eseguono le operazioni di esumazione o estumulazione volte a rimuovere le vecchie tombe (con il loro contenuto), così da poterle riutilizzare.

Dal 10 febbraio 1976, da quando entrò in vigore il vecchio regolamento di polizia mortuaria per ogni cadavere, anche tumulato, deve esser fissato un tempo massimo di sepoltura (coincidente, quasi sempre, con l’esaurirsi della concessione) oltre il quale procedere con il disseppellimento proprio per verificare l’avvenuta mineralizzazione dei tessuti organici e provvedere alla raccolta delle ossa. Sono, infatti, vietate le concessioni perpetue.

Particolari condizioni ambientali, chimiche e fisiche possono inibire, rallentare o modificare radicalmente i processi di normale decomposizione della materia organica di cui consiste il corpo umano, quindi non è sempre vero che all’atto dell’apertura della tomba si rinvengano solo ossa, spesso, in effetti, i corpi sono ancora incorrotti (per effetto dei fenomeni postmortali di corificazione, saponificazione o mummificazione) o solo parzialmente intaccati dalla putredine.

Il maggiore dei problemi gestionali per i cimiteri italiani è proprio questo: i morti non si scheletrizzano nei tempi e nei modi previsti!

Da circa 10 anni a questa parte si rileva con sempre maggior frequenza come le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) abbiano elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione.

Questo dato tendenziale, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi, e nei prossimi anni, cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.

Ci si è quindi cominciato a chiedere quali fossero le cause di un simile trend negativo, tenuto conto che spesso i terreni di inumazione erano gli stessi (e in certi casi si era addirittura determinato un abbassamento delle falde superficiali per effetto di forti emungimenti dai pozzi) capaci, in passato, di garantire una certa efficienza “mineralizzante”.

E’ stato, inoltre, per certi versi sconvolgente constatare come nella tumulazione più si seguiva alla lettera la norma di legge e più si ottenevano risultati pessimi in termini di efficacia “mineralizzante”.

In pratica l’ impermeabilità ai liquidi e ai gas della bara e della cella muraria, unita magari alla puntura conservativa, determina condizioni di prolungamento nel tempo dei fenomeni di scheletrizzazione.

A partire dagli anni ‘90 si comincia ad avvertire l’esigenza di una norma con cui affrontare questa difficoltà strutturale, ossia lo smaltimento di cadaveri dissepolti ma ancora intatti che, non potendo esser ridotti in cassetta ossario o in ossario comune, continuerebbero ad occupare per ancora molto altro tempo posti feretro, riducendo, così, la capacità ricettiva del camposanto per i nuovi morti.

L’attuale regolamento di polizia mortuaria è varato il 10 settembre del 1990, ma, con una certa miopia, non introduce nuovi strumenti operativi, limitandosi a prescrivere per gli inconsunti estumulati un ulteriore periodo di interro, ed, ovviamente, in sede di calcolo del fabbisogno cimiteriale, ovvero del dimensionamento dei campi a sistema di inumazione, si dovrà appunto considerare questa ulteriore esigenza in termini di fosse.

Prendere coscienza di una problema significa anche dotarsi di un linguaggio tecnico-giuridico con cui, poi codificare le disposizioni normative per risolverlo o, quanto meno arginarlo: il cadavere mummificato, corificato o saponificato rappresenta un’entità medico legale di difficile interpretazione, invece il legislatore per uniformare i protocolli operativi della complessa macchina chiamata “polizia mortuaria”, decide, in diversi passaggi, ma con un obiettivo di fondo chiaro, di adottare una definizione amministrativa ed uniformante, basata su un criterio temporale, prima con la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, poi con la Legge 30 marzo 2001 n. 130 ed infine con il DPR 15 luglio 2003 n. 254: da questo momento i cadaveri indecomposti sono detti “Resti Mortali”, ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo a prescindere dal loro stato di reale conservazione (completo prosciugamento, presenza di parti molli…), se sono trascorsi almeno 10 anni dalla loro inumazione o 20 anni dalla loro tumulazione.

Quindi i cadaveri inconsunti, se dalla prima sepoltura sono passati gli anni di sepoltura legale (10 per l’inumazione, 20 per la tumulazione), cessano di esser tali e divengono resti mortali, ossia una nuova fattispecie cimiteriale cui l’ordinamento giuridico italiano riserva riconoscimento e protezione affievoliti rispetto al cadavere.

Prima, in mancanza di una norma positiva, anche la giurisprudenza più autorevole della Suprema Corte di Cassazione aveva oscillato non poco sul concetto di cadavere ora estendendolo sino alla completa dissoluzione dello stesso in ossa sciolte, ora limitandolo al solo corpo umano privo sì delle funzioni vitali, ma dotato di tutte le fattezze anatomiche ben riconoscibili e tali da suscitare sentimento di pietà e devozione verso i defunti.

In linea teorica anche all’interno dell’architettura normativa del DPR 285/90 è sempre consentita la cremazione dell’esito del fenomeno cadaverico trasformativo conservativo su richiesta dei familiari aventi titolo (a meno che non vi fosse un divieto espresso in vita dal de cuius). Per coloro che sono morti dopo il 1990 vale inoltre il criterio del silenzio assenso, cioè ai familiari si sostituisce il Responsabile del cimitero quando sia stata data opportuna pubblicità della destinazione finale di tali inconsunti, previa decisione del Sindaco con apposita ordinanza, ma vi sono due fortissime limitazioni altamente paralizzanti:

  • l’impossibilità di cremare cadaveri di persone decedute quando vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria (in regime di DPR 803/1975 si sarebbe potuto dal luogo alla cremazione solo dietro espresso volere del de cuius senza che tale volontà potesse esser surrogata o integrata dai famigliari dello stesso).

  • L’obbligo di un turno supplementare di inumazione per gli indecomposti estumulati, con l’implicito divieto, quindi, di cremare l’indecomposto subito dopo l’estumulazione

In regime di DPR 285/90 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza (ma sono casi estremi) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.

La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .

Da questo pronunciamento della stessa autorità sanitaria statale emerge sempre come centrale l’elemento della volontà, che è una costante di tutta la legislazione in tema cremazione.

Questa volontà può risolversi in:

  • atto di disposizione in termini di diritti personalissimi e di pietas (il dar sepoltura attiene alla sfera più intima delle relazioni giuridiche e parentali);

  • una decisione (cioè un potere discrezionale esercitato da un soggetto a rilevanza politica) che attiene alle funzioni del sindaco e va formalizzata con opportuna pubblicità notizia in un’apposita ordinanza.

Come manifestare allora la volontà per la cremazione dei resti mortali?

il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.

Circa l’opzione cremazionista per resti mortali ed ossame (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare il resto mortale o le ossa. Non è più necessaria, infatti, la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato.

La cremazione dei resti mortali e delle ossa può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto. La loro opposizione o contrarietà alla cremazione, invece, deve sempre esser rispettata.

Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivoco protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie o delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere,se non quello della sua dichiarazione resa al competente ufficio (potrebbe esser anche quello del cimitero) da parte di chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Altri giuristi si spingono ancora oltre con una lettura più estrema del DPR 254/2003, a loro avviso addirittura gli aventi titolo non esternerebbero neppure una volontà ma un semplice assenso (cioè una non contrarietà) qualora il comune attraverso l’ordinanza che regola le estumulazioni avesse previsto in via generale la cremazione come trattamento dei resti mortali.

Tale assenso non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 poiché il procedimento non avrebbe luogo ad impulso dei familiari, come avviene, invece, per la cremazione dei cadaveri.

Questo aspetto sembra un sofisma, ma è molto importante, perché rimarca la profonda differenza tra cadavere e resto mortale: Ad esempio: l’autorità comunale non può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere (se non vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica) perché per cremare un cadavere anche in caso di silenzio del de cuius, occorre pur sempre la volontà non sostituibile da terzi estranei, dei più stretti famigliari, e se si registra l’inerzia di quest’ultimi per la legge italiana la naturale sepoltura di un defunto è solo l’inumazione.

Se seguiamo questa logica di giusta semplificazione basterebbe, dunque un’autodichiarazione degli aventi titolo ai sensi del DPR 445/2000.

Per oppure ossa o resti mortali non richiesti si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti mortali oppure per ossa appartenute a diversi cadaveri).

La dottrina si interroga ancora su questo dilemma: “il divieto di cremazione da parte del de cuius si estende solo al suo cadavere o anche ai resti del suo cadavere?”. Cadavere e resto morali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre.

Diversa, invece, sarebbe un’inibizione legata alla durata di una concessione. Esempio: concessione di 90 anni con assoluta proibizione di estumulare un feretro per ridurne o bruciare i resti mortali. In quest’ipotesi il resto mortale sarebbe cremabile solo al naturale estinguersi del rapporto concessorio.

127 thoughts on “Cremare resti mortali

  1. Salve, io abito in prov di Mantova, volevo chiedere se si poteva spostare una salma da un cimitero ad un’altro! Ora si trova a Torino, e vorrei spostarla qua vicino a Mantova. Il prezzo all’incirca quanto sarebbe? Ma sopratutto io che sono la figlia posso farlo o devo avere qualche autorizzazione da qualche altro famigliare? Se mi servono autorizzazione speciali dove le posso ricavare? Spero di ricevere una risposta 🙂
    Grazie

  2. Anche il capo al gestore dell’impianto di cremazione sorgono particolari doveri: egli, infatti,

    1. adotta sistemi identificativi non termodeperibili, da applicare all’esterno del feretro e da rinvenire a cremazione finita, al fine di certificare la correlazione tra il cadavere e le ceneri consegnate;

    2. impiega per la raccolta delle ceneri urne cinerarie realizzate in materiali non deperibili (il problema si complica qualora la destinazione dell’urna medesima sia l’inumazione perché ex Art. 75 comma 1 DPR 285/1990 sostanze non biodegradabili non sono compatibili con la sepoluta nel terreno.);

    3. deve avere cura di sigillare le urne destinate all’affidamento familiare in maniera tale da impedire in alcun modo la profanazione delle ceneri;

    4. Deve verbalizzare la consegna dell’urna ex Art. 81 DPR 285/1990 (In Lombardia, invece, si ritiene1 sia sufficiente la compilazione della modulistica di cui agli allegati 5 e 6 alla Delibera della Giunta Regionale 21 gennaio 2005 n. 20278.)

  3. X Redazione!

    grazie della risposta….ma qualunque sia la procedura e i documenti che ne attestino i fatti, non mi è garantito l’autenticità di quel tipo di atto visto che è vietato prendere parte durante l’esecuzione della cremazione….constatare di persona con i propri occhi, sarebbe molto ma molto diverso! grazie comunque…

  4. buongiorno, oggi proprio al cimitero di lambrate sarà effettuata la cremazione (dettata dalla volontà del defunto chiaramente) del feretro di mia zia mancata 5 gg fa….
    dopo aver ascoltato in giro notizie davvero sconcertanti e imbarazzanti sulla gestione della procedura delle cremazioni e quindi mi riferisco all’episodio di Massa dove le cremazioni sono state fatte di 4-5 corpi alla volta e le ceneri di conseguenza ‘mischiate’……..

    ma ci rendiamo conto???? ma se dovesse capitare la stessa cosa ad uno di noi…ma mi spiegate secondo voi che senso ha porgere poi nel tumulo le ceneri che non siano del mio defunto???
    gradirei sapere la vostra……e se su milano ci sono degli efficaci controlli….oltre che un enorme buon senso!

    grazie

    1. A quel che ci risulta il Comune di Milano utilizza protocolli che garantiscono la tracciabilita’ dei defunti prima e dopo la introduzione nel forno. Per sicurezza chieda la carta dei servizi del crematorio di Milano e chieda le procedure che si utilizzano a tale scopo.

  5. Il crematorio è servizio pubblico locale gestito dal comune, ai sensi dell’Art. 6 comma 2 Legge n.130/2001, nelle forme di cui all’Art. 113 D.LGS n.267/2000.

    La cremazione è un’operazione cimiteriale a titolo oneroso per l’utenza ai termini dell’Art. 1 comma 7BIS Legge 28 febbraio 2001 n. 26 e dell’Art. 5 comma 2 Legge n.130/2001 con conseguente D.M. 1 luglio 2002 adottato per la determinazione delle tariffe.

    L’imputazione dei costi, normalmente, è a carico di chi richieda il servizio, in quanto la cremazione è pratica funebre che, di solito, richiede pur sempre un atto di disposizione in tal senso, altrimenti il feretro, o meglio il resto mortale dovrebbe esser inumato in campo di terra per almeno 5 anni se sono trascorsi almeno 20 anni di tumulazione in loculo stagno (Art. 86 comma 2 DPR n.285/1990, Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 e soprattutto DPR n254/2003).

    Nei trasporti funebri tra Stati Sovrani di cadaveri, ceneri, ossa e resti mortali si applica, per i Paesi aderenti, la Convenzione di Berlino del 10 febbraio 1937 (di cui la Bulgaria non è firmataria) o, in alternativa l’Art. 28 DPR 10 settembre 1990 n. 285 (introduzione di salme in Territorio Italiano).

    Il trasporto del cadavere imbalsamato, quindi perfettamente conservato,, tra Bulgaria ed Italia richiede una procedura particolarmente complessa ed articolata: tramite, infatti, l’Autorità Consolare Italiana deve esser trasmessa domanda di accoglimento al comune italiano dove il trasporto sarà diretto, il quale rilascia la relativa autorizzazione.

    Prima tale competenza sarebbe stata del Prefetto, ma dopo il DPCM 26 maggio 2000, emanato ai sensi del D.LGS n.112/1998, spetta al Sindaco, o meglio al dirigente ex Art. 107 comma 3 lettera f) D.LGS n.267/2000, questo compito.

    Tra l’altro sussiste pure un ulteriore aggravio amministrativo, perchè per la salma da estradare in Italia, deve esser preventivamente dimostrato lo JUs Sepulcri, ossia il titolo di accettazione in un determinato cimitero o in un particolare sepolcro, altrimenti non si accorda il NULLA OSTA all’ingresso del feretro.

    Il comune di arrivo del trasporto internazionale ha firmato l’autorizzazione?
    Il Prefetto di frontiera è stato informato così come la Legge prescrive?

    In merito alla procedura da seguirsi per un trasporto di salma, destinata a cremazione, di un cittadino italiano deceduto in Bulgaria, stato che non aderisce alla convenzione internazionale di Berlino, si è del parere che la soluzione ottimale sia quella di far eseguire la cremazione in Bulgaaria e poi trasportare le ceneri in Italia. Ciò per due ordini di motivi: 1. Per evitare l’autopsia della salma al suo arrivo in Italia. Autopsia diretta ad attestare che la morte non è dovuta a reato, in conformità a quanto disposto dall’art. 79, comma 4, del DPR 10 settembre 1990, n. 285 (non appare, infatti, concepibile che il Comune possa rilasciare l’autorizzazione alla cremazione esclusivamente sulla base di quanto risulta dalla documentazione che accompagna la salma, rilasciata dalle competenti autorità turche). 2. Per semplificare al massimo le procedure di trasporto. Perché il trasporto dell’urna non è soggetto ad alcuna delle misure precauzionali igieniche stabilite per il trasporto delle salme (ex Circ. del Ministero della Sanità n.24 del 24/06/1993, punto 8.1.).

  6. per CARLO ..mio marito è morto in un incidente d’auto in bulgaria 20 anni fa … oggi mi ritrovo in stato di choc ,nessuno mi aveva detto che era stato imbalsamato … neanche i responsabili del cimitero lo sapevano … mi ritrovo a dover farlo cremare .. affrontare le spese .. è giusto che sia io a dover pagARE … CHI HA DATO L’AUTORIZZAZIONE ^? LE AUTORITA ITALIANE … IL MINISTERO DEGLI ESTERI? AMBASCIATA? .. IN 2 GG LO HANNO RIMANDATO IN ITALIA —

    1. Forse lei si e’ semplicemente trovata di fronte a trasformazione in resti mortali del cadavere sepolto. Si tratta di una salma inconsunta dall’aspetto mummificato.

  7. Il diritto di sepolcro si esercita per l’intera durata della concessione e trova l’unico limite nella capienza fisica (= capacità ricettiva) della tomba stessa. (Art. 93 comma 1 DPR n.285/1990).

    Anche alla luce del paragrafo 14.3 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 è pienamente legittimo ed, anzi, persino consigliabile, sfruttare sino in fondo tutta la capacità ricettiva del sepolcro, per tutto il tempo della concessione trasformando, così il singolo loculo in un piccolo sacello familiare (anche il singolo loculo, è pur sempre un piccolo sepolcro privato e gentilizio ai sensi del CApo XVIII DPR 10 settembre 1990 n. 285.)

    Il rinnovo della concessione è facoltà e non obbligo del comune, molto, quindi, dipende dal regolamento comunale di polizia mortuaria di cui ogni comune emiliano romagnolo (ma in tutta Italia sussiste lo stesso dovere in capo ad ogni comune)1865, deve necessariamente disporre ex Regio DEcreto n.2322/1865, Artt. 344 e 345 REgio DEcreto n.1265/1934 e, non da ultimo ai sensi della Legge REgionale Emiliano-Romagnola 29 luglio 2004 n. 19 (Art. 7).

    Ora, ci sono due correnti di pensiero:

    1) Il comune ex Art. 337 Regio Decreto n.1265/1934 e soprattutto ex Art. 824 comma 2 Codice Civile è titolare della funzione cimiteriale e proprietario del cimitero stesso (il quale, è bene ricordarlo, appartiene ex Art. 824 comma 2 al demanio comunale), quindi anche il forza dell’Art. 117 comma 6 III Periodo Cost, così come novellato dalla Legge di REvisione Costituzionale n.3/2001 esercita sulla materia cimiteriale la propria potestà regolamentativa, di pianificazione (piano regolatore cimiteriale ex Capo X ed Art. 91 DPR n.285/1990) e controllo come, per altro, ribadito dalla Legge Regionale 29 luglio 2004 n.19 e dal regolamento attuativo 23 maggio 2006 n.4. Secondo questa tesi, nel rispetto dei principi generali dell’Ordinamento Giuridico (giusto per evitare mattane localistiche, demagogia a go-go ed abusi di potere) il comune è “padrone” pressochè assoluto nella politica e gestione della macchina cimiteriale

    2) Una secondo tesi, invece, più relativista e prudente invoca il principio di cedevolezza, ossia laddove la regione abbia legiferato è il regolamento comunale di polizia mortuaria a doversi adeguare…ubi maior minor cessat, come dicevano i giuristi latini. Ora il regolamento emiliano romagnolo n.4/2006 con l’Art. 3 comma 2 prevede questo ventaglio di fattispecie: In caso di estumulazione ordinaria con contemporanea tumulazione di un nuovo feretro, se non basta la durata della originaria concessione per arrivare ai minimi previsti in Emilia Romagna per garantire la ordinarietà di tumulazione (e cioè 10 anni nei loculi aerati e 20 anni nei loculi stagni), è d’obbligo :

    a) il prolungamento della durata dell’originaria concessione per il periodo temporale occorrente (con la integrazione economica relativa da corrispondere da parte dei familiari aventi titolo al Comune, che determina il prolungamento della originaria concessione);

    b) oppure la stipula di una nuova concessione sostitutiva di quella precedente Con la novazione si possono introdurre nuove norme (esempio estendere il diritto d’uso) nel rapporto concessorio.

  8. Emilia Romagna.
    il prossimo anno è in scadenza la tomba di mio nonno dopo un periodo di 30 anni. 4 anni fà però sono stati inseriti del tombino anche i resti cremati di mia nonna. cosa mi devo aspettare il prossimo anno? devo in tutti i casi estrarre la cassa di mio nonno per procedere alla cremazione ed allo spostamento di entrambi i resti in tombini piccoli o posso sperare nel rinnovo di anche solo alcuni anni del tombino? nessuno 4 anni fà ha informato su questo problema in quanto essendo in un piccolo comune sono sempre stati possibili i rinnovi.
    grazie

  9. Di solito le estumulazioni ex Art. 86 comma 1 DPR n.285/1990 si eseguono allo scadere della concessione.
    Il resto mortale, dopo i 20 anni di sepoltura legale in loculo stagno può esser ridotto in cassetta ossario, se invece, all’atto dell’apertura del feretro finalizzata alla raccolta delle ossa esso è ancora del tutto o parzialmente intatto ci sono almeno tre soluzioni:

    1) si ritumula il resto mortale nello stesso loculo o in una nuova cella, come precisato dal paragrafo 4 Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 il rifascio con il nastro metallico ex Art. 88 DPR n.285/1990 è strettamente necessario solo se si rilevi la presenza di tessuti molli con conseguente percolazione di liquami cadaverici. Nel feretro possono esser inseriti enzimi biodegradanti.

    2) Ex Art. 86 comma 2 DPR n.285/1990 e Circ. MIn. 31 luglio 1998 n. 10 il resto mortale è interrato per almeno 5 anni che si riducono a 2 con l’addizione di sostanze biodegradanti.

    Ai sensi dell’Art. 3 commi 5 e 6 DPR 15 luglio 2003 si avvia il resto mortale a cremazione con la procedura semplificata (non si applicano gli aggravamenti di cui ai commi 4 e 5 dell’Art. 79 DPR n.285/1990)

    Se la richiesta di cremazione proviene da istanza di parte (richiesta del privato cittadino) occorre pur sempre un’autorizzazione nominativa, siccome ogni operazione cimiteriale è pur sempre soggetta a preventiva autorizzazione comunale ex Art. 3 comma 5 DPR n.254/2003.

    Anche in caso di irreperibilità degli aventi diritto, loro disinteresse o loro colpevole inerzia, quando la destinazione dei resti mortali è deliberata d’ufficio dal comune (e così opera ex se l’ordinanza sindacale con cui si regolano ai sensi dell’Art. 86 comma 1 DPR n.285/1990) è comunque, indispensabile una qualche autorizzazione, magari anche cumulativa, assieme al decreto di trasporto, se l’incinerazione avverrà fuori del recinto del cimitero di prima sepoltura.

    E’il comune nel cui territorio insista il cimitero di prima sepoltura a rilasciare le relative autorizzazioni.

    Di solito l’ossario comune è la destinazione residuale ed istituzionale per le ossa non richieste per una sistemazione dedicata e personale (anche le cellette ossario rientrano nella tipologia del sepolcro privato ai sensi del Capo XVIII DPR n.285/1990) è invero, piuttosto raro che siano i diretti interessati a chiedere l’avvio delle ossa in ossario comune.

    Gli oneri dell’estumulazione con conseguente trattamento del resto mortale sono a carico di chi richieda l’operazione stessa, solo l’uso dell’ossario comune, in quanto servizio necroscopico, è a titolo gratuito.

  10. Regione Veneto: pongo un quesito:
    Un privato cittadino compila un modulo per destinare la salma di un congiunto che si trova in un loculo grande ancora in cassa intera, in OSSARIO COMUNE.
    Sono già trascorsi i 20 anni dalla tumulazione e quindi si tratta di resti mortali; il Comune deve necessariamente acquisire anche le carte per la CREMAZIONE? Oppure può procedere d’Ufficio visto la destinazione scelta?

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