I cadaveri durante la loro permanenza nella tomba, sia essa una fossa di terra oppure un tumulo, sono soggetti a diverse trasformazioni di stato intermedie prima di degradare a semplice ossame e, quindi, in polvere secondo il celebre monito biblico (et in pulvem reverteris!).
L’attività cimiteriale è ciclica e non ad accumulo, è, dunque, finalizzata alla scheletrizzazione dei corpi e non al loro mantenimento nella condizione di integrità immediatamente successiva al decesso, proprio per assicurare spazio alle nuove sepolture; quindi, dopo il periodo di sepoltura legale, si eseguono le operazioni di esumazione o estumulazione volte a rimuovere le vecchie tombe (con il loro contenuto), così da poterle riutilizzare.
Dal 10 febbraio 1976, da quando entrò in vigore il vecchio regolamento di polizia mortuaria per ogni cadavere, anche tumulato, deve esser fissato un tempo massimo di sepoltura (coincidente, quasi sempre, con l’esaurirsi della concessione) oltre il quale procedere con il disseppellimento proprio per verificare l’avvenuta mineralizzazione dei tessuti organici e provvedere alla raccolta delle ossa. Sono, infatti, vietate le concessioni perpetue.
Particolari condizioni ambientali, chimiche e fisiche possono inibire, rallentare o modificare radicalmente i processi di normale decomposizione della materia organica di cui consiste il corpo umano, quindi non è sempre vero che all’atto dell’apertura della tomba si rinvengano solo ossa, spesso, in effetti, i corpi sono ancora incorrotti (per effetto dei fenomeni postmortali di corificazione, saponificazione o mummificazione) o solo parzialmente intaccati dalla putredine.
Il maggiore dei problemi gestionali per i cimiteri italiani è proprio questo: i morti non si scheletrizzano nei tempi e nei modi previsti!
Da circa 10 anni a questa parte si rileva con sempre maggior frequenza come le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) abbiano elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione.
Questo dato tendenziale, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi, e nei prossimi anni, cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.
Ci si è quindi cominciato a chiedere quali fossero le cause di un simile trend negativo, tenuto conto che spesso i terreni di inumazione erano gli stessi (e in certi casi si era addirittura determinato un abbassamento delle falde superficiali per effetto di forti emungimenti dai pozzi) capaci, in passato, di garantire una certa efficienza “mineralizzante”.
E’ stato, inoltre, per certi versi sconvolgente constatare come nella tumulazione più si seguiva alla lettera la norma di legge e più si ottenevano risultati pessimi in termini di efficacia “mineralizzante”.
In pratica l’ impermeabilità ai liquidi e ai gas della bara e della cella muraria, unita magari alla puntura conservativa, determina condizioni di prolungamento nel tempo dei fenomeni di scheletrizzazione.
A partire dagli anni ‘90 si comincia ad avvertire l’esigenza di una norma con cui affrontare questa difficoltà strutturale, ossia lo smaltimento di cadaveri dissepolti ma ancora intatti che, non potendo esser ridotti in cassetta ossario o in ossario comune, continuerebbero ad occupare per ancora molto altro tempo posti feretro, riducendo, così, la capacità ricettiva del camposanto per i nuovi morti.
L’attuale regolamento di polizia mortuaria è varato il 10 settembre del 1990, ma, con una certa miopia, non introduce nuovi strumenti operativi, limitandosi a prescrivere per gli inconsunti estumulati un ulteriore periodo di interro, ed, ovviamente, in sede di calcolo del fabbisogno cimiteriale, ovvero del dimensionamento dei campi a sistema di inumazione, si dovrà appunto considerare questa ulteriore esigenza in termini di fosse.
Prendere coscienza di una problema significa anche dotarsi di un linguaggio tecnico-giuridico con cui, poi codificare le disposizioni normative per risolverlo o, quanto meno arginarlo: il cadavere mummificato, corificato o saponificato rappresenta un’entità medico legale di difficile interpretazione, invece il legislatore per uniformare i protocolli operativi della complessa macchina chiamata “polizia mortuaria”, decide, in diversi passaggi, ma con un obiettivo di fondo chiaro, di adottare una definizione amministrativa ed uniformante, basata su un criterio temporale, prima con la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, poi con la Legge 30 marzo 2001 n. 130 ed infine con il DPR 15 luglio 2003 n. 254: da questo momento i cadaveri indecomposti sono detti “Resti Mortali”, ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo a prescindere dal loro stato di reale conservazione (completo prosciugamento, presenza di parti molli…), se sono trascorsi almeno 10 anni dalla loro inumazione o 20 anni dalla loro tumulazione.
Quindi i cadaveri inconsunti, se dalla prima sepoltura sono passati gli anni di sepoltura legale (10 per l’inumazione, 20 per la tumulazione), cessano di esser tali e divengono resti mortali, ossia una nuova fattispecie cimiteriale cui l’ordinamento giuridico italiano riserva riconoscimento e protezione affievoliti rispetto al cadavere.
Prima, in mancanza di una norma positiva, anche la giurisprudenza più autorevole della Suprema Corte di Cassazione aveva oscillato non poco sul concetto di cadavere ora estendendolo sino alla completa dissoluzione dello stesso in ossa sciolte, ora limitandolo al solo corpo umano privo sì delle funzioni vitali, ma dotato di tutte le fattezze anatomiche ben riconoscibili e tali da suscitare sentimento di pietà e devozione verso i defunti.
In linea teorica anche all’interno dell’architettura normativa del DPR 285/90 è sempre consentita la cremazione dell’esito del fenomeno cadaverico trasformativo conservativo su richiesta dei familiari aventi titolo (a meno che non vi fosse un divieto espresso in vita dal de cuius). Per coloro che sono morti dopo il 1990 vale inoltre il criterio del silenzio assenso, cioè ai familiari si sostituisce il Responsabile del cimitero quando sia stata data opportuna pubblicità della destinazione finale di tali inconsunti, previa decisione del Sindaco con apposita ordinanza, ma vi sono due fortissime limitazioni altamente paralizzanti:
- l’impossibilità di cremare cadaveri di persone decedute quando vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria (in regime di DPR 803/1975 si sarebbe potuto dal luogo alla cremazione solo dietro espresso volere del de cuius senza che tale volontà potesse esser surrogata o integrata dai famigliari dello stesso).
-
L’obbligo di un turno supplementare di inumazione per gli indecomposti estumulati, con l’implicito divieto, quindi, di cremare l’indecomposto subito dopo l’estumulazione
In regime di DPR 285/90 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza (ma sono casi estremi) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.
La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .
Da questo pronunciamento della stessa autorità sanitaria statale emerge sempre come centrale l’elemento della volontà, che è una costante di tutta la legislazione in tema cremazione.
Questa volontà può risolversi in:
- atto di disposizione in termini di diritti personalissimi e di pietas (il dar sepoltura attiene alla sfera più intima delle relazioni giuridiche e parentali);
-
una decisione (cioè un potere discrezionale esercitato da un soggetto a rilevanza politica) che attiene alle funzioni del sindaco e va formalizzata con opportuna pubblicità notizia in un’apposita ordinanza.
Come manifestare allora la volontà per la cremazione dei resti mortali?
il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.
Circa l’opzione cremazionista per resti mortali ed ossame (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare il resto mortale o le ossa. Non è più necessaria, infatti, la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato.
La cremazione dei resti mortali e delle ossa può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto. La loro opposizione o contrarietà alla cremazione, invece, deve sempre esser rispettata.
Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivoco protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.
Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie o delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere,se non quello della sua dichiarazione resa al competente ufficio (potrebbe esser anche quello del cimitero) da parte di chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Altri giuristi si spingono ancora oltre con una lettura più estrema del DPR 254/2003, a loro avviso addirittura gli aventi titolo non esternerebbero neppure una volontà ma un semplice assenso (cioè una non contrarietà) qualora il comune attraverso l’ordinanza che regola le estumulazioni avesse previsto in via generale la cremazione come trattamento dei resti mortali.
Tale assenso non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 poiché il procedimento non avrebbe luogo ad impulso dei familiari, come avviene, invece, per la cremazione dei cadaveri.
Questo aspetto sembra un sofisma, ma è molto importante, perché rimarca la profonda differenza tra cadavere e resto mortale: Ad esempio: l’autorità comunale non può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere (se non vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica) perché per cremare un cadavere anche in caso di silenzio del de cuius, occorre pur sempre la volontà non sostituibile da terzi estranei, dei più stretti famigliari, e se si registra l’inerzia di quest’ultimi per la legge italiana la naturale sepoltura di un defunto è solo l’inumazione.
Se seguiamo questa logica di giusta semplificazione basterebbe, dunque un’autodichiarazione degli aventi titolo ai sensi del DPR 445/2000.
Per oppure ossa o resti mortali non richiesti si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti mortali oppure per ossa appartenute a diversi cadaveri).
La dottrina si interroga ancora su questo dilemma: “il divieto di cremazione da parte del de cuius si estende solo al suo cadavere o anche ai resti del suo cadavere?”. Cadavere e resto morali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre.
Diversa, invece, sarebbe un’inibizione legata alla durata di una concessione. Esempio: concessione di 90 anni con assoluta proibizione di estumulare un feretro per ridurne o bruciare i resti mortali. In quest’ipotesi il resto mortale sarebbe cremabile solo al naturale estinguersi del rapporto concessorio.
Salve spero di poter avere una risposta, grazie anticipatamente.
Mio padre è morto nel 1983 oggi i suoi resti sono al cimitero di Poggioreale, vorrei chiedere visto che la parente più prossima è mia madre noi figlie e il fratello rimasto in vita se si potesse cremare quel corpo per depositarlo in un urna e spostarlo proprio da quel cimitero che purtroppo ha avuto dei problemi di crollo nell’ala ovest,non dalla parte dov’è sepolto mio padre.Se si potesse fare a chi dovremmo rivolgerci,quali documenti portare a chi chiedere permesso? Vorremmo avvicinare nostro padre in un cimitero più sicuro o portare le sue ceneri a casa, è possibile? Mi scuso per le domande ma non conosco le prassi e avrei bisogno di chiarezza per capire insieme a mia madre come muoverci e proseguire.
Grazie ancora
X Laura,
ai sensi dell’art. 3 comma 5 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 competente al rilascio delle singole autorizzazioni necessarie (estumulazione feretro, cremazione resto mortale, trasporto ceneri) è il Comune su cui insiste il Cimitero di attuale sepoltura, nel caso di specie Napoli.
Vi conviene allacciare subito un proficuo contatto con il locale ufficio della polizia mortuaria, di cui non conosco, però, le ramificazioni più periferiche, rispetto alla Città Partenopea. Di solito si affida quest’incombenza all’impresa funebre di fiducia per questo mero disbrigo di pratiche amministrative, che però – notoriamente – ha un costo…
ho un bel dubbio: è fattibile un’istanza unica per la cremazione di resti mortali di due coniugi tumulati in due loculi contigui, essendo uguali i richiedenti e i documenti richiesti?
è fattibile un’autorizzazione alla cremazione unica, o è preferibile scindere le autorizzazioni?
X Nicola,
no, purtroppo per Lei, ogni autorizzazione rilasciata è strettamente individuale e nominativa, quindi: se ad ogni autorizzazione perfezionata deve corrispondere specifica istanza su impulso di parte…
Bisognerà ripetere pedissequamente le intere operazioni burocratiche per ogni resto mortale da incinerare.
Diverso sarebbe se le due distinte richieste fossero materialmente insistenti su un unico supporto cartaceo, ma sarebbe più una questione di modulistica da reinventarsi e…imposta di bollo, cui sono soggette, sin dall’origine, tutte le domande atte ad ottenere un provvedimento autorizzativo dalla P.A.
L’unica, forse anche legittima, per il principio di economicità nell’azione amministrativa, autorizzazione (a trasporto e cremazione) cumulativa e contestuale è quella prevista per il trasporto e cremazione massivi di resti mortali, per cui vi sia desinteresse da parte degli aventi diritto a disporne, quando la destinazione di ufficio per gli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo- conservativo sia, appunto, la cremazione: per default.
Buongiorno, vorrei sapere se è possibile lasciare istruzioni testamentarie riguardo ai tempi di tumulazione e cremazione. Ad esempio disporre che dopo solo pochi anni, ben prima quindi del termine della concessione, il defunto sia esumato e cremato.
Grazie
X Alessio,
domanda intrigante: può una volontà testamentaria di carattere non partimoniale enunciare un atto di disposizione su spoglie mortali, proiettato nel proprio oscuro post mortem? Ossia, mutatis mutandis, come cristallizzare in forma juris una volontà postuma non su di sè (a questo punto basterebbe nominare un esecutore testamentario) ma su un defunto, soggetto terzo rispetto alla natura personalissima ed intrasmissibile dello jus sepulchri? Francamente non saprei e come me tutta la dottrina da cui attingo queste mie poche nozioni di diritto funerario, naviga a vista…insomma c’è chi dice qua e c’è chi dice là; consiglio spassionato: nella lacuna legis o se si preferisce nel marasma di questo bug ordinamentale è meglio provvedere sin quando la persona fisica titolata a richiedere le operazioni cimiteriali da Lei citate, sia ancora in vita.
grazie mille, risolto ogni dubbio!
Buongiorno. Ringrazio cortesemente chi vorrà rispondere. Mio padre è deceduto improvvisamente nel dicembre del 2018, vista l’immediatezza della morte e l’assenza di loculi disponibili, visto che i nonni materni(deceduti anni fa) hanno una tomba di famiglia con la disponibilità di due loculi, abbiamo chiesto che papà fosse provvisoriamente tumulato in uno dei due loculi liberi, visto che in un domani confido lontano, ci andrà mia madre. Mia madre ha altri tre fratelli che non risiedono nella nostra città e che un domani andranno nelle tombe di famiglia che hanno provveduto a costruirsi nelle città di residenza. Il problema è in una sorella di mia madre, che ha espresso subito dissenso perchè non voleva papà riposasse nella tomba dei nonni( non comprendiamo il motivo perchè comunque il loculo è di mia madre e potrà ben farne ciò che vuole). Per poter procedere alla sepoltura di papà, si sono recati dalla polizia mortuaria mia madre e i tre fratelli a firmare per la concessione provvisoria. In questo momento la sorella di mia madre inizia a creare noia brontolando su tutto, la disposizione dei fiori, sposta gli oggetti che noi portiamo per nostro padre, creandoci non poco dispiacere. La mia domanda è se è possibile, onde arrivare al litigio, di poter eventualmente far cremare nostro padre nel momento, confido più lontano possibile, in cui mancherà mia madre e far così riposare mamma e papà assieme. La tomba è nel comune di Rovigo (Veneto).Grazie a chi mi risponde. Monica
Buongiorno,
ho una domanda e spero mi potrete aiutare. Il mio papà è morto nel 2010 ed è sepolto nel cimitero di Bari. Io e mia madre viviamo da anni a Bologna. Lui avrebbe tanto voluto venire qui a vivere con me ma purtroppo non ha fatto in tempo. Ora vorrei cremarlo e portarlo qui a Bologna. Quali sono le procedure da seguire?
Vi ringrazio per l’attenzione.
X Cecilia,
l’operazione è senz’altro fattibile, e basterebbero tecnicamente pochi passaggi burocratici (meglio, comunque, esser sempre accompagnati e seguiti da una persona del settore ed esperta in materia funeraria). Si richiede, contestualmente al Comune di prima sepoltura l’autorizzazione all’estumulazione con conseguente cremazione del feretro.
Il Comune di nuova destinazione verificherà attentamente il titolo di accoglimento delle ceneri entro il proprio distretto territoriale di competenza (l’urna sarà custodita a domicilio o tumulata in cimitero?). Grazie a questo feed-back Bari autorizzerà il trasporto alla volta di Bologna, dove le ceneri saranno, poi, definitivamente deposte.
Buongiorno, l’operazione è fattibile ma dipende se suo padre è stato tumulato (chiuso in un loculo o una tomba di cemento) o inumato (messo nella nuda terra); nel primo caso si dovrà far domanda di estumulazione straordinaria visto che non sono ancora trascorsi 20 anni dalla tumulazione e si dovrà procedere alla cremazione della cassa con zinco in un forno adibitamente predisposto (non sono molti in Italia) mentre se è stato inumato si può già fare l’esumazione ordinaria e procedere alla cremazione dei resti
X Monica,
ex art. 88 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria, approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, l’estumulazione prima della naturale scadenza della concessione, è sempre possibile per trasferimento in altra sede o cremazione del defunto. Attorno all’istanza dovrà formarsi il pieno concenso di tutti gli aventi diritto a disporre della salma, in termini di diritti personalissimi e pìetas.
Buongiorno, mio marito è deceduto nel 1995 ed è stato tumulato a Catania in una cappella gestita da una confraternita. Mi pare di capire che in questi casi non esiste un termine di scadenza per la concessione, poiché perfino i miei nonni e i miei bisnonni, in una situazione analoga (cappella gestita da una confraternita), sono ancora al loro posto da decenni. Dopo tutti questi anni però io vorrei far cremare i resti di mio marito, ma ho alcune perplessità e desidererei dei chiarimenti: è vero che sarebbe necessaria la presenza di un familiare nel momento dell’estumulazione? Questa cosa mi creerebbe qualche problema. Vorrei sapere inoltre cosa avviene dei loculi lasciati nella disponibilità della confraternita: esiste una normativa in tal senso? Ne avevamo preso quattro in tutto: uno anche per me e due per i miei genitori, ma adesso vorremmo lasciarli perché opteremo per la cremazione. In particolare desidererei sapere se è previsto un rimborso della cifra (non indifferente) pagata al momento della sottoscrizione, perché utilizzerei questa cifra per pagare le spese – che immagino piuttosto alte – di tutta questa operazione. Un’ultima domanda: cosa accade se si smette di pagare la quota annuale alla confraternita in caso di loculo occupato da un defunto? Grazie per la cortese risposta. Mirella
X Mirella,
1) in questi casi abbiamo un duplice tipo di rapporto giuridico: l’uno si instaura tra il Comune titolare dell’impianto cimiteriale, l’altro intercorre tra la confraternita ed il privato cittadino. Per assurdo: la concessione tra comune e confraternita potrebbe anche esser perpetua, mentre la cessione del diritto d’uso sul manufatto sepolcrale tra la congrega ed i famigliari del de cuius potrebbe pure esser a tempo DETERMINATO. Molto dipende dal contratto e dallo statuto stesso della confraternita.
2) Qualsiasi operazione cimiteriale viene opportunamente verbalizzata dal personale cimiteriale, e registrata, la Sua diretta presenza, se fonte di qualche scompenso emotivo, può esser tranquillamente omessa.
3) L’estumulazione straordinaria produce, spesso, estinzione del rapporto in essere, per esaurimento fisiologico dei suoi stessi fini (accogliere quel determinato e particolare defunto) quindi le nicchie sepolcrali rientreranno in pieno possesso dell’Ente persona giuridica che le potrà riassegnare in base alla proprie regole statutarie.
4) Rimborso per gli anni di jus sepulchri effettivamente non goduti???. Dipende tutto dal contratto e dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
5) Smettere di pagare il canone annuo? Potrebbe configurarsi come un’inadempienza, da “punire” con la decadenza sanzionatoria nella titolarità del 4 luculi di cui all’oggetto.
Buongiorno,
se è vero come è vero che “Cadavere e resti mortali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre”, la mia domanda è la seguente: questo ragionamento si può impunemente estendere anche alla Dispersione di ceneri derivanti da cremazione di resti mortali, anche in assenza di manifestazione di volontà da parte del defunto? (Regione Sardegna)
Grazie
X Maria Antonietta,
(nostra indomita fan, nemmeno fossimo una combriccola redazionale di rock stars, magari anche un po’darkettone, vista la materia trattata).
Muoverei nella mia breve analisi da lontano: Già la Cassazione Penale (Sentenza n.958/1999), ben prima dell’avvento del D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 aveva stabilito la distinzione tecnica ontologica tra cadavere e resto mortale definendo quest’ultimo come un’entità medico-legale che gode di tutela giuridica affievolita rispetto ad un corpo umano morto prima del completo decorso del periodo legale di sepoltura.
In regime di D.P.R. n. 285/1990, ma anche di L. n. 130/2001 chi per ragioni personali sia contrario alla cremazione deve esplicitare per iscritto questa sua volontà, poichè la pratica funeraria dell’incinerazione è una scelta che, appunto, nel silenzio del de cuius transita in capo ai suoi più stretti famigliari, secondo il noto e famigerato principio di poziorità.
Per enucleare bene la questione, sarebbe opportuno formularci questa domanda ulteriore: ma il divieto espresso di cremazione vale anche per il “resto mortale”, ovvero per l’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo?
La controversa L. 30 marzo 2001 n. 130 ci offre qualche spunto di postrema riflessione, quando, ad esempio per la cremazione dei resti mortali parrebbe proprio richiedere un semplice assenso (atto volitivo di non contrarietà) per procedere o dove vi fosse disinteresse prevedrebbe addirittura il procedimento adottato d’ufficio e non su impulso di parte.
Ci sono Regioni le quali, con atti amministrativi, come le semplici circolari, hanno legittimato la possibilità concreta di disperdere anche le ceneri dei resti mortali precedentemente cremati ed i regolamenti comunali hanno poi recepito nel loro articolato questa opzione.
Il problema di fondo è sempre la volontà (quale, di chi, come manifestata?) in quanto lo sversamento delle ceneri in natura comporta riflessi di natura penale. Rammento comunque come la destinazione quasi obbligata delle ceneri non richieste per una sistemazione privata e dedicata, ancorchè atipica, sia il cinerario comune, dove gli esiti da completa cremazione di un corpo umano (o di quanto ne residui) sono avviati in forma massiva, anonima, indistinta e promiscua.
Chiudo questa mia succinta risposta con alcune note tecniche a cura di Dante Buson sulle pagine de: “LO STATO CIVILE ITALIANO”, laddove si commenta, guarda caso, una pronuncia del T.A.R. Sardegna proprio sulla sciarada del…cavillo dispersoio.
A presto.
Saluti by Carlo
[…omissis…]
Come si può immediatamente notare, la legge non specifica la forma nella quale debba
essere espressa la volontà della persona deceduta. Sussiste quindi il dubbio che essa possa
essere manifestata anche in forma verbale e non solo scritta, ossia riferita a voce al coniuge o
ad un familiare.
Il tema va inserito nel dibattito, esistente in dottrina, volto ad individuare la forma
necessaria per dettare disposizioni relative alle modalità della propria sepoltura. Dibattito che
vede contrapporsi la tesi che richiede il rigore formale del negozio testamentario, capace di
assicurare alla volontà del disponente il sufficiente grado di certezza, alla tesi che privilegia
l’applicazione del principio di liberà delle forme in base al quale, in assenza di una forma
rigidamente prevista dalla legge, la volontà può essere manifestata in ogni modo.
La questione, mediante ricorso avverso il rifiuto da parte di un ufficiale dello stato civile
di rilasciare la prescritta autorizzazione4, è stata portata all’attenzione del giudice
amministrativo5, il quale ha avuto modo di rilevare che non esiste alcuna norma vigente che
subordini la dispersione delle ceneri del defunto alla presentazione di una dichiarazione di
volontà manifestata per iscritto da parte del medesimo.
“Infatti,” viene precisato in sentenza “tale disposizione – [l’art. 3, lett. c) della legge n.
130/2001] – nulla precisa in ordine alle modalità formali di espressione e di dimostrazione
della scelta del de cuius in ordine alla dispersione delle proprie ceneri”.
1 – Sull’incompletezza della disciplina statale si veda il parere del C.d.S., Sez. I, 29 ottobre 2003, n. 2957/03.
2 – Il diritto di disperdere le proprie ceneri va inquadrato tra i diritti della personalità quale manifestazione dello jus eligendi
sepulchrum, costituendo un modo d’essere della sepoltura.
3 – In tali casi è prevista la pena della reclusione da due mesi a un anno e la multa da lire cinque milioni a lire
venticinque milioni.
4 – Nella fattispecie il Comune ha ritenuto insufficiente, ai fini della prova della volontà del defunto, le dichiarazioni dei
suoi prossimi congiunti, ritenendo necessaria una dichiarazione scritta e firmata dall’interessato.
5 – T.A.R. Sardegna, Sez. II, sentenza 5 febbraio 2014, n. 100.
Ne consegue, in applicazione ai fondamentali principi civilistici di “libertà di forma
negoziale” (appena citato) e di “salvaguardia della volontà irripetibile del de cuius” sul quale
poggia la materia testamentaria, che deve considerarsi valida anche una volontà verbalmente
espressa ai propri familiari e da questi “attestata” con propria dichiarazione resa all’ufficiale
dello stato civile.
Inoltre, sempre secondo il giudice, va tenuto conto che la disciplina sulla cremazione,
dettata peraltro dalla stessa legge n. 130/2001, consente espressamente che la relativa scelta
sia comunicata all’ufficiale dello stato civile dai familiari dell’interessato e “non si vede per
quale ragione una disciplina più restrittiva dovrebbe applicarsi alla dispersione delle ceneri”.
La sentenza, dunque, se da un lato prende posizione, in ordine al dibattito suddetto,
sposando la tesi che riconosce valida anche la volontà esternata verbalmente e riferita dai
familiari, dall’altro non entra nel merito della diversa questione derivante dal fatto che la
formulazione della lett. c) del citato art. 3 si presta ad una duplice interpretazione, ossia se, ai
fini dell’autorizzazione alla dispersione delle ceneri, debba considerarsi unicamente la volontà
del defunto oppure se in sua mancanza, come ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla
cremazione delle salme, possa sussistere una legittimazione in questo senso anche da parte
dei familiari.
Sul punto si ricorda che parte della dottrina è incline a negare ai familiari una tale
possibilità, giacché la dispersione delle ceneri non è retta dal medesimo principio che disciplina
la cremazione. Si tenga conto, poi, che non appare conforme allo spirito della legge surrogare
la volontà mancante del defunto con una scelta che non costituisce la forma ordinaria di
sepoltura.
Ringrazio per il prezioso chiarimento.
Nel caso specifico una madre chiede la cremazione e dispersione dei resti mortali di ben due figli che sono tumulati da circa 30 anni ed hanno le concessioni in scadenza. Un figlio, al momento del decesso, aveva 15 anni e l’atro 18.
I genitori potrebbero manifestare la volontà espressa dal figlio che era maggiorenne al momento del decesso. Per quello minore invece?
X Maria Antonietta (che, ormai, di diritto, è iscritta al nostro fans club)
Dopo il 27 ottobre 1990, data di entrata in vigore dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria, il diritto di scelta della cremazione è possibile anche ai familiari del de cuius, in forza dell’Art. 79 comma 2 D.P.R. n.285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.
E’pertanto ammessa anche la cremazione di un minore, poiché l’ordinamento italiano riconosce la legittimità della rappresentazione da parte di entrambi i genitori su dichiarazione congiunta (dopo la Legge 8 febbraio 2006 n.54) di quest’ultimi anche attraverso atti separati. Così, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione. A questo risultato si giunge, in via interpretativa attraverso la Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 (paragrafo 14) e, soprattutto con la Legge 30 marzo 2001 n. 130.
Ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo la disgraziata ipotesi di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge.
Anche il cadavere di una persona interdetta (la quale non può decidere di sé nemmeno per il tempo successivo alla sua morte) può esser cremato perché se l’interdizione risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà pronunciarsi il tutore (art. 424 del codice civile).
Ma stiamo, pur sempre ragionando di una cremazione “a caldo” cioè subito dopo il funerale, ovvero di un’incinerazione di cadavere.
Lo status di resto mortale (art. 3 comma 1 lett. b D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254) conferisce alla fattispecie medico legale dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo una tutela affievolita, rendendolo direttamente cremabile dietro un semplice assenso degli aventi titolo a pronunciarsi. Più problematico, invece, è il caso di dispersione delle relative ceneri: pure da considerarsi quale sommo e sublime atto di pìetas.
La più autorevole dottrina si ripartisce in due grandi filoni filosofici, muovendo da uno scarno e lacunoso disposto della L. 30 marzo 2001 n. 130, secondo cui le forme “atipiche” di destinazione delle ceneri debbono avvenire nell’assoluto rispetto della volontà della persona scomparsa.
1) la volontà dispersionista deve NECESSARIAMENTE risultare da atto scritto ed inequivocabile (testamento, iscrizione a So.CREM…) redatto dal de cuius.
2) il desiderio di dispersione delle proprie ceneri, espresso verbalmente dal de cuius può esser riportato dai più stretti famigliari, nella forma dell’atto sostitutivo di atto di notorietà, i quali agiscono non motu proprio, ma come semplici nuncius.
E’opinione comune che il voler far disperdere in natura le proprie ceneri sia una decisione personalissima (electio sepulchri) non surrogabile da soggetti terzi, proprio perchè così estrema e, quasi, extra ordinem, proprio per i profili di natura penale i quali la sottendono ancor oggi.
Si è, quindi, di quest’avviso, in ultima analisi: un minore non è ancora abilitato a rilasciare disposizioni per il proprio post mortem, pertanto non può esser richiesta ed ottenuta l’autorizzazione alla dispersione in forza di una volontà mai potuta esprimere compiutamente, mancando la capacità giuridica di agire, questa indebita forzatura ci trascinerebbe fuori di ogni prospettiva ordinamentale, laddove sarebbe consentito tutto ed il suo esatto contrario…oi si sa il cuore ha ragioni che la Dea Ragione non sa intendere.
Saluti by Carlo e la redazione tutta di http://www.funerali.org.