Autorizzazione alla cremazione
Per la Legge Italiana tutte le operazioni di polizia mortuaria soggiacciono sempre a preventiva autorizzazione.
Si parla di “autorizzazione”, intendendo con essa il provvedimento amministrativo con il quale la Pubblica Amministrazione, in funzione preventiva e su istanza di parte, provvede alla rimozione di un limite legale posto all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo preesistente in capo al destinatario.
Per tumulazione ed inumazione, tuttavia, non sono contemplati particolari filtri o procedure ben più strutturate rispetto alla semplice verifica dei titoli formali.
Come noto i principi legislativi da assumere a riferimento in materia di cremazione sono quelli stabiliti dall’articolo 343 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del Testo Unico delle leggi sanitarie” e dagli Artt. 78 e seguenti del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria DPR 285/90.
L’autorizzazione alla cremazione e alla sepoltura si collocano su due ambiti distinti, ed hanno finalità diverse, così come ha confermato lo stesso Ministero di Grazia e Giustizia con nota n. 1/50/FG 33 (92) 114 del 12 giugno 1992.
La prima attiene all’autorità comunale (dirigente o funzionario incaricato) l’altra, invece, appartiene agli adempimenti propri dell’Ufficiale di Stato Civile.
L’autorizzazione alla cremazione rientra, oggi, nelle prerogative del dirigente di settore (Art. 107 comma 4 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) individuato da ciascun Comune, di fatto può essere anche, ma non necessariamente, l’Ufficiale di stato civile, qualora vi sia identità personale nell’esercizio delle due funzioni, ma i due ruoli debbono rimanere separati. Tra l’altro l’istituto della delega sul potere di autorizzare la cremazione è fondato sull’Art. 17 comma 1 bis (e 17 bis) del Decreto Legislativo 165/2001.
Autorizzazione al trasporto ed alla cremazione possono esser contestuali, ossia insistere fisicamente sullo stesso supporto cartaceo (occorre sempre applicare l’imposta di bollo ex DPR 642/1972). Il documento, però dovrebbe esser redatto in duplice copia; l’una da consegnare, dopo l’arrivo in cimitero, al responsabile del servizio di custodia, l’altra, invece, dovrebbe rimanere agli atti nell’archivio dell’impianto di cremazione. Questa possibilità di notevole semplificazione è inibita per le autorizzazioni al trasporto ed alla sepoltura in quanto l’una riguarda il dirigente, l’altra, invece, l’Ufficiale di Stato Civile (si veda l’Art. 11 della Legge 4 Gennaio 1968 n. 15).
La competenza dirigenziale risulta, oggi, perfino non derogabile, se non per espressa disposizione di legge, tuttavia per rendere più efficiente la macchina comunale la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento sino alla stessa sottoscrizione finale degli atti autorizzativi può esser trasferita ad altri dipendenti comunali (subordinati rispetto al dirigente) in servizio presso la stessa unità.
Il personale dipendente incaricato è tenuto ad osservare le direttive impartitegli dal datore di lavoro e non può rifiutare tale incarico detto altrimenti “delega interna”. Rispetto alla qualificazione del personale dipendente verso cui il dirigente possa attribuire, ove lo ritenga, tale incarico, occorre precisare che l’individuazione del personale dipendente rientra nei poteri del dirigente che li esercita nel rispetto del CCNL e del Regolamento comunale di organizzazione degli uffici e dei servizi. Questo principio è valido per tutte le autorizzazioni comunali di polizia mortuaria.
E’ il comune nel quale è avvenuto il decesso a rilasciare l’autorizzazione alla cremazione, naturalmente, se si ignora la località in cui si sia consumato il trapasso l’autorizzazione spetta al comune in cui la salma, prima ed il cadavere, poi, sono stati deposti per il periodo d’osservazione. Per la sua intrinseca irreversibilità la cremazione è sottoposta ad un particolare meccanismo autorizzatorio, in cui elemento costitutivo soggettivo è la volontà di procedere alla cremazione di un defunto, in quanto le spoglie umane non sono né di proprietà pubblica né res nullius (ossia cosa di nessuno) e la loro tutela assume riflessi di natura penale.
La cremazione eseguita senza autorizzazione configurerebbe, oltre ad una violazione regolamentare, la fattispecie criminosa di distruzione di cadavere.
La cremazione da effettuarsi in territorio italiano richiede il preventivo rilascio di un’autorizzazione amministrativa, il cui inadempimento comporta l’immediata segnalazione al procuratore della Repubblica (art. 75 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).
La legge italiana regola il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione su più piani, riconducibili a due principali:
- La volontà, con ulteriori livelli distintivi (testamento una volta pubblicato, autonoma volontà dei familiari, adesione ad una SO.CREM.);
- La definitiva rimozione anche del solo sospetto che la morte sia dovuta a reato, ottenuta, in via ordinaria, attraverso apposito certificato redatto dal medico curante o dal medico necroscopo (di solito spetta a quest’ultimo la segnalazione all’Autorità Giudiziaria di eventuali notizie di reato, ma questa responsabilità di informare la magistratura ai sensi dell’Art. 365 Codice Penale sorge in capo a qualunque sanitario).
In sostanza la norma nazionale con l’Art. 79 comma 4 DPR 10 settembre 1990 n. 285 stabilisce che occorre una determinata verifica in certe situazioni funerarie estreme come, appunto la cremazione con cui si può eliminare definitivamente ogni prova in caso di morte per reato, ed il tipo di soggetto legittimato a compierla
E’, allora, il medico curante o il necroscopo a certificare l’assenza di sospetto che la morte sia dovuta a reato.
Il DPR 285/90 chiede l’autenticazione della la firma da parte del coordinatore sanitario. Ciò dare a chi autorizza la cremazione (dipendente del Comune a ciò incaricato) questa certezza: la firma apposta dal medico è proprio del soggetto che la può apporre. Cosicché il ruolo del coordinatore sanitario (leggasi responsabile del servizio ASL, dopo il riordino del Servizio sanitario nazionale nel 1992 come già giustamente rilevato dalla stessa circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24), citato dal DPR 285/90, è solo quello di autenticare la firma del medico il quale attesta la morte per cause non dovute a reato.
L’autenticazione della firma, sembra, tuttavia, un’anacronistico bizantinismo per almeno due ragioni:
1) ai sensi del DPR 445/2000 la firma dei pubblici ufficiali non è soggetta ad autenticazione;
2) la stessa legge 130/2001 non fa menzione di questa procedura.
La certificazione di cui sopra essendo meramente sanitaria ai sensi dell’Art. 49 DPR 445/2000 non può esser sostituita da altra documentazione non medica.
Diverse regioni, allora, seppur con tecniche diverse non richiedono più l’autenticazione.
Se la morte è violenta (la violenza si qualifica come un evento in cui vi sia una certa forza e brutalità contro natura, non necessariamente correlata a un reato o ad un sospetto di reato) o, peggio ancora è stata prodotta da un omicidio, occorre il Nulla Osta alla sepoltura della Procura della Repubblica e diventa superfluo il certificato di cui sopra firmato dal medico curante o da quello necroscopo.
Abbiamo, quindi 4 possibili fattispecie:
a) la morte dovuta a reato; b) la morte dovuta a sospetto di reato; c) la morte per causa violenta; d) la morte sospetta di causa violenta.
Questo Nulla Osta, tuttavia non è sufficiente per procedere alla cremazione, se esso non riporta espressamente che il cadavere può essere cremato.
Difatti l’Autorità Giudiziaria può consentire l’effettuazione dei funerali e la temporanea sepoltura, riservandosi di procedere ad ulteriori indagini nell’interesse della giustizia in un secondo momento.
In questo frangente non viene consentita la cremazione del cadavere, ma unicamente la sepoltura a sistema di inumazione o di tumulazione, che consentono in tempi successivi ulteriori indagini previa, rispettivamente, esumazione od estumulazione.
Senza Nulla Osta della Autorità Giudiziaria (in questi casi) il comune non può autorizzare la cremazione.
La cremazione, così come il diritto di scegliere il proprio sepolcro, e la tipologia della tomba, è annoverata tra i diritti della personalità.
La cremazione sembrerebbe attenere alla determinazione dei livelli essenziali concernenti i cosiddetti diritti civili e sociali costituzionalmente garantiti e l’espressione del suo desiderio viene pertanto regolata dalla legge nazionale applicabile alla persona.
Questa disciplina vale per deceduti su territorio italiano quando siano cittadini italiani, mentre se si tratta di cittadini stranieri, parimenti venuti a mancare su suolo italiano, si deve provvedere in conformità alla Legge Straniera (art. 24 Legge 31 maggio 1995, n. 218 sul diritto internazionale privato).
Quindi si può cremare in Italia il cadavere di una persona di altra nazionalità se, e solo se, la legge di quella Nazione contempla la possibilità di cremare i defunti della propria popolazione.
L’esclusione che la morte sia dovuta a reato costituisce disposizione imprescindibile ed inderogabile, anche per la cremazione di defunti stranieri.
Di conseguenza le norme volte a fugare il sospetto della morte dovuta a delitto si applicano non solo ai cittadini italiani, ma anche a quelli stranieri per il principio dell’obbligatorietà della legge penale.
Un cittadino italiano deceduto all’estero può esser colà cremato se l’Autorità Straniera del Paese di decesso ha dato il suo Nulla Osta alla cremazione.
Nella maggior parte degli Stati moderni sussistono, infatti, precise cautele per evitare la cremazione di cadaveri nell’evenienza di morte sospetta.
Quando, invece, si abbia l’estradizione del cadavere in Italia e la cremazione sia richiesta in territorio italiano, il requisito dell’esclusione del sospetto di morte cagionata da reato costituisce condizione sostanziale ed inderogabile.
In assenza di documentazione certa acquisita all’estero, attestante la morte provocata da cause naturali non resta che appurare tali circostanze attraverso idonea valutazione medico-legale conseguente a specifico esame autoptico da svolgersi in Italia, prima della cremazione del cadavere.
La regola generale del “comune di decesso” non risulta evidentemente idonea per definire quale comune debba autorizzare l’incinerazione se la cremazione viene richiesta successivamente all’introduzione del feretro dall’estero. La cremazione del cadavere di persona deceduta all’estero dopo l’avvenuto trasporto del feretro in Italia, determina, davvero, conseguenze rilevanti sotto il profilo del procedimento.
In tali casi, la titolarità dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, attraverso un altro criterio da individuare alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, essa, quindi, sorge in capo al comune italiano in cui il cadavere, in transito verso la sua destinazione ultima, è stata introdotto.
Dopo il 27 ottobre 1990 il diritto di scelta della cremazione è possibile anche ai familiari del de cuius, in forza dell’Art. 79 comma 2 DPR 285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.
E’ pertanto ammessa anche la cremazione di un minore, poiché l’ordinamento italiano riconosce la legittimità della rappresentazione da parte di entrambi i genitori su dichiarazione congiunta (dopo la Legge 8 febbraio 2006 n.54) di quest’ultimi anche attraverso atti separati. Così, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione.
Ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo la disgraziata ipotesi di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge.
Anche il cadavere di una persona interdetta (la quale non può decidere di sé nemmeno per il tempo successivo alla sua morte) può esser cremato perché se l’interdizione risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà pronunciarsi il tutore (art. 424 del codice civile).
Se il feretro era stato precedentemente sepolto, è il comune di seppellimento che autorizza la cremazione. Ciò vale sia nella situazione giuridica di cadavere, sia nella situazione giuridica di resto mortale (esito di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi).
Conviene soffermarsi ancora sulla cremazione dopo un primo periodo di sepoltura:
E’ del tutto legittimo cremare un cadavere precedentemente tumulato o inumato, il comune è tenuto a rilasciare detta autorizzazione purché si acquisiscano agli atti:
1) una dichiarazione di tutti i familiari (in primis il coniuge) circa la loro volontà alla cremazione.
2) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione.
3) l’attestazione comprovante l’effettiva estumulabilità/esumabilità del feretro. In una sepoltura privata, a sistema di inumazione o tumulazione, potrebbero, infatti, esservi dei divieti in tal senso da parte del fondatore del sepolcro, così il disseppellimento potrebbe avvenire solo alla scadenza della concessione (per concessioni a tempo determinato). L’inaccessibilità del feretro, perchè il tumulo è sprovvisto di vestibolo (cioè di spazio necessario alla sua movimentazione senza dover spostare altre bare, comporta l’inestumulabilità, ma, questo impasse potrebbe esser superato con la procedura di deroga di cui all’Art. 106 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.
In seguito si segue lo stesso protocollo operativo di routine, come se ci si trovasse di fronte al cadavere di un soggetto appena deceduto.
A questo proposito occorre ricordare come, per fugare anche il solo dubbio di morte dovuta a fatto criminoso, si possa procedere a riscontro diagnostico o autopsia anche dopo diversi anni dalla morte qualora non si riesca a reperire idonea certificazione per le finalità di cui all’Art. 79 commi 4 e 5 del DPR 285/90 (esclusione di morte sospetta o dovuta a delitto ed eventuale Nulla Osta dell’Autorità Giudiziaria).
Saranno poi parimenti necessarie le autorizzazioni ad esumazione/estumulazione e quella al trasporto se il feretro per esser cremato dovrà uscire dal recinto cimiteriale.
Se, però, il de cuius, in forza del suo jus eligendi sepulchrum, ossia diritto a scegliersi la propria tomba, aveva chiesto di esser sepolto (non specificando se come cadavere o sue trasformazioni di stato) in una determinata tomba (esempio: a fianco dei genitori o di un figlio prematuramente scomparso) questo suo desiderio deve esser rispettato (inibendo, così, la possibilità di traslazione) e le ceneri verranno ritumulate nello stesso avello dove fu racchiuso il feretro.
Bisogna ora chiarire il problema dello spartiacque temporale rappresentato dal 27 ottobre 1990, data in cui entrò in vigore il DPR 285/90.
In precedenza, in regime di DPR 803/75, poi sostituito dal più recente DPR 285/90, la cremazione di un cadavere sarebbe stata ammessa solo dietro precisa volontà del de cuius formalizzata per mezzo di una disposizione testamentaria scritta.
L’Art 79 comma 2 del DPR 285/90 (cremazione su dichiarazione di volontà resa dai congiunti del de cuius) non è retroattiva, essa, infatti, opera solo per i cadaveri di soggetti morti dal 27 ottobre 1990 in avanti.
Per una certa corrente della dottrina il problema cronologico non dovrebbe porsi in quanto l’Art. 108 comma 2 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 ha abrogato il vecchio regolamento di polizia mortuaria in tutte le sue parti e limitazioni, con riflessi anche sulle situazioni pregresse.
Dunque, ad oggi, la cremazione del cadavere di persona deceduta prima del 27 ottobre 1990 e tumulata da meno di 20 anni sarebbe ammissibile solo caso di rinvenimento postumo di una volontà del de cuius a favore della cremazione (per gli inumati non si registrerebbe, invece, nessuna difficoltà, in quanto per essi sarebbe già pienamente trascorso il periodo legale di sepoltura fissato ordinariamente in 10 anni).
Il 27 ottobre 2010, se non frattempo non sarà intervenuta una riforma dell’ordinamento nazionale di polizia mortuaria, il DPR 285/90 compirà 20 anni, da quel momento in poi tutti i cadaveri tumulati prima del 27 ottobre 1990 saranno direttamente cremabili, in quanto per essi saranno già trascorsi almeno i 20 anni di sepoltura richiesti dal DPR 15 luglio 2002 n. 254(detti cadaveri non saranno più tali in quanto del tutto assimilabili alla fattispecie del resto mortale).
Possiamo, dunque, sintetizzare tutto l’iter autorizzatorio in questo schema: Se il de cuius è deceduto dopo l’entrata in vigore del DPR 285/90 e non vi è uno scritto da parte del defunto che affermi la sua contrarietà alla pratica della cremazione, il comune in cui il feretro è stato tumulato o inumato deve autorizzare l’estumulazione per avviamento a cremazione su esplicita richiesta di tutti i familiari aventi diritto previa la presentazione di tutti i titoli richiesti dal’Art. 79 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.
Per la cremazione di cadavere l’autorizzazione deve sempre esser individuale e nominativa.
Cremazione di parti anatomiche, prodotti abortivi ed ossa.
La cremazione è un atto di disposizione non solo su cadaveri o loro sezioni (parti anatomiche riconoscibili) ma anche sulle loro trasformazioni di stato postmortali (ossa e resti mortali). Cerchiamo, ora di esaminare in modo analitico queste diverse fattispecie:
- Parti anatomiche riconoscibili: le inerenti autorizzazioni al trasporto, alla sepoltura o alla cremazione attengono all’Autorità Sanitaria Locale del luogo ove dette parti anatomiche sono state “prodotte” per effetto di intervento chirurgico. Entro 48 ore la persona che ha subito l’amputazione con oneri a proprio carico può deciderne la destinazione, altrimenti prevarrà il trattamento deciso in via generale dall’ASL, la quale corrisponderà al gestore del crematorio o del cimitero la tariffa relativa alla prestazione erogata. Quando non vi sia una destinazione “dedicata” su istanza degli aventi diritto le parti anatomiche possono anche esser sepolte in maniera promiscua ed indistinta in un’unica cassa o fossa. Le parti anatomiche non riconoscibili sono unicamente smaltite attraverso termodistruzione in apposito impianto
- Prodotti abortivi: sempre se hanno raggiunto le 28 settimane di età intrauterina o, comunque, su esplicita istanza dei genitori possono esser accolti in cimitero. L’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 non individua il termine di presunta età di gestazione di 22 settimane (termine presente in altre legislazioni, es.: quella francese), quanto tre ipotesi di presunta età gestazionale: 1) meno di 20 settimane, 2) tra le 20 e le 28 settimane, 3) oltre le 28 settimane. La legge Italiana sembra considerare solo la loro sepoltura (inumazione o anche tumulazione se sussiste il titolo di accettazione in sepoltura privata ex Art. 50 comma 1 lettera c) DPR 285/90) con le due autorizzazioni (al trasporto ed al seppellimento) spettanti alla locale ASL; per la loro cremazione, invece, servirebbe una terza autorizzazione firmata dall’autorità comunale. Se ci limitassimo strettamente ad dato testuale, senza considerare lo sviluppo storico e sociale della normativa funeraria la cremazione dovrebbe esser inibita, siccome il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria distingue e pone una rigida separazione tra la tradizionale sepoltura in tumulo o fossa di terra e l’incinerazione. Ma in realtà non è così, perchè ormai le tre pratiche funerarie ammesse dalle Legge Italiana (inumazione, tumulazione e cremazione godono di pari dignità. Un’interpretazione più evolutiva, soprattutto alla luce dell’Art. 3, comma 4 D.M. 1° luglio 2002 consentirebbe, addirittura, di sostenere che le modalità di cui all’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 possano essere ritenute vigenti per quanto riguarda la competenza soggettiva alle autorizzazioni, attribuita all’ASL anche per la cremazione dei prodotti abortivi. Tutto il procedimento autorizzatorio, dunque, si concentrerebbe nella sola ASL, senza, più il bisogno di un’ulteriore provvedimento da parte del comune,con una notevole semplificazione burocratica. L’estensione alle tre pratiche funerarie possibili (inumazione in campo comune o sepoltura privata, tumulazione in sepoltura privata e cremazione) tra l’altro, è considerata anche per le parti anatomiche riconoscibili dall’art. 3, comma 2 D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 senza limitazioni di ordine giuridico. Possiamo, dunque, giungere a questa conclusione: il prodotto abortivo è sempre cremabile solo se richiesto dai genitori attraverso un atto di disposizione in termini affettivi e di pietas verso i defunti. Feti e prodotti abortivi non accoglibili in crematorio (poichè non richiesti), in quanto più assimilabili a rifiuti ospedalieri speciali, ai sensi dell’Art 2, lett. h), punto 2) DPR 254/2003, così come le parti anatomiche non riconoscibili, debbono esser avviati a termodistruzione presso un inceneritore (Art. 14 DPR 15 luglio 2003 n. 254). Si rendono necessari alcuni chiarimenti: il prodotto abortivo non potrebbe essere considerato neppure un minore non avendo acquisito la capacità giuridica (art. 1 c.c.), esso non è oggetto delle registrazioni di stato civile, per cui non sussiste “titolo” probatorio della cittadinanza bisogna, allora distinguere in relazione alla cittadinanza (seppure questa si acquisti solo con la nascita, almeno nell’ordinamento giuridico italiano) quanto meno con riferimento alla madre (sussistendo con essa rapporto giuridico di filiazione). Per i cittadini stranieri trova applicazione la loro legge nazionale, alla luce dell’art. 24 L. 31 maggio 1995, n. 218 “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”. Naturalmente, trattandosi di un onere a carico della struttura sanitaria laddove l’espulsione del prodotto del concepimento ed assimilati è avvenuta, qualora vi sia richiesta di parte per una specifica pratica funeraria, l’onere viene a porsi in capo al soggetto richiedente. Se è lecita (e lo è!) la cremazione dei prodotti abortivi ed assimilati, deve anche ammettersi la conseguente applicabilità delle forme di conservazione e/o destinazione delle ceneri alternative alla collocazione in cimitero che ne risultino previste dalle norme, anche regionali, laddove emanate.
- Ossa: il diritto a disporre dei cadaveri (e dei loro resti) non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura. Circa l’assenso alla cremazione dell’ossame trovano applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare le ossa. Non è più necessaria, infatti, per ovvi motivi la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato. La cremazione delle ossa provenienti da operazioni cimiteriali o da un precedente deposito in ossario comune può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto.
Ovviamente per le ossa contenute nell’ossario comune non sussiste più nessun potere di disposizione da parte dei possibili aventi titolo, in quanto la destinazione dell’ossario comune si configura come un trattamento irreversibile provocato anche dall’inerzia dei congiunti del de cuius. L’unico a poterne deliberare la calcinazione, per recuperare spazio, è il sindaco attraverso un proprio atto.
Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivocabile di rifiuto ad esercitare lo jus sepulchri, protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.
Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere, se non quello della sua dichiarazione a chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Per le ossa racchiuse ancora nella cassetta ossario, ma non più richieste per ulteriori periodi di sepoltura “dedicata” in loculo o celletta e naturalmente per l’ossame dell’ossario comune si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti ossei appartenute a diversi cadaveri. Per le ossa dell’ossario comune il problema nemmeno si pone perchè l’ossario comune presuppone già una conservazione in forma promiscua ed indistinta.
Buonasera dottore, mia suocera è morta nel 2003, ed è tumulata nel suo paese d origine in Umbria io risiedo in Abruzzo ed essendo impossibilitata a recarmi in Umbria per farle visita almeno nel giorno dei morti, ho pensato di farla cremare e riportare le ceneri nella cappella di famiglia, qui in Abruzzo, dopo aver concordato con l agenzia funebre e pagato ogni spesa, non si riesce ancora a portare a termine questa operazione perché c è l ostacolo di reperire il certificato necrologico dove si attesta che la morte è sopraggiunta per tumore maligno e non per violenza o reato nonostante abbia prodotto il modello D4 ISTAT cosa devo fare ancora? Il medico di allora è scomparso grazie
X Annamaria,
un caso di specie molto simile al Suo è già stato trattato – con successo, per altro, da questa redazione (casualmente fui io l’atore del pezzo, in quanto a me fu affidatato il fascicolo da sviluppare in risposta ad un quesito appunto analogo un’adeguata risposta).
Non m’attardo oltremodo in ricami verbali capziosi e cavillosi, segnalandoLe semplicemente il link:
https://www.funerali.org/cremazione/il-certificato-ora-per-allora-di-esclusione-del-sospetto-di-morte-dovuta-a-reato-ex-art-79-comma-4-dpr-10-settembre-1990-n-285-7301.html
Come devono fare i i figli che risiedono negli USA a fare pervenire il loro assenso alla cremazione del proprio padre deceduto in Italia? devono recarsi presso il Consolato Italiano in Usa e fare pervenire al Comune il loro assenso o possono inviarlo direttamente al Comune italiano via pec allegando il loro documento di identità?
X Silvana
tutto il procedimento dipende unicamente dal Comune che materialmente dovrà autorizzare la cremazione.
Orbene, se in quel particolare Comune si applica per effetto (o inerzia) di Legge Regionale ancora l’art. 79 del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 la manifestazione di volontà da parte degli aventi diritto avrà (Circ. Min. 1 settembre 2004 n. 37) la forma di un atto sostitutivo di atto di notorietà, e le modalità di trasmissione saranno quelle previste dall’art. 38 D.P.R. n. 445/2000 (fax o altro mezzo telematico con allegazione di documento d’identità), mentre la competenza al rilascio della relativa autorizzazione sarà del dirigente di settore ex art. 107 comma 3 lett. f) D.Lgs n. 267/2000.
Se invece l’autorizzazione alla cremazione dovesse spettare ai sensi dell’art. 3 L. 30 marzo 2001 n. 130 all’Ufficiale di Stato Civile il quale – non dimentichiamo – deve redigere apposito processo verbale, occorrerà rivolgersi al Consolato, poiché ai termini dell’art. 45 DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 5 gennaio 1967, n. 18 – la funzione di Stato Civile è esercitata, appunto, dall’autorità diplomatica, nella fattispecie a quella consolare: essa, allora, formerà il processo verbale da inoltrarsi poi al Comune Italiano di decesso del de cuius, per autorizzarne la cremazione.
Salve. Esiste una deroga all’impossibilità di assistere alla cremazione? A fronte di tutte le truffe perpetrate a danno di numerosi cittadini, voglio reclamare il diritto emotivo, legale ed economico ad assistere alla cremazione del proprio caro.
X Jantar,
la cremazione è servizio pubblico locale a rilevanza economica, ex Legge 30 marzo 2001 n. 130, orbene per questa tipologia di prestazioni la Legge (art. 461 Legge 24 dicembre 2007, n. 244 – legge finanziaria 2008) impone al gestore, in concorso con le associazioni dei consumaatori, di adottare e dotarsi di una carta sulla qualità dei servizi offerti.
NO, comunque, non è consentito nè opportuno che i dolenti, già emotivamente scossi da un lutto così recente, abbiano accesso ai locali tecnici dell’impianto, dove sono posizionati i forni ed avviene la cremazione vera e propria, per una mera questione di sicurezza ed operatività del personale addetto ad eseguire l’incinerazione del feretro. Ci sono ssistemi e metodologie molto accurati e collaudati per garantire in condizioni di assoluta certezza la completa tracciabilità delle ceneri durante tutto il processo di combustione, sino alla consegna dell’urna (si veda a tal proposito l’art. 1 del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 Legge n. 130/2001 sulle procedure minime comprese nella tariffa stessa della cremazione (dall’introduzione della bara nel forno, per poi chiudere con la polverizzazione degli esiti da cremaazione di un corpo (ossa calcinate) e con la loro raccolta in apposita urna, per poi provvedere al conferimento della stessa agli aventi diritto a disporne per una nuova destinazione.
Ci sono protocolli molto precisi e quasi infallibili, a patto di seguire scupolosamente le norme poste a tutela del cittadino utente
Buona sera,pur avendo invitato i commissari straordinari del mio Comune con lettera regolarmente protocollata di avvisare gli eredi di mia nonna per una prossima estumulazione e successiva cremazione, gli stessi hanno provveduto di iniziativa ad estumulare i resti mortali e mandarli alla cremazione. Mia nonna era contraria ad essere cremata.Posso chiedere il verbale dell’estumulazione e il successivo di cremazione ? Posso essere sicuro che nell’urna ci sono le ceneri della mia povera nonna ? Come mi devo porre nei confronti dell’Amministrazione dopo questi fatti ? Posso denunziare penalmente qualcuno ? Un grazie per la vostra risposta.
X Giuseppe,
teoricamente dovrebbe esser il concessionario del loculo in scadenza ad attivarsi presso gli uffici comunali, al fine di scegliere quale dei trattamenti previsti tassativamente dalla Legge per i feretri estumulati, di prassi (ma non di diritto) sono gli uffici comunali a cercare con forme di pubblicità-notizia o diretta comunicazione con gli aventi causa del de cuius di stabilire una proficua relazione con il cittadino utente del servizio cimiteriale per stabilire il da farsi, anche (non sottaccio quest’aspetto di cruda e venale contabilità) per il recupero di eventuali oneri. Non è ancora chiaro in dottrina se la contrarietà del de cuius alla cremazione del proprio corpo si estenda anche al tempo successivo al periodo legale di sepoltura, quando, cioè, un cadavere degrada a resto mortale, fattispecie medico legale definita con criterio cronologico che gode si di protezione legale, ma in modo più affievolito, rispetto alle spoglie umane nell’immediato post mortem.
La Legge per la cremazione dei resti mortali prevede un doppio binario:
1) un semplice assenso anche in forma destrutturata da parte degli aventi diritto a pronunciarsi, in quale poi si traduce in un atto volitivo di non opposizione (ragioniamo, infatti, pur sempre di diritti non patrimoniali e della personalità)
2) il provvedere d’ufficio in caso di disinteresse o irreperibilità degli aventi titolo.
IL resto mortale estumulato, infaatti, può esser alternativamente: a) ri-tumulato. b) inumato in campo di terra speciale per indecomposti. c) direttamente cremato
Per il principio di trasparenza ed accesso agli atti Lei potrà legittimamente chiedere copia o estratti della documentazione amministrativa a Lei utile, non capisco, onestamente, però, a quale fine, siccome la cremazione è già avvenuta e notoriamente essa è un processo irreversibile.
Traccia di tutti gli spostamenti o trasformazioni di stato di un defunto è sempre tenuta nei pubblici registri cimiteriali, da tutti consultabili.
Valuti molto attentamente se intraprendere un’azione legale per danno esistenziale.
La
Salve
scrivo dalla Puglia, per la cremazione di resti mortali di cui alla legge 130/2001 art. 3 comma g), cremazione resti mortali in seguito a disinteresse dei congiunti: pubblicazione di avviso pubblico e autorizzazione dello Stato Civile. Se le operazioni da effettuare sono in cappelle gestite da Enti e/o confraternite, può il Consiglio d’Amministrazione avviare la cremazione applicando l’articolo di cui sopra? Pubblicazione Elenco all’Albo Pretorio del Comune, richiesta cremazione e conservazione delle urne al’interno della Cappella?
X Giovanni,
in primis, per gli aspetti autorizzativi si veda l’art. 3 commi 5 e 6 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 i quali introducono una procedura semplificata per la cremazione dei resti mortali che per certi versi supera l’art. 3 comma 1 lett) g Legge n. 130/2001.
In Buona sostanza autorizza il Comune competente per territorio e non necessariamente lo stato civile.
Fatte salve eventuali clausole sugli atti di disposizione contenute nello statuto della confraternita (a mio avviso di dubbia legittimità sostanziale) è pur sempre l’Amministrazione Cittadina a dover aprire tutto l’iter, anche attraverso l’adozione di apposita ordinanza sindacale in cui si specifichi la cremazione come trattamento d’ufficio previsto per gli indecomposti all’atto dell’estumulazione. Un consiglio d’amministrazione di una confraternita, essendo soggetto di diritto privato, non dovrebbe poter disporre alcunchè in materia di cremazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, poiché tale decisione – specie se assunta d’imperio – è riservata e rimessa al potere discrezionale del Comune, così come la verifica del c.d. stato di disinteresse manifesto da parte dei congiunti più stretti dei defunti da estumulare.
Buongiorno. Sono Aparecido. Sono trascorsi oltre 6 mesi da quando Le ho chiesto, una informazione su una concessione di un loculo, scaduta il 12 Maggio del 2018,con la relativa estumulazione e la possibilità di cremare ed avere in affidamento le ceneri della mia piccola neonata. Ho avuto una esaustiva risposta da parte Sua e la ringrazio e quindi, Ho proceduto alle varie istanze per la richiesta di cremazione ed affidamento delle ceneri, all’uff. dello Stato civile e per conoscienza al sindaco, in questo caso Torino.Ho inviato una prima raccomandata in marca da bollo,(ecco la copia.VERSOLATO Aparecido/PADERI Marcella.
Torino 14 GENNAIO 2019.
Alla Cort. Attenzione.
Uff. servizi cimiteriali.
C/so Racconigi 90.
10141 TORINO.
e.p.c. Sindaca Chiara Appendino.
Piazza Palazzo di città 1.
10122 Torino.
Oggetto: Cremazione e affidamento.
I sottoscritti, Versolato Aparecido/Paderi Marcella, in qualità di Genitori
della Defunta VERSOLATO EMANUELA, nata e deceduta
il 12 Maggio 1978 e tumulata presso il cimitero Parco di Torino,
campo 6, scomparto 99, con scadenza della concessione
il 12 Maggio 2018, rinnovano la richiesta nel rispetto della Legge dello Stato
n° 130-2001 e, nell’osservanza del parere n°2957/3 del 29 ottobre 2003
emesso dal consiglio di Stato in relazione alla Legge 130-2001 e nel
rispetto della Legge della Regione Piemonte 31 Ottobre 2007, n° 20,
Art.51(2bis) ed inoltre, sulla base del regolamento Città di Torino
n° 264, ART 34 bis,Art 36, Art 37, la Cremazione e l’Affidamento
Famigliare delle Ceneri della defunta EMANUELA VERSOLATO.
Grazie.
APARECIDO VERSOLATO.
MARCELLA PADERI.
Quest’ultima accompagnata da un Atto di Intimazione, ad oggi nn ho avuto alcun riscontro da parte dell’ Amministrazione, sia dal punto di vista umano e, tanto meno da quello istituzionale.Ora Le chiedo cortesemente se,esiste altre vie per avere una possibilità di accoglimento delle mie varie Istanze relative alla cremazione ed affidamento delle Ceneri.Rinnovo un affettuoso ringraziamento per le indicazioni precedenti e per questa ultima mia richiesta. Grazie.
X Aparecido,
Decorso il periodo di tempo che la legge prevede per la risposta ad istanze potrebbe configurarsi un comportamento omissivo degli uffici preposti al rilascio delle relative autorizzazioni di polizia mortuaria.
Come noto, l’art. 2 della Legge n. 241/1990 statuisce l’obbligo in capo alla P.A. di deliberare mediante provvedimento espresso, allorché il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza del privato ovvero debba essere iniziato d’ufficio. Tuttavia, nell’attività amministrativa, si verifica, a volte, che le istanze formulate dai privati non siano decise con atti espressi o non siano decise affatto. Sicché, il diritto positivo offre tre strumenti per ovviare all’inerzia della P.A. e ricondurne, nel contempo, l’operato, nell’alveo della trasparenza e della leale collaborazione con il privato: il silenzio assenso, il silenzio rigetto ed il silenzio inadempimento (o silenzio rifiuto). Nelle prime due ipotesi, il silenzio assume natura decisoria, rispettivamente, di accoglimento e di reiezione dell’istanza; nella terza ipotesi, invece, l’inerzia dell’Amministrazione dà luogo all’inadempimento dell’obbligo di provvedere.
In ogni caso, è prevista, dall’ordinamento, una particolare tutela giurisdizionale, a fronte del silenzio che non si traduca in un provvedimento ampliativo della sfera giuridica dell’interessato: ai sensi dell’art. 21 bis della Legge n. 1034/71, siccome modificato dalla Legge n. 205/2000, il silenzio è impugnabile davanti al Giudice Amministrativo il quale, accertata e ritenuta l’illegittimità dell’inerzia, ordina all’Amministrazione di provvedere entro un congruo termine, normalmente, non superiore a trenta giorni. Qualora la P.A. resti inadempiente oltre il detto termine, il T.A.R nomina un Commissario ad acta che provveda in luogo della stessa. Ultimo consiglio: valuti anche il ricorso al difensore civico, se questa figura è stata istituita ed è operante nel Suo Comune.
Nuovamente Grazie per il suo sempre valido consiglio. Agirò come Lei mi consiglia, nella speranza che l’istanza da me più volte presentata, giunga a buon fine,sotto l’aspetto umano, morale e giuridico.Grazie.
per Carlo se ho inteso bene e chiedo conferma la cremazione di una salma originariamente tumulata può essere autorizzata se sono trascorsi venti anni? in caso contrario bisognerà aspettare il raggiungimento dei venti anni? Le sarei molto grato se confermasse o meno questo concetto temporale. Grazie
X Duilio,
ex art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 da leggersi in modo coordinato con il paragrafo 14.2 della circolare ministeriale esplicativa del Regolamento Statale di polizia mortuaria 24 giugno 1993 n. 24, l’estumulazione finalizzata alla cremazione di feretro precedentemente sepolto può esser autorizzata, SU ISTANZA DEGLI AVENTI DIRITTO, senza alcun limite temporale con la procedura ordinaria ed aggravata di cui all’art. 79 D.P.R. n. 285/1990 o all’art. 3 Legge 30 marzo 2001 laddove applicabile.
Se invece sono trascorsi già anni 20 dall’originaria tumulazione siamo in presenza non più di cadavere, ma di resto mortale (Art. 3 comma 1 lett. b) D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 il quale definisce con doppio criterio cronologico e medico-legale, in via amministativa, la fattispecie prima piuttosto oscura dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo/conservativo) che per i commi 5 e 6 del D.P.R. citato è cremabile con procedimento semplificato e più destrutturato (bisogna sì formalizzare una volontà a tal proposito, ma potrebbe anche esser un semplice assenso, ai sensi della Legge n. 130/2001 ossia un atto volitivo di non contrarietà) senza dover produrre agli atti, della relativa istruttoria, la certificazione medica attestante l’esclusione di morte violenta o peggio ancora dovuta a reato o il nulla osta specifico della Magistratura ex art. 116 D.Lgs n.271/1989. Inoltre essendo passati i 20 aanni pari al periodo legale di sepoltura in loculo stagno la bara può esser aperta (non sussiste più il reato di violazione di sigilli) così da trasferire il resto mortale (= salma non scheletrizzata, come sovente capita) in un contenitore di materiale leggero e più faacilmente combustibile rispetto al primitivo cofano confezionato anche con la cassa di zinco, poichè finalizzato alla tumulazione.
Buongiorno,
nel caso di estumulazione ordinaria di salma a seguito di ordinanza dirigenziale, è corretto procedere come segue?
Aprire il feretro (considerando che sono trascorsi più di 20 anni) per constatare lo stato della salma; se non risulta mineralizzata l’onoranza può avviare alla cremazione i resti mortali, previo assenso degli interessati? Conferma che, però, occorre utilizzare una nuova bara poichè quella aperta è inutilizzabile, essendo stati “violati” i sigilli?
X Chiara,
la violazione dei sigilli si configura in questo caso come fattispecie d’interesse, per questo caso, perchè è lo stesso D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 a disciplinare l’operazione. All’estumulazione (se non finalizzata a semplice traslazione) si procede d’ufficio aprendo la duplice cassa, appunto per una ricognizione sullo stato di conservazione/trasformazione del defunto.
Non è necessario cambiare la cassa. Basta che sia osservato quanto previsto dal comma 2 dell’art. 88 del DPR 285/1990.
88/2.
Qualora la predetta autorità sanitaria constati la non perfetta tenuta del feretro, può ugualmente
consentire il trasferimento previa idonea sistemazione del feretro nel rispetto del presente
regolamento.
SE si è in presenta di “RESTI MORTALI” da avviare a cremazione, può convenire l’impiego di un contenitore “leggero”, ma tale da riuscire impermeabile se in presenza di parti molli, per motivi economici e funzionali. Si risparmia energia e inutile fatica per ripristinare l’originario feretro. Il problema di cremare i resti mortali nella stessa cassa con cui furono a loro tempo tumulati (legno + zinco) è rappresentato proprio dalla lastra metallica. Essa se introdotta nel crematorio rende più onerosa e difficile la fase dell’ignizione, vera e propria, delle spoglie mortali, perchè la lamiera assorbe più calore e determina specifici inquinanti. C’è molta letteratura tecnica in materia, anche su questo sito.
X Mario
l’accordo preventivo di cui Lei mi parla altro non è che il Nulla Osta Consolare di cui all’art. 29 comma 1 lett. a) del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, da parte delle autorità diplomatiche del Paese (India o Nepal) in cui il trasporto funebre, in occasione delle Sue esequie, sarà diretto.
Senza questo passaggio non può, infatti, esser formato e rilasciato il titolo di viaggio per il trasporto transfrontaliero.
Una volta giunti a destinazione si provvederà secondo le Leggi di quel determinato Stato Sovrano.
Salve,
mi scuso per il disturbo. Scrivo da Roma, mio padre l’11/09 é morto e per sua volontà abbiamo operato per la cremazione. Ci hanno detto che ci vogliono 15/20 giorni affinché avvenga..é vera questa attesa?
Ci hanno inoltre detto che non possiamo assistere alla cremazione, é vero?
Posso chiedere i riferimenti giuridici in merito alle risposte che dovessi ricevere? Grazie mille, mi scuso per il disturbo.
Cordiali saluti.
Valeria.
X Valeria,
le legittime aspettative che l’utente può giustamente nutrire da parte del gestore dell’impianto di cremazione sono contemplate nella “CARTA DEI SERVIZI” di cui ogni crematorio deve necessariamente dotarsi, essendo la cremazione servizio pubblico locale a rilevanza economica.
L’istituto della “carta dei servizi” è presente fin dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 (in G.U. n. 43. del 22/2/1994) “Princìpi sull’erogazione dei servizi pubblici”. Ai fini della direttiva sono considerati servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli svolti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all’assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libertà di comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla libertà di circolazione, ai sensi dell’art. 1 della L. 12 giugno 1990, n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas. Ai princìpi della direttiva si uniformano le pubbliche amministrazioni che erogano servizi pubblici. Per i servizi erogati in regime di concessione o mediante convenzione e comunque svolti da soggetti non pubblici, il rispetto dei princìpi della direttiva è assicurato dalle amministrazioni pubbliche nell’esercizio dei loro poteri di direzione, controllo e vigilanza. Le amministrazioni concedenti provvedono ad inserire i contenuti della presente direttiva negli atti che disciplinano la concessione. Essa si ispira ai principi fondamentali di eguaglianza, imparzialità, continuità, diritto di scelta, partecipazione, efficienza ed efficacia.
Al di fuori dell’ambito regionale specifico, va tenuto presente l’art. 2, comma 461 Legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Tanto per inquadrare il problema dal punto di vista giuridico-normativo.
Purtroppo (in altri Paesi non è così) in Italia, almeno, per ragioni organizzative e soprattutto di sicurezza ai dolenti è inibita la possibilità di assistere direttamente all’incinerazione del feretro, quanto ai tempi d’attesa gli impianti di cremazione italiani, specie i più obsoleti, vuoi per carenze tecniche, vuoi per mancanze organizzative non sono il massimo in fatto di efficienza, quindi a Roma i tempi d’attesa si attestano su questi valori che ahimè, sono la norma.
Buongiorno, ad integrazione della mia domanda precedente sono a chiedere in quanti esemplari deve essere prodotta l’autorizzazione alla cremazione?
Grazie
Paolo
X Paolo,
una copia è sufficiente, anche per evitare il proliferare inutile di carte e cartigli, esso va consegnato al responsabile della struttura cimiteriale in cui insiste l’impianto di cremazione. il verbale di avvenuta cremazione di cui all’art. 81 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 viene, invece, redatto in tre esemplari.
Grazie per la risposta. Sono stato al cimitero dove è avvenuta la cremazione e mi dicono che loro non hanno l’autorizzazione alla cremazione avendola consegnata al trasportatore dell’urna cineraria incaricato di portare le ceneri in un’altro cimitero in altro comune. Mi dicono che il trasportatore dovrebbe aver consegnato l’autorizzazione alla cremazione al custode dell’altro cimitero. Ma questa procedure è corretta? allora chi deve detenere l’originale dell’autorizzazione alla cremazione?
Grazie
Paolo
X Paolo,
a costo di esser pedanti: l’autorizzazione alla cremazione rimane agli atti del crematorio dove l’operazione d’incinerazione del feretro è stata eseguita, poichè lì esaurisce i suoi effetti giuridici ed in quel determinato impianto deve rimaner traccia e memoria della pratica funeraria ivi consumatasi.
E’invece, l’autorizzazione al trasporto a dover seguire le ceneri durante tutti i loro spostamenti. In caso di trasportro dopo un primo periodo di sepoltura il Comune a quo (quello, cioè da cui muove il trasporto stesso) rilascerà un nuovo decreto ad hoc
Grazie ancora per la sua professionalità.
Buona serata
Paolo