Autorizzazione alla cremazione

Autorizzazione alla cremazione

Per la Legge Italiana tutte le operazioni di polizia mortuaria soggiacciono sempre a preventiva autorizzazione.

Si parla di “autorizzazione”, intendendo con essa il provvedimento amministrativo con il quale la Pubblica Amministrazione, in funzione preventiva e su istanza di parte, provvede alla rimozione di un limite legale posto all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo preesistente in capo al destinatario.

Per tumulazione ed inumazione, tuttavia, non sono contemplati particolari filtri o procedure ben più strutturate rispetto alla semplice verifica dei titoli formali.

Come noto i principi legislativi da assumere a riferimento in materia di cremazione sono quelli stabiliti dall’articolo 343 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del Testo Unico delle leggi sanitarie” e dagli Artt. 78 e seguenti del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria DPR 285/90.

L’autorizzazione alla cremazione e alla sepoltura si collocano su due ambiti distinti, ed hanno finalità diverse, così come ha confermato lo stesso Ministero di Grazia e Giustizia con nota n. 1/50/FG 33 (92) 114 del 12 giugno 1992.

La prima attiene all’autorità comunale (dirigente o funzionario incaricato) l’altra, invece, appartiene agli adempimenti propri dell’Ufficiale di Stato Civile.

L’autorizzazione alla cremazione rientra, oggi, nelle prerogative del dirigente di settore (Art. 107 comma 4 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) individuato da ciascun Comune, di fatto può essere anche, ma non necessariamente, l’Ufficiale di stato civile, qualora vi sia identità personale nell’esercizio delle due funzioni, ma i due ruoli debbono rimanere separati. Tra l’altro l’istituto della delega sul potere di autorizzare la cremazione è fondato sull’Art. 17 comma 1 bis (e 17 bis) del Decreto Legislativo 165/2001.

Autorizzazione al trasporto ed alla cremazione possono esser contestuali, ossia insistere fisicamente sullo stesso supporto cartaceo (occorre sempre applicare l’imposta di bollo ex DPR 642/1972). Il documento, però dovrebbe esser redatto in duplice copia; l’una da consegnare, dopo l’arrivo in cimitero, al responsabile del servizio di custodia, l’altra, invece, dovrebbe rimanere agli atti nell’archivio dell’impianto di cremazione. Questa possibilità di notevole semplificazione è inibita per le autorizzazioni al trasporto ed alla sepoltura in quanto l’una riguarda il dirigente, l’altra, invece, l’Ufficiale di Stato Civile (si veda l’Art. 11 della Legge 4 Gennaio 1968 n. 15).

La competenza dirigenziale risulta, oggi, perfino non derogabile, se non per espressa disposizione di legge, tuttavia per rendere più efficiente la macchina comunale la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento sino alla stessa sottoscrizione finale degli atti autorizzativi può esser trasferita ad altri dipendenti comunali (subordinati rispetto al dirigente) in servizio presso la stessa unità.

Il personale dipendente incaricato è tenuto ad osservare le direttive impartitegli dal datore di lavoro e non può rifiutare tale incarico detto altrimenti “delega interna”. Rispetto alla qualificazione del personale dipendente verso cui il dirigente possa attribuire, ove lo ritenga, tale incarico, occorre precisare che l’individuazione del personale dipendente rientra nei poteri del dirigente che li esercita nel rispetto del CCNL e del Regolamento comunale di organizzazione degli uffici e dei servizi. Questo principio è valido per tutte le autorizzazioni comunali di polizia mortuaria.

E’ il comune nel quale è avvenuto il decesso a rilasciare l’autorizzazione alla cremazione, naturalmente, se si ignora la località in cui si sia consumato il trapasso l’autorizzazione spetta al comune in cui la salma, prima ed il cadavere, poi, sono stati deposti per il periodo d’osservazione. Per la sua intrinseca irreversibilità la cremazione è sottoposta ad un particolare meccanismo autorizzatorio, in cui elemento costitutivo soggettivo è la volontà di procedere alla cremazione di un defunto, in quanto le spoglie umane non sono né di proprietà pubblica né res nullius (ossia cosa di nessuno) e la loro tutela assume riflessi di natura penale.

La cremazione eseguita senza autorizzazione configurerebbe, oltre ad una violazione regolamentare, la fattispecie criminosa di distruzione di cadavere.

La cremazione da effettuarsi in territorio italiano richiede il preventivo rilascio di un’autorizzazione amministrativa, il cui inadempimento comporta l’immediata segnalazione al procuratore della Repubblica (art. 75 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).

La legge italiana regola il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione su più piani, riconducibili a due principali:

  • La volontà, con ulteriori livelli distintivi (testamento una volta pubblicato, autonoma volontà dei familiari, adesione ad una SO.CREM.);
  • La definitiva rimozione anche del solo sospetto che la morte sia dovuta a reato, ottenuta, in via ordinaria, attraverso apposito certificato redatto dal medico curante o dal medico necroscopo (di solito spetta a quest’ultimo la segnalazione all’Autorità Giudiziaria di eventuali notizie di reato, ma questa responsabilità di informare la magistratura ai sensi dell’Art. 365 Codice Penale sorge in capo a qualunque sanitario).

In sostanza la norma nazionale con l’Art. 79 comma 4 DPR 10 settembre 1990 n. 285 stabilisce che occorre una determinata verifica in certe situazioni funerarie estreme come, appunto la cremazione con cui si può eliminare definitivamente ogni prova in caso di morte per reato, ed il tipo di soggetto legittimato a compierla

E’, allora, il medico curante o il necroscopo a certificare l’assenza di sospetto che la morte sia dovuta a reato.

Il DPR 285/90 chiede l’autenticazione della la firma da parte del coordinatore sanitario. Ciò dare a chi autorizza la cremazione (dipendente del Comune a ciò incaricato) questa certezza: la firma apposta dal medico è proprio del soggetto che la può apporre. Cosicché il ruolo del coordinatore sanitario (leggasi responsabile del servizio ASL, dopo il riordino del Servizio sanitario nazionale nel 1992 come già giustamente rilevato dalla stessa circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24), citato dal DPR 285/90, è solo quello di autenticare la firma del medico il quale attesta la morte per cause non dovute a reato.

L’autenticazione della firma, sembra, tuttavia, un’anacronistico bizantinismo per almeno due ragioni:

1) ai sensi del DPR 445/2000 la firma dei pubblici ufficiali non è soggetta ad autenticazione;

2) la stessa legge 130/2001 non fa menzione di questa procedura.

La certificazione di cui sopra essendo meramente sanitaria ai sensi dell’Art. 49 DPR 445/2000 non può esser sostituita da altra documentazione non medica.

Diverse regioni, allora, seppur con tecniche diverse non richiedono più l’autenticazione.

Se la morte è violenta (la violenza si qualifica come un evento in cui vi sia una certa forza e brutalità contro natura, non necessariamente correlata a un reato o ad un sospetto di reato) o, peggio ancora è stata prodotta da un omicidio, occorre il Nulla Osta alla sepoltura della Procura della Repubblica e diventa superfluo il certificato di cui sopra firmato dal medico curante o da quello necroscopo.

Abbiamo, quindi 4 possibili fattispecie:

a) la morte dovuta a reato; b) la morte dovuta a sospetto di reato; c) la morte per causa violenta; d) la morte sospetta di causa violenta.

Questo Nulla Osta, tuttavia non è sufficiente per procedere alla cremazione, se esso non riporta espressamente che il cadavere può essere cremato.

Difatti l’Autorità Giudiziaria può consentire l’effettuazione dei funerali e la temporanea sepoltura, riservandosi di procedere ad ulteriori indagini nell’interesse della giustizia in un secondo momento.

In questo frangente non viene consentita la cremazione del cadavere, ma unicamente la sepoltura a sistema di inumazione o di tumulazione, che consentono in tempi successivi ulteriori indagini previa, rispettivamente, esumazione od estumulazione.

Senza Nulla Osta della Autorità Giudiziaria (in questi casi) il comune non può autorizzare la cremazione.

La cremazione, così come il diritto di scegliere il proprio sepolcro, e la tipologia della tomba, è annoverata tra i diritti della personalità.

La cremazione sembrerebbe attenere alla determinazione dei livelli essenziali concernenti i cosiddetti diritti civili e sociali costituzionalmente garantiti e l’espressione del suo desiderio viene pertanto regolata dalla legge nazionale applicabile alla persona.

Questa disciplina vale per deceduti su territorio italiano quando siano cittadini italiani, mentre se si tratta di cittadini stranieri, parimenti venuti a mancare su suolo italiano, si deve provvedere in conformità alla Legge Straniera (art. 24 Legge 31 maggio 1995, n. 218 sul diritto internazionale privato).

Quindi si può cremare in Italia il cadavere di una persona di altra nazionalità se, e solo se, la legge di quella Nazione contempla la possibilità di cremare i defunti della propria popolazione.

L’esclusione che la morte sia dovuta a reato costituisce disposizione imprescindibile ed inderogabile, anche per la cremazione di defunti stranieri.

Di conseguenza le norme volte a fugare il sospetto della morte dovuta a delitto si applicano non solo ai cittadini italiani, ma anche a quelli stranieri per il principio dell’obbligatorietà della legge penale.

Un cittadino italiano deceduto all’estero può esser colà cremato se l’Autorità Straniera del Paese di decesso ha dato il suo Nulla Osta alla cremazione.

Nella maggior parte degli Stati moderni sussistono, infatti, precise cautele per evitare la cremazione di cadaveri nell’evenienza di morte sospetta.

Quando, invece, si abbia l’estradizione del cadavere in Italia e la cremazione sia richiesta in territorio italiano, il requisito dell’esclusione del sospetto di morte cagionata da reato costituisce condizione sostanziale ed inderogabile.

In assenza di documentazione certa acquisita all’estero, attestante la morte provocata da cause naturali non resta che appurare tali circostanze attraverso idonea valutazione medico-legale conseguente a specifico esame autoptico da svolgersi in Italia, prima della cremazione del cadavere.

La regola generale del “comune di decesso” non risulta evidentemente idonea per definire quale comune debba autorizzare l’incinerazione se la cremazione viene richiesta successivamente all’introduzione del feretro dall’estero. La cremazione del cadavere di persona deceduta all’estero dopo l’avvenuto trasporto del feretro in Italia, determina, davvero, conseguenze rilevanti sotto il profilo del procedimento.

In tali casi, la titolarità dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, attraverso un altro criterio da individuare alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, essa, quindi, sorge in capo al comune italiano in cui il cadavere, in transito verso la sua destinazione ultima, è stata introdotto.

Dopo il 27 ottobre 1990 il diritto di scelta della cremazione è possibile anche ai familiari del de cuius, in forza dell’Art. 79 comma 2 DPR 285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.

E’ pertanto ammessa anche la cremazione di un minore, poiché l’ordinamento italiano riconosce la legittimità della rappresentazione da parte di entrambi i genitori su dichiarazione congiunta (dopo la Legge 8 febbraio 2006 n.54) di quest’ultimi anche attraverso atti separati. Così, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione.

Ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo la disgraziata ipotesi di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge.

Anche il cadavere di una persona interdetta (la quale non può decidere di sé nemmeno per il tempo successivo alla sua morte) può esser cremato perché se l’interdizione risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà pronunciarsi il tutore (art. 424 del codice civile).

Se il feretro era stato precedentemente sepolto, è il comune di seppellimento che autorizza la cremazione. Ciò vale sia nella situazione giuridica di cadavere, sia nella situazione giuridica di resto mortale (esito di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi).

Conviene soffermarsi ancora sulla cremazione dopo un primo periodo di sepoltura:

E’ del tutto legittimo cremare un cadavere precedentemente tumulato o inumato, il comune è tenuto a rilasciare detta autorizzazione purché si acquisiscano agli atti:

1) una dichiarazione di tutti i familiari (in primis il coniuge) circa la loro volontà alla cremazione.

2) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione.

3) l’attestazione comprovante l’effettiva estumulabilità/esumabilità del feretro. In una sepoltura privata, a sistema di inumazione o tumulazione, potrebbero, infatti, esservi dei divieti in tal senso da parte del fondatore del sepolcro, così il disseppellimento potrebbe avvenire solo alla scadenza della concessione (per concessioni a tempo determinato). L’inaccessibilità del feretro, perchè il tumulo è sprovvisto di vestibolo (cioè di spazio necessario alla sua movimentazione senza dover spostare altre bare, comporta l’inestumulabilità, ma, questo impasse potrebbe esser superato con la procedura di deroga di cui all’Art. 106 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.

In seguito si segue lo stesso protocollo operativo di routine, come se ci si trovasse di fronte al cadavere di un soggetto appena deceduto.

A questo proposito occorre ricordare come, per fugare anche il solo dubbio di morte dovuta a fatto criminoso, si possa procedere a riscontro diagnostico o autopsia anche dopo diversi anni dalla morte qualora non si riesca a reperire idonea certificazione per le finalità di cui all’Art. 79 commi 4 e 5 del DPR 285/90 (esclusione di morte sospetta o dovuta a delitto ed eventuale Nulla Osta dell’Autorità Giudiziaria).

Saranno poi parimenti necessarie le autorizzazioni ad esumazione/estumulazione e quella al trasporto se il feretro per esser cremato dovrà uscire dal recinto cimiteriale.

Se, però, il de cuius, in forza del suo jus eligendi sepulchrum, ossia diritto a scegliersi la propria tomba, aveva chiesto di esser sepolto (non specificando se come cadavere o sue trasformazioni di stato) in una determinata tomba (esempio: a fianco dei genitori o di un figlio prematuramente scomparso) questo suo desiderio deve esser rispettato (inibendo, così, la possibilità di traslazione) e le ceneri verranno ritumulate nello stesso avello dove fu racchiuso il feretro.

Bisogna ora chiarire il problema dello spartiacque temporale rappresentato dal 27 ottobre 1990, data in cui entrò in vigore il DPR 285/90.

In precedenza, in regime di DPR 803/75, poi sostituito dal più recente DPR 285/90, la cremazione di un cadavere sarebbe stata ammessa solo dietro precisa volontà del de cuius formalizzata per mezzo di una disposizione testamentaria scritta.

L’Art 79 comma 2 del DPR 285/90 (cremazione su dichiarazione di volontà resa dai congiunti del de cuius) non è retroattiva, essa, infatti, opera solo per i cadaveri di soggetti morti dal 27 ottobre 1990 in avanti.

Per una certa corrente della dottrina il problema cronologico non dovrebbe porsi in quanto l’Art. 108 comma 2 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 ha abrogato il vecchio regolamento di polizia mortuaria in tutte le sue parti e limitazioni, con riflessi anche sulle situazioni pregresse.

Dunque, ad oggi, la cremazione del cadavere di persona deceduta prima del 27 ottobre 1990 e tumulata da meno di 20 anni sarebbe ammissibile solo caso di rinvenimento postumo di una volontà del de cuius a favore della cremazione (per gli inumati non si registrerebbe, invece, nessuna difficoltà, in quanto per essi sarebbe già pienamente trascorso il periodo legale di sepoltura fissato ordinariamente in 10 anni).

Il 27 ottobre 2010, se non frattempo non sarà intervenuta una riforma dell’ordinamento nazionale di polizia mortuaria, il DPR 285/90 compirà 20 anni, da quel momento in poi tutti i cadaveri tumulati prima del 27 ottobre 1990 saranno direttamente cremabili, in quanto per essi saranno già trascorsi almeno i 20 anni di sepoltura richiesti dal DPR 15 luglio 2002 n. 254(detti cadaveri non saranno più tali in quanto del tutto assimilabili alla fattispecie del resto mortale).

Possiamo, dunque, sintetizzare tutto l’iter autorizzatorio in questo schema: Se il de cuius è deceduto dopo l’entrata in vigore del DPR 285/90 e non vi è uno scritto da parte del defunto che affermi la sua contrarietà alla pratica della cremazione, il comune in cui il feretro è stato tumulato o inumato deve autorizzare l’estumulazione per avviamento a cremazione su esplicita richiesta di tutti i familiari aventi diritto previa la presentazione di tutti i titoli richiesti dal’Art. 79 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.

Per la cremazione di cadavere l’autorizzazione deve sempre esser individuale e nominativa.

Cremazione di parti anatomiche, prodotti abortivi ed ossa.

La cremazione è un atto di disposizione non solo su cadaveri o loro sezioni (parti anatomiche riconoscibili) ma anche sulle loro trasformazioni di stato postmortali (ossa e resti mortali). Cerchiamo, ora di esaminare in modo analitico queste diverse fattispecie:

  • Parti anatomiche riconoscibili: le inerenti autorizzazioni al trasporto, alla sepoltura o alla cremazione attengono all’Autorità Sanitaria Locale del luogo ove dette parti anatomiche sono state “prodotte” per effetto di intervento chirurgico. Entro 48 ore la persona che ha subito l’amputazione con oneri a proprio carico può deciderne la destinazione, altrimenti prevarrà il trattamento deciso in via generale dall’ASL, la quale corrisponderà al gestore del crematorio o del cimitero la tariffa relativa alla prestazione erogata. Quando non vi sia una destinazione “dedicata” su istanza degli aventi diritto le parti anatomiche possono anche esser sepolte in maniera promiscua ed indistinta in un’unica cassa o fossa. Le parti anatomiche non riconoscibili sono unicamente smaltite attraverso termodistruzione in apposito impianto
  • Prodotti abortivi: sempre se hanno raggiunto le 28 settimane di età intrauterina o, comunque, su esplicita istanza dei genitori possono esser accolti in cimitero. L’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 non individua il termine di presunta età di gestazione di 22 settimane (termine presente in altre legislazioni, es.: quella francese), quanto tre ipotesi di presunta età gestazionale: 1) meno di 20 settimane, 2) tra le 20 e le 28 settimane, 3) oltre le 28 settimane. La legge Italiana sembra considerare solo la loro sepoltura (inumazione o anche tumulazione se sussiste il titolo di accettazione in sepoltura privata ex Art. 50 comma 1 lettera c) DPR 285/90) con le due autorizzazioni (al trasporto ed al seppellimento) spettanti alla locale ASL; per la loro cremazione, invece, servirebbe una terza autorizzazione firmata dall’autorità comunale. Se ci limitassimo strettamente ad dato testuale, senza considerare lo sviluppo storico e sociale della normativa funeraria la cremazione dovrebbe esser inibita, siccome il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria distingue e pone una rigida separazione tra la tradizionale sepoltura in tumulo o fossa di terra e l’incinerazione. Ma in realtà non è così, perchè ormai le tre pratiche funerarie ammesse dalle Legge Italiana (inumazione, tumulazione e cremazione godono di pari dignità. Un’interpretazione più evolutiva, soprattutto alla luce dell’Art. 3, comma 4 D.M. 1° luglio 2002 consentirebbe, addirittura, di sostenere che le modalità di cui all’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 possano essere ritenute vigenti per quanto riguarda la competenza soggettiva alle autorizzazioni, attribuita all’ASL anche per la cremazione dei prodotti abortivi. Tutto il procedimento autorizzatorio, dunque, si concentrerebbe nella sola ASL, senza, più il bisogno di un’ulteriore provvedimento da parte del comune,con una notevole semplificazione burocratica. L’estensione alle tre pratiche funerarie possibili (inumazione in campo comune o sepoltura privata, tumulazione in sepoltura privata e cremazione) tra l’altro, è considerata anche per le parti anatomiche riconoscibili dall’art. 3, comma 2 D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 senza limitazioni di ordine giuridico. Possiamo, dunque, giungere a questa conclusione: il prodotto abortivo è sempre cremabile solo se richiesto dai genitori attraverso un atto di disposizione in termini affettivi e di pietas verso i defunti. Feti e prodotti abortivi non accoglibili in crematorio (poichè non richiesti), in quanto più assimilabili a rifiuti ospedalieri speciali, ai sensi dell’Art 2, lett. h), punto 2) DPR 254/2003, così come le parti anatomiche non riconoscibili, debbono esser avviati a termodistruzione presso un inceneritore (Art. 14 DPR 15 luglio 2003 n. 254). Si rendono necessari alcuni chiarimenti: il prodotto abortivo non potrebbe essere considerato neppure un minore non avendo acquisito la capacità giuridica (art. 1 c.c.), esso non è oggetto delle registrazioni di stato civile, per cui non sussiste “titolo” probatorio della cittadinanza bisogna, allora distinguere in relazione alla cittadinanza (seppure questa si acquisti solo con la nascita, almeno nell’ordinamento giuridico italiano) quanto meno con riferimento alla madre (sussistendo con essa rapporto giuridico di filiazione). Per i cittadini stranieri trova applicazione la loro legge nazionale, alla luce dell’art. 24 L. 31 maggio 1995, n. 218 “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”. Naturalmente, trattandosi di un onere a carico della struttura sanitaria laddove l’espulsione del prodotto del concepimento ed assimilati è avvenuta, qualora vi sia richiesta di parte per una specifica pratica funeraria, l’onere viene a porsi in capo al soggetto richiedente. Se è lecita (e lo è!) la cremazione dei prodotti abortivi ed assimilati, deve anche ammettersi la conseguente applicabilità delle forme di conservazione e/o destinazione delle ceneri alternative alla collocazione in cimitero che ne risultino previste dalle norme, anche regionali, laddove emanate.
  • Ossa: il diritto a disporre dei cadaveri (e dei loro resti) non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura. Circa l’assenso alla cremazione dell’ossame trovano applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare le ossa. Non è più necessaria, infatti, per ovvi motivi la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato. La cremazione delle ossa provenienti da operazioni cimiteriali o da un precedente deposito in ossario comune può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto.

Ovviamente per le ossa contenute nell’ossario comune non sussiste più nessun potere di disposizione da parte dei possibili aventi titolo, in quanto la destinazione dell’ossario comune si configura come un trattamento irreversibile provocato anche dall’inerzia dei congiunti del de cuius. L’unico a poterne deliberare la calcinazione, per recuperare spazio, è il sindaco attraverso un proprio atto.

Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivocabile di rifiuto ad esercitare lo jus sepulchri, protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere, se non quello della sua dichiarazione a chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Per le ossa racchiuse ancora nella cassetta ossario, ma non più richieste per ulteriori periodi di sepoltura “dedicata” in loculo o celletta e naturalmente per l’ossame dell’ossario comune si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti ossei appartenute a diversi cadaveri. Per le ossa dell’ossario comune il problema nemmeno si pone perchè l’ossario comune presuppone già una conservazione in forma promiscua ed indistinta.

110 thoughts on “Autorizzazione alla cremazione

  1. Se è una esumazione straordinaria con trasporto del cadavere in Italia per essere inumato, dopo la inumazione valgono le usuali regole per un esumato destinato a cremazione. Prima di 10 anni e’ cadavere, dopo resto mortale, con ciò che ne consegue (procedura di cremazione semplificata ex Art. 3 commi 5 e 6 DPR n. 254/2003)

    Per la LEGGE ITALIANA (DPR 10 settembre 1990 n. 285) il diritto a disporre dei cadaveri (e dei loro resti) non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura. Circa l’assenso alla cremazione dell’ossame trovano applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare le ossa. Non è più necessaria, infatti, per ovvi motivi la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato. Di conseguenza, nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria anche le ossa possono esser cremate, soprattutto per dar seguito alla volontà cremazionista espressa in vita dal de cuius stesso.

    Il discrimen per risolvere questo caso è rappresentato dalla cittadinanza del de cuius (cittadinanza di cui il defunto godeva al momento della morte da provarsi mediante l’iscrizione dello stesso nei Registri dello Stato Civile Italiano).

    Se il de cuius era straniero si rinvia all’Art. 24 della legge sul diritto internazionale privato (Legge 31 maggio 1995, n. 218), occorre, pertanto,certificazione/attestazione (non importa la denominazione) con cui l’autorità consolare documenta quale sia la legge nazionale applicabile per la procedura autorizzatoria alla cremazione.

    Ma, superati i nominalismi (spesso inutili, o dovuti a ragioni di brevita’ espositiva), si ricorda come in nessun caso l’autorità amministrativa italiana sia legittimata a rivolgersi direttamente ad autorità di altri Stati (salve alcune convenzioni specifiche, ma sono 2 e riguardano il matrimonio, cioe’ i 2 accordi (bilaterali) Italia-Svizzera e Italia-Austria).
    Spetta alle parti presentare all’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione i titoli a ciò necessari.

    La documentazione risponderà ai requisti dell’art. 2, e 2.bis DPR 31/8/1999, n. 394, da cui risulti come sia regolato l’accesso alla cremazione in quello Stato Estero (nella fattispecie la Croazia).

    Eventuali manifestazioni di volontà (e legittimazioni per questa) sonor regolate dalla legge straniera, applicandosi, in via esclusiva, quest’ultima. Anche per le procedure.

    Se il defunto, era, invece, cittadino italiano, anche se inumato all’Estero, il problema non si pone e la calcinazione delle sue ossa, previo trasporto in un crematorio italiano, potrà aver luogo senza restrizione alcuna, sarà sufficiente oltre all’autorizzazione al trasporto, quella alla cremazione, perfezionata da un comune italiano e quindi valida su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’Art. 79 del citato d.P.R. n. 285/1990. Ovviamente la relativa richiesta di esumazione dovrà esser presentata alle Autorità Amministrative Locali della Croazia e da esse dovrà esser autorizzata insieme al trasporto alla volta dell’Italia.

    Il criterio del comune di decesso non risulta evidentemente idoneo per definire la competenza di un’autorità italiana in Italia, nel caso in cui la cremazione venga richiesta successivamente all’introduzione della salma dall’estero.
    In tali casi, la competenza territoriale al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, secondo altro criterio che va individuato alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, cioè in capo al comune “ove è sepolta la spoglia mortale”, da intendersi come il comune in cui le ossa saranno state è stata introdotte entro i confini italiani, sulla base del passaporto mortuario o dell’autorizzazione prevista dall’art. 28 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, quando le mortale exuviae non siano state ancora “sepolte”, oppure nel suo senso letterale, quando la “sepoltura” (da intendersi in senso lato) abbia avuto luogo. In quest’ultimo caso, va tenuta presente anche la circolare del Ministero della sanità n. 10 del 31 luglio 1998, salvo non ricorrano i casi di cui agli artt. 83, comma 1, 88 e 89 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.

    Conviene ora soffermarsi brevemente sull’autorizzazione al trasporto:

    Il trasferimento di esiti da completa scheletrizzazione di un cadavere (= ossa) richiede le normali autorizzazioni di cui agli Art. 28 e 29 del DPR 10 settembre 1990, n.285, ad esclusione delle misure precauzionali di carattere igienico stabilite per il trasporto dei cadaveri (ex par.8.1 e 8.2della circ.Min.Sanità n.24/93).
    Il linea di massima nei rapporti di diritto internazionale vige il principio della sovranità tra gli Stati, la legge italiana, nella fattispecie il DPR 285/89 produce i suoi effetti solo entro i confini nazionali, tuttavia per il nostro ordinamento possono esser accettati sul territorio italiano solo trasporti funebre che rispondano alle prescrizioni del regolamento nazionale di polizia mortuaria.
    Si evidenzia che condizione per l’avvio dell’istruttoria è, tra l’ altro, il fatto che all’Estero vengano rispettate disposizioni di rango regolamentare “italiane”, con la conseguenza che le autorità sanitarie locali devono essere poste nella condizione di conoscerle e di porle in esecuzione. Sotto questo profilo, si dovrebbe concludere per l’ inidoneità dell’adempimento delle disposizioni stabilite dalla legge locale, se diverse da quelle italiane, cosa che dovrebbe comportare il rigetto dell’istanza, fin dal momento della sua presentazione. Il condizionale è d’obbligo, vigente il principio di sovranità degli Stati.
    Le ossa, quindi, saranno raccolte nella cassetta di zinco di cui all’Art. 36 DPR n. 285/1990.
    Il titolo di accoglimento in cimitero è condicio sine qua non per autorizzare l’introduzione del feretro, della cassetta ossario o delle ceneri, poiché ogni trasporto funebre è soggetto alla regola della tipicità, dovendo esser certi e preventivamente autorizzati i luoghi di partenza ed arrivo del medesimo. Agli effetti concreti trova applicazione l’Art.50 DPR 285/90. Questa verifica è superflua solo se il trasporto è indirizzato verso un cimitero del comune di residenza del de cuius dove il feretro sarà inumato d’ufficio. Si ritiene valida questa norma anche in caso di dispersione delle ceneri in cinerario comune ex Art. 80 comma 6 DPR 285/90.Per una sepoltura privata ex Art. 93 DPR 285/90 dovrà esser dimostrato lo jus sepulcrhi vantato dal de cuius verso quella particolare sepoltura a sistema di inumazione o tumulazione. Nel caso di cremazione si ritiene sufficiente sia il titolo di accettazione in crematorio (l’autorizzazione alla cremazione) sia il titolo di accoglimento delle successive ceneri presso il luogo di loro conservazione o dispersione.
    Tutti gli atti formati da consolati stranieri in Italia sono, di norma, soggetti alla legalizzazione (da parte della Prefettura-UTG), salvo non si tratti di Stato aderente a convenzioni che l’esentino (es.: Convenzione di Londra del 7/6/1968). Con altri Stati esistono convenzioni che superano, per taluni atti e documenti, anche l’esigenza
    della formalità della “apostille”. Sono individuabili al sito http://www.ciec1.org.

  2. Vi contatto per avere informazioni sulla possibilità di esumare il corpo di
    una persona sepolta per volere altrui in Croazia e ora dopo molti anni i figli vorrebbero riportarlo in Italia e cremarlo, come da suo espresso desiderio.
    Abbiamo già saputo che in Croazia non cremano le ossa di persone decedute da tempo, bensì solo al momento della morte.

  3. X Ale,

    Lei dice bene, e dimostra una perfetta conoscenza della materia.

    Procediamo, quindi, per gradi.

    Per poter effettuare la estumulazione e la traslazione occorre una domanda di un avente titolo (familiare, con il criterio dello jure sanguinis) a patto che quest’ultimo, in caso di una pluralità di congiunti del de cuius dichiari su propria responsabilità, anche penale (la legge, infatti nell’atto sostitutivo di atto di notorietà ex Art. 49 DPR n.445/2000, punisce le dichiarazioni mendaci) di agire in nome e per conto di tutti gli altri aventi titolo a pronunciarsi. Negli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri si segue sempre il criterio di poziorità cristallizzato, in norma formale e positiva, dall’Art. 79 comma 2 del REgolamento Nazionale di Polizia mortuaria, il quale, per operazioni di questo tipo, prescrive, appunto, il consenso di tutti i famigliari di pari grado rispetto al de cuius stesso.

    La raccolta delle ossa o la destinazione dei resti mortali non ha necessità di intervento del parente più prossimo, ma è automatica alla scadenza della concessione. La destinazione delle ossa è, allora, la dispersione nell’ossario comune. Una volta sparse nell’ossario comune, in modo promiscuo, anonimo ed indistinto le ossa non possono più esser recuperate per una diversa sistemazione come potrebbe esser, ad esempio, una sepoltura privata e dedicata (Tumulazione in nicchia muraria?)

    Dei resti mortali ci si occupa secondo quanto stabilito dalla ordinanza del sindaco che regola esumazioni ed estumulazioni (e quindi inumazione in campo inconsunti, cremazione). Ciò premesso, si ritiene possibile la estumulazione del feretro o della cassetta ossario anticipatamente alla naturale scadenza della concessione sia per un trasferimento ad altra sepoltura, sia per provvedere alla cremazione.

    Anche se escludiamo eventuali fatti di rilevanza penale (violazione di sepolcro, falso in atto sostitutivo di atto di notorietà) saremmo in presenza di una violazione all’intero corpus normativo dettato dal DPR n.285/1990 (cioè dal regolamento nazionale di polizia mortuaria) punibile con la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’Art. 358 Testo Unico Leggi Sanitarie

    L’Art.52 del DPR 10 settembre 1990, n.285, dispone che il responsabile del servizio di custodia debba annotare molto diligentemente tutti i movimenti e cambiamenti di stato in ordine alle salme, inumate ed esumate, tumulate ed estumulate, cremate, trasportate altrove, ecc. Si tratta di un pubblico registro (di ingresso ed uscita dal camposanto)… una sorta di anagrafe parallela dei morti.

    Anche qui, se il comune di prima sepoltura non maniene memoria della movimentazione delle ossa (sono state avviate verso un nuovo cimitero?), si individua una trasgressione regolamentare sanzionabile ai sensi dell’art. 358 citato.

  4. salve. una mia bisnonna è deceduta nel 1986. passati i 10 anni una parente (nipote) con la quale nn abbiamo più contatti ha deciso di trasportare i suoi resti in altro cimitero e presumibilmente in un ossario comune. Può averlo fatto senza il consenso di altri nipoti/parenti?! Inoltre in questo caso dovrebbe lo stesso risultare agli archivi, se non del primo cimitero almeno di quello che la riceve. Grazie

  5. X Lorena

    Allo stato attuale della normativa nazionale le urne devono essere tumulate (per cui entro un manufatto, indipendentemente dal materiale di cui sia realizzato, cemento, plastica, vetroresina, ecc.). La L. 130/01 ha previsto anche l’interramento, in quel caso occorre sia specificato il materiale dell’urna (si ritiene debba essere biodegradabile). La nota vicenda della sospensiva della L. 130/01 si è arricchita di un ulteriore capitolo. Attualmente è consentita, secondo il DPR 24/2/04 l’affido dell’urna a familiare per la conservazione in abitazione. La motivazione del parere del Consiglio di Stato, però, apre altri spiragli, tra cui quello della possibilità di rendere operative parti della L. 130/01 attraverso specifici regolamenti e altre lo sono se la combinazione con le norme preesistenti determina la possibilità di darvi attuazione.

    Lo Jus Sepulchri, ossia il titolo di accoglimento in cimitero per cadaveri e loro trasformazioni di stato, cioè resti mortali, ossa ovvero ceneri, parti anatomiche riconoscibili e prodotti abortivi del concepimento è normato dall’Art. 50 del REgolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR n.285/1990. Afferendo il diritto di sepolcro ai diritti della personalità (qualche giurista, ragiona, invece, addirittura in termini di diritti pesonalissimi) e quindi all’ordinamento civile esso è di esclusiva tutela da parte della Legge Statate ai sensi dell’Art. 117 lettere I) L) M) Cost., così come riformato dalla Legge Costituzionale n. 3/2001.

    Ai sensi del combinato disposto tra Art. 343 Testo Unico Leggi Sanitarie (REgio DEcreto n.1265/1934) ed Art. 80 comma 3 DPR n.285/1990 con relativo paragrafo 14.3 della Circolare Ministeriale esplicativa 24 giugno 1993 n. 24 Le urne possono anche essere collocate in appositi spazi dati in concessione ad enti morali o privati, altrimenti si avrebbe “automaticamente”, ossia “ope legis” la loro destinazione residuale ex Art. 80 comma 6 DPR n.285/1990, cioè la dispersione in modo promiscuo ed indistinto in cinerario comune, finalizzata alla conservazione in perpetuto, anche se in forma anonima e massiva. Essa potrebbe avvenire nel cimitero dove insiste l’impianto di cremazione in cui il feretro è stato incinerato o anche in altro camposanto (quello di ultima residenza??? quello del comune di decesso in ossequio al principio secondo cui la sepoltura dovrebbe naturalmente avvenire nel luogo doive si sia consumato l’evento luttuoso????), magari con una differenziazione sul piano tariffario.

    Il seppellimento in senso lato di cadaveri di persone non decedute nel territorio di un comune o non aventi in esso in vita la residenza, è sicuramente possibile secondo quanto previsto dall’art.50 comma 1, lettera C, del D.P.R. 10.9 1990 n.285. Una sepoltura privata, cioè dedicata ed “uti singuli” come accade sempre per la tumulazione può essere concessa ex novo per la bisogna, a tempo determinato; essere a sistema di inumazione o tumulazione.

    Generalmente la concessione è onerosa, ma può essere anche gratuita laddove il Comune decida di riconoscere particolari benemerenze per tale persona. Più generalmente la persona vanta un diritto ad essere inumata o tumulata in sepolture già esistenti al cimitero e quindi si attua tale previsione.

    Un cittadino richiedente, tuttavia non può vantare alcun diritto in proposito, a meno che non ricada nella situazione di cui all’art.50, comma 1, lettere c,d,e. E’ sempre facoltà dell’Amministrazione, in relazione alle sepolture disponibili, concederle in uso a cittadini che non abbiano il requisito della residenza.

    Nella collocazione in loculo o altro manufatto assimilabile come la nicchia cineraria, in quanto sepolcro privato, il diritto sussiste: a) se pre-esiste la concessione, b) se la persona ha titolo sulla base del regolamento comunale di polizia mortuaria e dell?atto di concessione, c) previo avvenuto integrale pagamento della tariffa stabilita essendo ordinariamente l’atto di concessione un provvedimento della pubblica amministrazione a titolo oneroso per l’utenza.

  6. Salve, ho un quesito… In caso di cremazione le ceneri possono essere riposte nel cimitero del comune di nascita o devono essere riposte nel comune di residenza (diverso da quello di nascita)? Una signora anziana che abita in Trentino vorrebbe “Tornare” nel cimitero del comune di nascita ma qualcuno le ha detto che ciò non è possibile…..qualcuno sa rispondermi?
    Grazie

  7. Ringrazio Giorgio per le preziose informazioni, in buona sostanza si fa esattamente come dice lui, aggiungo solo qualche postilla per indomiti legulei fanatici cultori della materia funeraria.
    In Sicilia l’istituto della cremazione è normato dalla Legge Regionale 17 agosto 2010, n. 18 che, però, con l’Art. 2 comma 1 rinvia, in toto, nulla innovando a tal proposito, all’Art. 79 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. Se il defunto è tumulato da più di 20 anni siamo in presenza non più di cadavere, ma di resto mortale, così definito con doppio criterio cronologico e medico-legale dall’Art. 3 comma 1 lett.) b DPR n.254/2003, il quale interviene, in caso di incinerazione di esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo (= resti mortali) disapplicando i commi 4 e 5 dell’Art. 79 DPR n.285/1990, siccome non richiede la documentazione volta ad escludere anche il solo sospetto di morte improvvisa, sospetta, o peggio ancora dovuta a reato, per la quale, altrimenti occorrerebbe uno specifico nulla osta da parte della magistratura (Art. 116 comma 1 D.LGS n.271/1989)

    Per semplificare al massimo le procedure di trasporto sarebbe bene effettuare la cremazione in loco, ossia in Sicilia, perché il trasporto dell’urna ex Art. 80 comma 5 DPR n.285/1990, non è soggetto ad alcuna delle misure precauzionali igieniche stabilite per il trasporto dei cadaveri che oltre i 100 KM di distanza deve sempre avvenire con la doppia cassa integra ed ermetica.
    Per il resto ci si comporta come per una normale cremazione e, quindi, bisogna, in virtù della procedura semplificata di cui prima dettata dal DPR n.254/2003, produrre agli atti una dichiarazione di tutti i familiari circa la loro volontà alla cremazione. Ad autorizzare ex Art. 3 comma 5 DPR 15 luglio 2003 n. 254 sarà il comune nella cui “giurisdizione amministrativa” insiste il cimitero di prima sepoltura.

  8. X Danilo
    Rivolgiti al tuo comune, ufficio cimiteri. Poi servira’ una impresa funebre per il trasporto dei resti mortali al crematorio. Invece l’urna cineraria dal crematorio a verona la puoi portare anche tu, ma occorre che trovi dal comune di verona la sepoltura la’.

  9. Salve vorrei fare incenerire una salma deceduta e tumulata nel 1978 in un cimitero della sicilia e la vorrei portare a Verona come posso fare ??

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