Tg.fun sulla differenza tra autorizzazione al trasporto e quella alla sepoltura

E’ on line il TG.fun dell’8 luglio 2015, il videoquindicinale trasmesso da www.funerali.org. Poco più di cinque minuti dedicati ad un tema di interesse del settore funebre o cimiteriale italiano, con analisi e risposte a domande di un nostro esperto.
Questa puntata del nostro TG funerario d’approfondimento è dedicata alla differenza tra autorizzazione al trasporto funebre e autorizzazioni di stato civile, prima tra tutte quella alla sepoltura.
L’autorizzazione al trasporto funebre (se si eccettuano le discutibili scelte di alcune Leggi Regionali palesemente incostituzionali) appartiene ai servizi di cui all’art. 13 D.Lgs n. 267/2000 e non a quelli di Stato Civile, ossia “Statali”, ma demandati al Comune per il loro materiale svolgimento, di cui al successivo art. 14.
L’autorizzazione comunale al trasporto funebre non è pertanto materia di Stato Civile anche in forza dell’Art. 117 lett. i) Cost, per il difetto della Regione e meno che meno del Comune, a legiferare sullo Stato Civile. L’autorizzazione alla sepoltura (art. 74 D.P.R. n.396/2000) e l’autorizzazione al trasporto sono atti distinti, imputabili a due diversi soggetti (salva eventuale sovrapposizione fisica, derivante da atti di organizzazione ex Regolamento della Giunta di cui all’art. 48 comma 3 D.Lgs n.267/2000; ma in tal caso l’autorizzazione al trasporto non è data dall’Ufficiale di Stato Civile, quanto dalla polizia mortuaria con altra veste e differente legittimazione, anche se, materialmente dovesse essere stessa persona fisica ad apporre le firma.

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One thought on “Tg.fun sulla differenza tra autorizzazione al trasporto e quella alla sepoltura

  1. Innanzitutto, le norme nazionali sul trasporto funebre non sono ridondanti, tautologiche o pleonastiche: esse si completano a vicenda, in quanto l’art. 23 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 riguarda il trasporto di cadaveri all’interno del comune (ipotesi più diffusa), l’art. 24 estende il concetto di trasporto anche ai resti mortali (così come, oggi, definiti dal DPR n.254/2003), alle ossa umane (e non si dimentichino le ceneri), mentre l’art. 34, da ultimo, inerisce al trasporto del cadavere fuori dal comune di decesso.

    In buona sostanza, qualsiasi trasporto di cadavere, resti mortali, ossa umane, ceneri, entro i confini nazionali (per i trasporti transfrontalieri si aprirebbe un capitolo a parte), è soggetto all’autorizzazione amministrativa comunale, con l’unica eccezione, forse, del c.d. “recuperi salma”, cioè dei trasporti necroscopici disposti dalla pubblica autorità, di cui al paragrafo 5 Circ.Min. n.24/1993, nelle condizioni di indifferibilità ed urgenza, ossia quando materialmente non sia possibile attendere, per ovvie ragioni, il rilascio del normale decreto di trasporto da parte degli uffici comunali.

    Non si possono,allora, confondere istituti che nascono in ambienti differenti quali il permesso di seppellimento, per il quale l’art. 6 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 rimanda alla specifica normativa, cioè all’ordinamento dello stato civile (DPR n.396/2000), e le autorizzazioni e provvedimenti normati esclusivamente dal Regolamento di polizia mortuaria.

    La prima materia attiene a (alcune) registrazioni amministrative della popolazione e conserva, per un fenomeno di stratificazione normativa di lontana origine storica, anche la funzione di autorizzazione allo “smaltimento” del cadavere.

    La seconda, invece, è inquadrabile sostanzialmente nell’ambito della sanità pubblica, rispondendo a scopi del tutto differenti.

    Che il trasporto sia ontologicamente finalizzato all’esecuzione della sepoltura rientra nella logica cose, ma le due “autorizzazioni” sono distinte sia per ambito di competenza, per soggetti, e per tipologia

    L’indebita sovrapposizione semantica (commistione?) tra le due “autorizzazioni”, per così dire altamente contestuali, può anche essere comprensibile se si considera come esse intervengano in tempi molto ristretti, a ridosso di un decesso, e, spesso, il loro materiale rilascio avvenga nello stesso momento organizzativo, coinvolgendo magari un unico ufficio, specie nei comuni medio-piccoli, ma ciò non toglie che esse siano differenti e nettamente tra loro distinte.

    Ne discende che il permesso di seppellimento e l’autorizzazione al trasporto (quale esso sia) hanno piena autonomia ed indipendenza, così risulta del tutto legittimo, ed, anzi, persino doveroso, un differente trattamento procedimentale.

    Tuttavia parte della dottrina, seppur con qualche oscillazione di rito, si attesta su una posizione leggermente diversa, in cui emergerebbe tra le due autorizzazioni una certa subordinazione, quanto meno temporale ed anche strumentale: secondo questa teoria il decreto di trasporto emesso da parte dell’autorità comunale (art. 107, comma 3 d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif.) del comune di decesso (art. 34 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) non potrebbe esser accordato se non dopo l’accertamento di morte, considerando come l’art. 74, comma 2 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 preveda che sia l’Ufficiale dello stato civile ad appurare l’incontrovertibilità del decesso, (seppure “a mezzo di un medico necroscopo…”), non parrebbe, dunque, proprio ammissibile che l’autorizzazione al trasporto “a cassa chiusa”, per il funerale, possa essere data se non successivamente al perfezioanmento dell’autorizzazione di cui all’art. 74 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, data la sequenzialità degli adempimenti tra loro così connessi: l’atto autorizzativo di cui all’Art. 74 comma 2 DPR n.396/2000, è infatti, prodromico ex Art. 8 DPR n. 285/1990 a qualsiasi operazione irreversibile da compiersi sul cadavere, tra queste azioni si annovera, appunto, (Art. 30 DPR n. 285/1990) il corretto confezionamento del feretro in base a lunghezza, specificità del trasporto e destinazione finale dello stesso.

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