La politica del laissez-faire adottata in Svezia per fronteggiare l’emergenza coronavirus, nel corso del 2020, ha avuto effetti devastanti anche sulla mortalità da Covid, come ha evidenziato uno studio scientifico pubblicato su Humanities & Social Sciences Communications, tramite Nature.com.
La pandemia è stata gestita dalla Agenzia di sanità pubblica (Folkhälsomyndigheten), organismo indipendente, che ha semplicemente invitato gli over 70 e i gruppi a rischio ad evitare i contatti sociali, a lavorare da casa, a lavarsi spesso le mani, ad adottare il distanziamento sociale di due metri e ad evitare viaggi non indispensabili.
Sono rimasti aperti i confini nazionali, come pure le scuole per i minori di 16 anni, i negozi, i ristoranti e i bar. Una politica che non ha mai previsto l’imposizione del lockdown o di mascherine obbligatorie o di chiusura delle scuole, ma, piuttosto, mirata alla ricerca di un’immunità di gregge “naturale” e a limitare il più possibile danni economici.
Il risultato è stato che il tasso di mortalità nel Paese scandinavo, nel 2020, è stato di 10 volte superiore rispetto a quello della vicina Norvegia.
Non solo. Pare che a molti anziani colpiti da Covid, soprattutto nelle case di cura, sia stata somministrata morfina invece di ossigeno, nonostante le scorte disponibili, ponendo fine di fatto alla loro vita. La decisione di fornire cure palliative a tali fasce della popolazione è stata presa senza esame medico o ricovero e senza informare il paziente o la sua famiglia.
Nella primavera del 2020 molte persone sono anche morte a casa, nonostante avessero cercato aiuto. In effetti la Svezia, in base a uno studio di 14 Paesi europei, che ha esaminato l’impatto sul tasso di mortalità da Covid-19, ha ottenuto il punteggio più basso sull’accessibilità dei letti di terapia intensiva.
Un’altra grave inadempienza, emersa dall’indagine, ha sottolineato come l’Agenzia della salute pubblica abbia di fatto negato o declassato che i bambini potessero essere infettivi o sviluppare malattie gravi. Anzi, è emersa la volontà di servirsi dei bambini stessi per diffondere l’infezione nella società, alla ricerca dell’immunità di gregge.
Lo studio ha infine sottolineato come la pandemia abbia rivelato diversi problemi strutturali nella società svedese, a livello politico, sanitario, burocratico e di informazione, raccomandando di avviare un processo autocritico in merito, onde evitare future riproposizioni di errori, fatali per la popolazione.