L’Italia è oggi al primo posto in Europa per numero di morti all’anno legati alla resistenza agli antibiotici e, secondo gli esperti, nel 2050 questa sarà la prima causa di morte.
Su 30.000 decessi dell’intero continente, circa 10.000 avvengono nel bel Paese, a causa dei microrganismi multi resistenti.
In Italia è diffusa soprattutto la specie batterica Klebsiella pneumoniae, resistente a quasi tutti gli antibiotici disponibili.
La causa sta nell’eccessivo e scorretto uso degli antibiotici. Il risultato è che la resistenza a questi farmaci è in aumento.
Secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control, l’Italia è al quinto posto in Europa nel loro consumo e tra i Paesi a più elevato tasso di microrganismi resistenti.
Gli antibiotici funzionano uccidendo i batteri con meccanismi d’azione variabili a seconda della classe di appartenenza.
Tuttavia, i batteri possiedono una spiccata capacità di adattamento e, grazie a mutazioni genetiche ed alla semplicità della loro organizzazione cellulare, acquisiscono continuamente geni utili, compresi quelli per la resistenza gli antibiotici.
Negli ospedali si verifica la trasmissione della maggior parte delle infezioni da super batteri e gli operatori sanitari sono figure centrali nella strategia di contrasto alle resistenze batteriche.
Un paziente, che necessita di medicazioni per ferite suscettibili di infezione, drenaggi post chirurgia o cateteri, ha bisogno di assistenza nel pieno rispetto di precisi protocolli sanitari.
È anche necessario alzare il livello di attenzione nelle colture e negli allevamenti.
A tal proposito la UE ha individuato una serie di strategie di contrasto della antibiotico-resistenza, che impongono di ridurre l’uso di antibiotici nelle aziende agricole e di circoscrivere l’uso profilattico degli antibiotici somministrati negli allevamenti.
E, infine, sarà fondamentale l’ideazione e produzione di nuovi antibiotici, in grado di aggirare la capacità dei batteri di neutralizzarli, considerato che l’ultima classe di antibiotici è stata scoperta negli anni ’80 e che quelli definiti oggi nuovi antibiotici altro non sono che evoluzioni di molecole già in uso.