Recenti stime previsionali del mondo oncologico nazionale ed internazionale hanno lanciato un allarme sul possibile aumento di mortalità per cancro a causa della pandemia.
Ciò è da imputarsi principalmente alla combinazione fra l’interruzione delle visite ambulatoriali – durante il periodo del lockdown – ed il timore del contagio, che ha tenuto il più possibile lontani dagli ospedali, pazienti affetti da patologie tumorali.
Questo ha generato effetti negativi sulle possibili prognosi oncologiche. Inoltre, i tumori non trattati nei mesi precedenti – sempre a causa della pandemia – in fase iniziale e quindi con più alte probabilità di guarigione, verranno giocoforza trattati nei mesi successivi (2021), in una fase marcatamente avanzata, che necessiterà quindi di cure più invasive, con esiti di prognosi maggiormente incerti.
Un esempio in tal senso viene illustrato dall’Istituto Europeo di Oncologia, che ha reso noti i primi dati di uno studio incentrato sull’impatto del Covid sul tumore polmonare.
Il totale delle lobectomie polmonari effettuate da giugno a settembre 2020, quindi successivamente al primo lockdown, è risultato inferiore del 36% rispetto allo stesso periodo del 2019, con una riduzione significativa anche degli stadi guaribili e diagnosticati con lo screening specifico o con screening per altre patologie in pazienti asintomatici.
Studi clinici, effettuati su larga scala dallo stesso Istituto, hanno evidenziato che lo screening con TAC a basse dosi può abbassare del 25% la mortalità per cancro polmonare nei fumatori e del 33% nelle fumatrici, confermando così come la riduzione dei controlli di prevenzione si profili come un fattore di rischio molto concreto, per un consistente aumento della mortalità nel medio-lungo periodo.
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