I dati recentemente forniti dall’Istat sul numero di morti in Italia fra marzo e novembre, in confronto alle medie dei 5 anni precedenti, evidenziano un eccesso di 85.624 decessi sugli andamenti fra il 2015 e il 2019 e solo i due terzi di questi si spiegano ufficialmente con il Covid-19.
Ne consegue che, nel corso del 2020, si sono verificati almeno trentamila decessi in più rispetto alla normalità del passato, di cui non è dato sapere se classificabili come vittime Covid, in assenza di diagnosi, o attribuibili alla riduzione – spesso drastica – del sistema sanitario per quanto concerne le cure di tumori o patologie gravi.
L’anno scorso la mortalità nel Paese è aumentata del 19%, ma con enormi differenze territoriali. In alcune province i decessi non sono mai aumentati (Cagliari, Caltanissetta, Rieti) o lo hanno fatto in misura minima (Agrigento, Messina, Reggio Calabria, Vibo Valentia, Matera, Chieti, Salerno, Benevento, Viterbo, Siena); altre invece hanno visto raddoppiare il numero dei decessi (più 86% a Bergamo, 76% a Cremona, 62% a Lodi, 57% a Brescia, 41% a Milano.
Sostanzialmente, più alta è risultata la quota di decessi per Covid-19 – sul totale dei morti in eccesso – maggiormente il sistema sanitario locale ha mantenuto con efficacia le cure anche per le altre malattie, riuscendo a diagnosticare gran parte dei contagiati dal virus.