Se il medico curante litiga con il necroscopo

Cara Redazione,


Sabato scorso ho chiamato il medico curante di una persona deceduta per farmi redigere il certificato di morte.

P5280081Lui si e’ opposto dicendomi che dalle ore 20 del venerdì alle ore 8 del lunedì non sarebbe stato reperibile, così di conseguenza mi sarei dovuto rivolgere alla guardia medica.
Ho controbattuto dicendogli che la guardia medica può solo constatare il decesso ma non può firmarmi la scheda ISTAT. Magari e’ il necroscopo che in assenza del medico di famiglia redige l’atto.

Contatto, quindi, il medico necroscopo di turno e gli spiego la situazione. Anche lui mi nega la sua firma in quanto e’ inammissibile che, secondo lui, il medico curante non abbia lasciato sostituti in caso di assenza.

In particolare ci siamo soffermati sull’art. 1 comma 4 del DPR 285/90, in particolare sulle le parole “decesso senza assistenza medica”. Lui intende per assistenza tutto l’iter storico io invece, magari da profano, il decorso della situazione psico-fisica che poi ha portato al decesso.

Secondo me ha ragione il medico necroscopo, ma il curante non è dello stesso avviso.
Alla fine entrambi mi hanno fatto “il favore” e ho dovuto ringraziarli quasi genuflettendomi al loro cospetto, altrimenti mi avrebbero bloccato il funerale.

Non senza ricordare ad entrambi che io in qualità di Impresa Funebre non dovrei vedere ne l’istat ne il certificato di morte, in quanto dati sensibili per la Legge sulla Privacy.

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Premessa: Il provvedimento 30 dicembre 1999 – 13 gennaio 2000 ha individuato la polizia mortuaria fra le attività che perseguono rilevanti finalità d’interesse pubblico, per le quali è autorizzato il trattamento dei dati sensibili da parte dei soggetti istituzionali.

L’obbligo della compilazione della scheda di morte spetta al medico curante (art. 1, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285) o, per i frangenti di decesso senza assistenza medica, al medico necroscopo (comma 4 stesso art. 1).
Va ricordato come l’art. 103, comma 1, lettera a) TULLSS approvato con RD 27 luglio 1934, n. 1265 individui tale competenza nel medico in quanto esercente la professione. Sul punto si deve anche rammentare la circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, essa, infatti, dispone che per assistenza medica debba intendersi la conoscenza da parte del medico curante del decorso della malattia, indipendentemente dal fatto che il medico abbia o meno presenziato al decesso.

Pertanto dovrà essere redatto dal medico necroscopo solamente il modello ISTAT relativo a persone per le quali sia impossibile, per varie ragioni, stabilire quale sia il medico all’uopo preposto, rendendosi, così, implicitamente necessaria la richiesta di riscontro diagnostico (Artt. 1 comma 5, 37 e seguenti DPR 10 settembre 1990 n. 285).

Nell’evenienza di accertamento diagnostico od autopsia, il medico che esegua tali esami invasivi è tenuto a dare comunicazione al sindaco (in qualità autorità sanitaria locale o al dirigente di settore se detta trasmissione di informazioni rientra negli atti gestionali di cui all’Art. 107 comma 3 Decreto Legislativo 267/2000) per l’eventuale rettifica della denuncia della causa di morte (art. 39 DPR 10 settembre 1990, n. 285), tale previsione altro non significa se non che la denuncia della causa di morte (scheda ISTAT) deve essere già stata stilata (Solo la Lombardia con l’Art. 40 comma 3 Reg. Reg. n.6/2004 così come modificato dal Reg. Reg. n.1/2007 ha semplificato questa procedura eliminando il primo passaggio, cosicché è direttamente il medico settore ad effettuare la denuncia sulla causa di morte).

L’adempimento può esser assolto dal medico curante o dal medico necroscopo, quando quest’ultima figura risulti legittimata, tuttavia va utilizzato solo ed unicamente il modello prescritto (art. 1, comma 6 DPR 10 settembre 1990, n. 1238), in dottrina, però, non mancano posizione contrarie (Dr. Daniele Cafini, La compilazione del certificato sulle cause di morte, testo reperibile sul sito www.euroact.net nella sezione dedicata alla “formazione a distanza”.

Il medico individuato a termini del comma 1 o del comma 4 dell’art. 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285 non può sottrarsi dallo stendere la denuncia della causa di morte, salvo non incorrere in violazioni rilevanti sia sotto il profilo penale che sotto il profilo professionale.

Il medico curante, qualora si allontani dalla sede, poiché vincolato a disporre di scheda sanitaria per ciascun assistito, dovrebbe consentire al proprio sostituto di identificare la causa di morte del paziente sulla base delle notizie clinico-anamnestiche, e, dovendo il medico curante garantire una pur generica reperibilità – a parere di chi scrive – egli non può esimersi dal compilare la scheda ISTAT relativa al decesso di un proprio assistito, qualora ne siano note le cause, neppure durante le giornate festive o le ferie (Dr. Daniele Cafini).

Perché sia tempestivamente attuabile questo circuito informativo, il sostituto del medico di base, il medico di guardia medica o il necroscopo dovrebbero avere la possibilità di contattare il medico curante, così da poter acquisire le notizie necessarie alla compilazione della denuncia delle cause di morte, specificando possibilmente le modalità con cui si sono apprese delle informazioni anamnestiche relative al defunto.

Nell’ulteriore ipotesi secondo cui il medico curante non sia a conoscenza di particolari ed importanti patologie che possano spiegare le cause del decesso del proprio assistito, il medico necroscopo si trova nella condizione di avanzare richiesta di indagine autoptica.

Occorre infine precisare come la scheda stessa rappresenta uno dei documenti necessari affinché, a meno di un intervento della magistratura, si possa procedere alle esequie funebri. La scheda – o certificato – ISTAT si assomma ad una serie di altri atti certificativi e non, quali:

  1. avviso di morte (titolo VII del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238), che, redatto in forma libera da uno dei congiunti o da persona convivente o da loro delegato (anche impresa di pompe funebri) o, in alternativa, da persona informata, va inoltrato entro 24 ore dal decesso all’Ufficiale di Stato Civile locale;
  2. certificato di necroscopia (art. 4, DPR 285/ 90)
  3. certificato per l’imbalsamazione (art. 46, DPR 285/90
  4. certificato per la cremazione (art. 79, DPR 285/90).

Ad oggi solo la Lombardia con norma positiva ha esteso la denuncia di morte anche al medico di continuità assistenziale (Art. 3 comma 2 Legge Regionale 18 novembre 2003 n. 22 e relativa Circolare Esplicativa 9 Febbraio 2004 7/SAN).

Il modello ISTAT deve essere compilato dal medico che ha assistito la persona defunta o, in caso di decesso senza assistenza medica, dal medico necroscopo e consegnato all’ufficiale di stato civile entro le 24 ore dal decesso (ai sensi dell’art.103, lett.a] del RD 27 luglio 1934, n.1265, Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie). Tale omissione è punita con una sanzione amministrativa compresa fra le 20.000 e le 200.000 lire (cfr. art.103 RD 1265/1934).

La scheda ISTAT/D.4 o D.5 (= di morte) altro non e’ se non la denuncia della causa di morte di cui all’art. 103 R.D. 27/7/1934, n. 1234.
Aut-0057Tale satuizione normativa impone espressamente (ben prima della L. 675/1996 o, oggi, D. Lgs. 196/2003) che il relativo contenuto sia destinato a rimanere segreto, anche ai sensi degli Artt. e 11 D. Lgs. 6/9/1989, n. 322.

Oltretutto, la scheda ISTAT stessa era, ed e’, trattata dai comuni al solo fine del suo invio al Sistan e, da anni, in copia anche all’ASL, essa è inoltrata aall’Ufficiale di Stato Civile, anche se rimane estranea ai procedimenti propri dello Stato Civile.

Quest’ultima fase (invio all’ASL) ha la funzione di consentire alla tessa la tenuta del registro delle cause di morte, previsto oggi dall’Art. 1 DPR 285/1990, mentre nel 1985 vigeva l’art. 1 dPR 803/1975 che prevedeva la medesima competenza (anzi, nel 1975, non esistendo anchera le ASL, si parlava di “ufficio igiene del comune”, le cui funzioni sono state attribuite all’USL, poi ASL, dalla L. 833/1978): in poche parole, il registro delle cause di morte e’, ed era, tenuto dall’ASL.

Il certificato necroscopico e’ condicio sine qua non (anche a prescindere dal Nulla Osta ex Art.116 D.Lgs. 28/7/1989, n. 271) ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’inumazione o alla tumulazione, procedimento di polizia mortuaria che e’ distinto, anche se temporalmente ravvicinato, alla dichiarazione di morte, conservandone comunque autonomia. A parte la considerazione che tale certificato non dovrebbe, a rigore riportare indicazioni sulla causa di morte (anche se ‘prassi’ variamente diffuse),

La scheda ISTAT andrebbe compilata entro 24 ore dall’accertamento della morte (l’accertamento ha luogo nei modi e termini dell’art. 4 DPR 285/1990), anche se è largamente diffusa la prassi della sua redazione abbastanza presto, dato che non vi è un termine iniziale, se non il decesso. Anch’essa è, tecnicamente, indipendente dalla dichiarazione di morte, benché si debba registrare la consuetudine poterla consultare già al momento della dichiarazione di morte, magari perché anche il medico necroscopo ne prenda visione.

Pur nel rigoroso rispetto della tempistica ufficiale una certa isteresi dei vari adempimenti (con accorpamento o, comunque, compressione temporale delle varie fasi precedi mentali) non è del tutto deprecabile.

Come rilevato prima Scheda ISTAT (Art. 103 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265) e Certificato Necroscopico (Art. 74 comma 2 DPR n.396/2000 ed Artt. 1 comma 4 e Art. 4 DPR n.285/1990) sono soggetti anche ai sensi della Legge Statistica (artt. 10 e 11 D. Lgs. 6/9/1989, n. 322) al segreto, senza poi contare come tali certificazioni contengano dati sensibili per la privacy (D. Lgs. 196/2003). Esse possono, però, esser materialmente consegnate anche da personale dell’Impresa funebre, purché siano racchiuse in altrettante buste sigillate.

Il DPR 285/1990 lascia un margine di 15 ore per procedere all’accertamento della morte, infatti il medico necroscopo deve svolgere la visita tra le 15 e le 30 ore dopo il decesso. Per un effetto a cascata di ritardo nella comunicazione, del resto spiegabilissimo, in quanto sono ben pochi i cittadini che conoscono una simile incombenza è le evidenti discrasie fra il limite massimo per l’avviso e quello massimo per l’accertamento, si può determinare uno slittamento fuori delle 30 ore.

Le eventuali infrazioni potrebbero essere le seguenti: – omissione di avviso di morte da parte dei familiari o del responsabile dell’impresa funebre che ne avesse ricevuto mandato scritto; – ritardo nell’accertamento di morte.

Solo se si ha una colpa grave scatterebbe la omissione di pubblico servizio per quest’ultimo caso, potendo, generalmente far valere i motivi di un eventuale ritardo. Cosa diversa è se dovessero verificarsi ripetuti casi del genere per effetto di una organizzazione carente. In questo caso è il Giudice che dovrà valutare se i responsabili dei servizi non hanno provveduto a regolamentare in modo definito la materia in sede locale o se la responsabilità sia del medico necroscopo. Comunque, tralasciando risvolti penali, vi è, comunque, violazione dell’art. 4 del DPR 285/1990 ed essa è sanzionabile ai sensi dell’Art. 107 DPR 285/1990, il quale rinvia all’Art. 358 Regio Decreto n.1265/1934 così come novellato nel proprio importo dall’ L’art.16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196. I DPR 396/2000, ossia il regolamento per la semplificazione e la revisione dell’Ordinamento di Stato Civile, essendo a differenza del suo predecessore Regio Decreto 9 luglio 1939, n.1238, è una fonte di rango secondario e, pertanto, non è dotato di un proprio autonomo impianto di diritto punitivo.

Ad oggi nessuna norma positiva (eccetto l’Art.3 comma 3 Legge Regionale Lombarda 18 novembre 2003 n. 22) fa sorgere in capo all’Ufficiale di Stato Civile la responsabilità di richiedere e sollecitare l’attivazione del medico necroscopo.

Questa precisazione, però, non vieta che l’Ufficiale di Stato Civile possa anche essere “cortese” dando comunicazione dei decessi di cui abbia avuto, giuridicamente, conoscenza a seguito dell’avvenuta dichiarazione di morte (art. 72 DPR 396/2000), il cui ricevimento altro non e’/corrisponde/coincide se non con la formazione dell’atto di morte.

Ma la “gentilezza” e’ atteggiamento spontaneo ben diversa dalla sussistenza di un qualche onere fissato procedurale fissato dalla Legge.

Articoli correlati e reperibili con la funzione “CERCA”

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Carlo Ballotta

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30 thoughts on “Se il medico curante litiga con il necroscopo

  1. la nomina del medico necroscopo deve essere di natura personale, dovendo il medico necroscopo riferire circa l’espletamento del servizio anche in relazione a quanto previsto dall’art. 365 del C.P., in quanto ogni responsabilità di tal genere non può che essere “ad personam”.

    Si è del parere che il medico necroscopo debba (o…dovrebbe?) riferire al coordinatore sanitario (leggasi, oggi, al responsabile del servizio ASL) ed è compito di quest’ultimo riferire all’Autorità Giudiziaria i casi che possono presentare i caratteri di un delitto. L’interpretazione deriva dalla lettura combinata del comma 3 dell’art. 4 del DPR 285/90 e degli artt. 361 e 365 del C.P.. Non si capirebbe infatti il motivo della esplicita menzione del riferimento al coordinatore sanitario “anche in relazione a quanto previsto dall’art. 365 del C.P.”

    L’uso del condizionale si motiva con questa considerazione di ordine fattuale: risulta oramai larga prassi generalizzata che il referto necroscopico in caso di morte violenta o, peggio ancora dovuta a reato ex Art. 74 comma 2 DPR n.396/2000 sia inoltrato direttamente alla magistratura direttamente dal sanitario incaricato della funzione di necroscopo, eventualmente ricorrendo più agli ufficiali della polizia giudiziaria e, nel migliore dei casi, con l’inoltro, per conoscenza, al responsabile del servizio: questo comportamento de facto ormai codificato e dotato di una sua indubbia legittimità si fonda sulla qualifica di pubblico ufficiale che il medico necroscopo riveste, mentre i semplici medici ricoprono la funzione di esercenti in servizio di pubblica necessità a norma dell’Art. 359 n.1) C.P., aspetto che, per inciso costituisce altra motivazione ostativa alla nomina, quali medici necroscopi, dei medici di medicina generale.

    Nessuna indicazione (= intenzionale astensione) sulla compatibilità tra l’esercizio delle funzioni di medico necroscopo e la figura del medico di medicina generale, anche perchè ciò comporterebbe pure valutazioni di altro conto (ad esempio, quello dell’onerosità di tali prestazioni, in quanto estranee alla Convenzione generale di medicina generale). Trattandosi di funzioni di medicina pubblica, il relativo onere non puo’ che essere che a carico del servizi sanitario (ma si tenta, a volte, di scaricarlo sulla famiglie con provvedimenti di dubbia efficacia giuridica …).

    Volutamente, si prescinde da (alcune) normative regionali.

  2. Si segnala in tema di gestione del rischio nell’attività di medicina necroscopica il pregevole articolo del Dr. Andrea Poggiali pubblicato a pagg. 51 e seguenti sull’ultimo numero della rivista dedicata alla polizia mortuaria “I Servizi Funerari” n.1 anno 2011.

  3. La Regione Toscana interviene in materia di cremazione con la Legge REgionale n. 29/2004.

    Come si potrà notare dal contenuto del dell’Articolo 1, comma 1 della L.R. 29/2004 la normativa toscana non interviene in materia di autorizzazione alla cremazione, che quindi resta al momento regolata dall’articolo 79 del D.P.R. 285/1990.

    È quindi mantenuta la inapplicabilità del comma 1, lettere a), b), g), h) dell’articolo 3 della L.130/01, mentre le altre lettere trovano applicazione per effetto degli articoli 2,3,4 della citata L.R. 29/04.

    L’Art.79 DPR n.285/1990 prevedeva una procedura aggravata per verificare il certificato medico escludente la morte sospetta o dovuta a reato, ossia, al di là del nulla osta della magistratura ex Art. 116 D.Legs n.271/1989, l’autentica della firma del medico da parte del coordinatore sanitario

    (ora da intendersi come responsabile del servizio, in quanto la figura del coordinatore sanitario è stata abrogata alla fine del 1992,come già giustamente rilevato dalla stessa circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24 ).

    Per maggiori approfondimenti si consiglia di consultare questo link: https://www.funerali.org/?p=515

    L’autentizazione della firma, sembra, tuttavia, un’anacronistico bizantinismo per almeno due ragioni:

    1) ai sensi del DPR 445/2000 la firma dei pubblici ufficiali non è soggetta ad autenticazione

    2) la stessa legge 130/2001 non fa menzione di questa procedura.

    3) La certificazione di cui sopra essendo meramente sanitaria ai sensi dell’Art. 49 DPR 445/2000 non può esser sostituita da altra documentazione non medica.

    Il nuovo regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, il DPR 396/2000, affida quindi al medico necroscopo un compito ulteriore e di grande importanza tecnico giuridica, quello di certificare l’esistenza di “indizi di morte dipendente da reato o di morte violenta”, che rappresentano fattori determinati in quelle situazioni, rilevanti in ambito giudiziario penale e civile ed in quello assicurativo, sempre più frequenti nella nostra società. Detta incombenza innovata non può assolutamente prescindere, metodologicamente, dalla conoscenza dettagliata della malattia che ha causato il decesso, dall’esame accurato del cadavere,
    anche secondo i canoni della tanatocronologia, e dal rilievo delle circostanze che hanno preceduto la morte.

    La procedura da Lei seguita, appare tuttavia corretta, soprattutto alla luce della Legge n.130/2001.

    .

  4. Faccio il medico in Rianimazione, in Toscana. Quando muore un paziente in reparto, compilo e firmo la dichiarazione di morte ed il modulo istat in qualità di medico curante, poi compilo e firmo il certificato necroscopico e la dichiarazione
    che consente la cremazione come medico necroscopo. Quindi nessun altro attore competente controlla se la morte è effettivamente dovuta a causa naturale, piuttosto che a reato (posso ammazzare qualcuno per insipienza o per volontà di uccidere, tanto poi scriverò quel che mi pare!). Mi sembra di ricordare che a medicina legale insegnavano che I MEDICI DEBBONO ESSERE DUE, DICHIARANTE E ACCERTATORE, per evitare tale possibilità. E’ cambiata la Legge? Ci hanno detto di eseguire ambedue i compiti per “risparmiare”?

  5. Il Bollettino dell’Ordine Provinciale dei Medici Modenesi del 9 settembre 2006 pubblica un vibrante “J’ accuse” contro una pratica vessatoria cui, nell’ambito delle procedure di polizia mortuaria, sono sottoposti i medici di base. Eccone uno stralcio: l’Autore è il Dr. C. Asacari.

    ” […] omissis… Ammetto in partenza di avere il dente avvelenato come MMG, perché per questo motivo ho subito in passato
    veri soprusi come tanti colleghi. Vorrei che, per il periodo quasi vacanziero, non passasse inosservato questo tratto
    dell’articolo della D.ssa De Palma, Medico Legale, che dice: è il medico necroscopo (in questo caso del Servizio
    di Medicina Legale dell’Azienda Policlinico di Modena) che contatta il MMG curante, direttamente o attraverso
    l’impresa di onoranze funebri, al fine di “liberare la salma”, vale a dire, quando è possibile, di evitarne il
    riscontro diagnostico, altrimenti necessario per stabilire le cause del decesso.
    Orbene quel “quando possibile” è tutto un programma e spiega le telefonate giunte al mio domicilio dalla Medicina
    Legale, nella mattina di Pasqua di qualche anno fa, che mi illustravano appunto il concetto esposto poco
    più sopra, oppure spiega di veri e propri appostamenti, durante le giornate festive, di familiari che mi pregavano
    di evitare l’atrocità del riscontro diagnostico, perché dicevano: il Medico Legale mi ha detto:” se il suo dottore
    fa il certificato il suo congiunto può rimanere a casa”. So di colleghi che sono stati costretti a rientrare da un posto
    di vacanza per circostanze analoghe.
    Ritengo che l’esigenza di evitare riscontri autoptici inutili sia più che giusto.
    Ma che sia altrettanto giusto, ‘PARITETICO’ il diritto del MMG di godere indisturbato il suo periodo di riposo.
    Non la pensa così il Medico Legale quando propone, come soluzione per evitare il riscontro diagnostico, di
    contattare il proprio curante. Il quale Medico Legale sa benissimo quali sono i periodi in cui il MMG non è in
    servizio. Dal punto di vista umano un tale ‘RICATTO’ si qualifica da solo. Mette il MMG nell’impossibilità morale
    di rifiuto, alterando così dall’esterno il rapporto di fiducia tra medico e paziente.
    Vorrei che si pronunciasse l’Ordine dal punto di vista deontologico: cioè pari importanza tra il diritto del riposo
    del MMG e la necessità di ridurre il numero dei riscontri autoptici. Non trovo giusto risolvere situazioni (forse
    create da carenze normative) a discapito di altri colleghi. Inoltre mi piacerebbe che questa mia presa di posizione
    venisse pubblicata per suscitare altri pareri. Ho già scritto in passato all’Ordine su questo problema. Mi veniva
    risposto che io avevo senz’altro ragione, ma mi si invitava a un generico spirito di collegialità. E poi si continuava
    allo stesso modo”.

  6. Il Provvedimento 30 dicembre 1999 – 13 gennaio
    2000 ha individuato la polizia mortuaria fra le attività
    che perseguono rilevanti finalità di interesse pubblico
    per le quali è autorizzato il trattamento dei dati sensibili
    da parte dei soggetti pubblici. Vale a dire che, in
    seguito a tale provvedimento il trattamento dei dati
    “sensibili” finalizzato ad attività inerenti la polizia
    mortuaria non necessita del consenso scritto
    dell’interessato ne della previa autorizzazione del Garante.

    sono dati “sensibili” i dati personali
    idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni
    religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni
    politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni
    od organizzazioni a carattere religioso, filosofico,
    politico o sindacale, nonché i dati personali idonei
    a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

    Con il Provvedimento citato il Garante ha, appunto,
    autorizzato i soggetti pubblici al trattamento dei dati
    “sensibili” nello svolgimento delle attività inerenti
    alla polizia mortuaria.
    Circa l’individuazione degli atti di polizia mortuaria la
    cui adozione concretizza il trattamento di dati
    “sensibili” ai sensi dell’art. 22, comma 1, cit., occorre
    fare riferimento a quelli suscettibili di rivelare
    l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, lo
    stato di salute e la vita affettiva. Un elenco non
    tassativo di tali atti è il seguente:
    – autorizzazione alla sepoltura;
    – autorizzazione alla cremazione;

    I dati sensibili sono accessibili unicamente ai soggetti che abbiano titolo alla loro consultazione tra i quali certo non rientra l’impresa di onoranze funebri.

    I dati sensbili all’impresa funebre servono soprattutto per la redazione del verbale di corretto confezionamento el feretro in cui si attesta anche l’identità del defunto, a questo proposito, senza scomodare la Legge sulla privacy (Ddcreto Legislativo 196/2003).
    A questo risultato può pervenirsi ugualmente avendo presente la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio per la Riforma dell’Amministrazione, prot. n. 778/8/8/1 del 21 ottobre 1968, tuttora operante
    – autorizzazione al trasporto di cadavere;
    – autorizzazione alle operazioni cimiteriali, ecc..

  7. I comuni possono rilasciare alle imprese la visura anagrafica del defunto per un controllo dei dati personali ? grazie per la risposta

  8. Il Medico di Base ha obbligo di reperibilità dalle ore 8 alle ore 10 di ogni giorno prefestivo (quindi al sabato). Oltre quelle due ore l’assistenza sanitaria è delegata al medico di continuità assistenziale (guardia medica). Pertanto il medico in questione ha commesso una mancanza.

  9. Art. 4 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 e relativa circolare esplicativa n. 24/1993. In assenza del curante la scheda ISTAT è compilata dal medico necroscopo.

    Attenzione, però! Certe regioni estendono anche al medico di continuità assistenziale la redazione della denuncia sulla causa di morte (esempio: vedasi l’Art. 3 comma 2 legge regionale lombarda 18 novembre 2003 n. 22)

  10. Salve a tutti,
    volevo chiedere:
    nel caso di giorni festivi e del medico curante irreperibile anche telefonicamente, la compilazione della scheda ISTAT deve essere fatta dal medico della continuità assistenziale o dal medico necroscopo?
    Grazie
    Francesco

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