Roma – Un giovane detenuto romano muore a Regina Coeli per un’overdose. A dieci mesi di distanza la salma, conservata in precarie condizioni (senza, quindi, esser stata sottoposta a trattamenti conservativi) in un deposito mortuario presso il cimitero di Prima Porta, non è stata ancora messa a disposizione della famiglia.
In tal caso, evidentemente, vi deve essere stato qualche “inceppo” nel rilaascio dell’autorizzazione (c.d. nulla-osta) da parte dell’autorita’ giudiziaria (art. 116 D. Lgs. 28/7/1989, n. 271), ma tranquillizzerei i familiari, dal momento che,come e’ stato riferito, hano frequentemente sollecitato gli organi di polizia giudiziaria.
Sull’esecuzione (eventuale) dell’autopsia, i familiari possono chiedere (agli organi di polizia giudiziaria o all’autorita’ giudiziaria) se sia stata disposta, eseguite e, se ne sussistano le condizioni, anche le risultanze.
Le più sincere condoglianze espresse vanno dilatate, immaginando che nella fattispecie questo inspiegabile ritardo procedurale sia stato non necessariamente motivato da esigenze di giustizia (per usare un’espressione di rito).
Non vi e’ nulla da aggiungere, se non la tristezza.
Se si fosse trattato di una morte per causa naturale … ma un incidente del genere e’ pur sempre una causa violenta e, a volte, sospetta di reato (valutazione che non spetta all’autorita’ amministrativa).
Astrattamente, potrebbe esservi la possibilità di un giudizio per indennizzo del c.d. danno esistenziale (ex art. 2043 CC), con azione civile, contro o gli organi di P.G. o il Procuratore della Repubblica (del caso), ma non sappiamo ne’ possiamo stimare quanto questa possa avere un esito positivo (nè in quali tempi).