Funerali per fedeli di religione musulmana – 3/3

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Liturgia

“…Quanto ai morti, quando Allah li farà risorgere li condurrà a Sé” (Corano 6,36).

Il rito del commiato si tiene all’aperto presso il cimitero, o più raramente all’interno della Moschea e prevede un formulario quanto mai complesso ed articolato che bisogna assolutamente recitare nell’originaria lingua araba del Profeta.
La cerimonia si svolge in forma congregazionale, poiché tutta la comunità è vicina alla famiglia in lutto e prega per la salvezza del defunto.
I partecipanti debbono essere nelle condizioni richieste per la validità della normale adorazione, purezza rituale ed abbigliamento idoneo.
Durante lo svolgimento del rito, dopo che i fedeli si sono disposti dietro il Ministro del culto in file successive e col volto rivolto verso la Mecca, il Ministro declama l’invocazione solenne: “Dio è Grande” per quattro volte.
Le mani inizialmente all’altezza delle orecchie, vengono poi ricongiunte al petto; non ci si inchina mai né ci si prosterna, ma si mantiene una postura eretta che simboleggia la speranza nella resurrezione.
La mesta assemblea ripete il primo capitolo della Sacra Scrittura e benedice il profeta Muhammad.
L’Iman, in quale non è, comunque, un “sacerdote” nel senso Cattolico del termine, in nome dell’intera comunità invoca la clemenza dell’Onnipotente con questa prece: “O Dio; perdona questo defunto, sii misericordioso verso di lui; rendi agevole la sua dimora nel sepolcro e resuscitalo assieme ai giusti”.
La liturgia può essere celebrata anche da un “laico” di comprovate virtù morali [2], egli può, per altro, tenere una breve orazione commemorativa in onore del defunto.

Il rito, in una seconda fase, si sviluppa nella lettura d’alcuni passi scelti del Corano, quest’ultimi spesso sono tratti dalla Surah n. 36, particolarmente indicata grazie al suo profondo contenuto escatologico, per la preghiera funebre.
La religione islamica in ogni caso, come acconsente ai propri fedeli di onorare i morti di altre confessioni, permette anche a persone non musulmane di partecipare alla propria liturgia.
Si consiglia quindi per i non musulmani un abbigliamento sobrio e non ostentato, privo di spille, disegni o stemmi ed un atteggiamento di grande discrezione; è proibito il conversare ad alta voce, soprattutto nella Moschea ed è anche vietato porsi dinnanzi alle file in cui l’assemblea si schiera durante la cerimonia.
Si raccomanda, durante il dipanarsi del corteo, di camminare dinnanzi al feretro, mentre è sconsigliato che le donne seguano la processione.
Anche durante il corteo non bisogna mai alzare la voce con preci, invocazioni o declamazione delle sacre letture ed è vietato sedersi prima che il feretro sia stato posato per terra. Le esequie si chiudono quando gli oranti volgendo il capo prima a destra poi a sinistra ripetono questa frase: “Siano con Voi la Pace e La Misericordia Di Allah”, tale formula vale come commiato verso gli angeli custodi e gli altri presenti.
Uno dei versi più citati nella cerimonia è: “Nostro Signore, perdona noi ed i nostri fratelli che ci hanno preceduto nella fede e non lasciare nei nostri cuori alcun rancore nei confronti dei credenti, invero tu sei indulgente e misericordioso” (Corano 59,10).
Citiamo la frase, in quanto sarebbe prova di notevole stile e sensibilità da parte dell’impresa proporre questo passo della Scrittura ricordo a stampa da distribuire ai dolenti.
Un filone della giurisprudenza coranica, parimenti legittimato, invece, ritiene assai disdicevole stampare e consegnare foto ricordo del defunto, mentre una diversa corrente, cui mi sono ispirato nella stesura del testo, non oppone obiezioni di sorta.

Cimitero

La Giurisprudenza islamica ammette come unica dimora per i defunti l’inumazione a diretto contatto con il terreno, che diviene così un vero e proprio obbligo giuridico, religioso e di filosofia funeraria; essa deve essere effettuata entro breve tempo dalla data del decesso in una fossa profonda almeno due metri e orientata verso la Mecca.
La cremazione è rigorosamente vietata, perché la dottrina la ritiene un modo violento di distruggere il corpo, capace di procurare atroci sofferenze all’anima, anche nell’Aldilà.
È costume deporre due o tre corpi nella stessa fossa, collocandoli sul fianco, oppure ricavare dallo stesso sepolcro tombe laterali (detta usanza contrasta apertamente con l’art. 74 D.P.R. 285/1990).
Quanti partecipano alla cerimonia ed assistono all’inumazione gettano simbolicamente tre manciate di terra o sabbia su lato dove è sistemata la testa del defunto.
Quando si cala la bara nel terreno, gli affossatori dovrebbero curarsi di introdurre il feretro dalla parte posteriore della sepoltura posarlo sul fianco destro e slacciare i lacci del sudario.
È bene, se si tratta di una donna, fare schermo alla tomba, prima che vi sia deposto il corpo.

La Dottrina più autorevole consiglia di contrassegnare la fossa con una pietra, o un cippo, che magari riportino le date di nascita e morte del defunto assieme a qualche citazione dei testi sacri come: “Dalla terra ti ho tratto, alla terra ti ho ricondotto e dal suolo risorgerai a nuova vita”, oppure “Nel nome di Allah, il compassionevole, il misericordioso” ma si proibisce tassativamente di elevare un monumento o la posa di una sontuosa lapide, mentre collocare una semplice lastra tombale sul tumulo è pratica assai frequente e tollerata.
Il fedele, secondo questi precetti non deve mai sedersi su una tomba e neppure calpestarla o averla di fronte quando si raccoglie in preghiera.
Sui sepolcreti non è interdetto costruire edifici di culto: infatti molte Moschee sorgono sulle spoglie di grandi personaggi dell’Islam, ma la tomba, come, invece, avviene per le reliquie cristiane, non deve divenire centro ideale della preghiera e fulcro del rito: accendere ceri, candele e coltivare fiori sulle sepolture è considerata prassi illegittima.
Secondo la religione musulmana, la sepoltura dovrebbe preferibilmente essere perpetua, ma la legislazione italiana ha solo in parte recepito le esigenze delle comunità islamiche (art. 100 D.P.R. 285/1990), concedendo loro specifiche aree con scadenza 99ennale (per altro rinnovabile) nei plessi cimiteriali.
Per evitare l’esumazione legale, percepita come una profanazione del sepolcro, molte famiglie, seguite e sostenute dalle diverse associazioni culturali islamiche, dispongono il rientro delle salme nei paesi di origine, perché il sonno dei morti non sia disturbato, anche se la tradizione vorrebbe che ogni buon Musulmano giacesse nel luogo in cui è spirato.

Condoglianze

Il complesso rituale islamico presuppone che si presentino le condoglianze alla famiglia in lutto prima e dopo il funerale e nei tre giorni che seguono la data del decesso, ma se si è assenti o lontani questo termine può essere protratto.
È essenziale improntare ogni parola o formula consolatoria al massimo rispetto della volontà di Dio, siccome il profeta ha solennemente asserito: “Voi amate questa vita, ma l’esistenza ultraterrena è migliore e permanente”.


[2] Nella religione islamica non esiste un clero od una gerarchia ecclesiastica, in questo caso quindi per laico si intende un buon fedele che abitualmente non attenda alla conduzione della preghiera.

Written by:

Carlo Ballotta

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