Nota dell’autore: già in passato e presso altre riviste di settore ho trattato l’argomento fulcro di questo breve saggio, l’articolo qui di seguito rappresenta allora il prodotto di un affinamento continuo, quasi fosse una sublime ricapitolazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate in questi anni di studio matto e disperatissimo di quell’entità nebulosa conosciuta con il nome di polizia mortuaria.
Premessa n.1: il trasporto per autopsie giudiziarie è un’attività di polizia mortuaria per la quale si osserva il ricorso alle autorizzazioni più diverse: si può svariare dal Nulla Osta rilasciato direttamente dal magistrato (valido per il tragitto dal luogo in cui trovasi il cadavere sino all’obitorio oppure anche per il percorso finale dall’istituto di medicina legale al cimitero), alla richiesta di autorizzazione al trasferimento vivolta dalla Procura della Repubblica all’Autorità Comunale ex Artt. 23 e seguenti DPR 10 settembre 1990 n. 285., senza, poi, dimenticare come ai sensi del paragrafo 5.2 della Circolare Ministeriale 24 Giugno 1993 n. 24 il cosidetto trasporto necroscopico possa esse disposto direttamente dalla Pubblica Autorità.
Premessa n.2: Nell’ordinamento italiano il ruolo decisionale dei famigliari in merito alla disponibilità di una salma è limitato all’assunzione degli oneri (ex Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26) ed alla scelta della sepoltura (con particolari filtri di legittimazione e poziorità se la pratica funebre per la quale si è optato è la cremazione).
Nessun potere è, invece, riconosciuto relativamente a riscontri diagnostici ed autopsie, come, invece, accade negli Stati Uniti dove i congiuti possono ottenere questo tipo di accertamenti medico-legali addirittura a prescindere da interventi delle Autorità Giudiziaria o Sanitaria.
Traggo queste due prime osservazioni prodromiche allo sviluppo del testo da due articoli del Dr. Andrea Poggiali pubblicati rispettivamente su ISF 4/2001 (pag. 14) e ISF 3/2001 (pag. 17)
Il Regolamento di polizia mortuaria nazionale, DPR 285/90, prevede una distinzione funzionale e semantica tra riscontro diagnostico ed autopsia.
Il riscontro diagnostico (1) (Art. 37 DPR 285/90) ha lo scopo di verificare la causa della morte e viene effettuato fatti salvi i poteri dell’Autorità Giudiziaria, per i cadaveri di persone decedute senza assistenza medica nella propria abitazione, quando sussistano sospetti sulla morte o quando essa sia dovuta a malattia infettivo-diffusiva, e per i cadaveri di persone decedute negli ospedali, quando siano necessari ulteriori chiarimenti clinico-scientifici.
Va ricordato come l’art. 103, comma 1, lettera a) TULLSS approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 individui tale competenza nel medico in quanto esercente la professione. Sul punto bisogna rammentare anche la circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993 (paragrafo 2.3) secondo cui la competenza del medico curante persiste anche nel caso in cui egli non sia stato materialmente presente al momento del decesso, è la conoscenza della causa che ha cagionato la morte, allora, a produrre l’obbligo della denuncia. In alcune legislazioni regionali, come accade ad esempio in Lombardia, il profilo del medico curante viene esteso anche al suo sostituto, termine da interpretarsi nel senso di sostituto temporaneo (per ferie, malattia, copertura del servizio in funzione di guardia medica…).
L’autopsia (Art. 45 DPR 285/90), invece, può avere invece finalità clinico-scientifiche o medico-legali. In quest’ultimo frangente viene ordinata dall’Autorità Giudiziaria per accertare la causa del decesso, in caso di reato accertato o, comunque, di una presunta fattispecie criminosa e, quindi, di natura e rilevanza penale.
Tuttavia anche se l’autopsia non viene ordinata dalla summenzionata Autorità e ove sussista il serio sentore di reato, il medico settore deve immediatamente sospenderne le operazioni e dare immediata comunicazione del fatto alla Procura della Repubblica (Art. 45 comma 5 DPR 285/90).
Sempre, quando si sia dato luogo ad accertamento diagnostico od autopsia, il medico settore che esegue tali esami invasivi è obbligato a ad avvisare il sindaco (in veste di autorità sanitaria locale) per l’eventuale rettifica della denuncia della causa di morte (art. 39 DPR 10 settembre 1990, n. 285), dunque da questo precetto discende che la denuncia della causa di morte (scheda ISTAT) deve essere già stata compilata. In realtà, dopo l’avvento della Legge 142/1990, confluita poi, dopo alcuni passaggi nell’attuale Testo Unico Ordinamento Enti Locali (Decreto Legislativo 267/2000) sarebbe più corretto individuare questa responsabilità in capo agli apicali ossia alle figure dirigenziali ex Art. 107 e seguenti Decreto Legislativo 267/2000.
L’obbligo può esser assolto indifferentemente dal medico curante o dal medico necroscopo, quando quest’ultima figura risulti legittimata (decesso senza assistenza medica), ma, comunque, bisogna usare solo ed unicamente il modello (2) prescritto (art. 1, comma 6 DPR 10 settembre 1990).
Il medico individuato a termini del comma 1 o del comma 4 dell’art. 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285 non può sottrarsi dal redigere la denuncia della causa di morte, salvo non incorrere in violazioni rilevanti sia sotto il profilo penale che sotto il versante professionale.
Il rilascio del permesso di seppellimento è subordinato, oltre che alla decorrenza del termine delle 24 ore dal decesso, all’acquisizione del certificato della visita svolta dal medico necroscopo da cui risulta l’accertamento della morte, certificato che si colloca in un piano (3) diverso ed indipendente dalla denuncia della causa di morte. A questo punto conviene soffermarsi su questa riflessione: l’ordine di seppellimento ex art. 116 D. Lgs. 271/1989 è imput sufficiente per implementare la formazione dell’atto di morte ex Artt 72 e 73 DPR 3 novembre 2000 n. 396, tuttavia l’Art. 74 del sullodato DPR 3 novembre 2000 n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento di stato civile) opera a prescindere da un provvedimento liberatorio dell’Autorità Giudiziaria, quindi occorre sempre l’allegazione ex post del certificato necroscopico (si veda anche il Decreto Ministeriale 27/02/2001) all’atto di morte per poi accordare l’autorizzazione alla sepoltura. Il rapporto tra il Nulla Osta (4) della Procura della Repubblica e gli adempimenti propri dello Stato Civile è stato oggetto di diverse circolari interpretative, l’ultima in ordine cronologico è stata quella del . 30 del 7 giugno 2007 in cui si precisa come in caso di morte violenta possa provvedersi al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 74 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 “a fronte della comunicazione da parte del magistrato o dell’autorità di polizia giudiziaria, che non sussistono elementi di reato ovvero, nel caso di loro sussistenza, a fronte di un provvedimento del magistrato che nulla osta alla inumazione. Tale comunicazioni non devono necessariamente essere corredate dalla copia del processo verbale”.
Il legislatore, però, nella stesura formale del DPR 285/90, pare non aver considerato, nel definire adempimenti conseguenti al decesso e loro relativa tempistica, l’evenienza, per altro anche abbastanza frequente, di indagini parallele della magistratura, con la conseguente impossibilità per il medico necroscopo di provvedere entro il limite massimo delle 30 ore dall’ora dell’avvenuta morte. Per assurdo questo ritardo, per altro comprensibilissimo, potrebbe addirittura esser sanzionabile.
Ci troviamo dinnanzi ad una situazione paradossale in cui l’accertamento sull’incontrovertibile realtà del decesso viene effettuato successivamente ad un trattamento, come l’esame autoptico/riscontro diagnostico che, ai sensi dell’Art. 8 DPR 285/90 proprio perché cruento ed irreversibile, non può esser posto in essere se non quando sia completamente decorso il canonico periodo d’osservazione delle 24 ore (5) ed il medico necroscopo (6) abbia acclarato il decesso attraverso apposita visita.
In realtà, come dimostrato in dottrina, esiste una stretta connessione tra la fine del periodo d’osservazione (7), il permesso di seppellimento e l’autorizzazione a praticare sul cadavere interventi che potrebbero ostacolare o addirittura inibire possibili manifestazioni di vita.
La scheda ISTAT rappresenta uno dei documenti, al pari del certificato necroscopico (8) senza i quali non si può procedere alla destinazione ultima del feretro ed il riscontro diagnostico viene proprio ordinato per approfondire o rettificare la stessa causa di morte, se consideriamo la sfasatura temporale che intercorre tra il limite massimo per la visita necroscopica (30 ore dalla morte) e quello fissato per la consegna della scheda ISTAT (24 ore dalla visita necroscopica) è abbastanza semplice dedurre che per il cadavere da sottoporre ad esame autoptico o riscontro diagnostico sia già completamente decorso il periodo d’osservazione, così da fugare anche il solo dubbio di morte apparente.
Il periodo d’osservazione può esser compresso, sino, quasi, al suo annullamento con l’ausilio di un elettrocardiografo, tempi brevissimi in cui praticare la sezione del cadavere per verificarne la cagione di morte possono esser di notevole aiuto per gli inquirenti, perché permettono di “leggere” la condizione del corpo prima che il materiale probatorio possa esser in qualche modo “inquinato” dalla necrosi e dai processi degenerativi a carico dei tessuti organici.
E’ragionevole ritenere che dopo l’eviscerazione di un cadavere sia superflua un ulteriore controllo sull’effettiva morte del soggetto, la certezza del decesso è allora condizione necessaria ed imprescindibile per l’effettuazione di autopsia o riscontro diagnostico quindi, per evitare macchinose sovrapposizioni sarebbe sufficiente investire a monte del compito di medico necroscopo anche i medici incaricati dall’autorità giudiziaria di svolgere indagini medico legali sui cadaveri, naturalmente solo quando sia stata acclarata la certezza della morte del de cuius.
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(1) L’onere del riscontro diagnostico è a carico di chi lo abbia richiesto Ai famigliari non è concessa questa possibilità per loro indagini private, solo Autorità Sanitaria ed Autorità Giudiziaria possono disporre rispettivamente in riscontro diagnostico e l’autopsia, come già rilevato nella premessa n.2.
(2) Si registrano, però, anche pareri discordi secondo cui, seppur in evenienze eccezionali, potrebbe bastare un certificato su carta intestata, dopo tutto il modulo è un mezzo, non uno strumento.
(3) La denuncia della causa di morte (scheda ISTAT) è estranea ai procedimenti propri del servizio dello stato civile per la tenuta dei registri dello stato civile, nonché estranea al procedimento di rilascio del permesso di seppellimento, anche se transita per l’ufficio dello stato civile per motivi organizzativi concernenti il flusso delle rilevazioni demografiche.
(4) Di norma, il permesso ex art. 116 D. Lgs. 271/1989 esclude la cremazione; nel caso in cui – espressamente – l’autorizzi, l’autorizzazione alla cremazione puo’ essere rilasciata anche in deroga all’art. 79, 4 dPR 285/1990 (Sereno Scolaro).
(5) L’ordinario periodo d’osservazione è di 24 ore come evidenziato anche dal Ministero di Grazia e Giustizia con nota 114del 12/06/92, ma la visita necroscopica può essere eseguita anche immediatamente dopo la morte attraverso l’E.C.G protratto per almeno 20 minuti.
(6) E’il medico necroscopo, ai sensi dell’Art. 74 DPR 396/2000 a segnalare elementi e situazioni che possano integrare una fattispecie di reato, quindi se, seguiamo questo filo logico-temporale l’autopsia viene ordinata dopo la visita necroscopica.
(7) La durata del periodo d’osservazione è disciplinata dal DPR n.582 del 23 agosto 1994.
(8) l’indicazione della causa di morte nella certificazione necroscopica, non è nè richiesta, nè necessaria. Basta che lo stesso certificato necroscopico contenga le notizie che possono interessare all’USC ai fini del rilascio di detta autorizzazione all’inumazione/tumulazione (chiusura anticipata, ecc.). Però una regione (la Lombardia) ha approvato un modello ufficiale che presenta appunto tali caratteristiche: non contiene la causa di morte, ma riporta altre informazioni: disposizioni di eventuale chiusura anticipata, precauzioni igieniche da adottare, assenza di sospetto di reato, presenza di stimolatore cardiaco) anche se, sotto un profilo strettamente giuridico certe attribuzioni sintetizzabili nei provvedimenti di cui all’Art. 10 del DPR 285/90 dovrebbero spettare al Sindaco in qualità di Autorità Sanitaria Locale.
Salve
vorrei sapere il tempo raccomandato/limite dopo il decesso per fare l’autopsia, grazie.
X Ylian,
richiamati gli artt. 360 del Cod. Proc. Penale e 116 D.Lgs n. 271/1989 la salma “sotto procura” rimane, per accertamenti medico-legali a fine di giustizia, a disposizione della Magistratura sino al rilascio del relativo nulla osta alla sepoltura.
Per eseguire l’autopsia (nel più rapido tempo possibile, così da poter consegnare il corpo alla famiglia per l’organizzazione delle esequie) non è previsto un tempo massimo, al contrario ex art. 8 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 sarà importante rispettare il completo decorso del periodo d’osservazione, nel quale nessun cadavere, sino a quando non sia stata accertata l’incontrovertibilità del decesso, attraverso apposita visita necroscopica, NON può essser sottoposto a trattamenti irreversibili o invasivi, come accade, appunto, per la sua dissezione.
Ho letto queste risposte ma non capisco bene se in caso di morte violenta è d’obbligo o meno l’autopsia ,mi spiego :Mio figlio lo abbiamo trovato impiccato in casa ,non aveva nessun motivo di compiere quel gesto ma non hanno fatto l’autopsia pur tenendolo sequestrato in cella frigorifera dal sabato sera (quando è successo il fatto ) fino al mercoledì…Come mai se le ore al massimo dopo la morte sono 40 ore? Io come madre pensavo di poter far riesumare il cadavere di mio figlio perchè sono convinta che sia stato ucciso cosa posso fare e a chi rivolgermi dopo 3 anni d’incubo ? Grazie a chi può e sa darmi una risposta in merito…
X Maria,
in caso di morte violenta (ad esempio suicidio o… presunto tale!) interviene sempre la Magistratura, attraverso gli organi di polizia giudiziaria, che rilascia un apposito nulla osta alla sepoltura del cadavere ex art. 116 D.Lgs n. 271/1989, con l’ulteriore specificazione se la salma possa esser eventualmente cremata, altrimenti non si procede. Per questa ragione la salma in attesa del provvedimento liberatorio può sostare anche diversi giorni in obitorio, restando a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
La Procura della Repubblica dispone l’autopsia giudiziaria secondo l’art. 360 del Cod. Proc. Penale se il magistrato ravvisa, anche ad un primo esame sul corpo, il sospetto di morte dovuta a fatto criminoso. Se il decesso è avvenuto per cause naturali non si provvede ad ordinare l’esame autoptico, basta il semplice esame esterno della salma, e qui si evidenzia un primo margine di discrezionalità.
Nel Suo caso, evidentemente, il Procuratore della Repubblica non ha rilevato elementi o indizi di reato, queste constatazioni debbono, comunque, emergere dal Nulla Osta di cui sopra, atto prodromico al rilascio delle autorizzazioni amministrative alla sepoltura (si tratta della cosiddetta autorizzazione all’inumazione/tumulazione ex art. 74 D.P.R. n. 396/2000) di cui si farà menzione nelle stesse autorizzazioni.
E’sempre possibile adire l’Autorità Giudiziaria per una riapertura del caso, qualora dovessero emergere nuovi indizi, in questo frangente il Procuratore della Repubblica richiederà ( ed otterrà d’ufficio), al Comune in cui sorge il cimitero di prima sepoltura l’esumazione/estumulazione al fine di ottenere un più approfondito riscontro medico-legale, utile per le possibili indagini.
X Antonio,
1) autopsia per indagini di giustizia? Se sì (altrimenti bisognerebbe parlare di riscontro diagnostico che, invece ha finalità diverse pur trattandosi dello stesso esame invasivo sul cadavere) questa è disposta dall’Autorità Giudiziaria ex Art. 116 D.Lgs n. 271/1989.
2) il comune dove trovasi il cadavere, ai sensi del Capo III DPR n. 285/1990, deve disporre di idonei locali per l’osservazione ed in mantenimento in custodia del corpo e di adeguate celle frigorifere per la sua conservazione.
3) Ragionando a contrariis la Legge non fissa un tempo massimo entro cui eseguire l’autopsia, (il corpo, infatti rimane a disposizione dell’Autorità Giudiziaria) ma con l’Art. 8 e l’Art. 9 DPR n. 285/1990 il legislatore si preoccupa di stabilire un tempo minimo (= l’intera durata del periodo d’osservazione canonico che può esser protratto alle 48 ore) proprio per scongiurare il rischio di morte apparente.
4) Giusta il combinato disposto tra gli Art. 8 e 10 DPR n. 285/1990 il periodo d’osservazione può esser ridotto a meno di 24 ore (con provvedimento ad hoc del Sindaco su proposta dell’Autorità Sanitaria) sino a rendersi del tutto superfluo se l’incontrovertibilità del decesso sarà documentata strumentalmente con il cosiddetto “tanatogramma”.
Da quel momento in avanti il cadavere potrà esser riposto in cella frigorifera, in attesa dell’autopsia, solo dopo l’Autorità Giudiziaria autorizzerà la sua sepoltura/cremazione con apposito nulla osta.
chiedo i tempi necessari per una autopsia in presenza di un cadavere in alto stato di decomposizione grazie
X Adele,
Cronologia della morte: oltre alle circostanze dedotte dal sopralluogo si fonda sui dati desunti dai fenomeni cadaverici, altri criteri tanatologici, e da esami chimici.
Fenomeni cadaverici. Si considerano il grado di raffreddamento del cadavere, la comparsa delle ipostasi, la loro mobilità o fissità, l’andamento della rigidità cadaverica, la presenza e l’estensione della macchia verde putrefattiva tenendo conto dei fattori intrinseci ed estrinseci che influenzano il decorso di ciascun fenomeno cadaverico.
Altri criteri tanatologici. Si può valutare lo stato della digestione in relazione all’ultimo pasto consumato ed al grado di digeribilità dei vari alimenti (grassi, carne, farinacei).
Incerta è la misura della crescita della barba e lo stato di replezione della vescica.
Utili sono gli accertamenti oftalmologici, limitatamente alle prime 7-18 ore dalla morte, per la determinazione del grado di opacamento dei mezzi oculari.
In fasi più avanzate può essere utilizzato il criterio entomologico.
Esami chimici ed altri tests per valutare il tempo trascorso dalla morte.
-Formazione di coaguli solidi, in vitro, dal sangue fluido prelevato dai vasi venosi periferici 1-12 h.
-Contrazione idiomuscolare da stimolazione meccanica: forte massimo 5 h, debole 8-12 h.
-Eccitabilità elettrica dei muscoli: forte massimo 2,5 h, media 4-5 h, debole 5.5-8 h.
-Reazioni pupillari (dopo iniezione in camera anteriore): midriasi 8-17 h, miosi 14-20 h, doppia reazione 3-11 h.
-Azoto proteico superiore a 14 mg/100ml (plasma e liquor cisternale): massimo 10 h.
-Azoto non proteico: inferiore a 50 mg/100ml (plasma) massimo 12 ore; inferiore a 70-80 mg/100ml (liquor cisternale) massimo 24 h.
-Creatinina: inferiore a 5 mg/100ml (plasma e liquor) massimo 10 h; inferiore a 10 mg/100ml (liquor) massimo 30 h; inferiore a 11 mg/100ml (plasma) massimo 28 h.
-Ammoniaca inferiore a 3 mg/100ml (plasma) e a 2 mg/100ml (liquor) 8-10 h.
-Fosforo inorganico superiore a 15 mg/100ml (plasma e liquor) minimo 10 h.
Buongiorno, desidero sapere se da una autopsia si può stabilire una approssimata ora di morte, dopo essere ritrovato dopo 15 ore dall’incidente. Qualora questo non sia fatto al momento del ritrovamento, si può ottenere dai reperti conservati o sulla salma dopo 10 mesi? Grazie per l’attenzione Adele Chiello
Grazie mille Carlo!
No, i famigliari non possono opporsi, nemmeno per motivi di ordine religioso (certe confessioni, infatti, disapprovano interventi invasivi e demolitori sui cadaveri).
L’autopsia/riscontro diagnostico (Capo V DPR n.285/1990 e Legge n.83/1961) è un’indagine approfondita sul cadavere sì cruenta, ma dettata da ragioni di interesse pubblico, prevalenti anche sui sentimenti di pietas verso i defunti, siccome si deve accertare la causa di morte (Capo I DPR n.285/1990) o peggio ancora la morte violenta, magari dovuta a reato. In quest’ultimo caso troverebbe applicazione l’Art. 3 codice penale.
La famiglia del defunto può non far effettuare l’autopsia?