notizia del decesso
Evento estremo ed ineluttabile dell’esistenza stessa, di cui rappresenta il lato oscuro, la morte, come nascita, matrimonio e tutte le date socialmente rilevanti, del resto, ha necessità di essere comunicata.
Il motivo è evidente a tutti coloro che, allo scuro di un lutto appena accaduto anche solo in un’occasione si siano trovati a chiedere ad un conoscente “e mamma come sta, sempre una roccia”, oppure ad inviare corrispondenza alla gentile attenzione di soggetti, nel frattempo passati, da questa valle di lacrime al mistero dell’oltremondo.
Diffondere il mesto messaggio nei piccoli centri è di solito facile e diretto: gli annunci affissi lungo le strade, infatti, si leggono più che sui giornali, grazie alla loro immediatezza. Nelle grandi metropoli, invece, non resta che affidarsi ai quotidiani.
Per ottenere un risultato pregevole e di buon gusto però, è indispensabile essere sobri e sintetici. Un necrologio non è un’orazione funebre, un testamento spirituale del defunto né tanto meno il ritratto del suo profilo morale, ma è solo l’informazione su di un decesso.
Questo documento rientra quindi nella categoria della “pubblicità notizia”, siccome è semplicemente un avviso, rivolto alla cittadinanza che c’ informa di una scomparsa.
In linea di massima sono sufficienti nome e cognome + luogo di morte e specificazione del soggetto che annuncia il mesto evento, il di più, secondo il sommo detto evangelico viene dal maligno (o dal cattivo gusto)
Il giorno 8 febbraio 1998 si è spenta
(serenamente/dopo lunga malattia)
(La contessa, Prof. Avv… Et similia)
Carlotta Isabella Necrofora Serbelloni Mazzanti Vien dal Tumulo (tuttologa, gufologa, poetessa macabra ed entreneuse al bar dell’angolo).
Ne danno (la triste/dolorosa) notizia (annuncio)
il consorte (marito) (inconsolabile/costernato)
ed i figli (in lutto).
I termini “esequie” e “funerali” sono “pluralia tantum” ossia vocaboli derivati direttamente dalla lingua latina che esigono sempre la forma plurale, quindi non si dirà mai il funerale e l’esequia, bensì “I FUNERALI” e “LE ESEQUIE”
É buona norma riportare i dati della persona scomparsa in quest’ordine:
titolo accademico o nobiliare
+ nome di battesimo
+ cognome.
La consuetudine burocratica di anteporre il cognome al nome riesce oltremodo dozzinale ed inelegante, perché è tipica di un ambiente troppo spersonalizzato e tecnico, come appunto l’ambito amministrativo.
Il necrologio non è un atto di citazione in tribunale e nemmeno un freddo certificato redatto all’anagrafe, quindi, è meglio non ricorrere ad un uso gergale della lingua tipico di un commissariato di polizia, assieme a formule in stile pagine gialle di questo tipo:
Riccardelli, Dott, Ing, Gran Duca Guidobaldo Maria.
Se i famigliari del defunto, per celebrare i meriti del loro caro scomparso, voglio apporre a fianco del nome le onorificenze o i titoli conseguiti dal de cuius si opterà per di più alto rango o in ogni caso più sentito come intimo dal defunto.
Risulta, infatti, piuttosto pacchiano introdurre il nominativo della “cara salma” con una sequela interminabile di aggettivi ed appellativi di questo genere:
Illustrissimo, nonché Chiarissimo Onorevole e già Senatore Repubblicano del Regno d’Italia (??!), nonchè Professor Dottore Ingegnere, Cavaliere dell’acqua calda, non di meno Gran Farabutto, Ladrone di Stato ed in ultimo amatissimo Presidente della società calcistica Borgorosso football club + (finalmente) nome e cognome.
Forse la morte, nella folle competizione che caratterizza i rapporti sociali dell’era contemporanea, rappresenta davvero uno dei pochi momenti davvero democratici (nell’attesa del Giudizio Universale) della nostra esistenza, perché riguarda tutti, nobili o popolani, ricchi o squattrinati, studenti e docenti come spesso ci ricordano gli inquietanti affreschi della danza macabra.
É allora inutile infarcire i necrologi con simili corredi di titoli così barocchi.
Se la cerimonia di commiato prevede una sosta in parrocchia o nella cappella delle camere ardenti per la liturgia eucaristica in suffragio si scriverà, con precisione, nel necrologio, che la Santa Messa o la Liturgia Eucaristica sarà officiata o, ancor meglio, celebrata nella chiesa di XYZ.
Altre formule di dubbia legittimità, invece, sono altamente sconsigliate.
In altri casi (rito della “levata”, semplice preghiera al cimitero, funerale civile o d’altra confessione religiosa si ricorrerà ad una formula più vaga e generale come:
– “la liturgia funebre (o esequiale), la triste (o mesta) cerimonia, il rito funebre, la funzione funebre,l’ultimo (estremo) saluto, il commiato, i funerali, la commemorazione
Si terrà (avrà luogo)…
Tecnicamente non sarebbe sbagliato definire la Santa Messa o la cerimonia anche come “funzione funebre (o religiosa), si tratta, infatti, di un’espressione più generale, di registro molto elegante, che comprende i diversi significati del termine “rito” ed è mutuata direttamente dalla terminologia ecclesiastica.
L’impresario di successo dovrà dimostrare di saper padroneggiare perfettamente questa terminologia così specifica, consigliando ai dolenti la formula più appropriata.
In caso d’esequie laiche si potrà ragionare, più compiutamente, di “servizio funebre”
Se il funerale su svolgerà secondo il rito cristiano ortodosso non si parla mai di Santa Messa, bensì di Divina Liturgia.
La formula
“munito (o munita) dei conforti religiosi”
è legittima solo se al malato o al moribondo è davvero stata amministrata l’unzione degli infermi, assieme all’Eucaristia; dichiarare il falso, anche se per pietà ed in articulo mortis, non è mai segno di un animo nobile.
“S’è cristianamente addormentato”
è frase da utilizzare solo in caso di un defunto che, in vita, si sia distinto per una fervida fede o per opere di carità.
Stilemi quali:
“E’ tornato/a alla casa del Padre”
oppure:
“Si è addormentato nel bacio (o abbraccio)del Signore”
ed in ultimo:
“Ha chiuso la sua giornata (missione) terrena
sono da limitare, preferibilmente, alle esequie di prelati e religiosi o, comunque, di persone, anche se laiche, caratterizzate, in vita, da una granitica fiducia nella cristiana speranza della vita eterna. Un’espressione simile, anche se più laica, è da ravvisare nella frase:
“ha terminato la propria esperienza terrena”
perché l’allusione alla vita eterna è senza dubbio maggiormente sfumata e lascia adito anche ad interpretazioni più secolarizzate o disilluse.
La creatività letteraria dell’italica intelligenza, per una strana ragione, davanti ad un funerale non resiste, si scatena, rompe impetuosa gli argini del buon gusto e dilaga, spesso, su orribili, manifesti stampati con la complicità delle stesse imprese funebri.
Ecco un breve elenco degli stereotipi letterari o retorici assolutamente da rigettare:
1. Nipotini innocenti, ma mal consigliati dai genitori, che sbandierano la loro incrollabile certezza di riunirsi un giorno, lassù, con l’adorato nonno, su cirri vaporosi e candide nubi rosa degni del pennello dei maestri rinascimentali.
2. Signori che apprendono della morte di qualcuno “prima increduli e poi arrabbiati”. E ovviamente non si contano i “costernati”, gli “affranti”, e gli sconvolti (di vascorossiana memoria?).
3. Campeggiano, poi, bellamente sulle pagine dei quotidiani le espressioni pacchiane di coloro che “chinano mestamente la cervice di fronte ad un decreto superiore e inappellabile”. (…)
4. Ci sono, poi, parenti ottimisti e indovini, nonché profondi conoscitori delle divine decisioni che invadono le cronache mortuarie, perchè sanno benissimo come, nel regno celeste, l’anima proba del diletto congiunto Guidobaldo Maria sia finalmente felice: e sorrida loro per sempre dalle vette celesti. Simili dichiarazioni così impegnative risultano forzature anche sul piano dottrinario. Solo in caso di bimbi, deceduti dopo il Santo Battesimo, è ammissibile questa certezza, supportata anche da argomentazioni teologiche. Per un neonato, sulla lapide o sul ricordino, si potrebbe addirittura apporre solo la data del giorno in cui è stato amministrato il sacramento del Battesimo.
5. Vi sono sterminate schiere di persone (…) che, pur non avendo alcun legame di parentela col defunto partecipano tuttavia della sua dipartita come se fossero il coniuge o il congiunto più stretto rimasto. Errore di bon ton: se non si è parenti si partecipa, se mai, al dolore della famiglia per il lutto, ma nulla di più.
Chi si accosti alla delicatissima arte dell’intessere elogi funebri, insomma, ricordi l’antico brocardo latino: “verba volant, scripta manent” ovvero la parola scritta è assai più difficile e compromettente rispetto al più volatile messaggio verbale.
Il necrologio ideale è dettato da eleganza e squisita compostezza, sono allora da evitare eccessive e spericolate licenze stilistiche, come commozioni esagerate e sentimenti gridati.
Il necrologio è pur sempre l’ultimo saluto, non conviene allora degradarlo ad estrema buffonata per opera d’improbabili e sgraziati lirici.
Nota della redazione: i nomi riportati negli esempi sono completamente frutto di invenzione, qualsiasi omonimia o riferimento diretto a persone reali è da ritenersi puramente casuale.
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Nota a margine: De cuius è una formula tipica del linguaggio “giuridichese” ormai assorbita dalla parlata quotidiana, alla lettera significa: persona della cui successione testamentaria si parla.
Gentile Federica,
consiglio, innanzi tutto di consultare questo link: https://www.funerali.org/?p=300 se le esequie saranno cristiane.
La sacra Scrittura è ricchissima di passi poetici cui attingere per esprimere le proprie emozioni di mestizia e cordoglio.
x sig. Carlo
Mi può inserire un articolo sulle frasi di cordoglio, ad es. qualche schema da dettare come telegramma per una persona conosciuta, oppure quello che si potrebbe scrrivere con un biglietto di condoglianze. grazie. Federica
io mi presento sono L.R. ho la sindrome down ho 44 anni vorrei fare da sola un necrologio di morte di una mia zia G.B. acquisita io sono di A, in Toscana – italia per ricordalla con tanto amore e affetto aspetto una vostra rsposta io sono L.R.
Vi proponiamo alcuni stralci, tra i più lirici e suggestivi, della liturgia funebre, secondo la chiesa ortodossa; così, da questo breve studio, qualche impresario “marpione” potrebbe trarre preziosi spunti ed originali idee da offrire alla propria clientela soprattutto nella composizione di necrologi e ricordini a stampa.
Tutto il materiale qui proposto è originale e la sua pubblicazione è stata autorizzata dal protopresbitero padre Giorgio Arletti, parroco della chiesa ortodossa d’Ognissanti, a Modena.
Naturalmente, per la regola della par condicio arriveranno tra qualche tempo anche le preci del rito islamico.
Il Signore metta la tua anima là dove i giusti gioiscono del riposo.
Coloro che Ti temono mi vedono e gioiscono, Signore, perchè io spero nella Tua parola.
Signore, io sono Tuo, perchè cerco i tuoi giudizi.
Getta il Tuo sguardo su di me ed abbi pietà di me, secondo il Tuo costume, per quelli che amano il Tuo nome.
Che la mia anima viva, Signore, ed essa Ti loderà.
Un tempo, o Signore, mi hai creato dal niente, e tu mi hai onorato della tua divina immagine, a causa della trasgressione al tuo comandamento Tu mi hai fatto ritornare alla terra da cui fui tratto, rialzami alla Tua somiglianza e fammi ritrovare la mia antica bellezza.
Accorda, o Signore, il riposo all’anima del Tuo servitore defunto.
vedendo l’oceano dell’esistenza agitato dalla tempesta delle passioni io mi affretto verso il Tuo porto di pace.
Fa’ riposare coi Santi o Cristo, l’anima del Tuo servo, là dove non v’è dolore, nè tristezza, nè gemito, ma vita eterna.
Tu, o Signore, sie il solo immortale.
Tutto è più effimero dell’ombra, tutto è più illusorio dei sogni, un solo istante e la morte porta via tutto, Signore nella luce del Tuo volto e nel diletto della Tua bellezza fai riposare colui che Tu hai scelto.
Con la terra Tu hai formato il mio corpo, Tu m’hai donato un’anima col Tuo soffio divino e vivificante; o Signore, fai riposare il Tuo servo nel soggiorno dei viventi e nella dimora dei giusti.
Nel Tuo regno, Signore, quando verrai, ricordati di noi.
Signore, Tu che regni sulla vita e sulla morte, fai riposare nella dimora dei santi colui che Tu hai chiamato a Te.
Signore, ricordati di me quando verrai nel Tuo regno.
Beata la via che oggi percorri, o anima, perchè un soggiorno di riposo ti è stato preparato.
E’verso Te, mio Signore e Mio Dio, che la mia voce si leverà.
Santo Iddio, Santo forte, santo immortale, abbi pietà di noi.
Con lo spirito dei giusti che sono morti, fai riposare l’anima del tuo servo.
Dona, o Sgnore, all’anima del Tuo servo che si è addormentato nella speranza della resurrezione il riposo in un luogo di luce, un luogo di verde, un luogo di frscura, là dove non c’è dolore, nè tristezza, nè gemito.
Nella beata dormizione, o Signore, dona al Tuo servo defunto un riposo eterno ed accordagli un ricordo perpetuo.
Al Signore appartiene la terra e tutto ciò che la riempie, il mondo e tutti coloro che vi abitano
Un caso analogo si presentò qualche anno fa, quando un comune vietò di incidere su di una lapide una formula colloquiale di questo tipo: Ciao, Papà”.
Per analogia possiamo riproporre le stesse osservazioni anche sulla stampa dei necrologi.
Ribadisco un concetto fondamentale (in separata sede, così non contrarierò i marmisti) la libertà del dolente nello scegliere articoli ed arredi tombali si esercita all’interno del quadro di regole RAZIONALI e RAGIONEVOLI fissate dal comune, dopo tutto sub lege libertas, come dicevano gli antichi Romani.
La libertà assoluta ed anarcoide invocata da alcuni marmisti per rifilare ai clienti lapidi costosissime, brutte e pacchiane equivale alla legge del più prepotente ed è la negazione del concetto di vera libertà nella scelta delle suppellettili funerarie.
La forma, come accade sempre in diritto, è fondamentale, occorre, pertanto, un atto normativo del consiglio comunale e non una semplice disposizione del sindaco.
L’assetto estetico del cimitero deve esser deliberato dopo una discussione SERIA sul senso del bello nell’arte commemorativa. e questo dibattito dovrebbe tenersi tra tutti i soggetti rappresentanti del popolo sovrano ed elettore negli organismi politici della municipalità (Consiglio Comunale in primis).
Non mi sconvolgo se nella discussione sono coinvolte a vario titolo anche forze espressione della società civile (artisti, scultori, architetti, semplici cittadini).
Se il dirigismo becero e dispotico è un peccato mortale anche il disordine caotico e sollevato ad hoc per interessi inconfessabili è una maledizione.
Se è ottuso vietare una formula colloquiale, ma dotata di grande carica emotiva come “Ciao Papà” perchè troppo informale non si può parimenti accettare che qualche mattacchione, con il vizio di dissacrare, trasformi l’austera solennità di un sepolcreto in un chiassoso luna park.
Il trasporto necroscopico, ex Paragrafo 5 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, cioè disposto dalla pubblica autorità, se nell’ambito del comune di decesso, spetta al comune stesso con oneri a proprio carico, si veda, per altro l’Art. 16 DPR n.285/1990, per le parti ancora in vigore, dopo la caduta delle privative comunali sui trasporti funebri (Attenzione: solo sui trasporti funebri, mentre quelli necroscopici rimangono in regime di monopolio comunale).
Si vedano i seguenti pronunciamenti:
Ministero dell’interno, Sportello delle autonomie, prot. n. 15900/1371/L.142/1bis/31.F in data 13 febbraio 2007
Ministero della giustizia, con nota n. 4/2-780 del 14 dicembre 2007
spesso nei necrologi murali delle piccole citta si legge ” Ciao Mario ….” trovo questa formula davvero pacchiana, cosa ne pensate?
NECROLOGIO.
non viene menzionata l’età del defunto, indispensabile in caso di omonomia ad identificarlo da parte di amici che conobbero il defunto nel passato non molto recente 8compagni di scuola, ecc) che vorrebbero accompagnarlo all’ultima dimora. Una volta si indicava anche il “soprannome” proprio per fornire più dati possibili per l’identificazione; ora non indicano nemmeno l’et’.
Graziano Vielmi.
mi dite per favore l’articolo che specifica chi deve pagare il recupero necroscopico in ambito comunale
Concordo pienamente, ma prima di tutto occorre una buona conoscenza dell’italiano. Una cultura normale aiuterebbe molto a fare il resto.