Autorizzazioni a contenuto discrezionale: quando il Comune dice NO!

“A l’alta fantasia qui mancò possa”, come direbbe Dante, dopo l’ excessus mentis dovuto all’insostenibile visione divina; o, se si preferisce, “trasumanar significar per verba non si porìa”,  sempre secondo l’ineffabile dire dell’Alighieri, nella sua fantastica ascensione tra il logos e  infinito: dopo tanto leguleio arrovellarmi su questi temi, così speculativi, sono senza parole e mi rifugio nel silenzio; nell’attesa che, magari, mi sovvenga l’Eterno, secondo il celebre verso leopardiano, o, più semplicemente, una risposta plausibile. Comunque, trascorrendo a questioni più pragmatiche, dopo tanta trascendenza giuridica, quasi da metafisica dello Jus Sepulchri, in merito all’eventuale rimedio giustiziale o giurisdizionale avverso una sempre possibile risposta di diniego (purché adeguatamente provvista di motivazione ex art. 3 commi 1 e 4 L. n. 241/1990, compresa l’indicazione dell’Autorità di garanzia cui eventualmente adire) sottolineo come ad un mio specifico quesito sull’allora forum di www.comuni.it (oggi purtroppo dismesso!) , Il Dr. Sereno Scolaro (che, in questa sede, ringrazio pubblicamente!) abbia così risposto: “Il ricorso gerarchico è ammesso contro gli atti amministrativi non definitivi (art. 1 D.P.R. 24.11.1971, n. 1199). Il ricorso in opposizione può, invece, esser proposto se ed in quanto previsto (esplicitamente) dalla Legge (art. 7 D.P.R. cit.). Non ricorrendo né l’una, né l’altra delle circostanze sopra indicate, il solo rimedio sarebbe quello giurisdizionale amministrativo (processo dinanzi al T.A.R. o, se del caso, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ex Capo III D.P.R. n. 1199/1971 così come riformato dall’art. 69 L. n.69/2009).” In effetti, l’atto amministrativo è definitivo se:

  1. ha già superato positivamente tutti i ricorsi amministrativi interni esperibili.
  2. non è stato impugnato, in tutte le sedi, nei termini perentori di Legge.
  3. è stato adottato dalla massima autorità amministrativa competente, priva quindi di un reale superiore gerarchico cui appellarsi (come accadrebbe se, per assurdo, l’autorizzazione in parola fosse ancora governativa, si pensi, ad esempio, ai casi delle autorizzazioni di polizia mortuaria, prima statali ed, ora, – quanto meno – regionali ex DP.C.M. 26 maggio 2000!)
  4. è stato assunto dall’unica Autorità titolata, per legge, a pronunciarsi.

In particolare, si potrebbe invocare il punto 3) se le autorizzazioni, di cui discettiamo, in questo breve saggio, venissero concesse dall’apice dell’amministrazione comunale (decreto del sindaco?), il punto 4), invece, parrebbe rimandare alla competenza autorizzatoria “generale e residuale” della dirigenza ex art. 107 comma 3 Lett). f) del T.U. Ordinamento Enti Locali D.Lgs n. 267/2000.

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Carlo Ballotta

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