- SEFIT: a proposito della Istruzione “Ad resurgendum cum Christo”
- I contenuti della conferenza stampa di presentazione della Istruzione Ad resurgendum cum Christo
- Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Ad resurgendum cum Christo” circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione
- La chiesa cattolica ed il “problema” cinerario comune”: nuove interpretazioni della normativa canonica
- Il Dicastero sulla Dottrina della Fede fornisce risposta a due quesiti sulla conservazione delle ceneri dei defunti, sottoposti a cremazione
- Non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo
- Cremazione ed indirizzi sulle destinazioni delle ceneri
- Vescovo di Piacenza diffonde i contenuti della Istruzione vaticana su cremazione e ceneri
- Ceneri in chiesa
- La Chiesa annuncia che sta per prendere posizione ufficiale sulla cremazione con una Istruzione
- Per la nuova edizione del rito delle esequie occorre attendere l’autorizzazione apostolica
- Alcune riflessioni sul rito cattolico apostolico romano
- Liturgia esequiale
Nella tradizione cattolica italiana, il funerale si divide generalmente in tre parti principali:
· La “contemplazione” o “veglia” durante la quale il corpo del defunto è esposto a cassa aperta (ove non sussistano ragioni ostative di ordina sanitario). In alcune realtà locali (soprattutto nel Meridione) il defunto, sempre a cassa aperta è traslato subito in chiesa. Partecipano alla veglia funebre gli amici e i parenti, e normalmente si tratta di una partecipazione non rigidamente codificata. Nei casi più solenni, c’è un libro delle condoglianze sul quale i partecipanti appongono la propria firma. Gli amici e i parenti che non possono partecipare di solito inviano dei fiori o telegrammi ai familiari. La veglia termina con una preghiera comune, di norma il S.Rosario, recitato anche da un sacerdote in chiesa o nell’abitazione del defunto.
· La cerimonia funebre. Il sacerdote officia la S.Messa esequiale solitamente in chiesa durante la quale la bara rigorosamente già chiusa viene aspersa con l’Acqua Benedetta e incensata. Secondo la formula della “Commendatio et Valedictio” Al termine di questa, in alcune particolari occasioni un amico o un parente della persona scomparsa, può leggere un elogio funebre riguardo la vita e le attività del defunto (alcune confessioni religiose tendono a scoraggiare l’uso degli elogi funebri durante il funerale vero e proprio).
· La cerimonia di solito include anche il pio officio della sepoltura , esso segue il funerale e si tiene di solito a fianco alla tomba o cappella nelle vicinanze dei loculi dei moderni cimiteri metropolitani o in un locale attiguo al crematorio, dove il corpo della persona deceduta viene infine sepolto o cremato. E’ usanza cospargere di Acqua Benedetta le pareti della cella sepolcrale Spesso il percorso dalla chiesa al cimitero è seguito, maggiormente a piedi, dai partecipanti al funerale o da una selezione di questi. Al rito può seguire la presentazione delle condoglianze agli intimi del defunto (in genere i familiari e gli amici più stretti)
“Signore, spirito di vita che abiti nel mio cuore, rimani con me oltre la morte per i secoli eterni“.
La chiesa di Roma ha, sin dal XVII secolo, codificato in precise disposizioni canoniche il proprio rito delle esequie. Ogni sacra pratica in onore dei defunti, sulla scia delle innovazioni apportate dal Concilio vaticano II a tutta la liturgia cattolica, è stata profondamente riveduta e corretta.
La Chiesa Cattolica raccomanda vivamente che si conservi la pia tradizione di affidare alla sepoltura i corpi dei propri fedeli, così come accadde per il Cristo dopo la deposizione dalla croce, Essa, infatti, si è sempre studiata di inculcare l’inumazione dei cadaveri , comminando anche pene canoniche a chi si opponesse a tale disegno.
Un documento ufficiale: l'”ORDO EXEQUIARUM”, pubblicato in lingua latina dalla Congregazione per il culto divino, nell’anno 1969, ha riformato l’intera materia.
Notevoli sono le novelle apportate alla precedente legislazione.
Le esequie con le quali la Chiesa impetra l’aiuto spirituale per i defunti e ne onora i corpi e insieme arreca il vivi il conforto della speranza debbono esser celebrate a norma delle leggi liturgiche.
Gli autori, previdero un protocollo particolarmente duttile ed elastico. Demandarono poi alle singole Conferenze Episcopali la traduzione del testo, perché le nuove norme fossero integrate con tutti quegli elementi di tradizione e cultura locali che avrebbero potuto arricchire il significato religioso della cerimonia funebre.
Nel diritto e nella prassi viene affidata ai Vescovi una migliore tutela della consuetudine di seppellire i corpi dei fedeli deceduti, si tratta di una prassi e di un’esigenza particolarmente sentita, prima di tutto dal punto di vista pastorale, le diocesi, dunque, debbono rispettare nell’ambito della propria spettanza le abitudini già vigenti e consolidate
Questo processo d’adattamento decentrato avrebbe quindi dovuto:
1) Esaminare quali elementi radicati nella tradizione potessero essere introdotti nel nuovo rituale
2) Valutare l’opportunità di accettare completamente le nuove soluzioni proposte
3) Rendere i testi nei diversi idiomi, adattandoli al carattere proprio delle lingue, e delle culture e suggerire i canti appropriati.
4) Completare il formulario con rubriche e testi nuovi
5) Considerare se i laici potessero presiedere alle celebrazioni funebri
6) Decidere il colore per i paramenti liturgici delle esequie.
Spettava quindi ad ogni conferenza episcopale, in collaborazione con la Santa Sede, editare un nuovo canone per i funerali, opportunamente interpretato e completato.
Il gruppo di lavoro del “consilium” constatò la contemporanea esistenza di tre diversi modelli di pratiche funebri, tutte parimenti legittimate dalla chiesa.
Il primo tipo, consuetudine in Francia ed in Italia, considerava come momento principale la celebrazione, tenuta in chiesa, con Messa di suffragio ed assoluzione finale.
La seconda usanza, diffusa soprattutto in Germania, vedeva il rito svolgersi direttamente al camposanto.
La terza possibilità invece, tipica di parecchie regioni dell’Africa e dell’Europa, privilegiava una liturgia tenuta direttamente nella casa del defunto.
Si decise di mantenere tutte queste diverse forme di officio funebre, coordinandole però in un’agile ed analitica struttura unitaria.
Il volume, allora, si apre suggerendo uno schema (comune alle tre tipologie) per una possibile veglia da tenersi a casa del defunto, nella camera ardente o nella chiesa (soprattutto nel mezzogiorno d’Italia è invalsa l’abitudine di esporre il feretro ancora aperto all’interno del sacro edificio).
Il testo indica quindi una breve serie di preci da recitare, quando il corpo viene deposto nel cofano.
E’ vivamente consigliata, almeno dalla tradizione popolare, al momento della chiusura del feretro, l’ aspersione della salma con acqua benedetta, qualunque sia la celebrazione per cui si è optato, poiché il canone non prevede in alcun modo che il rito solenne si svolga quando la cassa lignea è ancora priva di coperchio.
La prima formula delle esequie, proposta dalla Santa Sede, contempla una sosta presso l’abitazione o l’obitorio per il rito della “levata”, poi una processione che conduca sino alla chiesa, possibilmente quella parrocchiale, con messa o semplice liturgia della parola, seguita dal rito della “commendatio et valeditio” (raccomandazione dell’anima al Signore e commiato finale).
Un secondo corteo, aperto da un ministrante con la croce, mentre il sacerdote precede il feretro, conduce poi dal tempio sino al sepolcreto, dove la tomba viene benedetta, quindi si procede con la sepoltura.
Durante il trasporto si recitano i salmi 114 e 115 o 50.
La S. Messa esquiale è proibita solo nel Triduo Sacro, nelle solennità di precetto e nelle domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua.
In molti luoghi, durante la veglia, nella casa o nella parrocchia del defunto si usa recitare il rosario, preghiera di tradizione spagnola, che deve sempre seguire nella meditazione dei misteri l’ordine deciso dalla Chiesa.
La seconda indicazione della Chiesa riguarda i funerali che si svolgono solo al camposanto: una prima fase avviene nella cappella cimiteriale, con declamazione delle sacre scritture e rito di raccomandazione e saluto. I partecipanti, poi, accompagnano, intonando i salmi 117,41,96 e 24, il feretro al sepolcro, che deve essere benedetto prima della tumulazione.
Il cerimoniale, per i funerali che si svolgono direttamente nella casa del defunto o nella cappella dell’obitorio, comprende un breve rito per la deposizione nel feretro, una liturgia della parola ed eventualmente l’officio della s. Messa, infine la formula dell’ultimo saluto.
Anche la celebrazione per le esequie dei fanciulli è stata profondamente novellata ed arricchita di un particolare sacrificio eucaristico, persino nel caso di bimbi morti prima di ricevere il Santo Battesimo.
La consumazione dell’Eucarestia è un atto è fortemente consigliato nei funerali; è, infatti, prevista esplicitamente nel primo tipo di esequie ed è possibile negli altri due protocolli, mentre può essere sempre officiata anche in un giorno diverso dalla sepoltura.
Dopo secoli di controversie e dispute con il mondo laico, la cremazione è stata autorizzata con un’Istruzione del Sant’uffizio datata 8 maggio 1963, anche se inizialmente veniva proibito ogni gesto religioso all’interno dell’edificio adibito all’incenerizione.
Il nuovo rituale supera questo conflitto definitivamente ed autorizza, in modo aperto, a compiere all’interno dell’ara crematoria ogni liturgia che si sarebbe potuta svolgere nell’ oratorio cimiteriale, eccetto il S.S. Sacramento.
Il ministro della esequie è di norma un prelato oppure un diacono, in quanto il funerale non comporta un cerimonia prettamente sacerdotale.
La conferenza episcopale può, tuttavia, decidere che, in particolari circostanze, i funerali cattolici siano presieduti da un laico. Questi, per altro, è sempre legittimato a compiere tutti i riti previsti al momento della levata o all’arrivo del feretro al cimitero (recita del S.Rosario, preghiera per la deposizione, liturgia della parola, rito del commiato), salvo, ovviamente, l’officio della s.Messa e la benedizione finale.
Il Testo dell’ordo exequiarum è sommamente preciso su gesti e simboli cui ricorrere durante la mesta celebrazione. In chiesa, infatti, il feretro di un laico viene posato dinnanzi all’altare, rivolto verso il celebrante. Se invece si tratta di un ministro di culto, la bara sarà orientata verso l’assemblea dei fedeli, in segno della missione terrena del defunto.
Il cofano può essere circondato da diversi segni od oggetti come fiori, candele o solamente il cero pasquale, simbolo del Signore risorto.
Sul coperchio, con le ghirlande, si possono apporre una copia della Bibbia oppure la Croce.
Sarebbe tuttavia ancor più corretto innalzare in prossimità della cassa un crocefisso professionale che, con la sua imponente verticalità, domini tutta l’assemblea dei fedeli, per tradurre meglio la speranza cristiana nella Vita Eterna.
Il sacerdote, giunto al cimitero, benedice la tomba, ricordando la permanenza del Signore, per ben tre giorni, nel freddo sepolcro. Si procede quindi alla sepoltura o alla muratura della nicchia, mentre, in caso di cremazione, il feretro è direttamente condotto alla pira.
Occorrono allora alcune precisazioni in tema di cremazione, per Santa Romana Chiesa, dopo l’emanazione del “De Cadaverum Crematione”, con cui si registrò una prima timida apertura al fenomeno cremazionista vigeva ancora il divieto di celebrare la funzione del suffragio ove avviene la cremazione ed al Ministro di Culto è interdetta la possibilità di accompagnare il feretro sino all’interno dell’ara crematoria, la sepoltura, infatti, è considerata un atto religioso, quindi per la sua perfezione giuridica la titolarità nel legittimare luogo, officio e destinazione delle spoglie mortali è di esclusiva competenza dell’Autorità ecclesiastica.
Con il decreto dell’Ordo Exequiarum la Congregazione per la Dottrina della Fede ampliò lo spettro delle soluzioni possibili con una pregevole revisione in forza della quale se non ci sono altre possibilità le esequie possono tenersi nella stessa sala crematoria., cercando, però, di evitare con la debita prudenza ogni pericolo di scandalo o di indifferentismo religioso.
Il protocollo dell’Ordo Exequiarum non sembra proibire il rito della sepoltura ecclesiastica in chiesa con la presenza dell’urna, qualora durante l’incinerazione si svolga una liturgia il funerale prosegue nella cappella del camposanto o presso la tomba. L’orientamento di alcuni giuristi ha però limitato notevolmente la portata di questa disposizione.
Nel Gennaio del 1977 il Dicastero per i Sacramenti ed il Culto Divino afferma solennemente di non ritenere opportuno celebrare la cerimonia delle esequie sulle ceneri quando essa, originariamente nasce come una preghiera da elevare a Dio dinnanzi al cadavere del defunto, le ceneri, infatti, non esprimerebbero così bene come l’intera salma la ricchezza della simbologia prevista dal canone per sottolineare l’indole pasquale della sepoltura.
La Chiesa da sempre mostra un atteggiamento solenne ed affettuoso nel curare i corpi esanimi del proprio popolo, tuttavia i funerali religiosi si debbono negare a coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo in spregio alla Fede Cristiana.
Per il prezioso aiuto si ringrazia Don Angelo Gozzi, parroco della chiesa “Sacra Famiglia”, via Vaciglio Modena
X Fabrizio,
grazie della preziosa osservazione (acutissima, per altro!). Si è trattato di un banale refuso di battitura.
Perchè acattolico?
Quanto scritto ha tutte le caratteristiche del rito cattolico.