Enrico De Pedis, il ”Renatino” boss della banda della Magliana e’ uno dei pochi comuni mortali italiani, in epoca contemporanea, a non essere seppellito in un cimitero, ma la sua tomba nella cripta di una chiesa a pochi passi da piazza Navona e’ tutt’altro che intoccabile, e la magistratura non incontrerebbe particolari problemi se volesse aprire il sepolcro. La basilica di Sant’Apollinare, nella cui cripta e’ seppellito De Pedis, e’ infatti di proprieta’ della Santa Sede, ma non gode del regime di extraterritorialita’. La basilica – affidata all’Opus Dei dal ’91, cioe’ dopo la sepoltura del boss – e’ di proprieta’ vaticana, e’ inserita nelle piantine allegate ai Patti lateranensi, ma non e’ extraterritoriale. Gode quindi solo di alcuni privilegi simili a quelli delle basiliche extraterritoriali, e tali privilegi riguardano il regime delle espropriazioni e dei tributi. Come chiesa romana non extraterritoriale ricade sotto la competenza del Vicariato.
Nel ’90 l’allora vicario Ugo Poletti autorizzò la sepoltura di De Pedis, dopo che l’allora rettore mons. Pietro Vergari attesto’ che il boss fosse un grande benefattore dei poveri della basilica. Lascia comunque perplessi che si sia potuto seppelliere il feretro seguendo quanto previsto dall’art. 105 del DPR 285/90, che prevede una procedura particolarmente complessa e per persone illustri, cosa difficile da provare per il De Petris.
Essendo Sant’Apollinare in territorio italiano, ricade sotto la legge italiana e quindi la magistratura puo’ richiedere di effettuare tutti i provvedimenti necessari alle indagini che ritenga opportuni. Non c’e’ certezza se la richieste della magistratura debbano passare attraverso una rogatoria internazionale oppure no. Nel 2005 il Vicariato si oppose alla richiesta del sindacato di polizia di togliere il corpo di De Pedis dalla chiesa romana perche’ ”pur comprendendo che tale sepoltura possa sollevare notevoli perplessita”’ non volle autorizzare l”’estumulazione” ”per il rispetto che comunque si deve ad ogni defunto”.