TUMULAZIONE: questioni aperte e problemi irrisolti

Nota dell’autore: per gli argomenti trattati e le immagini proposte questo testo è sconsigliato a persone particolarmente suggestionabili o impressionabili.

L’ordinamento italiano (DPR 10 settembre 1990 n. 285), oltre ai più tradizionali (almeno nella realtà europea) metodi dell’interramento e dell’incenerizione, contempla una terza possibile destinazione per i cadaveri, ormai largamente maggioritaria nel nostro paese: la tumulazione; di essa si può reperire induttivamente una fonte primaria del diritto, ossia nell’Art. 340 del Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265, da tale formulazione si evince come la tumulazione sempre si configuri come una sepoltura privata e dedicata.

Questo sistema consiste nel deporre le salme entro nicchie o celle murarie, in luogo delle comuni fosse e richiede una procedura quanto mai complessa ed articolata.

In effetti, il potenziale pericolo di contagio, che deriverebbe dalla diffusione all’esterno della tomba di materiale putrefattivo ed umori organici, impone il più scrupoloso rispetto delle disposizioni legislative in tema d’igiene pubblica.

Dopo il boom economico degli anni sessanta la tumulazione, però, è divenuta un fenomeno di massa ed ha fortemente contribuito alla selvaggia espansione delle aree cimiteriali, con notevoli problemi di logistica e gestione degli spazi, perché consente la conservazione delle spoglie per lunghissimi periodi ed è nata, tra la fine dell’ottocento ed i primi anni del XX secolo, in corrispondenza alla concessione perpetua delle tombe nei sepolcreti monumentali (Prof.Ivan. Melis).

Il decreto presidenziale n. 285 del 10 settembre 1990, con cui era regolamentata, in modo quasi esaustivo, l’intera attività necroscopica funebre e cimiteriale, prima dell’avvento delle Leggi Regionali, in seguito alla riforma del Titolo V Costituzione, riserva ampio spazio di trattazione per tale pratica, sempre più diffusa anche tra le classi sociali meno abbienti.

Il combinato disposto tra l’art.30 e gli articoli, compresi nel quindicesimo capo del testo, contiene le norme in materia di sepoltura nei loculi, chiusura zincointegrate poi dai paragrafi 9.2 (indicazioni su caratteristiche costruttive per le bare. cautele per i trasporti funebri oltre una certa distanza. valvole o altri dispositivi per fissare o neutralizzare i gas di putrefazione) e 13 (revisione dei criteri costruttivi per i manufatti a sistema di tumulazione) Circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24 Il DPR 285/90, infatti, per l’estrema delicatezza dell’argomento, esamina la questione sotto diversi profili. I regolamenti attuativi dei comuni, di conseguenza, devono obbligatoriamente conformarsi a questi indirizzi generali, anche perché essi sono pur sempre soggetti ad omologazione ex Art. 345 Regio Decreto 27 Luglio 1934 n. 1265, laddove apposita legge regionale di specifichi diversamente trasferendo tale competenza all’assessorato della Sanità. Sono quindi due le sezioni del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria dedicate alla tumulazione: nella prima sono elencate le caratteristiche che il feretro idoneo debba necessariamente presentare. Queste proprietà sono analoghe ai requisiti di cui la bara deve essere dotata, nell’evenienza di trasferimento fuori dei confini nazionali o dall’Estero verso l’Italia, ovviamente per i trasporti internazionali disciplinati, invece, dalla Convenzione di Berlino (10 febbraio 1937) si seguiranno le regole dettate dalla Convenzione stessa.

Il DPR 285/90, allora, con l’Articolo 30, centrale e trasversale in tutta la sua architettura normativa, fissa precisi criteri costruttivi in merito alle bare predisposte per:

1) Tumulazione in loculo stagno (Art. 76 e seguenti DPO 285/1990

2) Traduzione di cadaveri da e verso l’Estero (eccetto i casi previsti dalla convenzione di Berlino 10 febbraio 1937)

3) Trasferimenti da comune a comune ed oltre i 100 Km

4) Trasporto e sepoltura di infetti (Artt. 18 e 25 DPR 285/90) a prescindere da come saranno sepolti (inumati, tumulati o cremati)

ovvero per tutti quei feretri confezionali con doppia cassa lignea e metallica, cui si debbono aggiungere particolari dispositivi meccanici, quali reggette, valvola depuratrice a depressione, e chimico-fisici, come strato di torba, segatura o polvere assorbente biodegradabile, da sistemare nell’intercapedine, tra cassa di legno e vasca zincata, per il contenimento di eventuali percolazioni cadaveriche gassose o liquide.

Per tale ragione esso, grazie alla sua poliedricità si applica ecletticamente a più fattispecie prese in esame dal DPR 285/1990.

La seconda parte, invece, tratta delle modalità con cui debbono essere costruiti e tamponati i colombari, così da riuscire impermeabili a gas e liquidi cadaverici.

Il regolamento, ai sensi dell’art.30 di cui sopra, stabilisce in modo inderogabile che il cofano funebre, ove saranno racchiuse le spoglie, debba comporsi di due elementi distinti e sovrapposti. La legge, dunque, prescrive una duplice cassa formata da una normale bara di legno ed una controcassa in metallo inossidabile (zinco o piombo). La vasca zincata, munita di coperchio, sia quando accolga il cofano ligneo o che sia inclusa in quest’ultimo, al momento della chiusura viene in ogni caso sigillata ermeticamente mediante saldatura a fuoco o altro metodo equivalente, (Paragrafo 9.1 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24) tale da assicurarne, comunque, l’ermeticità.

Invero se il cofano metallico è dotato di valvola depuratrice ai sensi dell’Art. 77 comma 3 DPR 285/90 in sostituzione della cerchiatura con liste di lamiera. di cui all’Art. 30 comma 11 DPR 285/90. non abbiamo più una bara completamente stagna, come originariamente prescritto dal legislatore, bensì una cassa a rilascio controllato dei gas in sovrappressione con un filtro di carboni attivi capaci di “lavare” i miasmi, prima che essi siano liberati verso l’esterno.

Queste valvole sono tarate sul valore di 0,03 atmosfere, ma alcuni studiosi, per maggior sicurezze consiglierebbero di abbassare tale valore a 0,01 atmosfere. Se i gas, infatti, per accumulo raggiungono le 2,5 atmosfere lo scoppio del feretro diviene pressoché inevitabile.

Il vero e proprio ambiente a tenuta stagna è, allora, il loculo; il suo lato più debole risulta essere la tamponatura dell’apertura da cui viene introdotta la bara, ecco perché il legislatore richieda espressamente con l’Art. 76 comma 8 la chiusura con muratura in mattoni pieni a una testa (e non posti di coltello) con relativa intonacatura, questa metodologia può esser sostituita da una lastra di cemento armato o vibrato da assicurare stabilmente alle rimanenti pareti della cella sepolcrale. (si veda l’ l’Articolo di Giorgiò Disarò, “progettare e costruire loculi di qualità, pubblicato su Nuova Antigone, anno 10 n. 1 gennaio/marzo 1998 pagg. 41 e segg. )

 

In teoria l’Art. 31 (impiego di materiali alternativi allo zinco) così come richiamato dall’Art. 77 legittimerebbe anche per i cofani da tumulazione l’uso di casse parimenti stagne, ma non per forza metalliche (fermo restando l’obbligo della cassa lignea). L’industria funeraria, però, non ha mai seriamente esplorato questa avveniristica possibilità, studiando prodotti di minor impatto ambientale (lo zinco è un rifiuto difficile cimiteriale da trattare e smaltire ed anche il suo recupero ex Art. 12 comma 4 DPR 15 luglio 2003 n. 254 risulta particolarmente critico ed oneroso).

Nell’intercapedine tra i due contenitori è poi collocato uno strato di torba, segatura o altro composto atto ad assorbire eventuali percolazioni.

Anche una formulazione così cogente del comando legislativo lascia, però, spazio ad alcune interpretazioni tra loro contrastanti.

L’ordine con cui debbano essere disposte le due casse non è esplicitamente indicato ed è, di fatto, rimesso alla discrezione dell’impresa funebre cassoneretto(paragrafo 3 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24). Il legislatore non ha volutamente specificato se il cofano in lamiera debba sempre essere interno, come, invece, parrebbe, esaminando la consuetudine invalsa tra gli operatori de settore funerario, anzi con il paragrafo 9.1 del Circ.Min. 24/1993 si sono dichiarato illegittime tutte quelle disposizioni volte ad imporre la cassa di zinco fuori di quella lignea. Nell’esperienza italiana, di solito solo nelle azioni di risanamento di un loculo o nelle traslazioni si ricorre ad una cassa metallica esterna con cui effettuare il rifascio del feretro (art. 88 comma 2 DPR 28571990 e paragrafo 3 Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10). L’avvolgimento di un feretro danneggiato da un improvviso scoppio consiste, appunto, nel deporre il cofano originario, che non assicura più un’efficace tenuta stagna, entro un nuovo involucro di zinco o piombo. Ragioni d’opportunità ed igiene, infatti, sconsigliano di rimuovere il coperchio del feretro da cui si verifichi la fuoriuscita di liquami per ripristinare la saldatura o trasferire direttamente il cadavere in un diverso contenitore. La scelta di mantenere la vasca in lamiera all’interno della bara risponde soprattutto a motivazioni di carattere estetico ed emotivo.

Il legno può essere elegantemente lavorato con intagli e modanature che impreziosiscono senza dubbio la fattura del sarcofago, mentre, al contrario, un manufatto con le pareti di zinco visibili presenterebbe un aspetto piuttosto anonimo e squallido.

Al di là di valutazioni morali e sociologiche il vero imballo con cui trasportare i cadaveri e seppellirli per le sue intrinseche funzioni di contenimento è propriamente la bara di legno, meglio se abbinata a maniglie davvero “portanti”, la lamiera, invece, risulta più insidiosa e tagliente durante la sua movimentazione.

Il legislatore, però, con il paragrafo 9.1 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 legittima ancora entrambe le ipotesi, senza schierarsi con chiarezza per una soluzione precisa. Mostrerebbe infatti, anche se implicitamente, un certo favore per la possibilità secondo cui sia la bara lignea ad esser deposta nella cassa di zinco.

Il passaggio logico-deduttivo è semplice: L’Art. 30 comma 11 stabilisce che il feretro sia sempre cerchiato con nastri di ferro (le cosiddette “reggette” per assicurarne una reale chiusura anche quando la pressione interna aumenti sotto la spinta dei gas putrefattivi.

Quest’operazione, per la verità abbastanza anacronistica, però, è ritenuta superflua quando sia la cassa di zinco, anche non munita di valvola depuratrice, a contenere quella di legno.

Secondo altri studiosi della materia funeraria (Ing. Giorgio Stragliotto, L’Informatore/Feniof n. 1 2001, Pagg. 12 e 13) l’impostazione dell’Art. 75 comma 2 PR 285/1990 e soprattutto di una fonte di diritto internazionale come l’Art. 3 della Convenzione di Berlino (10 febbraio 1937) lascerebbe, invece, pensare ad una preferenza per il metallo dentro alla cassa di legno (altrimenti perché richiedere la temporanea rimozione del coperchio di legno prima di tagliare la lamiera?).

I fenomeni percolativi (1), con la seguente perdita di sostanze liquide o aeriformi dal disgustoso odore, sono dovuti principalmente al cedimento della saldatura sul coperchio di zinco o sul fondo della cassa stessa o sui lati, a causa delle sollecitazioni meccaniche che l’elevata pressione dei miasmi comporta, assieme all’acidità del liquami (2)

La costruzione della cassa zincata in un pezzo unico secondo lo spirito della legge, ribadito anche dal paragrafo 16 della Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24 così da evitare saldature negli angoli e sui lati delle pareti, nonché il rigoroso rispetto degli spessori minimi (0,660 mm per lo zinco oppure 1,5 mm per il piombo) rappresenterebbero tuttavia la soluzione migliore, siccome limiterebbero il ricorso allo stagno solo per la chiusura del coperchio.

 

Una vasca metallica, capace di ospitare al proprio interno l’intero feretro, sarebbe sicuramente di maggiori dimensioni, sempre compatibili, però, con le misure dei colombari, ma difficilmente potrebbe esser realizzata con la tecnica della monoscocca cioè partendo da un unico figlio di lamiera, così da limitarne al massimo giunture e saldature, ossia le zone di contatto più sensibili allo stress meccanico.

Sul fondo, allora, potrebbero essere collocate quantità più consistenti di quei composti enzimatici che neutralizzano i liquami della decomposizione (si veda ad esempio l’allegato tecnico al paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 per le “tumulazioni in deroga”).

Al di là del maggiore apporto d’aria, l’assenza di un diretto contatto tra i tessuti organici e lo zinco potrebbe favorire anche una forse più rapida e sicura mineralizzazione dei corpi.

Si è, infatti, dimostrato (Corrado Cipolla d’Abruzzo, “La mineralizzazione dei cadaveri”) come questo metallo rilasci nel lungo periodo particelle che rallentano o, addirittura, inibiscono le trasformazioni postmortali.

Nell’eventualità di un risanamento, per altro, il personale del cimitero potrebbe intervenire agevolmente sulla lamiera per controllare la stabilità della saldatura, senza venir mai a contatto ravvicinato con il cadavere in avanzato stato di decomposizione.

Intuitivamente è difficile pensare che lo zinco, all’esterno della bara, potesse perdere le sue proprietà chimiche a causa dell’azione degli agenti atmosferici o del tempo.

Questo metallo notoriamente grazie alla sua ossidazione superficiale (della anche stagionatura), è, infatti, massimamente indicato per il contenimento di liquidi con PH molto aggressivo. La doppia cassa, al momento della tumulazione, viene comunque inserita in una cella muraria chiusa ermeticamente, al riparo da piogge, intemperie o rilevanti variazioni di temperatura.

Tante volte, però, come è stato ampiamente dimostrato da studi scientifici (di Dr.ssa B. Bassi e Prof. Vincenzo Risolo, La nuova Antigone n. 5/1997) la corrosione dello zinco, sino alla sua perforazione avviene a causa di passaggi di corrente elettrica che trovano nel piano d’appoggio del loculo (magari in calcestruzzo) un efficace conduttore.

Le corrosioni verificate, dunque, sono di tipo elettrolitico, con conseguente formazione di micropile a concentrazione. Il fenomeno risulta DSCF0006esponenzialmente accentuato per la presenza di liquido organico (quando la corrosione ha interessato l’intero spessore della parete costituente la cassa di zinco) e nel caso di innalzamento della temperatura, come può succedere in estate, poiché esso abbassa ulteriormente il PH all’interno dei loculi. (di Dr.ssa B. Bassi, Prof. Vincenzo Risolo, La Nuova Antigone n. 7/1997). Ad oggi, però, non risultano esistere dalla letteratura tecnica dati certi sulla velocità di logoramento dello zinco esposto ad ambienti quali gas, vapori e liquami di decomposizione cadaverica. L’unica soluzione empirica potrebbe esser il passaggio al laminato 14 (0,74 mm) proprio come accade per le bare predisposte per la tumulazione in deroga ex Art. 106 DPR 285/90 e paragrafo 16 Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24. La cassa di zinco interna è di certo più efficiente e sicura, nella sua funzione impermeabilizzante, ci sono situazioni, però, in cui essa diventa motivo di notevoli criticità, quando essa, ad esempio deve esser asportata (se il crematorio non è predisposto per filtrare lo zinco) o neutralizzata ai sensi dell’Art. 75 comma 2 DPR 285/1990 così da facilitare la percolazioni delle acque meteoriche e dei liquidi cadaverici. Almeno per quei particolari tipi di feretri in cui necessariamente si dovrà manomettere l’ermeticità della cassa saldata, però, sarebbe molto meglio introdurre, se non la regola, almeno la prassi della bara zincata che fascia esternamente quella di legno. Così si potrebbe comodamente intervenire senza dover mai entrare a diretto contatto con il cadavere.

Ancora più pratica sarebbe l’adozione di quei dispositivi di plastica biodegradabile ex Art. 31 DPR 285/1990 e D.M 7 febbraio 2007 e 28 giugno 2007) e in sostituzione della lastra metallica.

L’unico problema di difficile risoluzione è rappresentato dal comprensibile disagio dei dolenti di fronte ad un feretro di freddo metallo.

L’avvolgimento della bara nel contenitore ermetico, allora, potrebbe ragionevolmente tenersi in un secondo momento, quando il corteo funebre, terminata la cerimonia delle esequie, sia ormai giunto al camposanto.

I costruttori di cofani si dicono fermamente contrari al rifascio generalizzato, quindi, con zinco esterno per tutti feretri da tumulazione perché:

  • La cassa di metallo esterna pesa almeno 8 o 10 KG di più e l’ispessimento, paradossalmente, diminuisce la sua resistenza alla pressione interna. Le violente estroflessioni della lastra possono provocare persino lo scoppio del feretro.
  • Una bara più voluminosa faticherebbe ad entrare nella tomba, soprattutto se pensiamo a nicchie di antica costruzione e magari non a norma con l’Art. 76 DPR 285/1990 (mancanza di vestibolo).
  • ” L’“handling”, durante le operazioni di trasporto ed inserimento nel loculo, diverrebbe molto più difficile per la mancanza di maniglie o punti d’appoggio.
  • ” Non si potrebbero applicare le reggette di cui all’Art. 30 comma 6 DPR 285/1990 senza compromettere con viti o buchi l’ermeticità della cassa stessa.
  • Le reggette stesse perderebbero la loro originaria funzione di controspinta per bilanciare la sovrappressione dei gas putrefattivi, perché solo la bara di zinco andrebbe in pressione rigonfiandosi, con notevole deformazione della lamiera, senza trovare il supporto ed il contenimento della robusta bara lignea (un cofano di legno sul fondo può reggere un peso sino a 4000 o 5000 Kg.

Addirittura, soprattutto in passato, quando non si applicava ancora la valvola depuratrice, come si nota dalla foto qui sopra proposta, si sono verificati casi in cui le assi di legno sono state divelte per la violenta sovrappressione dei gas putrefattivi.

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(1) Si veda per maggiori dettagli “Fenomeni percolativi nelle tumulazioni”, L’Informatore-Feniof, n. 11, novembre 2000)

(2)La stessa formalina usata per la siringazione cavitaria di cui all’Art. 32 DPR 10 settembre 1990 risulta particolarmente aggressiva sul nastro metallico.

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Carlo Ballotta

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38 thoughts on “TUMULAZIONE: questioni aperte e problemi irrisolti

  1. La valvola depuratrice di fereto se correttamente applicata e tarata funziona eccome e serve a prevenire lo scoppio del feretro.

    Il regolamento nazionale di polizia mortuaria, emanato con DPR n.285 del 10 settembre del 1990, per ovviare a queste spiacevoli situazioni, prevede con l’Art. 77 comma 3 l’adozione di una valvola depuratrice, collocata sul coperchio, capace di facilitare lo smaltimento dei composti gassosi, assieme all’utilizzo di un materassino assorbente, prodotto con materiale biodegradabile, da sistemare nell’intercapedine tra cofano ligneo ed involucro di metallo.

    La presenza, poi, di un generoso strato di segatura, torba, o altra polvere idrofila dovrebbe maggiormente favorire il contenimento di eventuali perdite.

    Le soluzioni contemplate dalla legge, però, non assicurano sempre ottimi risultati, anche se hanno contribuito ad una consistente riduzione del problema.

    I dispositivi più sensibili che consentono di ottenere un costante e miglior controllo sui gas originati dalla decomposizione organica sono tarati per intervenire quando il livello della pressione dentro al feretro superi il livello di 0,02 bar.

    Solitamente, per scongiurare la percolazione di umori cadaverici, si adottano altri accorgimenti, forse empirici, ma di indubbia efficacia quali l’inclinazione verso l’interno del piano su cui dovrà appoggiare il feretro, rimedio già imposto nell’edilizia cimiteriale da una precisa disposizione normativa assieme alla consuetudine, invalsa presso molti necrofori ed operatori cimiteriali di spargere all’interno della cella muraria calce idrata o altro composto con alto potere d’assorbimento.

    Post scriptum: i vari Decreti MInisteriali con cui ex Art. 77 comma 3 DPR n.285/1990 si autorizza l’impiego della valvola hanno valenza nazionale, siccome tali fattispecie sono inquadrabili nella previsione di cui all’art. 115, comma 1, lettera b) del D.Lgs 112/98, come rilevato dalla circolare del MInistero della Salute p.n. 400.VIII/9L/1924 del 21/5/2002

  2. un dubbio sulle valvole depuratrici?????????????????
    Funzionano????????????
    Depurano??????????????
    sono solo una bufala?????????????
    boooooooooo

  3. Se si tratta di corrosione elettrochimica (http://www.stragliotto.it/images/pdf/CORROSIONE%20ZINCO3495.pdf) 4 anni sono un tempo sufficiente perchè il nastro metallico si passivi sino bucarsi in corrispondenza della parete di fondo (per maggiori dettagli si veda questo link: http://www.linformatorefeniof.it/03_06/studi.htm)

    L’impresa deve assicurare i propri prodotti da eventuali vizi sulla condizione materiale della “res” ai sensi dell’Art. 1490 Codice Civile con le procedure di cui agli Artt. 1495 e 1497 Codice Civile (garanzia di un anno).

    Le cause dello “scoppio” del feretro, con conseguente perfusione di liquami e miasmi cadaverici ha molteplici cause, tra le quali si deve necessariamente annoverare l’escursione termica durante i mesi estivi. Si avrebbe responsabilità dell’impresa funebre se si potesse dimostare in modo incontrovertibile che il cofano non è stato confezionato secondo gli Artt. 30, e 77 DPR 10 settembre 1990 n.285 (il ricorso a viti autoperforanti ha lesionato la lastra di zinco, mancano la valvola depuratrice o, in sua sostituzione le reggette, oppure il materassino assorbente, le saldature di scarsa qualità non sono estrese lungo tutto il labbro perimetrale della cassa…).

    Nella banca dati del sito http://www.euroact.net sono presenti due interessanti saggi sul problema dei fenomeni percolativi nella tumulazioni:

    1) “La corrosione della cassa di zinco tumulata” di Fornaciari Fabio, Nuova Antigone, n. 2, 1997, Edizioni M&B Publishing

    2) “La saldatura nei cofani di zinco” di Ballotta Carlo, I Servizi Funerari n.4, 2001, Edizioni Maggioli

  4. Salve, purtroppo anche la mia famiglia ha dovuto subire per due casi il fenomeno della percolazione dei liquami…mi chiedevo se 4 anni di distanza dalla sepoltura sono da ritenersi un avvenimento normale o se la ditta di pompe funebri, alla quale ci siamo rivolti in entrambi i casi imputati, abbia “taroccato” le bare in prodotti di qualità (cofano in legno, cassa di zinco con valvola)…grazie infinite..

  5. No, non è normale, anzi è addirittura patologico.

    Nell’esperienza italiana la tumulazione si configura sempre come una pratica funebre in cui il cadavere è deposto in un vano chiuso, cioè una cella ricavata in un blocco murario impermeabile a gas e liquidi putrefattivi. Il tumulo deve esser sigillato, ermetico, e stagno, questo grazie alla doppia cassa di legno e metallo, alle pareti ed alla tamponatura del loculo stesso. Tutti i regolamenti succedutisi in epoca postunitaria (R.D. n.42/1891, Regio DEcreto n.1880/1942, DPR n.803/1975) dettano tassativamente questo principio del nostro ordinamento di polizia mortuaria, cui si addiviene anche oggi, tramite norma formale, ai sensi del combinanto disposto tra gli Artt. 30, 76 commi 6, 8, 9 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del tutt’ora vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria.

    La Legge è categorica: i miasmi della decomposizione cadaverica non debbono riversarsi all’esterno del tumulo, così da ammorbare l’ambiente.

    A questo proposito il feretro può esser dotato di apposita valvola depuratrice (Art. 77 comma 3 DPR n.285/1990, e relativi paragrafi 9.2 e 9.4 della Circolare Ministeriale Esplicativa 24 giugno 1993 n. 24.) affinchè la cassa sotto la spinta dei gas non scoppi, provocando percolazione di liquami fuori del sepolcro.

    Chi nega queste prescrizioni tecniche o non conosce la materia funeraria (fatto gravissimo, alla faccia della presunta professionalità tanto vantata dagli impresari), oppure è in malafede e “fa la vecchia” per non pagare il fio dei propri errori di trascuratezza e negligenza.

    Sotto il profilo del diritto punitivo da applicare ad eventuali violazioni al DPR n.285/1990 (trasgressioni, ovviamente ancora tutte da dimostrare) e sulla reale opportunità di elevare sanzioni amministrative pecuniarie contro comportamenti forse poco corretti si rinvia ai seguenti links che si raccomanda vivamente di consultare:

    1) Sanzione ex Art. 358 Regio Decreto n. 1265/1934 e feretri non a norma (https://www.funerali.org/?p=873)
    2) Sanzioni davvero efficaci? (https://www.funerali.org/?p=328).

    Tra l’altro quando si chiude la cassa di legno e zinco indispensabile per la tumulazione apponendo i coperchi; ex paragrafo 9.7 Circ.Min. n.24/1993 dovrebbe esser redatto e sottoscritto un verbale sul corretto confezionamento del feretro, siccome quest’ultimo deve pur sempre rispondere NEL TEMPO (e non solo in quel particolare momento) alle caratteristiche di cui all’Art. 30 DPR n.285/1990, quali richiamate dall’Art. 77 comma 1 DPR n.285/1990.

    Lavarsene le mani in stile Ponzio Pilato dicendo “Ehh, non c’è niente da fare” tradisce un atteggiamento “furbetto”, molto italiano, ma poco rispettoso verso la Legge, in realtà si segue il dettato dell’ Art. 88 DPR n. 285/1990 ponendo in essere il cosiddetto “avvolgimento” o anche “rifascio del feretro lersionato (Si veda il breve saggio intitolato L’avvolgimento del feretro ex Art. 88 DPR 285/1990 e Circ.Min. n.10/1998 rintracciabile al seguente link: https://www.funerali.org/?p=1086). Si procede così: si estumula il feretro danneggiato, lom si depone entro un nuovo cassone di zinco, si disinfetta il loculo e poi si ri-tumula la bara. L’operazione è fattibilissima, forse poco piacevole per i necrofori del cimitero, ma del tutto sicura, se eseguita con le dovute cautele di cui al Decreto Legislativo n.81/2008.

    Se l’impresa funebre tergiversa (naturalmente per paura di doversi accollare tutti gli oneri della faccenda) ci si può rivolgere al Comune, in qualità di soggetto istituzionale titolare delle funzioni di polizia mortuaria, il quale procederà d’ufficio, imputando i costi secondo i criteri stabiliti dal proprio regolamento locale o, in difetto, dall’ordinanza del sindaco di cui all’82 comma 4 DPR n.285/1990.

    Commercializzare casse mortuarie non regolari come ha rilevato la Suprema Corte di Cassazione configura una fattispecie di illecito dalla poliedrica rilevanza:

    1) civile ai sensi dell’Art. 2598 Codice Civile (concorrenza sleale), siccome nella definizione di imprenditore data dal C.C. è insito il riconoscimento della normativa del settore in cui si opera.

    2) penale giusta l’Art.515 c.p. (frode nell’esercizio del commercio).

  6. da una tumulazione fatta il 6 giugno dopo una settimana emana un odore sgradevole che a tutt’oggi è insopportabile.
    l’agenzia delle pompe funebri continua a giustificarsi dicendo che è normale…………… chiedo cortesemente un aiuto in merito

  7. Feretro tumulato da appena un giorno e confezionato (cioè saldato e sigillato) magari solo poche ore prima, in concomitanza con il funerale, e già si avverte la percolazione di miasmi cadaverici???

    Ma sono cose dell’altro mondo!

    Alla faccia della corrosisione elettrolitica della lamiera di zinco, la quale richiede almeno un po’ più di tempo!!!

    Se nel loculo non si sono sviluppate sovrappressioni “TURBO” dovute a temperature folli con relative escursioni termiche “bestiali” capaci di farc esplodere non il nastrio metallico in quanto tale, ma le saldature; la bara è “scoppiata” perchè non a norma, essa, con ogni probabilità, è irregolare e non risponde, per requisiti costruttivi all’Art. 30 DPR n.285/1990.

    Chi ha fornito e chiuso il cofano di legno e zinco è passibile di sanzione amministrativa (https://www.funerali.org/?p=873) ex Art. 358 del Regio Decreto 27 luglio 1934, n.1265. & milioni delle Vecchie Lire da convertire, naturalmente in Euro ed oblabili in 60 giorni.

    Se, invece, ancor peggio ha imbrogliato spacciando per buona una cassa “taroccata” o, comunque, non idonea, si sconfina nel Penale.

    Tra l’altro chi ha firmato il verbale di cui al paragrafo 9.7 Circ.Min. 24 giugno 1997 n.14??? IN questo verbale, si certifica appunto il corretto confezionamento della casa e la sua conformità al dettato dell’Art. 30 DPR n.285/1990 e se la cassa si è rotta dopo soltanto un giorno tanto a regola d’arte proprio non mi sembra.

    Ripeto salvo casi estremi in stile attacco alla terra da parte dei Marziani, la colpa del fattaccio è di chi (produttore/impresa funebre) ha saldato male il cofano di lamiera (saldatura tra vasca e coperchio, ma anche saldature tra le piegature dei lati minori, quelli, cioè, vicino rispettivamente a testa e piedi del defunto ex paragrafo 3.1 Modello 4 allegato al paragrafo 16 Circ.Min. 24 giugno 1993 n.24.

    Ehh…ma non si può far niente (dicono loro). Come no!!???

    Si può fare tanto, eccome; innanzi tutto applicando l’Art. 88 comma 2 DPR n.285/1990 e relativo paragrafo 3 Circ.Min. n.10/1998 il quale prescrive per i feretri interessati da fenomeni percolativi il cosiddetto “rifascio”, in altre realtà locali lo chiamano “avvolgimento”, ma il risultato non cambia. Si procede così:

    L’ordinanza del sindaco con cui si disciplinano le operazioni cimiteriali (Art. 86 comma1 DPR n.285/1990) di estumulazione dedermina il soggetto ostituzionale deputato ad agire d’ufficio per tutelare decordo ed igiene del cimitero, stabilendo anche a chi saranno addebitati gli oneri per il risanamento del tumulo, di solito alla sanificazione del loculo, se dato in concessione, provvede il comune, mentre la sistemazione del feretro è a carico degli aventi causa jure sanguinis con il defunto; poi si procede secondo questo protocollo:

    1) Isolamento del tumulo interessato fa fenomeni percolativi (giusto per evitare la presenza di curiosi e bontemponi)
    2) Rilascio d’ufficio dell’autorizazione all’estumulazione, per motivi di igiene e salute pubblica, da parte del Comune
    3) Rimozione della lapide e smuratura della tamponatura del loculo stesso
    4) Aspersione della cella mortuaria con prodotti naturali a base batterico-enziamatica (non sono tossici e neutralizzano liquidi e cattivi odori).
    5) Estrazione della bara, con l’accortezza di lasciarvi scorrer sotto una vaschetta con l’ovvio fine di non bagnare la zona antistante al loculo con liquami cadaverici.
    6) DEposizione del feretro in un nuovo cassone di zinco, ex Art. 88 DPR n.285/1990 e Circ.Min. n.10/1998, che a sua volta sarà saldato (…e bene, almeno questa volta)
    7) Si lava e si disinfetta il loculo con acqua e detergenti a base base batterico-enziamatica
    8) Si tumula nuovamente il feretro

    Prima di murare l’imbocco del loculo è buona abitudine inserire sul pavimento dello stesso una piccola quantità di calce con funzione assorbente di eventuali e future percolazioni postmortali.

    L’inerzia dell’ufficio cimiteriale oltre a configurare il reato di omissione o rifiuto in atti d’ufficio integra anche un comportamento pericoloso per la salute pubblica ed è sempre sanzionabile sotto il profilo penale (si veda anche l’Art 650 Codice Penale) .

  8. Scusi, dopo un giorno dalla sepoltura di mio padre in loculo in una nicchia, è fuoriuscito del liquido. Ora c’è un “odore bruttissimo”, mio fratello non vuole andare più; mi hanno detto che il problema non è rivolvibile; è vero.
    Attendo cn ansia e urgenza una vostra risposta.
    Grazie
    Distinti saluti

  9. Il D.M. Salute 23 gennaio 2006 con cui, ex Art. 77 comma 3 DPR n.285/1990, si autorizza l’uso di valvola depuratrice per i feretri da tumulazione (in sostituzione delle anacronistiche reggette) impone l’apertura della della stessa quando si raggiungano valori di sovrapressione interna al feretro di trianglep geq 0.03 Bar.

    La Regione Lombardia con l’Allegato 3 al Regolamento Regionale 9 novembre 2004 n.6, riciede, invece, l’intervento della valvola quando si verifichi una sovrappressione pari o inferiore a 3000 Pa.

    In Francia (dove molto diffusa è la tumulazione non stagna, bensì AREATA) i filtri di “lavaggio” dei gas putrefattivi (da applicare non nella controcassa, ma in una parete della cella sepolcrale) debbono rispettare la Norma AFNOR NF P98-049, rev. 1994.

    Una cassa di zinco di dimensioni medie ha una superficie di appoggio tra vasca e coperchio pari a 90.000 mmq.

    Recentemente una ditta costruttrice di articoli funerari ha brevettato una propria versione di saldatura a freddo per i cofani di zinco (ai sensi del paragrafo 9.1 Circolare del 24/06/93 n.24 ) alternativa a quella tradizionale con fiamma e materiale d’apporto (stagno). Ebbene l’uso di queste nuove resine saldanti assicura una resistenza finale a trazione/taglio 4,5 N/mmq pari a 0,46 Kg/mmq, quindi, per difetto, sicuramente i gas liberati dalla decomposizione cadaverica non raggiungono questi livelli.

    Il “fenomeno percolativo” (= sversamento all’esterno del tumulo di miasmi cadaverici composti da gas e liquami) in realtà è causato da 2 fattori:

    1) scoppio del feretro vero e proprio (la forza dei gas putrefattivi provoca il cedimento non tanto della lamiera, ma della saldatura tra vasca e coperchio.
    2) lo zinco si buca, sul fondo o sulle pareti laterali sotto l’azione di agenti corrosivi (acidità ei liquami, ma soprattutto corrosione dovuta a cariche elettrostatiche).

    Sono, dunque, i punti di contatto tra vasca metallica e coperchio a cedere sotto la spinta dei gas, non il nastro di zinco in quanto tale, lo spessore minimo del laminato (0,660 mm che diventano 0,74 per le tumulazioni “in deroga) ex Art. 106 DPR n.285/1990 con relativo addentellato tecnico di cui al paragrafo 16 Circ.Min. n.24/1993) risponde a questa funzione: anche se lo zinco tende, con il tempo a passivarsi (= si consuma per corrosione) tale consistenza della lamiera è ritenuta idonea al contenimento del cadavere per tutta la durata della concessione del tumulo (la tumulazione, in quanto sepoltura privata implica sempre il sorgere di un rapporto concessorio ex Artt 90 e seg. DPR n.285/1990), ed anche in caso di traslazione a nuova sepoltura, senza la fuoriuscita di liquidi o gas (se, al contrario, la bara non è più ermetica si provvede al “rifascio” ex Art. 88 DPR n.285/1990).

    La logica costruttiva della bara di cui all’Art. 30 DPR n.285/1990 va inquadrata anche sotto questi aspetti, non ultimo l’impatto ambientale dei rifiuti cimiteriali (DPR n.254/2003), lo zinco è difficile da smaltire e non sempre può esser riciclato come, invece, auspicherebbe la Legge (Art. 12 comma 5 DPR n.254/2003).

    La cassa di zinco deve possibilmente esser una “monoscocca” realizzata partendo da un unico foglio di metallo (paragrafo 16 Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24), fatti salvi i “fuori misura” ciè i feretri over size, le saldature (lungo le piegature e, soprattutto tra vasca e coperchio) non sono mai completamente eliminabili e sono proprio loro a cedere quando il feretro “scoppia”.

    Sotto pressione la cassa di zinco si gonfia e tenderebbe ad assumere una forma cilindrica, a questa deformazione, però, si oppongono le robuste assi in legno massello della cassa lignea, la cassa di zinco è principalmente pensata e studiata per neutralizzare la percolazione di liquidi (si possono liberare dalla decomposizione di un corpo umano anche 50 litri di liquami), mentre spetta alla valvola depurare ed evacuare i gas.
    Si consiglia di consultare questi links:
    http://www.linformatorefeniof.it/03_06/studi.htm
    http://www.stragliotto.it/images/pdf/CORROSIONE%20ZINCO3495.pdf
    http://www.funeralia.net/formazione/tumulazione.htm

  10. Mi chiamo Giacomo Banchelli e sono un Ingegnere meccanico. Nello scritto è riportata la seguente frase:
    “se i gas infatti per accumulo raggiungono le 2,5 atmosfere, lo scoppio del feretro diviene pressochè inevitabile”
    Detta frase si riferiva alle problematiche e al comportamento delle casse di zinco in assenza di valvole.
    Mi sono chiesto quale pressione interna massima possono generare i gas di decomposizione in un contenitore con le stesse dimensioni interne della cassa di zinco, ma costruito con una lamiera il cui spessore sia tale da resistere alla pressione stessa generatasi. in altre parole, se io ho un contenitore con dentro una salma, e questo contenitore è abbastanza robusto da non scoppiare in nessun caso, quale pressione massima possono sviluppare i gas al suo interno?
    Non ho trovato riscontri nella documentazione in mio possesso, così ho pensato di rivolgermi a lei.
    La ringrazio, cordiali saluti.

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