Innanzitutto, va sempre operata una distinzione proprio ontologica, e non solo di metodo, tra sepolcro di natura familiare (o gentilizio) e sepolcro ereditario jure successionis.
L’uno, difatti, nasce sibi familiaque suae, l’altro sorge sibi haeredibus suis, ossia segue le ordinarie norme civilistiche che regolano il trapasso mortis causa delle sostanze materiali tra il de cuius ed i suoi successori.
È forse l’unico rarefatto caso in cui al concessionario sia consentito, entro i confini già definiti della funzione sepolcrale, di poter decidere sulla sorte del bene sepolcro e sui beneficiari dei diritti che intorno a quest’ultimo gravitano, con atto di ultime volontà.
Ossia occorre separare e scindere il diritto di uso del sepolcro familiare e il diritto sul sepolcro già costruito ossia il diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono, con relativi obblighi di conservazione in solido e decoroso stato.
Essi, infatti, potrebbero anche non concentrarsi nelle mani di un unico soggetto, come, invece, accade sempre per il concessionario primitivo, ben inteso egli ha il potere di scolpire nell’atto di concessione la lex sepulchri, ovvero la “riserva” di cui all’art. 93 comma 1 I periodo D.P.R. n. 285/1990, ma non può proprio agire secondo capriccio, imprimendo alla sua edicola funeraria destinazioni “ibride”.
Il primo, cioè il diritto alla tumulazione delle salme, è riservato al fondatore concessionario e ai suoi familiari indicati nel Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria e dall’atto concessorio stesso (es.: moglie, figli, fratelli, sorelle…), legati al fondatore jure coniugii o jure sanguinis.
Il secondo, (leggasi diritto sul sepolcro in sé) invece, assimilabile al diritto di superficie, è suscettibile di possesso e di trasmissione per atti tra vivi o mortis causa (Cass. II Sez. 30 maggio 2003, n. 8804, Consiglio di Stato , sez. V, 12-3-2018, n. 1554; 29 ott. 2014, n. 5352; Cass. Civ. sez. II, del 19-7-2016, n. 14749).
Il sepolcro, originariamente familiare, può trasformarsi in sepolcro ereditario nel caso in cui sia del tutto estinta la famiglia del concessionario del sepolcro (Cass. Civ. Sezioni Unite 28-06-2018, n. 17122), sarebbe però bene che il regolamento municipale di polizia mortuaria governasse questo passaggio di stato, congegnando un efficace meccanismo di subentro.
Gli eredi legittimi e testamentari intervengono soltanto al mantenimento della tomba intesa come manufatto. All’erede testamentario, come all’erede legittimo, passa il diritto sul sepolcro, ossia sul bene, e anche il diritto di essere seppellito entro i limiti della quota ereditaria, salvo quanto appena detto in ordine alla trasformazione del sepolcro familiare in sepolcro ereditario per mancanza dei soggetti della famiglia del fondatore, ovvero con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore.
Fino a quel momento postremo, l’erede del fondatore acquista solo il diritto sul sepolcro, divenendo titolare della proprietà del manufatto, con conseguente responsabilità patrimoniale per la conservazione in buono stato manutentivo della tomba, intesa come fabbricato, ai sensi dell’art. 63 del D.P.R. 285/1990.
Ciò premesso, e nel presupposto che dall’atto di concessione (non si precisa, volutamente, se nella fattispecie in esame si tratti di concessione a tempo limitato o meno) si evinca la natura di sepolcro familiare (prova effettuale ne sarebbe la tumulazione, secondo cronologia degli aventi luttuosi in seno ad una famiglia di tutti i congiunti dell’originario concessionario) a certe condizioni l’intestazione del rapporto concessorio è da vedersi se pleno jure, però…
L’erede, quindi, può avvicendarsi al titolare degli jura sepulchri nel diritto sul sepolcro e non nell’uso del sepolcro, uso che, invece, resta radicato ex capite nelle persone ancora in vita portatrici del diritto di tumulazione, in quanto appartenenti (e superstiti) a quel nucleo di affetti e memorie chiamato “famiglia”.
Resta, comunque, all’erede (residualmente, in quanto figura giuridica indicante una qualificazione patrimoniale) il diritto ad essere seppellito nei limiti della disponibilità residua dei loculi, (oltre la quale, per naturale saturazione del sacello, lo stesso jus sepulchri spira ex se e non può più esser esercitato), solo in mancanza di parenti dei defunti già seppelliti.
L’erede, tuttavia, non potrà mai disporre la estumulazione delle salme dopo il periodo ordinario di tumulazione con successiva riduzione e ri-collocazione dei resti mortali, perché a quelle spoglie mortali non è unito da diritti personalissimi e di relazione, rimanendo, pur sempre egli un perfetto estraneo alla famiglia del concessionario; dette salme pertanto rimangono intangibili, comprimendo non poco l’effettiva fruibilità della tomba, specie per il futuro.