Cara Redazione,
Si presenta un caso di morte nel Comune di A. Trasporto a “cassa aperta” nel Comune di B. Tumulazione nel cimitero del Comune di C.
Chi forma l’atto di morte allegando ex post il certificato necroscopico, ontologicamente indispensabile al rilascio delle autorizzazioni alla sepoltura? Chi accorda le prefate autorizzazioni?
Nel nostro quotidiano dissertare sullo scibile funerario, non entriamo – per carità – nel vivo di alcune “perle”, di ricorrente, ma rara, venustà, affacciate in qualche domanda, pervenuta in Redazione, come quella per cui sarebbe il Comune intermedio (nel quale la salma è stata trasportata per la veglia funebre a cassa aperta) ad accordare, ricevuto il certificato della avvenuta visita necroscopica, l’autorizzazione alla sepoltura, non tanto perché non si possa più parlare genericamente di seppellimento, ma di inumazione, oppure – distintamente- di tumulazione, (sembra un puro nominalismo, ma anche la terminologia linguistica, nelle scienze giuridiche, riveste la sua importanza!), quanto per il fatto che la Regione non ha titolo alcuno (art. 117, comma 2, lett. i) Cost.) a modificare l’art. 74 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, tanto più con un mero atto di istruzione amministrativa quale è una circolare, come ad esempio (casus horribilis!) è capitato in Regione Puglia con la Circ. 07/08/2009, n. 24.
È possibile, in questo specifico contesto, che l’orientamento delle direzioni sanitarie di alcuni nosocomi si fondi, spesso acriticamente, su tali erronee indicazioni qua e là ancora sussistenti, anche se la normativa (rectius: l’atto istruttivo) di cui all’oggetto, dopo ben oltre 10 anni di vigenza dovrebbe già esser pienamente entrato a regime e metabolizzato da tutti gli attori (istituzionali o privati) del sistema funerario.
Detto inter nos – teoricamente almeno – la già richiamata circolare pugliese, dovrebbe essere rivista, per palese illegittimità o impugnata avanti il Giudice Amministrativo Territoriale, ma (temiamo) che la regione (= uffici regionali) sia più propensa ad accogliere “suggestioni interessatissime” dagli operatori funebri, e non dai funzionari comunali.
Cose turche che succedono nel nostro ormai sgangherato ordinamento di polizia mortuaria declinato e smembrato su base regionale!
La risposta offerta sin qui presenta, volutamente, alcuni fattori di insufficienza, d’incompletezza, in quanto nulla dice, e per altro niente era richiesto, in relazione ad eventuali “rimedi” legali, avverso tali infondate pretese, tanto più che non è il quesito formulato la sede per suggerire soluzioni, le quali avrebbero l’ineluttabile pregio di far sorgere un contenzioso avanti il Giudice, se si riflette su come, spesso, gli Ufficiali dello Stato Civile non presentino un’eccessiva propensione, guerriera e pugnace (anzi, tutt’altro!), a far lavorare i normali strumenti dell’Ordinamento Giuridico, se non altro perché, con grande frequenza, essi stessi sono non eccessivamente supportati dalle amministrazioni di appartenenza e, per tale ragione, queste ultime non individuano nelle consentanee sedi giurisdizionali un percorso ragionato per far emergere, in tutta la loro gravità, certe abnormi storture, il giudizio, allora, è visto come un’evenienza litigiosa tendenzialmente da evitare, per non turbare troppo certi equilibri inerziali faticosamente raggiunti, anche se un po’ spericolati.
Ad esempio, una volta ricevuto il certificato della eseguita visita necroscopica, si potrebbe assumere un provvedimento di rifiuto (art. 7 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396) alla concessione della autorizzazione che. nel singolo caso, sia richiesta secondo l’art. 74 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, inviando copia di tale atto, debitamente corredato dal certificato necroscopico, all’Ufficiale dello stato civile del comune di decesso, ai fini della consegna di tale autorizzazione, per titolarità geografica (atto da inoltrare, per conoscenza, anche agli interessati, al fine di consentire loro di rivolgersi all’Ufficiale dello stato civile del comune di decesso per ottenere tale autorizzazione), eccependo a) l’incompetenza dell’ufficiale dello Stato Civile del comune in cui la salma è stata trasportata, b) la spettanza esclusiva dell’Ufficiale dello Stato Civile del comune di decesso, c) la prevalenza delle norme statali del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, per riserva di legge, di rango addirittura costituzionale.