Nel sistema fortunatamente (ancora…e soprattutto per quanto?) chiuso e completo delle fonti del diritto i regolamenti Comunali appartengono a quelle di rango secondario essendo “atti formalmente amministrativi” espressione del potere normativo della P.A. e in quanto tali non possono derogare né contrastare con le leggi ordinarie, fatti salvi (non ricorrenti nella fattispecie) i casi di delegificazione o di riserva di competenza per materia.
Essi hanno in buona sostanza forza normativa (con annesso apparato di diritto punitivo, attraverso le sanzioni amministrative pecuniarie) ma non valore di legge.
Le leggi regionali, sulla base delle quali i regolamenti comunali spesso sono stati approvati, hanno stabilito che quest’ultimi dovessero disciplinare esclusivamente i luoghi (https://www.funerali.org/giurisprudenza/cosa-deve-indendersi-centro-abitato-ambito-cimiteriale-48965.html) di dispersione delle ceneri e le modalità di dispersione delle stesse nel territorio comunale. Null’altro è rimesso alla disciplina regolamentare del Comune.
Nella realtà, invece, in molti di questi regolamenti la normazione dei luoghi di dispersione è molto “carente e lacunosa” in quanto essi contengono né più né meno ciò che è previsto dalle varie leggi regionali mentre si soffermano con dovizia di particolari sul soggetto incaricato di autorizzare la dispersione, cioè l’Ufficiale di Stato Civile. Ma ha senso, nella prospettiva di un’azione legislativa improntata all’ economicità del procedimento ed all’efficacia riprodurre norme già presenti, magari pure in fonti sovraordinate?
Nella maggior parte dei casi, i regolamenti comunali si limitano a “ripetere” pedissequamente chi sia competente per l’autorizzazione alla cremazione e dispersione (cioè l’U.S.C.) e quali siano i criteri sulla base dei quali rilasciare detta autorizzazione (cioè quelli stabiliti dalla legge n.130/2001).
Si potrebbe supporre che tale anafora normativa abbia funzione “riepilogativa” o “ricognitiva” ma a quest’ipotesi possiamo facilmente obiettare con questa considerazione di diritto: i regolamenti comunali aventi “funzione ricognitiva” nel nostro ordinamento non esistono. Anzi a norma dell’art. 7 D.Lgs. n.267/2000 tali regolamenti hanno esclusivamente la funzione di disciplinare ciò che è di spettanza dell’Ente Locale “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo Statuto”.
Non si considera, poi, che se la normativa statale in detta materia mutasse tali regolamenti perderebbero anche questa supposta (e tutta da provare) “funzione ricognitiva”.
In alcuni casi però il regolamento comunale non si ferma ad una funzione meramente “ricognitiva” ma “reinterpreta” a maglie più o meno larghe, la norma della legge n.130/2001 [art. 3 comma 1 lett. c)] stabilendo che la volontà del defunto debba risultare esclusivamente dal testamento o dalla iscrizione ad una società di cremazione, escludendo cioè che possano essere i parenti a rendere tale volontà espressa solo verbalmente dal de cuius.
Per tutto quanto dimostrato fino a questo punto tali ultime disposizioni regolamentari sono gravemente viziate. Si potrebbe ragionare di un difetto di attribuzioni con conseguente vizio di carenza assoluta di potestà. Se la legge n.130/2001 dispone che l’U.S.C. debba verificare la volontà del defunto sulla base di determinati criteri, il regolamento comunale non può fissare una diverso parametro, del tutto arbitrario, stante la gerarchia rigida tra le fonti del diritto italiano.
Ma la gravità di questa operazione “interpretativa” risiede nel fatto che tramite una norma regolamentare assolutamente non conforme alla Legge, si finisce per negare ai cittadini un diritto che invece la Legge dello Stato assicura loro.
Non solo, in questo modo si crea anche una diseguaglianza di trattamento tra gli stessi cittadini perchè mentre in alcuni Comuni l’U.S.C. autorizzerà la dispersione in virtù del testamento, della iscrizione alla So.crem ed anche in base alla dichiarazione dei parenti in altri frangenti tale autorizzazione sarà rilasciata soltanto sulla base del testamento e della iscrizione alla So.crem e ciò, ripeto, solo in forza di una disposizione regolamentare di dubbia legittimità.
Qualcuno potrebbe così argomentare a contrariis: l’art. 3 della legge n.130/2001 lascia spazio all’interpretazione dal momento che regola espressamente le modalità di accertamento della volontà del defunto a proposito della cremazione ma nulla dice a proposito della dispersione.
Penso, tuttavia, che se il legislatore, (la cui reale volontà è spesso misteriosa!) avesse voluto statuire modalità diverse di accertamento della volontà del defunto per la cremazione e per la dispersione, con una procedura aggravata, avrebbe agito in maniera espressa, mentre, a presupporre il contrario non si capisce perchè la volontà di essere cremato possa essere manifestata dai parenti e quella di vedere disperse le proprie ceneri no (ad onor del vero la Lombardia aderisce proprio a questa linea ermeneutica, forse con una forzatura rigorista e molto prudente.).
E comunque, e questo è il punto in diritto, al di là di come possa essere scrutinata la legge, tale materia, in quanto afferente allo Stato Civile, è sottratta in maniera assoluta alla competenza di un regolamento comunale.
Casomai il problema di come leggere… la legge dovrebbe porsi per l’U.S.C. che è tenuto ad applicarla correttamente. Come non esiste, nel nostro ordinamento, un regolamento comunale avente funzione “ricognitiva” infatti non ne esiste nemmeno uno avente funzione “interpretativa”, soprattutto per le disposizioni di rango superiore.
“[…]Per i motivi sopra esposti e perchè tale caos normativo crea sia un’ingiusta disparità di trattamento tra i cittadini sia una incertezza nel lavoro degli ufficiali di stato civile dei vari Comuni ritengo necessario non solo un nuovo intervento legislativo ma soprattutto l’emanazione di alcune regole semplici e chiare che diano ai cittadini la “certezza del diritto” e agli operatori degli uffici di stato civile quella “omogeneità” di comportamento necessaria in una materia tanto delicata. Si potrebbe infatti sostenere che la determinazione del presupposto del consenso del de cuius e le modalità della sua valida manifestazione rientrino nella competenza statale ex art. 117 comma 2 lett.
m) Cost. afferendo alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. (così Gianna Nencini sulle pagine de: “Lo Stato Civile Italiano”, nel maggio 2009)
Posto, infatti, che le forme di manifestazione della volontà del defunto per la dispersione delle ceneri non paiano differenziarsi da quelle contemplate dal citato art. 3 legge n.130/2001 è in quei termini che deve essere esercitato il diritto del defunto a disporre delle proprie ceneri potendo far valere anche la dichiarazione dei congiunti che hanno raccolto la manifestazione di volontà del defunto quando era sempre in vita, anche se la dispersione presenta pur sempre profili di natura penale e deve esser ponderata con la massima cautela.