Rapporti “difficili” tra D.P.R. n. 285/1990 e L. n. 130/2001: il principio di poziorità e la teoria del… doppio binario

Della brutta tecnica legislativa adottata dal Parlamento (L. 50/2022) per modificare in realtà la L. 130/2001, si è largamente chiosato in apposito articolo di approfondimento, disponibile sempre sul sito, a questo link: Cremazione ed atto sostitutivo in atto di notorietà: ambiti di applicazione – funerali.org
Non vorrei soffermarmi ulteriormente sull’argomento, ma, a quanto pare, sembra che per le Camere il riferimento oggetto di potenziale novella sia ancora il D.P.R. n. 285/1990 e non già il cit. art. 3 (misteriosamente divenuto self executing dopo una circ. min. “ricognitiva”, nel 2016?).
Apparentemente, allora, il legislatore, con ciò contraddicendosi, ritiene passibile di integrazione, in quanto ancora/già in vigore , non tanto l’art. 3 L. n. 130/2001 ma l’art. 79 D.P.R. n. 285/1990…e su questa ennesima distrazione (o topica clamorosa!), molto si è già discusso.
Registro solo – laconicamente – come Parlamento e Governo, abbiano, a loro volta una diversa percezione del diritto effettivamente vigente sulla polizia mortuaria, specie in tema di cremazione.
La confusione, almeno per me, vile e vituperabile impiegato, è massima, come risolvere dunque questa stridente antinomia?

Perdonatemi, non è solo un vizio di forma perché il sostrato politico da cui nell’1990 fu plasmato l’art. 79 era di prudente apertura verso le istanze del mondo cremazionista, a quell’epoca di sparuta minoranza, mentre la L. 130/2001 è decisamente più liberaleggiante e di ampio respiro (è, infatti, leggi di principi!), quando detta la disciplina per una pratica funebre divenuta ormai consueta e di massa.
Sulle buone intenzioni del Legislatore, tradite in seguito, ed in modo pacchiano…omissis….si è già scritto troppo.
In ultima istanza, tanto per inquadrare meglio la fattispecie, nelle sue coordinate assiomatiche: il necessario principio di poziorità è desumibile dall’art. 79 del Reg. Naz. Polizia Mortuaria o dall’art. 3 L. n. 130/2001. Ancora: l’obbligo dell’unanimità è stata implicitamente abrogata?

L’apparente diarchia tra art. 79 D.P.R. n. 285/1990 e l’art. 3 L. n. 130/2001 provoca o meno una sorta di doppio binario, specie quando si affronti il problema della maggioranza assoluta o dell’unanimità richiesta tra persone parimenti titolate a disporre della spoglia mortale?
Provo a sintetizzare così:
1. Cremazione di cadavere subito dopo il funerale o nell’immediatezza dello stesso, anche dopo un primo periodo di diversa sepoltura. Si ottempera al dettato dall’art. 3 cit. Vince, così, il criterio della maggioranza assoluta.
2. Ulteriori atti di disposizione sulle ceneri di cadavere (affido o anche… in extremis dispersione???) prevale sempre la L. n. 130/2001 perché si tratta, appunto, di nuovi istituti introdotti dalla prefata L.n. 130/2001…e mal implementati nelle rispettive LL.RR., obiter dictum!
3. Cremazione di resto mortale: è la questione più spinosa ed intricata, invero. Competenza funzionale e geografica sono definite dal D.P.R. n. 254/2003. Se seguiamo il percorso logico-argomentativo suggeritoci dal Dr. Scolaro nei suoi puntuali interventi (nulla da obiettare, anzi…) si dovrebbe applicare con andamento “carsico” l’art. 79 D.P.R. n.285/1990, e quindi reviviscenza del criterio di unanimità, dunque, superato solo per la cremazione di cadavere.
4. Affido (sulla dispersione nutro forti perplessità per l’effettivo vizio di volontà, rilevato in altra sede) ceneri resto mortale: Domina la L.130/2001.
5. Dispersione/conferimento ceneri in cinerario comune ex art. 80 comma 6 D.P.R. n.285/1990. Essendo un destinazione postrema ed irreversibile, regolata dal Reg. Naz. di Polizia Mortuaria dovrebbe prevedersi l’unanimità secondo la versione più strutturata e di default del c.d. principio di poziorità.

Almeno per me la ricostruzione del tessuto normativo è faticosa, perché di volta in volta bisogna ricorrere a diverse tecniche ermeneutiche (cronologica, di rango tra le differenti norme, di specialità, addirittura territoriale…).
Alla schizofrenia di certe sentenze in tema di Jus Sepulchri siamo avvezzi, ma per i praticanti veri del diritto funerario (gli operatori funebri, gli impiegati…) questa discrasia suona male, anzi proprio stona, anche sul versante delle pratiche amministrative da formare che ne conseguono.
È un paradosso difficilmente spiegabile a chi chieda chiarezza delle regole e rapidità di azione della P.A.
Sembra un vacuo cavillar sul niente ma da ciò originano comportamenti e prassi difformi, tra Comune e Comune, addirittura. Per chi faccia impresa funebre – pure seriamente – spero Voi tutti conveniate con questa tesi – si tratta di un manicomio vero e proprio, capirci è una pia illusione, si procede caso per caso e l’incertezza è massima.

Confesso che pur essendomi molto arrovellato attorno al dilemma non trovo soluzione applicativa alla domanda di fondo di cui all’oggetto.
Non è, poi, obbligatorio assumere per forza una posizione univoca e dirimente. Fosse per me nell’articolo giornalistico dedicato alla scala gerarchica e rigida del principio di poziorità (a breve, su queste pagine!), illustrerei tutte le possibile sfaccettature di questa gradazione nella legittimazione a disporre. assumendo un atteggiamento di terzietà e trasparente neutralità.
Sulla domanda, comunque formulata, a titolo personale, autorevoli glossatori della materia funeraria sostengono che il criterio della maggioranza assoluta si applichi solo 1) alla cremazione i cadaveri e 2) a quella considerata dalla lett. g) dell’art. 3 L. 130/2001.
Quando il legislatore prevede un semplice assenso non intende certo una manifestazione di volontà, quanto, come di seguito, di una legittimazione ad opporsi, una facoltà da potersi pur sempre esercitare, come titolarità al diniego), per l’espresso rinvio in questa presente.

Al di fuori di tali due casi, rinviene applicazione il principio generale fissato dall’art. 79 comma 1 II periodo D.P.R. n. 285/1990 (ricordando che non è stato modificato, pur se una seria riforma sarebbe dovuta intervenire entro il 4/11/2001 …, ma ciò non è avvenuto; (e che siamo ancora in una situazione di stallo e paralisi sembra essere dato fattuale notorio e inconfutato).
Quest’interpretazione si fonda proprio sulla non avvenuta modifica dell’art. 79 nei termini preconizzati dai principi enunciati dall’art. 3 L. 130/2001.
Rimane la questione della titolarità a disporre delle spoglie mortali in tutti i frangenti che fuoriescano dalla casistica in cui trova applicazione il principio della maggioranza assoluta, quest’ultimo in continua estensione o compressione, rispetto a fonti del diritto sì eclettiche, ma pure scoordinate ed incoerenti tra loro.
Di qui le criticità con cui dobbiamo scontrarci quotidianamente.

È dunque opportuno sottrarsi a visioni ideologiche e logomachie inconcludenti sulla relazione (antinomica?) tra D.P.R. n.285 del 1990 e L. 130/2001, che producono sono complessità, ad oggi insanabili.
Provo a semplificare.
Assumiamo ad esempio una situazione semplice: raccolta delle ossa in occasione di esumazione da inumazione in campo comune, con pluralità di soggetti. A chi spetta decidere se siano destiate all’ossario comune, oppure alla raccolta per una tumulazione e, in questo secondo caso, quale tipo di tumulazione e quale “sito”..
In tal modo – forse – si potrebbe individuare un parametro generale, una regola almeno condivisa, in linea di massima.
Poi, si potranno cercare le eccezioni, le specificazioni, ecc.

Rimane – comunque – aperta una questione, non secondaria.
Dal 4/5/2001 si sono formati comportamenti di vario ordine, e non sarà così indolore (anche se con interventi di interpretazione motivati) pervenire, anche se in termini non immediati, ad una qualche linea abbastanza uniforme, tale da ricondurre ad un unico alveo sistemico tutte queste ipotesi.
Ciò non significa che non valga la pena studiare argomentazioni sostenibili, anzi. Ma senza illuderci di giungere a uniformità e coerenza.
Sì, ci sono sentenze visionarie e pionieristiche sul senso reale della prossimità affettiva al de cuius come vera legittimazione ad agire, ma reputo difficilmente applicabili ad un contesto burocratico, procedere caso per caso sarebbe una follia, come di volta in volta scandagliare negli aventi diritto a pronunciarsi le vere intenzioni riposte nell’anima.
L’ordinamento non può raggiungere tali livelli di intrusività così capillare…
Sarebbe preferibile a questo punto ricorrere alla negromanzia, più certa e rapida….Cicerone con il “De re divinatoria” espresse qualche dubbio a tal proposito, io non profferisco parola e mi adeguo, anzi nel buio resto immobile!

Written by:

Carlo Ballotta

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