“Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος”, ossia, come dunque recita il celebre prologo del Santo Evangelo, secondo Giovanni, redatto nell’antica lingua ed alfabeto greco,: “In principio era il Verbo”… Più prosaicamente, nel nostro tanto vilipeso comparto funerario: in origine vi fu documento per la semplificazione e revisione delle procedure sanitarie divenute – ed è vox populi – da tempo inveterato obsolete, di cui al provvedimento 9 febbraio 2006, assunto dai Presidenti delle Regioni ex art. 4 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 28, cui le Regioni stesse, in ordine sparso, attinsero abbondantemente e “motu proprio” per riformare “dal basso” e senza un criterio ordinatore ed univoco la polizia mortuaria, con le enormi storture ed i potenziali conflitti d’attribuzione dovuti ad una dissennata deregulation, di cui tutti noi, umilissimi lavoratori del post mortem, siamo ancora vittime illustri (?).
Finalmente, dopo questa ridda e congerie di leggi regionali, regolamenti e semplici delibere di giunta o, ancora, atti dirigenziali, lo Stato Centrale riprenderà davvero a trattare la nostra (“Odi et amo”, secondo il celebre verso di Catullo) vituperata ed angariata materia con alcune precise istruzioni norme alte capaci di riformare in profondità tutto il comparto italiano del post mortem.
Dopo questo mini editoriale, del tutto improprio ed inopportuno, trascorrendo in medias res vediamo di inquadrare per una volta almeno sotto il profilo linguistico la formula: “Polizia Mortuaria”.
Il termine generico di “polizia mortuaria” ha ormai diverse accezioni giuridiche: alcuni commentatori, preferendo articolare la materia funeraria su tre autonomi livelli (1. necroscopico, 2. Funebre, 3. cimiteriale), lo interpretano, ormai, quale servizio complesso, comandato dalla direzione dei singoli obitori/depositi d’osservazione che ha come “mission” postrema ed ontologica la gestione del dislocamento delle salme e del loro luogo di stazionamento, da quelle che devono essere sottoposte ad autopsia a quelle, invece, pronte per la sepoltura (da intendersi in senso ampio, cioè cremazione compresa).
Con i precedenti lavori ci siamo concentrati particolarmente sui servizi necroscopici (ed anche funebri: anni addietro, difatti, comune era la tendenza a sovrapporre, anche semanticamente, queste due sfere oggi, più correttamente distinte, dal punto di vista funzionale e della sequenza temporale negli adempimenti).
Altre normative più evolute, (si veda, ad esempio, l’art. 1 comma 3 lett. f) L.R. Emilia-Romagna 29 luglio 2004 n. 19) rispetto al Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, vedono nella c.d. e semplice polizia mortuaria, osservata in un modello “esploso” ed a tre dimensioni, le sole funzioni amministrative, strettamente pubbliche, e quindi, anche sanzionatorie, di supervisione, autorizzazione, vigilanza e controllo sul fenomeno funerario locale, ma anche di pianificazione e progettazione cimiteriale.
Gli attori e players del mercato funerario italiano sono sempre più rappresentati da soggetti imprenditoriali privati, ancorché autorizzati in vario modo e titolo, all’esercizio di quest’attività, dal Comune che resta, pur sempre il titolare ultimo di una tale e composita fattispecie giuridica.
In Italia – oggi – detto servizio comunale indispensabile ed indifferibile è non delegato un apposito corpo di diritto pubblico (come, erroneamente, il vocabolo “polizia” di derivazione settecentesca, potrebbe far capire o intendere …).
Almeno ad oggi, la polizia mortuaria, anche una volta decaduta, ex lege, la privativa comunale sui trasporti funebri dall’1/1/2002 (art. 35, comma 12, lett. g) L. 28/12/ 2001, n. 448), ma ex D.M. 28 maggio 1993, e giusta le fonti sovraordinate, nonché temporalmente successive, di cui al D.P.R. 31/1/1996, n. 194 (per il versante contabile, poi a sua volta anch’esso parzialmente abrogato da ulteriori atti aventi valore legislativo), nonché all’art. 3, comma 1, lett. a), n. 6 D.Lgs. 26/11/ 2010, n. 216, l’art. 21, comma 3 L. 5/5/ 2009, n. 42, senza poi considerare, l’ultimo, in ordine cronologico, D.P.C.M. 22/12/2017, è ancora dovere istituzionale del Comune il quale deve garantire tali prestazioni in economia diretta, cioè con propri uomini e mezzi, o tramite le forme di gerenza enumerate dall’art. 113 D.Lgs. 267/2000.
La Polizia Mortuaria è un plesso della macchina comunale, sulla sua organizzazione si rimanda al regolamento di Giunta di cui agli artt. 48 comma 2 e 89 D.Lgs n.267/2000, e s’interseca nel dispiegare la propria azione facilmente anche con altri ambiti della ordinaria ed ordinata vita amministrativa.
A governare questo ufficio ed i suoi procedimenti è, per le parti di propria spettanza, il regolamento municipale di polizia mortuaria di cui all’art. 344 e 345 del T.U.LL.SS ancora in vigore e soprattutto dall’art. 117 comma 6 III periodo Cost. dato l’implicito, ma facile rimando all’art. 824 comma 2 Cod. Civile.
Abbiamo, quindi un atto di carattere normativo, quindi generale ed astratto, molto complesso e trasversale, quasi poliedrico ed eclettico nelle sue molteplici articolazioni, che gode di ampi margini di autonomia ed ambiti di spettanza quasi esclusiva, quando agisca su un livello di pari ordinazione rispetto al D.P.R n. 285/1990 [1], in campi, quindi non sovrapponibili, come, proprio la gestione cimiteriale, pur rimanendo formalmente una fonte di grado amministrativo subordinato rispetto alla Legge.
I comuni non godono di potestà legislativa, ma solo regolamentare, ai termini della Art. 117 Cost., ma il problema si complica ulteriormente se consideriamo come la polizia mortuaria, attratta, seppur con qualche indubbia forzatura, nella pertinenza del diritto sanitario, sia materia di legislazione concorrente da parte delle regioni (Si veda la Legge n.131/2003 attuativa del nuovo Titolo V Cost.).
[1] Sull’idoneità di norme contenute nel regolamento comunale ad integrare automaticamente il contenuto delle concessioni cimiteriali ai sensi dell’art. 1339 cod. civile Si veda T.A.R. Piemonte, Sez. I, Sentenza 12 luglio 2013, n. 871