Aggiungiamo al nostro lungo astrologare sulle prospettive giuridiche dei servizi funerari alcune constatazioni: in quasi tutte le Regioni (eccetto il Lazio e la Valle d’Aosta, almeno) sono state promulgate, recentemente, anche svariate Leggi Regionali, a diverse ondate temporali, molte delle quali presentano elementi censurabili (di assai forte problematicità!), rendendo, così, difficile la loro concreta implementazione e complesso il panorama, in uno scenario di governance del fenomeno funerario italiano (dis)-articolato su varie e farraginose stratificazioni localistiche, dove alta potrebbe esser la conflittualità, all’interno delle stesse istituzioni.
Ma la polizia mortuaria per la [cattiva] politica non rappresenta un’urgenza, quindi non se ne parla mai, ecco forse l’unica vera ragione perché non sia esplosa tutte le contraddizioni di questa aberrante teoria dei servizi funerari campanilisticamente organizzati in senso periferico, o … “dal basso”, come si suole dire in perfetto politichese.
Poiché lo Stato Centrale, tuttavia, pur potendo esercitare questa clausola di salvaguardia in difesa dell’integrità dell’ordinamento, contro tali forze centrifughe, non ha avversato tali Leggi, nelle sedi opportune, il mancato esercizio di questa potere discrezionale è stato sovente interpretato dalla dottrina come un’implicita dichiarazione governativa di legittimità costituzionale, una sorta di laissez faire che infiniti danni ha arrecato a tutto il tessuto normativo degli ultimi 200 anni; esso tra i tanti difetti (immobilismo dirigista in primis), vantava comunque un pregio, oggi, assai raro: la coerenza!
Difatti le norme di cui si presuma (anche se a tal proposito vi sia la certezza matematica) il vizio di illegittimità costituzionale sono comunque… norme, valevoli ad ogni effetto, fino a quando la Corte Costituzionale non le abbia dichiarate costituzionalmente illegittime, ma la Consulta non può agire motu proprio, cioè su proprio impulso, perché, allora l’Alta Corte si pronunci deve, dunque, esser stata prima sollevata la relativa eccezione, operazione che può aversi con due modalità:
1) o su istanza del Governo (entro 60 giorni, ex art. 127 Cost.), atto che costituisce, in ogni caso, una libertà e non un obbligo; tra l’altro, se il Governo, in sede di Consiglio dei Ministri, non ha ritenuto di sollevare la questione, pur a seguito di espresse indicazioni ministeriali a suo tempo espresse, rispetto alla L.R. (Lombardia) 18/11/2003, n. 22 ora trasfusa nel T.U. Leggi Sanitarie Regionali n. 33/2009, probabilmente è poco probabile che avvenga per altri simili atti normativi i quali, spesso, eccedono, (si pensi allo Stato Civile) la stessa competenza legislativa regionale;
2) da un giudice “a quo” (= nel corso di un giudizio) che rilevi, d’ufficio o su istanza di parte processuale, il ‘fumus’ bonis juris di illegittimità costituzionale.
Tra i numerosi ed autorevoli contributi che hanno investigato la faccenda della relazione, nella materia della polizia mortuaria, tra normativa statale e regionale, tenuto conto, in particolare, del nuovo equilibrio derivante dalle sopravvenute modifiche apportate al titolo V della parte seconda della Costituzione, si segnala, anzitutto, la posizione dello stesso Paolo Becchi, sulle pagine de “ISF”, il cui intervento integrale è reperibile sempre per gli abbonati PREMIUM, sempre qui, su funerali.org.
L’Autore, dopo aver ricordato che, in luogo di provvedere alla modifica dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria, l’allora Ministro della Salute, nei primi anni 2000, ritenne preferibile presentare un disegno di legge tendente a riformare organicamente l’intero settore funerario, così come si prefiggeva altro disegno di legge, di iniziativa parlamentare, evidenziava come «la materia funeraria abbracci una molteplicità di aspetti alcuni dei quali (come ad esempio quelli afferenti alla tutela della salute) sono ora sicuramente di legislazione concorrente, ma ne investe anche altri, come lo Stato Civile e la protezione dell’ambiente o la regolazione del mercato che invece, anche dopo la riforma costituzionale, restano materie in cui lo Stato continua ad avere legislazione esclusiva.
Ora, poiché la cremazione e la dispersione delle ceneri, in base alla L. 130 del 2001, sono autorizzate dall’ufficiale di stato civile risulta evidente che le Regioni legiferando in merito interferiscono in una branca dell’Ordinamento Giuridico che non concerne il loro alveo di attribuzioni.».
Infatti, prosegue Becchi, «lo Stato Civile rientra fra i compiti del comune per servizi di competenza statale, come stabilito dal D.Lgs 18.8.2000, n. 267 all’art. 14. Se dunque lo Stato Civile resta materia riservata allo Stato, gli ufficiali di stato civile nell’espletamento del loro officio sono subordinati solo alle leggi statali e non a quelle regionali».
Quindi, secondo Becchi, anche a voler ammettere (ma non concedere) che la materia, in quanto rientrante, sic et simpliciter, fra quelle di legislazione concorrente, consentisse alle Regioni di legiferare in merito, «andrebbe, per altro, sottolineato come la determinazione dei princìpi fondamentali resterebbe comunque riservata alla legislazione statale».
A esiti, in parte diversi, perviene Sereno Scolaro, il quale vede come pienamente efficaci solo gli artt. da 4 ad 8 della L. 130/2001; egli, accennando brevemente al ricordato parere del Consiglio di Stato, si limita a parlare di “forzatura interpretativa”, pur riconoscendo un favorevole apprezzamento per le conclusioni cui esso giunge, in quanto ciò consentirebbe almeno una parziale applicazione della tanto attesa normativa di cui trattasi in questa controversa legge.
Scolaro ricorda, poi, che, a seguito delle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, i cui effetti si riverberano anche sulla disciplina della polizia mortuaria, il Governo pensò preferibile abbandonare la scelta di una revisione del D.P.R. 285/1990 (e fu una sciagura!) ed elaborare, invece, un disegno di legge «relativo ai princìpi fondamentali della materia, in sostanza prevedendo notevoli cambiamenti a (quasi) l’intero titolo VI del T.U.LL.SS […], volto a consentire l’estrinsecarsi della potestà legislativa concorrente (per quanto sussistente…)».
Secondo tale dottrina, il punto nevralgico «è quello per cui un semplice Regolamento (benché nazionale) di polizia mortuaria non è più oggetto di modifiche, almeno nei termini e modi con cui ciò avrebbe potuto essere possibile prima, ma occorre tenere conto delle distinte titolarità legislative tra Stato e regioni e, in relazione a queste ultime, alle competenze legislative concorrenti od esclusive, nonché ai diversi livelli di competenze regolamentari (dello Stato, delle regioni rispetto alle materie concorrenti, delle regioni rispetto alle altre materie in quanto esclusive, dei comuni)».
Affrontando, poi, la sciarada, che, più propriamente, attiene al quesito, posto nella fattispecie, Scolaro ricorda come «i comuni, pur se livelli di governo in posizione di pari ordinazione agli altri (l’art. 129 Cost. è, infatti, stato purtroppo abrogato, distruggendo, così quel minimo senso di architettura gerarchica tra gli organi della Repubblica), non sono titolari del potere di cui all’art. 117 Cost., in quanto sprovvisti di potestà legislativa».
Alla fine di questo breve saggio, a prescindere dalla risoluzione del dilemma di reputare secundum legem, allo stato dei fatti, l’intervento legislativo regionale (sia esso esclusivo o concorrente) nella materia, onde disciplinare compiutamente gli istituti contemplati dall’art. 3 della L. 130/2001, posto che la Calabria non si sia ancora dotata di propria normativa al riguardo, non pare concepibile che, in sua vece (o addirittura in quella del legislatore nazionale), possa attivarsi la (subordinata) fonte regolamentare comunale.
Un’amara riflessione sorge quasi spontanea: spesso nei servizi funerari si è in presenza di diritti “intimi” che riguardano la sfera del lutto e degli affetti, senz’altro qualificabili in termini di diritti civili e sociali che debbano essere garantiti a tutti, in modo universalistico secondo Costituzione, ma lo stato attuale è solo quello del caos “efferato”, di scelte condizionate da diversi fattori, anche piuttosto reconditi o comunque poco chiari, ed affrontate in modo assolutamente disomogeneo e, qui o là, volontaristico, prepotente o velleitario.
Ciò contraddice la natura stessa del problema. È assurdo!
Chiudo mutuando un’invocazione, per nulla prosaica o peggio ancora blasfema, dagli ultimi versetti dell’Apocalisse: in ultima istanza, allora, oserei dire: Legge quadro sulla polizia mortuaria… Màran athà: ossia vieni presto a noi per sanare questo scempio giuridico di tante speranze tradite o, peggio ancora: frustrate.
Chissà se il Parlamento sarà sensibile a queste umili, nostre preghiere.