Prima di addentrarci in medias res, è consentanea ed opportuna una rapida classificazione del servizio necroscopico obbligatorio per ciascun comune (si vedano anche, tra l’altro, il D.M. 28 maggio 1993, l’Art. 3 comma 1 lett. a) n. 6 D.Lgs n.216 del 26 novembre 2010, l’Art. 21, comma 3 L. 5 maggio 2009, n. 42) :
Con tale termine, derivante dall’antica lingua greca, si contemplano, in genere, i servizi pubblici locali dovuti per compito istituzionale, quindi a carico del bilancio comunale (sulla loro contabilizzazione si veda il D.P.R. n.194/1996), nonché le pubbliche funzioni autorizzative, di supervisione, vigilanza, controllo, e pianificazione (cimiteriale), propriamente di polizia mortuaria, le quali qualche legislazione locale (esempio: Emilia-Romagna: art. 3, lett.) C. Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19) tende, per maggior completezza, a distinguere dai primi, più prettamente operativi.
Queste prestazioni vengono gestite nelle forme consentite dall’articolo 113 del T.U. – D.Lgs n.267/2000 con onere a totale carico dell’ente locale e sono:
a) indispensabile raccolta, su ordine della pubblica autorità, sulla pubblica via di salme, come del loro trasporto in obitorio/deposito d’osservazione ex paragrafo 5 Circ. Min. Sanità 24 giugno 1993 n. 24. A tal proposito, per la corretta imputazione dei costi si considerino: gli artt. 16 e 19 D.P.R. n.285/1990, [per esclusione] l’art. 69 comma 1 lett.c) D.P.R. n. 115/2002 recante l’approvazione del T.U. spese di giustizia cui è seguita la relativa risoluzione confermativa del Ministero prot. 4/2 – 780 del 14 dicembre 2007. In senso analogo si veda anche un simile risposta fornita dal Dicastero degli Interni con parere prot. n. 15900/1371/L.142/1Bis/31.f, rilasciato in data 13 febbraio 2007.
b) trasporto di cadaveri da casa inadatta al deposito di osservazione su disposizione dell’Autorità sanitaria;
c) deposito di osservazione ed obitorio di cui agli articoli da 12 a 15 del D.P.R. n. 285/90.
d) trasporto funebre e fornitura di feretro, inumazione, esumazione ordinaria, cremazione di persona indigente, appartenente a famiglia bisognosa o in caso di disinteresse dei familiari o per prevalente interesse pubblico; in questo frangente l’Ente Locale si attiva e procede ai sensi dell’art. 23 comma 1 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616.
e) camera mortuaria e ossario o cinerario comune in cimitero ai sensi degli artt. 64 e 80 comma 6 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285
Secondo una filosofia più estensiva, meglio se tradotta in apposita norma regionale, rientrerebbero in questo novero (è numerus clausus, cioè un ambito non discrezionalmente ampliabile) anche l’attività di medicina necroscopica ed il servizio mortuario sanitario ex D.P.R. 14 gennaio 1997.
La pubblica funzione (concetto da ricavarsi “induttivamente” ed a contrariis, ex art. 347 Cod. Penale) è di competenza del comune, esso la esercita singolarmente, o in forma associata secondo quanto consentito dal capo V del Titolo II del T.U. 267/2000.
Soffermiamoci, ora, su singolo punto d):
La condizione d’indigenza o bisogno della famiglia del defunto va definita, ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, dai servizi sociali comunali sulla base della regolamentazione locale in materia di erogazione di prestazioni, servizi sociali ed assistenziali, con le modalità del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, quale modificato dal D.Lgs. 3 maggio 2000, n. 130 e relativi strumenti di attuazione. Ove detta regolamentazione non fosse ancora stata aggiornata a seguito delle norme suddette, si applicherebbe, in via resuduale, la vigente regolamentazione locale in materia di servizi sociali.
Il Comune, con proprio regolamento, può stabilire i casi in cui vi sia disinteresse dei familiari. In assenza di diversa disciplina di dettaglio, più capillare ed intrusiva, vale, pur sempre il criterio generale secondo cui si configura la fattispecie del disinteresse dei familiari quando:
a) non sussistano parenti del defunto oltre il 6° grado,
b) essi siano irreperibili,
c) per predominante interesse pubblico.
d) si sia attentamente verificato l’animus, ossia la pervicace volontà degli aventi titolo a non provvedere (spontaneamente?) Secondo un certo filone della dottrina per non incorrere nella responsabilità patrimoniale ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000 la Pubblica Amministrazione dovrebbe ripetere le somme magari anticipate attraverso il recupero forzoso del credito, ai sensi della normativa civilistica (si potrebbe ipotizzare anche una “gestio negotii” ex artt. 2028- 2032 Cod. Civile?), o con l’iscrizione a ruolo di cui al D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, come modificato con D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 e si veda, anche. il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come modificato dal già citato D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326.
L’eccezione al postulato della generalizzata onerosità del servizio cimiteriale, ammessa dall’art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, è limitata sotto un duplice profilo:
1) oggettivo, perché la gratuità è ristretta alle sole operazioni di cremazione, inumazione ed esumazione ordinaria;
2) soggettivo, siccome di tale gratuità beneficiano solo tre categorie di soggetti.
Per cogliere l’origine ed il senso profondo del comma 7-bis si apprezzi, ulteriormente, quanto evidenziato dalla manualistica specializzata[1]: l’inumazione è stata, per molto tempo, un sistema di sepoltura assicurato gratuitamente, a carico della collettività, così come il trasporto funebre in privativa (Art. 1 comma 1 punto 8 R. D. n.2578 del 15 ottobre 1925 ora abrogato con l’Art. 35, 12, lett. g) L. 28/12/2001, n. 448) e la stessa provvista dei feretri, oltre all’ovvia realizzazione e manutenzione dei cimiteri (Artt. 337, 343 comma 1 e 394 T.U.LL.SS; Art. 824 comma 2 Cod. Civile, Art. 51 comma 1 D.P.R 285/90, Art. 91 lett. f) punti 11 e 14 T.U.L.P.C. approvato con R. D. n. 383 del 3 marzo 1934[2], Capitolo IV R. D. n.2322/1865 e, soprattutto Allegato c L. n. 2248/1865) corrispondente ad una concezione reputata normale, per la quale la sepoltura dei cadaveri costituisce un incombente della comunità locale; così che anche lo stesso impianto ed esercizio dei cimiteri è stato elevato a dovere d’istituto, indispensabile per i Comuni, in tutta la legislazione italiana post unitaria, sino ai giorni nostri.
Con il comma 7-bis, tale schema concettuale è radicalmente stravolto e così, paradossalmente è il familiare, e non più la collettività, a riappropriarsi dello jus inferendi mortum in sepulchrum inteso come intimo atto di disposizione sulla salma del de cuius, ossia come obbligo non solo morale, ma anche legale a provvedere ad una degna sepoltura per un corpo umano esanime, il quale cessa di essere res nullius (…ma non è mai stato res derelicta, in quanto ogni persona è, pur sempre, portatrice dell’insopprimibile Jus Sepulchri!) per divenire oggetto di lutto individuale, secondo quella “corrispondenza d’amorosi sensi” di foscoliana memoria. Come sopra evidenziato, la stesura testuale della norma rende l’inumazione gratuita, cioè a carico del bilancio comunale, solo per le salme di persone indigenti, appartenenti a famiglie bisognose o per le quali vi sia il disinteresse da parte dei familiari.
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[1] Si legga Sereno Scolaro, ‘La polizia mortuaria’, terza edizione – Maggioli editore, pagg. 162-166.
[2] Abrogato in parte già dalla Legge n.142/1990 e integralmente dall’Art. 274 D.Lgs n.267/2000.
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