Premessa: il cosiddetto trasporto necroscopico, conosciuto nella vulgata necroforese anche con la formula di “raccolta salme incidentate” o di “recupero salma” è un trasporto mortuario che differisce da quello funebre in occasione del funerale vero e proprio per queste ragioni. Sotto al profilo semantico il trasporto necroscopico si configur, quindi, come una rimozione.
- avviene durante il periodo d’osservazione (Art. 17 DPR 285/1990)
- è disposto d’ufficio dalla pubblica autorità in base a requisiti di necessità ed urgenza improcrastinabili per tutelare la salute comune e l’ordine pubblico.
- è diretto al deposito d’osservazione/obitorio (Artt. 12 e 13 DPR 285/1990) o alla camera mortuaria/sala per autopsie del cimitero (Art. 64 e seguenti DPR 285/1990.
- è posto in essere con teli, body bag o particolari cassoni in plastica, metallo o vetroresina o ancora con casse di legno foderare da dispositivi plastici ad effetto impremeabilizzante tali da non inibire eventuali forme di vita (paragrafo 5.3 Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24).
Il trasporto a cassa aperta se non rientra in questa tipologia “emergenziale” è compreso nel novero dei normali trasporti funebri (di salme, cadaveri, resti mortali, ossa, parti anatomiche riconoscibili e ceneri di cui agli Artt. 24, 36, 80 comma 5 DPR 285/1990 ed all’Art. 3 comma 5 DPR 15 luglio 2003 n. 254).
In dottrina, dopo l’avvento dell’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 si era aperto lo spinoso dibattito sulla gratuità di questo servizio, in quanto l’Art. comma 7 bis citato è intervenuto sull’Art. 19 comma 1 DPR 285/1990, di fatto se non abrogandolo comprimendone di molto la portata. Si è però, recentemente pronunciato il Ministero della Giustizia, Ufficio Legislativo, prot. n. 4/2-780 del 14 dicembre 2007, dopo un’analoga nota dello Sportello per le Autonomie del Ministero dell’interno, con il parere prot. n. 15900/1371/L.142/1bis/31.F in data 13 febbraio 2007, ricordando come il costo di tali prestazioni venga a fare carico al comune di decesso e possa esser esercitata in regime di monopolio salvo che i familiari non richiedano di avvalersi, a proprie spese, dei servizi di trasporto di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, confermando con ciò la persistente vigenza dell’art. 19, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (seppur limitata al solo trasporto necroscopico).
Nel nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria vige un principio, per la sua fondamentale importanza implicito rispetto alle stesse norme di diritto positivo: qualsivoglia autorizzazione al trasporto funebre (quindi di salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri) ai sensi dell’Art. 24[1] DPR 285/90 spetta unicamente al comune ed, al suo interno, agli organi che ne hanno il potere.Tuttavia, con lo strumento della circolare esplicativa Circ.Min. n.24 del 24 giugno 1993 è stata ammessa la possibilità che possano sussistere dei trasporti (i cosiddetti trasporti necroscopici) sulla base di un’autorizzazione non comunale, ma della Pubblica Autorità.
La stessa Corte di Cassazione (Sez. III penale, sentenza del 28 marzo 1980) aveva rilevato come il trasporto funebre non consentito dal sindaco (prima della Legge 142/1990 dette autorizzazioni spettavano direttamente al sindaco) integrasse una fattispecie di reato.
La norma allora vigente era l’Art. 17 del DPR 803/1975 che, con il proprio Art. 8 rinviava, a sua volta, all’Art. 358 del Regio Decreto 1265/1994 ed era esclusa dalla depenalizzazione dell’Art. 14 Legge 24 novembre 1975 n. 706.
Oggi la violazione costituita dal trasporto funebre effettuato senza la necessaria autorizzazione deve ritenersi sottoposta unicamente a sanzioni amministrative in relazione all’Art. 107 DPR 285/90 e soprattutto ad un importante provvedimento di depenalizzazione, adottato con la legge 24 dicembre 1981, n. 689, “Modifiche al sistema penale”, il quale ha stabilito la trasformazione in illeciti amministrativi di tutti i reati per i quali fosse prevista la sola pena della multa e della ammenda.
Fra le violazioni trasformate in illecito amministrativo dalla legge n.689 rientrano anche quelle previste dall’art. 358 del RD 27 luglio 1934, n.1265.
E’allora importante comprendere l’evoluzione storica della normativa funeraria: in quanto il trasporto funebre svolto ugualmente benché privo del decreto di trasporto non rileva più sotto il profilo penale anche le istituzioni ministeriali prendono atto di questo nuovo orientamento del legislatore e riconoscono il valore operativo e pratico del trasporto senza autorizzazione[2] assieme all’assoluta buona fede di chi quel trasporto dispone ed esegue.
A tale casistica è dedicato il paragrafo 5 della Circolare Ministeriale del 24 giugno 1993 n. 24 è, allora, pienamente legittimo il trasporto autorizzato dalla pubblica autorità[3] quando il decesso avvenga: sulla pubblica via,
- per accidente in luogo pubblico,
- per accidente in luogo privato.
Per le due ultime ipotesi si pensi, per esempio all’evenienza di morte violenta.
Queste particolari tipologie di trasporti funebri sono di norma assicurate dal comune (ai sensi del decreto Ministeriale 28 maggio 1993 elenca tra i servizi indispensabili per i comuni pure quelli necroscopici e cimiteriali), mentre per gli oneri trova applicazione l’Art. 1 comma 7 bis della Legge 28 febbraio 2001 n. 26.
Per pubblica autorità deve intendersi:
- Procura della Repubblica
- Carabinieri
- Polizia di Stato
- Forze dell’Ordine che assolvano funzioni di polizia giudiziaria (Art. 57 Codice di Procedura Penale).
- C’è poi un’altra fattispecie da enucleare: il trasporto da luoghi inadtatti e pericolosi presso i quali non si possa mantenere la salma per l’osservazione in tutta sicurezza.
In tale frangente è l’ASL ad identificare caso per caso l’inadeguatezza dell’abitazione. Difatti è in questo caso che il servizio fornito dal deposito di osservazione è a carico del Comune di decesso. L’autorizzazione al trasporto è “sanata” a posteriori da parte del Comune. Quel che conta è il certificato del medico dell’AUSL, che dispone il trasporto da casa inadatta. Copia di questo certificato del medico verrà fatta pervenire (anche a mezzo fax) al Comune prima del rilascio della autorizzazione al trasporto funebre, la quale citerà il trasporto preventivo già effettuato da abitazione a deposito di osservazione e il conseguente trasporto del feretro al luogo di destinazione.
Possiamo ora porci questo quesito: per salme e, successivamente cadaveri trasferiti su intervento della pubblica Autorità dal comune di decesso (A) presso l’obitorio/deposito d’osservazione sito in altro distretto amministrativo (B) a quale comune compete istruire tutti i passaggi burocratici dell’evento funerale? E’la stessa Legge a risponderci con il paragrafo 5.1 della Circolare Ministeriale n. 24/1993: “Il sindaco del comune di decesso è tenuto ai sensi dell’art. 34/1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, ad autorizzare il trasporto funebre dal deposito di osservazione o dall’obitorio (anche se situato fuori dal proprio comune) al luogo di sepoltura.Il Comune dove “trovasi la salma”, ai fini della identificazione della Autorità individuata a predisporre tutte le autorizzazioni è il Comune di decesso, anche se il materiale confezionamento finale del feretro, le verifiche (paragrafo 9.7 Circ. Min. n.24/1993) e attestazioni prescritte dalla legge verranno materialmente svolte in altro comune.
La ratio ultima del paragrafo 9.7 della circolare 24/93 del Ministero della Sanità, infatti, è quella di effettuare un unico controllo alla partenza del trasporto funebre, sollevando i soggetti intermedi da controlli “in itinere”.
Naturalmente al trasporto necroscopico segue sempre il trasporto funebre ovviamente autorizzato ex Art. 23 e seg. DPR 285/1990 dall’autorità amministrativa alla volta della sepoltura o della cremazione (in questo caso il trasporto coincide con il funerale[4]) per non appesantire oltremodo tutto il procedimento autorizzatorio (ex Legge 241/1990) si applica, allora, quanto prescritto dal par. 5.2 della circolare 24/93 del Ministero della Sanità, è, così, necessario e sufficiente specificare nel decreto di trasporto[5] firmato dall’autorità amministrativa del comune di decesso (“A”) che la salma è stata prima trasferita[6] al comune sede dell’obitorio (“B”) per disposizione dell’Autorità Giudiziaria, quest’ultima, poi ha autorizzato attraverso la formula del nulla osta il trasporto al cimitero del comune di destinazione (“C”), con l’incombenza a carico del personale preposto[7] all’azione di vigilanza e controllo sui trasporti funebri del comune “B” di effettuare le verifiche di cui al par. 9.7 della circolare 24/93.
La regione Emilia Romagna, addirittura, con norma positiva (Art. 9 comma 7 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19 richiede che ove possibile tutti i passaggi e spostamenti intermedi siano sintetizzati in un unico decreto di trasporto, il quale, proprio per la sua forma volutamente destrutturata ben si presta a queste integrazioni in itinere.
L’autorizzazione comunale al trasporto funebre, come ampiamente dimostrato dalla letteratura giuridica, sotto il profilo cronologico e funzionale, si colloca sempre in posizione subordinata rispetto alla licenza di seppellimento[8], essa, come chiarito dalla circolare ministeriale n.33 del 15/07/2004, in caso di morte violenta non può essere rilasciata se, il magistrato o l’ufficiale di polizia giudiziaria, assistito da un medico, non redigono il processo verbale sullo stato del cadavere e sulle circostanze del decesso e forniscono all’ufficiale dello stato civile le notizie necessarie per espletare gli adempimenti di competenza.
Solo quando non sussista sospetto o indizio di reato, l’ufficiale dello stato civile può provvedere ad autorizzare il seppellimento.
Discriminante per la necessarietà o meno del nulla osta[9] del magistrato alla sepoltura, è la presenza o meno di un sospetto o indizio di reato valutata dallo stesso magistrato.
Solo quando non sussista più anche il solo sospetto o indizio di reato, l’ufficiale dello stato civile[10] può provvedere ad autorizzare il seppellimento.
La circolare n. 24/1993 non prende, però, in considerazione il trasporto ex Art. 17 DPR 285/90 qualora il decesso sia avvenuto in abitazione inadatta o pericolosa e quindi assolutamente inidonea a fungere da deposito d’osservazione.
Si tratta di un falso problema, tutta la dottrina, infatti, è concorde su questo postulato: per rimuovere una salma da un luogo inadatto e quindi intrinsecamente pernicioso occorre una certificazione che attesti la situazioni di concreto rischio, sulla base della quale potrà esser proposto da parte del medico necroscopo o del medico igienista il trasferimento del de cuius al deposito d’osservazione, indicando i motivi su cui si fonda la suggestione formulata dal medico intervenuto, così chi ha titolo a decidere sulla destinazione della salma è tenuto a richiedere l’autorizzazione al trasporto alla volta dell’obitorio/deposito d’osservazione/servizio mortuario ospedaliero.
Si evince chiaramente come il medico necroscopo in questo processo sia solo un’interfaccia strumentale rispetto alla potestà autorizzativa che rimane in capo al comune, l’impossibilità di accordare direttamente il permesso di trasporto conduce all’impasse allorquando il decesso in abitazione inadatta si consumi durante le ore di chiusura[11] degli uffici comunali.
Con trasporto a carico dei richiedenti è possibile il trasferimento del feretro in qualunque luogo, purché identificato e autorizzato, tuttavia nel sistema di polizia mortuaria strutturato sul corpus normativo del DPR 285/90, l’autorità sanitaria non è mai preposta a concedere le autorizzazioni al trasporto funebre di cui agli Artt 23 e seguenti del DPR 285/90.
Il DPR 285/90 consente che un cadavere possa essere trasportato prima che sia trascorso il periodo di osservazione, con le cautele stabilite dall’articolo 17[12] e ad esclusione[13] dei morti di malattie infettive (malattia infettiva che quindi deve essere esclusa a priori per poter autorizzare il trasporto a cassa aperta), previa autorizzazione del comune di decesso (tranne nei casi di morte sulla pubblica via e di feti, di cui al paragrafo 5.2 della circ. Min. Sanità n. 24 del 24/6/1993). Il periodo di osservazione deve essere svolto nei luoghi individuati dal DPR 285/90 nei casi obbligatoriamente in esso stabiliti: a) dall’articolo 12; b) dall’articolo 13; c) per i morti in strutture sanitarie, nel servizio mortuario di cui al DPR 14 gennaio 1997 (camera mortuaria ospedaliera ove è avvenuto il decesso); d) il periodo di osservazione è possibile effettuarlo nel luogo di decesso, quando questo coincida con l’abitazione, intesa come luogo dove si trovava il defunto al momento della morte, purché l’abitazione non sia inadatta o non sia pericoloso mantenere la salma al suo interno. Nel periodo di osservazione occorre che sia garantita la sorveglianza, al fine della manifestazione di eventuali segni di vita.
Nel frattempo, però, la società italiana comincia ad avvertire nuovi bisogni e sensibilità, anche nella sfera del post mortem, si pensi alla pregevole volontà di socializzare il fenomeno morte, consentendo ai malati terminali di trascorrere le ultime ore della loro esistenza al riparo delle mura domestiche, senza poi incorrere nelle rigidità procedurali del DPR 285/90 che rendono molto complicato il trasporto a cassa aperta se non ricorrono le condizioni “estreme” di cui sopra. La morte in abitazione privata comporta parecchi disagi anche logistici come la difficoltosa movimentazione del cadavere una volta completato il periodo d’osservazione, o la problematica chiusura del feretro (gli ambienti angusti mal si conciliano con l’uso di saldatori) , senza poi contare la presenza nelle stesse stanze dove la salma è stata composta di bimbi, persone facilmente impressionabili, soggetti con alterazioni psichiche…
Alcune leggi regionali affrontano molto coraggiosamente questa criticità, rendendo sempre possibile il trasferimento a cassa aperta delle salme previa la sottoscrizione di un modulo da parte del sanitario che constata la morte, in cui si escluda anche il solo sospetto di morte dovuta a reato ed il grave pregiudizio verso la salute pubblica (ad esempio in caso di infetti).
L’obbligo di denunciare alla magistratura anche il solo dubbio di morte cagionata da fatto criminoso o morte non naturale[14] già contemplato dalla Legge per il sanitario (Art. 365 Codice Penale) e lo Stato Civile (Art.2 DPR 285/90) si estende anche all’incaricato di pubblico servizio del trasporto salma.
Questo documento, allora, diviene titolo di viaggio necessario e sufficiente per render provvedere al trasporto
Essendo ora in regione (segnatamente Lombardia ed Emilia Romagna) responsabilità del Comune la vigilanza sui trasporti funebri questa supervisione si estende anche all’attività di trasporto salme prima che sia compiuto l’accertamento di morte.
La legge regionale lombarda del 18 novembre 2003 n.22 con conseguente regolamento attuativo regolamenta il trasporto salma[15] con le disposizioni di cui rispettivamente agli Artt. 4 comma 4 e 39, mentre l’Emilia Romagna disciplina la materia del trasporto a cassa aperta di salma con l’Art. 10 commi 1 e 2.
Per implementare i disposti degli Artt. di cui sopra la Lombardia ha emanato la delibera[16] 20278 del 21 gennaio 2005, mentre l’Emilia Romagna si è affidata alla determinazione[17] del responsabile servizio sanità n.13871 del 6 ottobre 2004. La riflessione dei giuristi su queste nuove leggi regionali ha subito evidenzia un elemento di possibile oscurità interpretativa: del trasporto salma è data preventiva comunicazione all’ufficiale di stato civile del comune di decesso (in Lombardia per effetto dell’Art. 4 comma 4 L.R. 22/03) ed a comune[18] di decesso (senza precisare a quale ufficio ci si debba rivolgere) in Emilia Romagna (determinazione[19] del responsabile servizio sanità n.13871 del 6 ottobre 2004) al fine di perfezionare permesso di trasporto oppure tale comunicazione è da intendersi come sostitutiva, per tali casi, dell’autorizzazione stessa?
A questo punto si registra un pronunciamento della regione Lombardia, con la Circolare n 7 del 9 febbraio 2004, volto a chiarire la corretta applicazione della norma: l’Art. 4 comma 4 della L.R. 22/2003 si riferisce unicamente ai trasporti precedenti all’accertamento di morte, essi, dunque, per tale ragioni non possono esser effettuati con le modalità di cui all’Art. 24 e seguenti del DPR 285/90, cioè a cassa chiusa, dovendosi assicurare che non vi siano ostacoli ad eventuali manifestazioni di vita.
Si tratta, quindi, dei trasferimenti[20], entro un contenitore sì impermeabile (soprattutto sul fondo) ma non completamente sigillato, dal luogo del decesso a:
- sala del commiato (casa funeraria)
- servizio mortuario ospedaliero (ex DPR 14 gennaio 1997) di istituto sanitario
- Obitorio o deposito d’osservazione comunale
- Abitazione del de cuius o dei famigliari (solo in Lombardia, in Emilia Romagna è, invece, consentito il trasporto a cassa chiusa vers
- l’abitazione del de cuius o dei suoi congiunti ex Art. 10 comma 6 L.R. 19/2004)
Per il quale non serve una specifica autorizzazione comunale essendo sufficiente il modulo 2, debitamente compilato, allegato alla delibera[21] 20278 del 21 gennaio 2005.
Il trasporto a cassa aperta di cui all’Art. 4 comma 4 L.R. 22/06 ed all’Art.39 Reg Reg. n.6/04 può esser disposto con apposita attestazione (allegato 2 delibera 20278 del 21 gennaio 2005) dal medico sopraggiunto sul luogo della morte a condizione che non vi sia pericolo per la salute pubblica. In caso di morte dovuta a morbo infettivo-diffusivo si ritiene responsabilità unicamente del medico necroscopo la decisione di trasferire la salma ai sensi del provvedimento adottato dalla Giunta Regionale il 27 febbraio 2002 e dello stesso allegato n.9 alla 20278 del 21 gennaio 2005.
Quando la movimentazione a cassa aperta non sia possibile (= rischio di contagio) il medico necroscopo (e non più il sindaco in veste di autorità sanitaria locale) ex Art. 4 comma 3 L.R. n. 22/2002 dispone la chiusura anticipata della cassa.
Anche la L.R. 19/04 varata dalla regione Emilia Romagna innova completamente la norma concernente il trasporto di salma (definita come il cadavere prima dell’accertamento della morte), che di fatto è autorizzato con certificazione medica.
La determina 13871 del 6/10/2004 non definisce, però, se l’attestato medico per il trasporto di salma sia gratuito o a pagamento.
In dottrina, però, si propende la gratuità.
All’allegato 2A – Prestazioni totalmente escluse dai LEA del DPCM 29/4/2001, alla voce e), infatti, si indica:
“le certificazioni mediche … non corrispondenti ai fini della tutela della salute collettiva, anche quando richieste da disposizioni di legge …”.
Poiché la certificazione, tra l’altro, deve specificare che “il trasporto della salma … può svolgersi senza pregiudizio per la salute pubblica”, sembra far propendere per la tesi che tale attestato sia ricompreso nei LEA (DPCM DPCM 29 novembre 2001) “.
Il provvedimento emiliano romagnolo sui trasporti funebri in attuazione dell’Art. 10 comma 13 L.R. 19/2004 attribuisce anche all’autorità sanitaria (es. in caso di infetti) la responsabilità di disporre il trasporto nei casi di propria pertinenza, mentre per il DPR 285/90 detta autorità sanitaria avrebbe solo potuto dettare istruzioni per il trasporto attenendo la decisione ultima al Sindaco in qualità di Autorità Sanitaria Locale (Legge 833/1978, Decreto Legislativo 112/1990, Decreto Legislativo 267/2000).
E’interessante un ultima considerazione di ordine procedurale: La soluzione di far seguire la documentazione (ossia titoli di trasporto, sepoltura, cremazione o divieto di alcune tra queste pratiche sino al nulla osta della Magistratura ex Art. 116 Decreto Legislativo 28/7/1989, n. 271) col feretro, consentirebbe di uniformandosi al comportamento per autorizzazione alla inumazione,tumulazione, cremazione e autorizzazione al trasporto,verifica feretro, che vengono consegnate al custode del cimitero.
Emilia Romagna e Lombardia, invece, optano per una soluzione diversa con l’autorizzazione del trasporto a cassa aperta che, una volta esaurita la sua funzione, viene definitivamente conservata dal comune di decesso e non agli atti del cimitero.
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[1] L’unica possibile eccezione ammessa dalla lettera dell’Art.24 è il trasporto alla volta del cimitero, poiché ai sensi delgli Artt. 337 e 340 Regio Decreto n.1265/1934 il luogo pubblico istituzionalmente preposto all’accoglimento dei cadaveri quale loro naturale destinazione è il cimitero. Su questo assunto si era formata anche una certa prassi, per cui nei trasporti intra moenia sarebbe stata sufficilente la licenza di seppellimento In dottrina, però, c’è chi contesta questa interpretazione ritenendo prevalente il disposto dell’Art. 23 DPR 285/1990.
[2] In dottrina si riteneva che per particolari circostanze (ad esempio il cosiddetto “recupero salma) il trasporto potesse aver luogo in base ad una premessa per il successivo rilascio di una vera e propria autorizzazione al trasporto funebre.
[3] Il soggetto Pubblica Autorità, esterno, quindi, al comune, procede spinto, spesso, da ragioni di urgenza e senza questa forzatura il trasporto necroscopico potrebbe avvenire solo se i comini fossero provvisti di un servizio di polizia mortuaria operante senza soluzione di continuità o, almeno, potessero contare su una pronta reperibilità tale da consentire l’adozione dei necessari provvedimenti con la massima tempestività.
[4] Il funerale, in effetti, è un trasporto funebre con sosta intermedia per la celebrazione delle esequie, diretto al luogo di destinazione ultima del feretro (il cimitero, l’Estero, il crematorio, un sepolcro privato fuori del recinto cimiteriale, una tumulazione privilegiata.)
[5] A tal proposito c’è una norma molto interessante contenuta nell’articolato della legge regionale emiliano romagnola 29 luglio 2004 n.19. Secondo l’Art.10 comma 7 L.R. 19/2004 il trasporto ove possibile è autorizzato con un unico provvedimento.
[6] Nell’impianto del DPR 285/90 solo il trasporto del feretro verso il crematorio ed il conseguente trasferimento delle ceneri dal crematorio verso il cimitero di tumulazione o dispersione in cinerario comune avrebbero potuto esser autorizzati con un unico decreto, nel sistema funerario delineato dalla regione Emilia Romagna con la L.R. 19/2004 il trasporto verso l’obitorio, l’istituto di medicina legale, il cimitero è autorizzato con un unico provvedimento. Si amplia, pertanto, la possibilità concreta di semplificare tutto il regime autorizzatorio sui trasporti funebri.
[7] La circolare 24/1993 richiedeva espressamente la sottoscrizione delle verifiche anche sensi dell’Art. 49 DPR 445/2000 da parte di personale espresso unicamente dell’ASL, tuttavia diverse regioni già negli anni passati avevano trasferito queste mansioni in capo a soggetti esterni all’ASL, adesso la tendenza generalizzata è conferire queste mansioni “istituzionali” agli incaricati del trasporto funebre essendo essi incaricati di pubblico servizio (ex Circ.Min. 24/1993).
[8] La licenza di seppellimento per effetto della novella lessicale introdotta dal DPR 396/2000 è ora definita autorizzazione ad inumazione o cremazione.
[9] Il nulla osta svolge una duplice funzione: se la morte è dovuta a reato attesta che la Procura della Repubblica ha già svolto tutte le indagini ed acquisito agli atti il materiale probatorio, se la morte è stata cagionata da fatto violento accerta se la violenza sia stata o meno anche un delitto.
[10] Non spetta all’Ufficiale di Stato Civile valutare se si sia in presenza di una morte per causa violenta o meno, egli, infatti, deve porsi passivamente dinnanzi a questo evento attendendo l’atto liberatorio di cui all’Art. 77 del Regolamento di Stato Civile.
[11] In dottrina si era studiata questa possibile soluzione: in necroscopo non può disporre il trasporto, può tuttavia comprimere il periodo di osservazione attraverso esame con elettrocardiografo sino a renderlo del tutto superfluo così da procedere subito alla chiusura del feretro per limitare le eventuali situazioni di pericolo causata dall’esposizione a cassa aperta della salma.
[12] Non è necessaria alcuna autorizzazione dell’ASL per i trasporti di cui all’art. 17 DPR 285/1990, mentre possono essere necessarie prescrizioni specifiche quando si sia in presenza di decesso dovuto a malattia infettiva-diffusiva. Non si fa cenno al caso dei cadaveri cui siano stati somministrati nuclidi radioattivi per le numerose variazioni che la materia ha subito (da ultimo, D.Lgs. 9/5/2001, n. 257) in relazione alla rarità del fenomeno, limitandoci ad osservare che, anche in tale caso, l’ASL è tenuta a dare le disposizioni da osservare.
[13] Si tratta di una rigidità anacronistica, non tutti morti per malattie infettivo diffusive debbono esser trattati secondo il combinato disposto degli Artt 18, 25, 30 e 32 DPR 285/90 (cadavere avvolto in lenzuolino imbevuto di sostanza disinfettante, sottoposto, se necessario a siringazione cavitaria e racchiuso nella doppia cassa) Emilia Romagna e Lombardia, ad esempio, demandano al medito necroscopo la responsabilità di assumere caso per caso tutte le misure di profilassi e prevenzione per scongiurare il contagio.
[14] Si veda a tal proposito la Circolare del Ministero degli Interni n.33 del 15 luglio 2004, novellata, poi dalla Circolare del Ministero dell’Interno n. 30 del 07/06/2007 sulla corretta interpretazione dell’Art. 77 DPR 396/2000
[15] Come noto, in Emilia Romagna e Lombardia è cadavere la salma, una volta accertato il decesso ai sensi di legge.[16] La sua uscita era espressamente prevista dal regolamento regionale n.6/2004 con gli Artt. 32 comma 6 (requisiti per l’attività funebre) 39 comma 2 (modulo per trasporto salma) 40 comma 6 (modulo per accertamento della morte) 36 comma 1 (verbale di chiusura feretro) 13 comma 2 (modulo per la dispersione delle ceneri) 14 comma 6 (affido delle ceneri) 37 comma 3 (libretto sanitario per autofunebri) 30 comma 1 (trasporto e sepoltura per animali d’affezione) 40 commi 4 e 5 (precauzioni in caso di infetti).
[17] Detto atto è esplicitamente previsto dall’Art. 10 comma 13 della L.R. 19/2004.
[18] Si segnala che anche con la legge regionale tale provvedimento amministrativo rimane di pertinenza del comune ai sensi del DPR n. 285/90 e non dell’ufficiale di stato civile, per cui la segnalazione a tale ultimo organo sarebbe, sul piano teorico oltretutto erronea, l’Emilia Romagna prudentemente non è intervenuta in materia di Stato Civile, poiché ai sensi dell’Art.117 Cost. lo stato civile è ambito di normazione riservato allo Stato (attualmente lo Stato Civile è regolato dal DPR 396/2000)
[19] Detto atto di contenuto normativo è esplicitamente previsto. dall’Art. 10 comma 13 della L.R. 19/2004.[20] Il trasporto che si svolge interamente dentro il territorio regionale è soggetto alle nuove normative. Se deborda, vale la normativa statale vigente (attualmente il DPR 285/90).
[21] La sua uscita era espressamente prevista dal regolamento regionale n.6/2004 con gli Artt. 32 comma 6 (requisiti per l’attività funebre) 39 comma 2 (modulo per trasporto salma) 40 comma 6 (modulo per accertamento della morte) 36 comma 1 (verbale di chiusura feretro) 13 comma 2 (modulo per la dispersione delle ceneri) 14 comma 6 (affido delle ceneri) 37 comma 3 (libretto sanitario per autofunebri) 30 comma 1 (trasporto e sepoltura per animali d’affezione) 40 commi 4 e 5 (precauzioni in caso di infetti)