Cara Redazione,
Nel mio comune (Regione Lombardia) l’anno scorso una donna é stata uccisa dal proprio marito…l l’ennesimo caso di efferato femminicidio!
La spoglia mortale è stata provvisoriamente tumulata in un cimitero milanese, i genitori ora, peraltro molto anziani, vorrebbero procedere a cremazione, considerato che tale intendimento era già stato manifestato in vita dalla defunta per il proprio post mortem
Il Giudice Indagini preliminari , così come il Procuratore della Repubblica hanno, ex art. 116 comma 1 D.Lgs 271/1989, rilasciato il nulla osta espressamente per cremazione in quanto il cadavere non è sottoposto ad ulteriori indagini di carattere giudiziario.
L’uxoricida vanta tuttora i diritti derivanti dal rapporto di coniugio in quanto seppur già richiesta dagli avvocati di parte, la decadenza di tali diritti non é ancora stata pronunciata.
In tale situazione il processo verbale di cremazione spetterebbe al marito che, recluso in casa circondariale di B. ha per ora ancora la residenza in altro Comune sempre della Regione Lombardia.
A quale Ufficiale dello Stato Civile, allora, spetta raccogliere la dichiarazione di volontà di cremazione? Sentito il Comune di B., sede dell’istituto di pena, i colleghi non ritengono di essere competenti in quanto il dichiarante non é un loro residente, il decesso non é avvenuto in tale città e ne’, considerato che siamo in presenza di autorizzazione alla estumulazione straordinaria per cremazione, la salma e’ sepolta in B.
Mi potete gentilmente chiarire di chi sia la titolarità territoriale ad accordare la prefata autorizzazione?
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Risposta: Per risolvere positivamente il problema ci si potrebbe appellare alla circolare n. 21/san/2005 D.G. Sanità Lombardia, che al paragrafo 3 stabilisce appunto:
3. Cremazione, dispersione e affidamento delle ceneri (artt. 12, 13 e 14 Reg. Reg. 9 novembre 2004 n. 6).
“In conformità alla legge 30 marzo 2001, n. 130 (“Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”), l’art. 12 del r.r. n. 6/2004 prevede che l’autorizzazione alla cremazione venga rilasciata dall’Ufficiale di stato civile previo accertamento della volontà del defunto o degli aventi titolo. Il Comune stabilisce autonomamente le modalità organizzative necessarie a garantire, anche in capo a chi è oggettivamente impossibilitato a spostarsi, il diritto a rilasciare la dichiarazione.
Con riferimento all’art. 3, c.1, lett. b, n. 3 della legge 130/2001, si precisa che, nel caso i cui l’Ufficiale di stato civile del Comune di residenza degli aventi titolo, situato in Regione diversa dalla Lombardia, rifiuti di verbalizzare la dichiarazione, il Comune in cui è avvenuto il decesso dovrà accettare, in luogo del processo verbale, un atto notorio o una dichiarazione sostitutiva dello stesso”.
Spetta unicamente al Comune quindi stabilire le modalità organizzative necessarie. Una soluzione potrebbe essere quella suggerita dal 2° comma dello stesso paragrafo 3, considerando alla stessa stregua le difficoltà originate dal rifiuto dell’Ufficiale di Stato.Civile. extra-Lombardia e la difficoltà a spostarsi di chi si trova in stato di reclusione.
Anche tra la più autorevole dottrina, però, sussistono pareri difformi e, forse, inconciliabili.
Ad avviso di Graziano Pellizzaro (esponente di rilievo di A.N.U.S.C.A., ed autore del pregevole blog: http://studiopelizzaro.blogspot.it/search/label/Quesiti%20risolti) “[…] in alternativa si potrà raccogliere la dichiarazione del marito mediante processo verbale dell’Ufficiale di Stato Civile che dovrà recarsi presso il carcere. Chiaramente l’Ufficiale di Stato Civile dovrà essere quello di B., per competenza geografica”.
A conclusioni assai diverse e, quasi, diametralmente opposte, approda Sereno Scolaro (sul forum di www.enti.it), nell’esame di un caso analogo: secondo la sua opinione, in ogni caso, l’Autorità Comunale non agisce se non all’interno degli uffici comunali (vi é, peraltro, un solo caso in cui i poteri comunali, nella specie l’Ufficiale dello stato civile, è legittimato ad attivarsi al di fuori della casa comunale, per di più assistito dal segretario comunale, cioè quello previsto dall’art. 110 Cod. Civile, non pertinente alla materia trattata).
Non rimane, allora, rimedio, se non un riferimento, d’obbligo, alle procedure generali per determinate attività aventi rilevanza pubblicistica, come l’autenticazione della sottoscrizione, cioè il rinvio alla L. 16/3/1913, n. 89 (Legge sul notariato), oppure si potrebbe anche esperire un richiamo alla circolare del Ministero dell’interno n. 37 del 1/9/2004, pur nella sua intrinseca debolezza (al punto da ‘nascondersi’ dietro un parere del Dipartimento per la funzione pubblica che ha, evidentemente, obliterato la natura di atto di disposizione , immaginando come non sia l’esercizio di una potestà quanto la rappresentazione (?) di una volontà espressa solo verbalmente dal de cuius) …. Tralasciando altre valutazioni sulla congruenza di tale circolare, essa é stata emanata, pur con tutti i suoi limiti, e ciò va tenuto sempre in debita considerazione.