Cos’è la Polizia Mortuaria?

La Polizia mortuaria è un servizio da sempre comunale che gestisce le pratiche funerarie (ad. es. Anagrafe mortuaria e catasto cimiteriale).
Contrariamente a quanto si possa superficialmente supporre, non è più di un semplice reparto di necrofori e mezzi ad uso funebre, come si sarebbe potuto pensare sino alla fine del XX Secolo, ma un apparato indipendente dell’amministrazione municipale a cui sono affidati alcuni compiti molto importanti dopo il decesso di una persona.
La materiale gestione delle operazioni ormai avviene sempre più stesso a mezzo terzi, anche nelle prestazioni erogate in regime di monopolio (conduzione del cimitero).
Nucleo e cellula di tutti procedimenti di polizia mortuaria (autorizzazione, programmazione, vigilanza, supervisione d’insieme sulle attività funerarie, regolazione applicazione sanzioni) è il Comune.
Come acutamente rilevato dall’ottima Dr.ssa Lorella Capezzali nella sua rubrica ne “la posta del Sindaco”, la locuzione “Polizia Mortuaria” appare formula linguistica di ispirazione “giudiziaria”, e manettara, sinistramente declinata però nell’oscuro e silente post mortem (“[…]quanto ai morti poi: essi non sono più consci di nulla…” come ci ricorda l’Ecclesiaste, nel Vecchio Testamento).
Una sorta appunto di polizia speciale dei…morti. No, niente di tutto ciò, non siamo nell’horror Romero’s Style, dopo tutto.

Nella più rassicurante realtà le funzioni di polizia mortuaria non attengono ad azioni di pubblica sicurezza, a tutela dell’incolumità generale (di spettanza delle forze dell’ordine), ma traggono la loro disciplina-quadro dal Testo Unico nazionale delle leggi in materia sanitaria (Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265) e dal Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, emanato con D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, senza dimenticare mai l’art. 824 comma 2 del Cod. Civile, per gli aspetti obbligatoriamente “proprietari” dell’impianto cimiteriale).
Il Testo Unico delle Leggi Sanitarie R.D. n.1265/1934 contiene le norme di principio sulla denuncia della causa di morte (art. 103), gli obblighi di denuncia in materia di malattie infettive – diffusive (art. 254) e i progetti di costruzione dei cimiteri (art. 228), dedicando l’intero Titolo VI alla polizia mortuaria, implementato poi da relativo reg. Di attuazione, ad oggi vigente.
Il Regolamento nazionale di polizia mortuaria, approvato con D.P.R. n. 285 del 10 settembre 1990, invero oggi un po’ retro ed antiquato, trova la sua fonte di legittimazione nella tassonomia dell’ordinamento italiano, nel citato Testo Unico delle Leggi Sanitarie che disciplina le denunce di morte e gli accertamenti dei decessi con i necessari riferimenti e rinvii dei flussi informativi all’ordinamento di stato civile e, se del caso, all’Autorità Giudiziaria, il periodo di osservazione dei cadaveri e gli obitori/depositi di osservazione, i requisiti necessari per il contenimento ed il trasporto dei cadaveri, (casse ed autofunebri) il riscontro diagnostico e il rilascio di cadaveri a scopo di studio, le autopsie e i trattamenti per la conservazione dei cadaveri, dettando, poi, disposizioni generali sul funzionamento, costruzione e pianificazione territoriale dei cimiteri, sino alla loro eventuale soppressione.

Il regolamento governativo n. 285 del 1990, interviene anche sulla spinosa materia delle concessioni di sepolcri privati entro il perimetro cimiteriale ed anche extra moenia.
Considera pure i reparti speciali per culti non cattolico-romani, terminando, così con due disposizioni di carattere generale che comprendono l’aspetto di diritto punitivo per le possibili violazioni (che non configurino illecito penale, addirittura).
Invero il sistema sanzionatorio è alquanto lacunoso, e senza troppa fantasia rinvia sempre al T.U. Leggi Sanitarie.
Nel dettaglio, per approfondire l’apparato del diritto punitivo, nel merito, si rinvia a questo link: Alcune note sul sistema sanzionatorio per le violazioni al Regolamento di polizia mortuaria – 1/2 – funerali.org

Un semplice regolamento è, comunque, fonte molto trasversale e poliedrica, poiché si interseca con diversi rami del diritto, nell’Ordinamento Giuridico Italiano, poiché anche la morte è fatto giuridicamente rilevante (a volte anche sotto un profilo squisitamente penale e non solo sanitario).
Con il D.P.R. n. 285/1990, inoltre, il Governo stabilì norme di natura tecnica (assolutamente da riformare, ad avviso di chi Vi scrive) relative alle diverse forme di sepoltura, normando (anche se ormai solo in parte) anche la pratica funeraria della cremazione, la quale a sua volta rinviene – ad oggi – apposito corpus normativo addirittura di rango primario nella controversa L. n. 130/2001, con i suoi nuovi istituti (affido, dispersione…) corollari rispetto alla cremazione stessa.

A titolo esplicativo del D.P.R. n. 285/1990, l’allora Ministero della Sanità (oggi Min. della Salute) emise due circolari interpretative, la n. 24 del 24 giugno 1993 e la n. 10 del 31 luglio 1998, a tutt’oggi operative (per le parti non novellate implicitamente?).
La prima, di carattere organico, affronta nel dettaglio tematiche che investono l’intero testo normativo, mentre la seconda, più specifica e di taglio maggiormente pratico, si concentra sul trattamento dei resti mortali, che si rinvengono in occasione di esumazioni ordinarie ed estumulazioni, anche rispetto alla cremazione, e di usanze o costumi funebri in reparti speciali entro i cimiteri e soprattutto di cremazione delle ossa deposte in ossario comune.
Tutto il problema “resti mortali” è da intendersi estrapolato dal D.P.R. n. 285/1990, perché regolamentato ex novo dal D.P.R. n. 254/2003, almeno sotto il versante del procedimento di autorizzazione.
Si ravvisa quindi un andamento carsico e residuale dello stesso regolamento n.285/1990 rispetto allo ius superveniens (soprattutto per effetto della successiva ed incontrollata produzione legislativa regionale).

Written by:

Carlo Ballotta

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