Tempo addietro, quasi all’alba di questa esperienza editoriale di Funerali.org, sottoponemmo a diversi gestori dei cimiteri italiani un quesito sulla sepoltura in cimitero di parti anatomiche riconoscibili (arti o parti di essi) alla luce della nuova disciplina sui rifiuti sanitari.
La materia, per quell’epoca, era ancora abbastanza nebulosa perchè sull’allora recente D.P.R. n. 254/2003 non si era ancora formata una solida prassi ed anche la giurisprudenza non aveva avuto occasione di pronunciarsi autorevolmente sui problemi che si nascondono nelle pieghe del regolamento stesso.
Vi proponiamo, allora, questo breve studio, non con la pretesa di imporre le nostre personalissime interpretazioni della Legge, ma per cominciare a ragionare assieme su casistiche e fattispecie che in un futuro prossimo potrebbero verificarsi, richiedendo risposte efficienti ed efficaci, nel rapporto con l’utenza dei servizi cimiteriali.
Se, ai sensi del D.P.R. n. 254/2003, la persona che subisce una mutilazione può decidere la destinazione dell’arto amputato, entro 48 ore [la richiesta va inoltrata tramite la A.USL], non dobbiamo mai dimenticare come il riconoscimento di questa disponibilità si collochi nel solco dell’Art. 5 del Codice Civile in materia di atti di disposizione del proprio corpo da parte di un soggetto.
Qui fortissime sono le analogie con la pietas espressa dall’Art. 7 comma 3 del D.P.R. n. 285/1990, dove si prescrive che, su istanza dei genitori, sia possibile dar sepoltura, in cimitero, ai prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane.
Si pone, però, anche il problema della riunione dell’arto con la restante parte del corpo, qualora la persona in questione dovesse decedere in tempi strettamente successivi all’amputazione dell’arto stesso.
Esempio: a causa di evento traumatico/sinistro stradale/accidente al Sig. XYZ viene recisa la gamba sinistra.
Il Sig. XYZ, entro le 48 ore previste dal D.P.R. n. 254/2003, stabilisce che la parte anatomica amputatagli sia inumata in fossa comune (di solito, almeno nei grandi cimiteri sono previsti appositi spazi nella quadre dei campi di terra per ricevere parti anatomiche o prodotti abortivi o del concepimento).
Il Sig. XYZ dopo qualche giorno, nonostante l’intervento chirurgico, decede.
I famigliari aventi causa, allora, chiedono che la salma sia riunita all’arto, precedentemente rimosso.
Ante D.P.R. n. 254/2003, le parti anatomiche riconoscibili, secondo una certa dottrina, non sarebbero state assimilabili a cadaveri, ma solo a rifiuti sanitari, qualora il corpo umano cui appartennero fosse ancora vivo.
Si prospetterebbero, allora, queste possibili fattispecie:
1. Se il Sig. XYZ viene sepolto in campo di terra è possibile richiedere ed ottenere l’esumazione straordinaria dell’arto amputatogli perché quest’ultimo sia sepolto nella stessa fossa assieme al feretro del Sig. xyz?
Ovvero cadavere della persona che ha subito l’amputazione e relativo arto amputato possono esser sepolti nella stessa fossa, anche se in contenitori diversi?
2. Se, invece, il cadavere del Sig. XYZ viene tumulato in nicchia muraria si può richiedere l’esumazione straordinaria dell’arto amputato, perché quest’ultimo, entro duplice cassetta (lignea e metallica), confezionata con la tenuta stagna a liquidi e gas cadaverici, possa esser tumulato nello il caso stesso loculo dove è stato deposto il feretro del Sig. XYZ?
3. Se, ancora, la salma del Sig. XYZ viene cremata si può disporre l’esumazione straordinaria dell’arto amputato perché anche questi sia incinerato?
4. Se, in subordine, solo la salma del Sig. XYZ viene cremata, urna cineraria e cassettina contenente l’arto amputato possono esser riunite in una sola sepoltura (in celletta ossario, loculo oppure nella stessa fossa – se amputazione e morte dovessero esser concomitanti arto e corpo cui l’arto apparteneva potrebbero esser composti nella stessa bara)?
Occorrono subito due premesse.
Per la sepoltura in cimitero di parti di cadavere oppure ossa umane occorrerebbe sempre l’autorizzazione dell’Ufficio di Stato Civile ai sensi dell’art. 6 comma 2 del D.P.R. n.285/1990) in un primo tempo viene rilasciato l’atto di autorizzazione alla sepoltura dell’arto, successivamente, con provvedimento distinto, è accordata l’autorizzazione alla sepoltura del cadavere, senza fare riferimento all’arto già sepolto.
Il punto 4 è realizzabile solo limitatamente alla tumulazione in loculo o celletta ossario, in quanto, secondo l’odierno ordinamento di polizia mortuaria italiano, è ancora vietato inumare direttamente le urne cinerarie in lotti di terreno non dati in concessione o disperdere le ceneri nelle fosse adibite ad inumazione. Sugli altri punti si può esser, moderatamente, più possibilisti.
Di certo parte anatomica amputata e persona che ha subito la mutilazione possono esser tumulate insieme nello stesso loculo.
Naturalmente ambedue saranno racchiuse entro le rispettive casse a tenuta stagna, ovvero confezionate con contenitore ligneo e lamiera di zinco La circolare 24/06/1993 n. 24 che, al paragrafo 13, permette la collocazione, entro lo stesso tumulo, di più cassette ossario, oppure di urne cinerarie, a prescindere dalla presenza di un feretro, pare formalmente rispettata.
In effetti, ad un’attenta lettura il testo del paragrafo 13 non parla esplicitamente di cassette contenenti parti anatomiche, tuttavia, almeno a nostro avviso, si può sopperire a questa lacuna legis in base al principio secondo cui la salma della persona che subì la mutilazione e l’arto amputato originariamente erano parti di una stessa unità psicofisica inscindibile: il corpo umano del Sig. XYZ.
Per questa ragione ha senso parlare di ricongiungimento tra arto amputato e corpo cui l’arto appartenne naturalmente il ricongiungimento varrà anche per le ceneri raccolte in un urna e tumulate in entro celletta ossario/cinerario. (la dispersione sarebbe di sicuro il metodo più romantico per un ideale ricongiunzione).
Quindi, almeno teoricamente, l’esumazione straordinaria dell’arto per il trasporto a diversa sepoltura è possibile in quanto la persona interessata dall’amputazione ne ha potuto disporre proprio perché l’ordinamento riconosce il vincolo, anche di natura morale [La norma in questione si fonda preminentemente non tanto su considerazioni giuridiche, quanto su valutazioni umane di pietà e sensibilità verso chi subisce una menomazione permanente nella propria integrità fisica.. ], personalissimo ed inscindibile tra un soggetto e le sue singole parti anatomiche, compreso persino il diritto di di giacere nella stessa sepoltura.
Il disporre di un arto amputato è un diritto oppure una semplice facoltà? Si veda, per maggiori delucidazioni, Sereno Scolaro, Riflessi sull’attività funebre e cimiteriale del D.P.R. 254/2003 sulla disciplina dei rifiuti sanitari.
In dottrina ci si arrovella ancora su questo dubbio: per le parti anatomiche riconoscibili il diritto di deciderne la forma di “sepoltura” (cremazione compresa) spetta unicamente al diretto interessato, ossia è di sua unica eleggibilità quando ancora in vita, o a certe condizioni, invero estreme, può transitare in capo alle persone (famigliari) enunciate dal principio di poziorità…, appunto quanto di tentasse una riunificazione, ad esempio.
Per l’esumazione straordinaria dell’arto, al fine di inviarlo a nuova sepoltura (Art. 83. comma 1 DPR 285/90) occorrerebbe, però, pur sempre l’autorizzazione di polizia mortuaria, del sindaco ed il controllo sanitario al momento dell’apertura della fossa da parte della AUSL.
Dubbia è invece la sepoltura entro la stessa fossa, anche se in due diverse casse (se prima della chiusura del feretro corpo del defunto ed arto amputato fossero composti nella stessa bara il problema non si porrebbe).
L’art.74 del DPR 285/1990, infatti, stabilisce che qualsiasi cadavere (anche quello della persona che, nel nostro caso, aveva subito l’amputazione) sia inumato in una fossa separata dalle altre e quindi separata anche da quella ove si trova l’arto.
Solo madre e figlio morti in concomitanza del parto possono essere sepolti in una stessa fossa e addirittura in uno stesso feretro.