Cara Redazione,
presto servizio nel cimitero principale del Comune di XYZ quale responsabile del servizio di custodia.
Utimamente accogliamo molte cassette ossario provenienti da altri cimiteri o addirittura da fuori comune, forse per la buona disponibilità di cellette ossario (anche con concessioni piuttosto lunghe) o per la politica di riuso “a rotazione” del patrimonio cimiteriale che l’amministrazione sta attuando, permettendo, come suggerisce il paragrafo 13.2 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n.24, l’avvicinamento nello stesso loculo di più urne cinerarie o cassette ossario sia o meno presente uno ed un solo feretro.
Tra l’altro questa previsione è stata recepita in norma positiva dalla mia Regione (Emilia Romagna) con l’Art. 3 comma 14 II Periodo del Reg. Reg. 23 maggio 2003 n.4 ed essa si estende anche ai contenitori per resti mortali, sino all’esaurimento della capacità ricettiva della tomba. Con sempre maggior frequenza i famigliari del defunti ridotti in cassetta ossario (non da noi, siccome prima non erano nè tumulati nè, tanto meno, inumati in questo camposanto) prima della definitiva tumulazione, chiedono l’apertura del coperchio così da constatare la reale provenienza dei resti, siccome si è diffuso il sospetto (per altro fondato) di scambio o commistione tra ossa appartenute a diversi defunti: Senza bisogno del test sul D.N.A. anche un semplice necroforo capisce come non sia possibile avere per ogni morto 2 teschi, 4 braccia un solo femore, nessuna clavicola…
Abbiamo acconsentito, in via informale, la ricognizione sull’ossame in questione (proveniente da esumazioni/estumulazioni massive condotte dal limitrofo Comune di ZYW), anche per non incorrere in defatiganti contenziosi, e ci siamo accorti di un fatto agghiacciante: dalle cassette promanava un odore acre e pungente, perchè alcune ossa non erano perfettamente scarnificate, anzi presentavano ancora tessuti ed erano parzialmente ricoperte da tegumenti (le cosiddette “parti molli”), con percolazione di liquidi, in vero residuale rispetto all’olezzo sviluppato.
Ora il quesito è molto semplice: chi vigila sul confezionamento delle cassette ossario. Si segue, per caso, il paragrafo 9.7 Circ. Min. n.24/1993, oppure l’Art. 88 DPR n.285/1990 E l’ASL quale ruolo ha, anche alla luce della legge regionale n. 29 luglio 2004 n.29?
Saluti da Cinzia
RISPOSTA:
La norma (Art. 36 DPR n.285/1990 non stabilisce se la saldatura debba essere estesa, senza soluzione di continuità su tutta la periferia di contatto del coperchio (come invece è indicato per il cofano di zinco di cui all’art. 30 comma 3 DPR 285/1990). E’ quindi sufficiente qualche punto di saldatura a caldo (con lega di stagno) o a freddo (con adeguato collante ex Circ.Min. n.24/1993), proprio perchè le ossa, in quanto scheletrizzate in modo completo (altrimenti non sarebbero “ossa”, cioè elementi dello scheletro umano completamente privi di parti molli) non presentano rischi per la salute pubblica o per l’incolumità dei necrofori minacciati da eventuale rischio biologico.
In Emilia Romagna per il trasporto di ossa si segue l’Art. 36 DPR 285/1990, ed il paragrafo 8 Circ.Min. n.24/1993 per il trasporto di quest’ultime all’Estero (Paesi aderenti alla Convenzione di Berlino del 10 febbraio 1937) il titolo di viaggio formale ossia l’autorizzazione al trasporto ed il titolo di accettazione nel cimitero di arrivo (bisogna dimostrare lo Jus Sepulcri, quindi il diritto delle ossa ad esser accolte ai sensi ell’Art. 85 comma 1 DPR 285/1990 in una sepoltura privata data in concessione) rappresentano la documentazione minima, necessaria e sufficiente per eseguire l’operazione, senza il bisogno di ulteriori aggravamenti burocratici, tra l’altro vietati dall’Art. 1 comma 2 Legge n.241/1990, in nome dell’economicità del procedimento.
Non serve nessuna attestazione sanitaria, nè tanto meno la redazione di un verbale o l’apposizione di sigilli, perchè, almeno nelle speranze del legislatore, le ossa, anche se fanno un po’ senso ai non addetti ai lavori, non implicano nessuna criticità igienico-sanitaria, debbono esser occultate alla vista di chi frequenta il cimitero (Art. 67 DPR 285/1990) sono per una ragione di rispetto e delicatezza…ovviamente se, davvero, sono solo “ossa” e non resti mortali orrendamente smembrati.
L’unica precauzione è, appunto, la chiusura del coperchio per evitare fuoriuscita delle ossa o, peggio ancora eventuali furti o trafugamenti delle stesse per scopi non ammessi dalla Legge (Art. 43 DPR n.285/1990 e soprattutto Artt. 411, 412, 413 Codice Penale).
Si è verificato un fatto gravissimo, ma a monte del semplice confezionamento della cassetta ossario, cioè quando i resti sono stati esumati o estumulati. In quel momento, e non dopo, si valuta se sia possibile la raccolta in cassetta ossario.
Come extrema ratio il potere di controllo (seppur ridondante) andrebbe esercitato nel cimitero a quo (quindi nel cimitero di prima sepoltura, quando si rilascia l’autorizzazione al trasporto. La rispondenza della cassetta e…del suo mesto contenuto all’Art. 36 DPR n.285/1990 è attestata dal personale del cimitero di partenza, unitamente alla verifica della identità del defunto.
Esumazioni ed estumulazioni, in Emilia Romagna sono regolate dal Capo XVII DPR n.285/1990, integrato o parzialmente modificato dall’Art. 12 Legge Regionale 29 luglio 2004 n.19 e dall’Art. 3 Reg. REg. 23 maggio 2006 n.4.
La procedura, sostanzialmente è la stessa delineata dal solo DPR n.285/1990, con ordinanza del Sindaco ex Art. 82 comma 4 (o anche del dirigente di settore ai sensi dell’Art. 107 Decreto Legislativo n.267/2000) si inividua, di concerto con l’ASL, che è il soggetto istituzionale per eventuali questioni igienico sanitarie,un protocollo operativo molto dettagliato al quale i nerofori coordinati dal caposquadra dovranno attenersi, anche per la loro personale sicurezza sul lavoro.
per la Regione Emilia Romagna è abrogato implicitamente l’intero Art. 84 e il comma 3 dell’Art. 83, il comma 5 dell’Art. 86, i commi 1 e 2 dell’Art. 88 per gli obblighi di espressione di parere o di presenza di personale dell’ASL. Solo per le esumazioni ed estumulazioni straordinarie, in particolari situazioni, si potrà richiedere il parere igienico sanitario. Si segnala però la necessità di normare in sede comunale le modalità delle esumazioni ed estumulazioni, individuando anche la figura sostitutiva per la verifica del rispetto delle condizioni regolamentate dal DPR 285/90, che la L.R. già individua nel personale che effettua le operazioni cimiteriali, adeguatamente formato. Sarà quindi necessaria l’emanazione di una specifica normativa in materia (ordinanza del Sindaco o regolamento comunale di polizia mortuaria da adottarsi anche ai sensi dell’Art. 7 comma 1 L.R. 29 luglio 2004 n. 19) e conseguentemente prevedere una specifica formazione.
Il caposquadra è il diretto referente del custode, il quale sovrintende all’attività cimiteriale, annotando sugli appositi registri di cui all’Art. 52 DPR n.285/1990 rinvenimento e successiva destinazione di resti mortali, ossa o ceneri risultanti da cremazione delle due prime fattispecie.
Il custode dovrà poi redigere, periodicamente, una relazione illustrativa con dati e statistiche da inoltrare ai propri superiori su eventuali problemi di efficienza della “macchina cimiteriale” nell’ottenere la mineralizzazione dei cadaveri (in modo molto esemplificativo: Artt. 58, 59, 82 commi 2 e 3 DPR 285/1990) anche ai sensi dell’Art. 17 DPR 15 luglio 2003 n.254 e del paragrafo 16 Circ.Min. n.24/1993 indispensabile per ottenere la deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 (il quale, però, in Emilia Romagna è stato abrogato dal più snello Art. 2 comma 16 Reg. Reg. n. 4/2006).
In nessun caso, nemmeno in una situazione di ipotetica emergenza per mancanza di posti salma (al massimo si potrebbe disporre d’ufficio la cremazione degli indecomposti con ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco ex Art. 54 comma 2 Decreto Legislativo n.267/2000, oppure ricorrere all’istituto della revoca ex Art. 92 comma 2 DPR 285/1990, richiamato dall’Art. 4 comma 4 Reg. Reg. n. 4/2006) è consentito manipolare con violenza i resti mortali, torcendoli o spezzando loro arti ed estremità al fine di comprimerli con la forza entro casetta ossario: l’Art. 88 DPR 285/1990 è tassativo. Il divieto è assoluto.
Quando si ravvisino gli estremi di questi comportamenti illegali il custode deve avvisare subito, attraverso ricorso gerarchico, le competenti autorità locali (ASL se ci sono minacce per la salute pubblica, ma soprattutto Comune, in quanto è il comune il titolare ultimo della funzione cimiteriale). Il custode quale pubblico ufficiale (Art. 357 Codice Penale) o, comunque, incaricato di pubblico servizio, ex Art. 358 Codice Penale, è tenuto obbligatoriamente a segnalare questi episodi in cui potrebbe configurarsi il reato di vilipendio di cadavere (Art. 410 Codice Penale) alla Procura della Repubblica ai sensi dell’Art. 331 comma 1 Codice di Procedura Penale, altrimenti si potrebbe procedere a suo carico contestandogli l’ipotesi omissiva di cui all’Art. 362 Codice Penale.
Parimenti il servizio di custodia del cimitero in cui giungono le cassette ossario incriminate, quando, una volta autorizzato da Comune, ASL, Procura della Repubblica, ad aprire le cassette, constati la permanenza di parti molli o la commistione tra ossa appartenute a diversi defunti, compie gli stessi passaggi avvisando ASL, Comune, cui spetta vigilare sui cimiteri ai sensi dell’Art. 51 comma 1 DPR 285/1990 e dell’Art. 6 comma 3 Legge Regionale Emilia Romagna n.19/2004 anche avvalendosi dell’ASL come interfaccia tecnico strumentale, ed Autorità Giudiziaria. Sotto il profilo amministrativo tali violazioni, almeno agli Artt. 36, 86 comma 5 ,87 DPR 285/1990, senza la pretesa di esser esaustivi, comportano la sanzione di cui all’Art. 358 Regio Decreto 1265/1934, con l’importo aggiornato dall’Art. 16 Decreto Legislativo n.126/1999, da elevarsi secondo le modalità stabilite dalla Legge n.689/1981. Il regolamento comunale di polizia mortuaria (con relative ordinanze operative per trasporti mortuari, esumazioni estumulazioni) potrebbe contemplare autonomamente proprie sanzioni pecuniarie (Art. 16 Legge n.3/2003) senza considerare, poi, come anche la Legge Regionale n.19/2004 con l’Art. 7 comma 2 lettera d) fornisca una “forchetta di riferimento” per introdurre efficaci punizioni nell’articolato dei regolamenti comunali di polizia mortuaria.
Saranno comminate ai responsabili del gesto oltraggioso anche le sanzioni disciplinari (censura, sospensione, licenziamento…) ed essi, in sede civile, dovranno, molto probabilmente, rispondere ai dolenti, per il danno ingiusto, in termine di lesione a diritti personalissimi e sentimenti di pietas, che hanno arrecato con tanto scempio, ai sensi dell’Art. 2043 Codice Civile.
Sul versante penale sono di rigore alcune riflessioni: La Legge penale è soggetta alla regola della tipicità, concretizzazione ultima del c.d. principio costituzionale: (Art. 25 comma 2 Cost.) di legalità ed, in particolare, dei suoi sottoprincipi di determinatezza e di tassatività (si vedano anche Art. 1 Codice Penale ed Art. 14 Preleggi del Codice Civile), impropriamente e con un certo azzardo, si potrebbe ragionare di una vaga analogia con la regola del “casus omissis” molto diffusa negli ordinamenti di Common Law.
Per molto tempo si è dibattutto sull’entità medico legale di “resto mortale”, ossia esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo. Esso rimane pur sempre un cadavere, sino alla completa consunzione o rappresenta uno stato intermedio e molto labile tra il corpo umano privo di vita, ma integro, e la sua totale decomposizione negli elementi suoi primi: i minerali?.
Una prima soluzione semantica all’enigma è proposta con la Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10, poi ripresa dallArt. 3 comma 2 lettera g) Legge 30 marzo 2001 n. 130 (poi rimasta lettera morta per la mancanza di regolamento attuativo) ed infine recepita in norma concreta, capace di produrre i suoi effetti, dall’Art. 3 comma 1 lettera b) DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Il DPR n.254/2003 è una fonte del diritto di rango secondario, trattandosi di un regolamento governativo, la Circ. Min. n.10/1998 è un semplice atto istruttivo d’indirizzo (cioè non ha alcuna cogenza e, quindi non è una norma) ed il Giudice è soggetto soltanto alla Legge (Art. 101 Cost.) eppure la Corte di Cassazione in data 9 novembre 1999, dunque per prima dell’avvento del DPR n. 254/2003, basandosi sulla sola Circ.Min. n.10/1998 sentenziò che trascorsi gli anni di sepoltura legale l’indecomposto per effetto di saponificazione, mummificazione o corificazione non è più cadavere, anche se incorrotto o in parte ancora riconoscibile per le sue fattezze umane, ma solo resto mortale, cui l’ordinamento non accorda lo stesso livello di protezione garantito ai cadaveri dall’Art. 410 Codice Penale, siccome nessuna norma positiva sancisce come delitto il “vilipendio di resto mortale”)…insomma, come dicevano i giuristi latini…summa lex, summa iniuria.
la sigillatura, con saldatura tradizionale o “a freddo” ex paragrafo 9.1, 14.1 lettera d) Circ. Min. n.24/1993 è prescritta per il trasporto di cadaveri, ma altresì per il trasporto di cassettine ossario, dovendosi anche in questo caso verificare (da parte dell’ASL) la coerenza con le prescrizioni dell’art. 36 dPR 10/9/1990, n. 285. Anche se, molto, sroppo spesso, sembra che ciò non avvenga (e tale omissione non produce la legittimità di comportamenti difformi, laddove, almeno, viga integralmente il DPR n.285/1990).