In nuce, una distinzione operativa, se non ancora semantica tra salme e cadaveri è già contenuta nell’Art. 17 DPR 10 settembre 1990 n. 285, quando si prescrice il trasporto “a cassa aperta” per i corpi esanimi durante il periodo d’osservazione, per converso il trasporto a cassa aperta dopo il periodo d’osservazione si configura come una violazione all’Art. 30 DPR 10 settembre 1990 n. 285 ed è passibile di sanzione amministrativa ex Art. 358 Regio Decreto 1265/1937 il cui importo è stato novellato dall’Art. 16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196.
Cercheremo, allotra, qui di seguito, di enucleare la differenza concettuale tra il concetto di “salma” e quello di “cadavere”, necessario per ilmlementare i cosidetti trasporti a cassa aperta.
Nel DPR 285/1990 questo discrimen non esiste, siccome si usano le due definizioni in modo promiscuo.
Ecco un esempio abbastanza sintomatico: Art 87 del DPR 285/1990: “E’vietato eseguire sulle salme tumulate operazioni tendenti a ridurre il cadavere entro contenitori di misura inferiore rispetto alle casse con le quali [il cadavere] fu collocato nel loculo al momento della tumulazione”. Detto Art. è funzionale al limite di capienza fisica dettato dall’Art. 93 comma 2 DPR 285/1990.
In questo caso non solo si usano indistintamente le parole “cadavere” e “salma” ma si continua a parlare di “cadavere” e “salma” anche in caso di estumulazione ordinaria, ovvero quando sia scaduta la concessione o, più semplicemente sia trascorso il periodo minimo di sepoltura legale, pari a 20 anni, dopo l’entrata in vigure del DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Per effetto del DPR 254/2003, però, dopo i 20 anni dalla sepoltura in nicchia muraria l’esito da fenomeno cadaverico (il cosidetto “inconsunto cimiteriale”), che si rinviene all’atto dell’estumulazione, non è più nè cadavere, nè salma, ma solo resto mortale.
Per i risvolti penali inerenti ad atti contra legem esercitati su cadaveri o resti mortali vi invitiamo a consultare l’articolo proposto nella dal titolo “TUTELA PENALE DEL CADAVERE”, liberamente reperibile in archivio.
Il legislatore, in questi anni, ha cercato di novellare la terminologia della polizia mortuaria per meglio definire determinate fattispecie “effettuali”.
Certi atti oppure determinate precauzioni riguardano esclusivamente, di volta in volta, cadaveri, salme o resti mortali.
Le salme (ossia i corpi umani senza vita prima del decorso del periodo d’osservazione e dell’avvenuta visita necroscopica) ex Art. 8 DPR 10 settembre 1990 n. 285 non possono esser:
- racchiuse nel cofano mortuario
- sottoposte a trattamenti conservativi (siringazione cavitaria, cella frigorifera oppure tanatoprassi)
- sepolte (tumulate o inumate)
- cremate
- imbalsamate
Per la loro movimentazione si impiegano solitamente casse lignee foderate internamente con involucri flessibili ed ermetici ai sensi dela paragrafo 5 Circ.Min. n.24/1993 (così da evitare perdite di umori organici), body bag (ossia sacchi muniti di maniglie e cerniere, con il fondo impermeabile), barelle “a cucchiaio”, cassoni di plastica o vetroresina purchè facilmente lavabili e disinfettabili per un nuovo utilizzo
I cadaveri, invece, non possono esser trasportati se non a cassa chiusa, possono esser soggetti a trattamenti conservativi e possono esser inviati alla loro destinazione prescelta (sepoltura ovvero incinerazione e, almeno, teoricamente anche imbalsamazione ex Art. 46 DPR 285/1990, sebbene quest’ultima si ponga come pratica del tutto residuale e rarissima, almeno in Italia).
I resti mortali, infine, ex DPR 254/2004, possono esser inviati direttamente alla cremazione, anche se provenienti da estumulazione (art. 86, comma2 del DPR 285/90), mentre con la precedente disciplina quest’ultimi avrebbero dovuto obbligatoriamente esser inumati per almeno 5 anni (comma 3 art. 86 DPR 285/90), prima della loro incinerazione.
Il regime dell’autorizzazione al trasporto e le modalità del trasporto stesso sono, poi, radicalmente diversi se riguardano cadaveri oppure resti mortali.
Certe cautele igieniche, infatti, (ad esempio la duplice cassa lignea e metallica, oppure il dispositivo di plastica biodegradabile con effetto impermeabilizzante, in sostituzione dello zinco) indispesabili per i cadaveri non si applicano sempre al trasferimento dei resti mortali (Art. 36 DPR 285/90 e paragrafo 8.1 Circ.Min. 24 Giugno 1993 n. 24), intesi, però, come avanzi ossei .
Con la formula “resti mortali assimilabili ad ossa umane” si è voluto escludere dalle esenzioni dell’Art 36 l’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativi/conservativo che dovesse presentare ancora percolazione di liquami dovuta alla presenza residua di parti molli.
Cadaveri e resti mortali differiscono, poi, sotto un ulteriore aspetto: i cadaveri di persone decedute prima dell’entrata in vigore del DPR 285/90 e magari tumulati meno di 20 anni fa (altrimenti decorsi i 20 anni, ad oggi, in regime di DPR 254/2003, questi cadaveri, magari ancora incorrotti ed integri, sarebbero in tutto e per tutto equiparabili a resti mortali) possono esser cremati solo quando venga rinvenuta una dichiarazione postuma del de cuius in favore della cremazione, non surrogabile da terzi, inibendo così il potere di disposizione accordato dall’Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 a coniuge in primis, e poi agli altri congiunti individuati dagli Artt. 74, 75, 76, 77del Codice Civile, mentre il resto mortale secondo la disciplina del sullodato DPR 254/2003, come abbiamo dimostrato in precedenza, può sempre venire cremato su domanda degli aventi titolo.
Per i feretri inumati, invece, il problema non sussiste più, perché il periodo di sepoltura legale per salme sepolte in campo di terra (10 anni) è già abbondantemente trascorso dall’entrata in vigore del DPR 285/90. (avvenuta il 27/10/1990).
L’unica eccezione potrebbe esser rappresentata da quei Comuni che, per le caratteristiche fisiche dei terreni nelle quadre di inumazione avessero, tramite provvedimento del Ministro della Sanità, prolungato il periodo di sepoltura legale oltre i 10 anni canonici (art. 82 comma 2 DPR 285/90).
Si pone un ulteriore problema con la nuova definizione di “resti mortali” intesi come esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo (nella vulgata “necroforese”: cadaveri indecomposti o inconsunti)
Per le esumazioni ordinarie non serve la presenza dell’ASL (induttivamente tale disposizione è ricavabile dall’Art. 83 comma 3 DPR 285/1990) semmai è l’ordinanza del sindaco (Art. 82 comma 4 DPR 285/1990) con cui si regolano le operazioni cimiteriali, a dettare un protocollo operativo (e magari con un ordine di servizio si individua nel necroforo caposquadra il soggetto legittimato a valutare le situazioni dubbia di parziale mineralizzazione)
Se un resto mortale risultasse inconsunto e dovesse essere trasportato in altro cimitero fuori comune, come ci si dovrebbe comportare?
Entriamo, allora, inmedias res: alcuni comuni, quando viene loro inoltrata l’istanza di parte volta ad ottenere la traslazione della spoglia mortale in altra sede, senza già conoscerne lo stato di mineralizzazione, prevedono subito il rilascio dell’autorizzazione al trasporto senza, però, specificare l’oggetto del trasporto stesso (ossia semplice ossame oppure esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo)
Se si tratta di esumazione straordinaria, come visto prima, non vige l’obbligo di presenza del personale sanitario; qualora, però, l’incaricato del trasporto sia già in possesso del relativo decreto per resti ossei ed invece all’atto dell’esumazione si rinviene un inconsunto (pur essendo passati più di 10 anni) bisogna, forse, attivare l’ASL posteriori per ottenere una sorta di certificazione sulla tenuta del feretro e sulla stato di conservazione del cadavere prodromica al trasporto stesso?
Di norma, dovrebbero prima disposti di trattamenti previsti dalla circolare del Ministero della sanita’ n. 10 del 31/7/1998 oppure, di riconfezionamento del feretro ex Art. 88 comma 2 (applicabile in via estensiva anche alle esumazioni).
Si ritene comunque un atto dovuto l’avviso di intervento all’ASL, ai sensi dell’Art. 88 comma 2, soprattutto se il trasferimento sarà alla volta di una altro cimitero, anche se ciò potrebbe provocare comprensibili discrasie organizzative ed inevitabili ritardi.
Secondo la piuù autorevole dottrina, infatti, ( Cfr. BRUSCHI – PANETTA, Nuovo ordinamento di polizia mortuaria, Bologna, 1991, 180 ss.) Gli articoli 83 ed 88 richiedono la presenza del coordinatore sanitario quando si debba procedere ad esumazioni e ad estumulazioni straordinarie. La presenza di tale figura non è invece richiesta per le estumulazioni e le esumazioni ordinarie Tuttavia, l’art.83, nel dettare la disciplina per l’esumazione straordinaria si limita a richiedere la presenza del coordinatore sanitario, mentre l’articolo 88 che regola l’altra fattispecie assegna al coordinatore sanitario un duplice compito: a. constatare la perfetta tenuta del feretro; b. dichiarare che il suo trasferimento in altra sede può farsi senza alcun pregiudizio per la salute pubblica. A giudizio della dottrina, quindi, l’articolo 83 si riferirebbe al trasporto in altre sepolture o crematoi del medesimo cimitero, invece l’articolo 88 si riferirebbe alle estumulazioni di feretri per il trasporto anche in altri cimiteri. Da queste considerazioni consegue l’ammissibilità della delega, accompagnata da dettagliate istruzioni di profilassi in caso di esumazioni ed estumulazioni straordinarie finalizzate al trasporto dei feretri all’interno del medesimo cimitero. Nel caso in cui tali operazioni fossero finalizzate al trasporto in altra sede si propende per l’inammissibilità della delega.
Si procederà, poi a correggere il provvedimento dirigenziale (ex Art. 107 comma 3 lettera f) Decreto Legislativo 267/2000) di autorizzazione al trasporto, anche se tecnicamente l’indecomposto è resto mortale (art. 3, 1, lett. b) dPR 15/7/2003, n. 254), si pongono in essere le stesse misure precauzionali come se ci si travasse dinnanzi ad un cadavere, anche, persino, laddove necessario, sostituendo l’originaria cassa con un nuovo cofano (Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10 e Risoluzione del Ministero della Salute n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004) e praticando il cosidetto rifascio (avvolgimento della cassa con il nastro di zinco esterno saldato)
La piena corrispondenza del feretro a tutti i precetti di Legge dovrà esser verbalizzata (dall’ASL o dal personale del cimitero in funzione delle diverse disposizioni regionali) ed è titolo prodromico all’ottenimento ed all’esecuzione del decreto di trasporto.
Come notato dalla risoluzione ministeriale n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004 del Dicastero della Salute solo se si ravvisa la sussistenza di parti molli, con conseguente percolazione di liquidi post mortali, è necessaria l’adozione di una cassa con tutti i sistemi di ritenuta di cui all’Art. 30 DPR 285/1990, richiesti per il trasporto di cadavere; ovviamente tale requisito è da ritenersi rispettato se, anche in rapporto alla nuova destinazione del defunto, la cassa di zinco è sostituita da un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante. Se il resto mortali, invece, sarà ritumulato è di rigore l’impiego della doppia cadda lignea e metallica, mentre se non si rilevassero fenomeni percolativi basterebbe la sola cassa di legno (paragrafo 3 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10)o ,forse, secondo un’interpretazione piuttosto avveniristica anche il contenitore di cui alla citata risoluzione ministeriale n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004.
Vorrei sapere se è possibile portare i resti di mio suocero da Catania a Napoli e a chi mi devo rivolgere…. E visto che mio suocero è deceduto più di 25 anni se i resti li posso portare personalmente o devo rivolgermi ad un agenzia funebre…. Grazie distinti saluti
X Luigi,
L’istanza di estumulazione e conseguente traslazione in altro cimitero sito in un diverso Comune, soggetta sin dall’origine ad imposta di bollo, va presentata all’ufficio di polizia mortuaria del Comune nella cui giurisdizione amministrativa insiste il cimitero di prima sepoltura.
Se il defunto è ancora contenuto in un feretro si applica la procedura standard dell’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, occorre pertanto una preliminare certificazione sanitaria ex art. 49 D.P.R. 445/2000 che non dovrebbe/potrebbe, data la sua natura, esser surrogabile da soggetti terzi rispetto alla locale A.USL, sulla perfetta tenuta ermetica della cassa (= il trasporto può esser eseguito senza pregiudizio per la salute pubblica, poiché non si riscontrano, anche ad un semplice esame esterno del cofano rilasci di miasmi o, peggio ancora di liquidi cadaverici). In caso contrario è d’obbligo rivestire il feretro eventualmente lesionato con un nuovo cassone esterno di zinco. Per questa tipologia di trasporto è di rigore rivolgersi ad un’impresa funebre, la quale provvederà al trasferimento con i propri automezzi speciali, fornendo quindi adeguate garanzie sulla salubrità dell’operazione.
Per la Legge Italiana (artt. 36 comma 1 e 80 comma 5 D.P.R. n. 285/1990) solo le cassette ossario e le urne cinerarie, non rilevandosi alcun rischio di ordine igienico-sanitario, possono esser trasportate direttamente dal privato cittadino, con mezzi propri.
Se sono trascorsi oltre 20 anni, immagino dalla tumulazione, sarebbe possibile anche dischiudere la cassa e tentare la riduzione del cadavere in cassetta ossario se completamente scheletrizzato (ipotesi, invero, poco verosimile data i tempi di conservazione assai lunghi per i cadaveri racchiusi in ambiente stagno, come accade, appunto, per la tumulazione ) o molto più proficuamente presentare istanza per la cremazione dello stesso con la procedura semplificata di cui all’art. 3 commi 5 e 6 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254, più conveniente anche sul versante tariffario.
Si possono collocare cassettine con resti ossei in un loculo dove riposa bara con cadavere
??x quale legge?
X Anna,
se il regolamento comunale di polizia mortuaria (che in questa materia è una sorta di dominus pressoché assoluto) non dispone diversamente (…e perché mai dovrebbe?) si applica alla lettera il paragrafo 13 della circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24 esplicativa del regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Esso, testualmente così recita:
“Nel caso della tumulazione di resti e ceneri non è necessaria la chiusura del tumulo con i requisiti di cui ai commi 8 e 9 dell’art. 76, bensì la usuale collocazione di piastra in marmo o altro materiale resistente all’azione degli agenti atmosferici.
1. E’ consentita la collocazione di più cassette di resti e di urne cinerarie in un unico tumulo sia o meno presente un feretro”.
Questa istruzione ministeriale che in particolari condizioni potrebbe pure esser disattesa (si tratta pur sempre, per quanto importante, di una semplice indicazione siccome una sola circolare non è in senso stretto fonte del diritto) va letta in modo coordinato, con la norma (questa volta cogente ed imperativa) di cui all’art. 93 comma 1 II Periodo D.P.R. n. 285/1990 in tema di diritto d’uso sui sepolcri privati (quali, appunto, sono le tumulazioni tutte, anche in loculo monoposto). In buona sostanza la regola afferma questo principio logicissimo: lo Jus Sepulchri può esser fatto legittimamente valere sino al completamento della massima capacità fisica della tomba (con ciò dilatando la capienza del singolo sepolcro per gli ovvi problemi di spazio da cui sono afflitti i nostri tentacolari cimiteri, in forza delle recenti tendenze alla cremazione o alla riduzione dei resti ossei in apposita cassetta ossario), oltre questo limite materiale (insomma…se non c’è più posto!) anche il titolo di accoglimento vantato dal d e cuius spira ex se, e lo Jus Sepulchri diviene non più esercitabile.
Salve
Vorrei informazioni in merito ad una prossima esumazione ordinaria.
Mia madre è stata sepolta in un campo a terra del cimitero FLAMINIO di Roma nel 2002.
Sul sito dell’ AMA del Comune di Roma c’è l’avviso di prossima scadenza del campo di inumazione con conseguente esumazione delle salme. Qualora i resti di mia madre non risultassero completamente mineralizzati come si svolgerebbe la cosa. Dovrei provvedere a mie spese ad una nuova inumazione o ciò sarebbe a carico del comune?
Grazie sin d’ora per la risposta.
X Francesco,
la norma tassativa e categorica di riferimento è rappresentata dall’Art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, in vigore dai primi di marzo dello stesso anno 2001. Secondo questa statuizione del Legislatore, autenticamente interpretativa della Legge n. 440/1987, anche l’inumazione in campo comune, prima genericamente gratuita, al pari della cremazione, in quanto servizio pubblico locale, diviene ordinariamente a titolo oneroso per il richiedente, eccettuati i casi di indigenza, stato di bisogno o disinteresse da parte dei famigliari del defunto.
La regola dice anche di più: l’inumazione, infatti, è intesa come processo graduale, sino al compimento del turno di rotazione in campo di terra, e le voci di calcolo della relativa tariffa, da versarsi all’atto della sepoltura e non dopo, quando c’è poca propensione ad assumersi oneri di sorta, debbono necessariamente considerare queste fasi minime (senza la pretesa di esser esaustivi):
1) scavo della fossa
2) deposizione del feretro
3) riempimento della buca
4) fornitura di cippo identificativo
5) manutenzione della stessa (sfalcio del verde, pulizia dei vialetti inter-fossa…)
6) esumazione ordinaria (apertura della tomba, raccolta delle spoglie mortali, siano esse scheletrizzate o meno, smaltimento dei rifiuti cimiteriali prodotti dall’operazione di disseppellimento, eventuale fornitura della cassetta ossario in zinco…)
Rimane esente da spese, invece, la collocazione delle ossa in ossario comune, in modo massivo anonimo, promiscuo ed indistinto, quando esse non siano richieste da chi abbia interesse per fornire loro una sistemazione privata e dedicata (ad esempio: tumulazione in celletta ossario).
A volte però il sistema normativo, coinvolgendo diversi organi di governo territoriale, procede a diverse velocità, a causa di inerzie di recepimento e tempi tecnici di attuazione, quindi io non so se nell’anno 2002 il Comune di Roma avesse già adeguato (come avrebbe coerentemente dovuto fare!) il proprio tariffario a questa piccola (o grande?) rivoluzione dell’Art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.
Di conseguenza, da questa logica premessa discende che ogni ulteriore destinazione (di solito re-inumazione in campo indecomposti o diretta cremazione) dei resti rinvenuti al momento dell’esumazione ordinaria (semplici ossa o esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, per effetto di mummificazione o saponificazione), non potrà non essere a titolo oneroso per l’utenza, salvo, forse, il caso di disinteresse, cioè della mancanza di congiunti del de cuius sino al sesto grado di parentela cui imputare le spese o il loro manifesto ed acclarato animus di non voler proprio provvedere (= volontà, anche dopo ripetuti richiami di “fregarsene” bellamente!!!). In questo ultimo caso, in vero piuttosto esiziale, il quale comporterebbe pure danno erariale per il Comune, si richiamano gli artt. 2028 – 2032 Cod. Civile sulla gestione di affari altrui, in forza dei quali l’Amministrazione cittadina potrà ripetere le somme solo anticipate, anche ricorrendo a forme coattive nel recupero del credito contemplate dalla normativa civilistica (oppure tramite l’iscrizione a ruolo), specie quando vi fossero atti di disposizione sui resti in oggetto, anche se tardivi.
X Alessio,
Secondo la recente normativa gestionale e tariffaria di settore di cui all’Art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 L’inumazione è definita quale servizio, in quanto non comprende solo lo scavo della fossa, il collocamento in essa del feretro, la ricopertura della stessa e la fornitura del cippo identificativo, ma altresì la sua conservazione per il turno ordinario di rotazione ed ogni altra attività manutentiva cimiteriale (custodia, mantenimento dei viali, sfalcio del verde, la dotazione di acqua ed ogni altro onere connesso e conseguente).
Da questa “rivoluzione concettuale ed economica” discende, allora che l’onere delle inumazioni, intese come “processo” graduale fino all’esumazione ordinaria compresa (quella a seguito della quale i resti ossei sono collocati nell’ossario comune in forma anonima, massiva e per adesso, almeno, ancora gratuita) sorge in capo al singolo, privato cittadino, così come la ricognizione sullo stato di avvenuta scheletrizzazione del cadavere e l’eventuale fornitura di un secondo cofano, funzionale ad un nuovo, supplementare periodo di sepoltura, qualora la salma dovesse rivelarsi in condizioni di incompleta mineralizzazione dei tessuti organici.
La procedura attuata dal Suo Comune non solo è corretta, ma anche di adozione OBBLIGATORIA, in difetto, infatti, sorgerebbe in capo alla locale amministrazione del cimitero la responsabilità patrimoniale per danno erariale di cui all’Art. 93 Testo Unico Ordinamento Enti Locali – D.LGS n. 267/2000.