Premessa: come rilevato non nota Direzione Generale Sanità 3 febbraio 2010 n. 4419 la Regione Lombardia ha approvato la Legge Regionale n. 33 del 30 dicembre 2009: si tratta di un testo unico compilativo che riunisce le disposizioni legislative regionali in materia di Sanità. Con tale intervento legislativo la Legge Regionale n.22/2003 è stata abrogata in quanto inserita nel Testo Unico e specificamente al Capo III del Titolo VI (Articoli dal 67 al 77). IL Regolamento 9 novembre 2004 n.6 come tutti gli altri atti prodotti sulla base della suddetta legge n.22/2003, ora abrogata, permangono e restano efficaci, così è espressamente indicato dall’Art. 133 comma 3 della Legge Regionale ed, inoltre, come previsto al successivo comma 4 del medesimo articolo i riferimenti normativi ed i rinvii alle Leggi Regionali ed alle disposizioni abrogate s’intendono operati al Testo Unico di cui alla Legge Regionale n.33/2009.
Nell’impianto del D.P.R. 396/2000, l’art. 74 (corrispondente al precedente art. 141 Ord. St. Civ.) distingue la competenza[1] nel rilascio dell’autorizzazione all’inumazione o alla tumulazione, assegnandola alle attività proprie dell’ufficiale dello stato civile, rispetto alla responsabilità nel predisporre e firmare l’autorizzazione alla cremazione, per la quale si limita a rinviare agli Artt. 79 e ss. D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285[2].
La formulazione imperfetta di tale disposizione, almeno nella lettura che si ricava dal successivo art. 75, è in contrasto con ben due atti aventi forza di legge:
1) l’articolo 107, commi 3 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
2) ed il più recente articolo 4, commi 2 e 3 decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (e prima dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80).
In effetti, questa riserva nelle attribuzioni dei vari compiti ai dirigenti, o a chi ne ricopra l’ufficio, ad esempio nei comuni privi di figure dirigenziali, comporta che essa possa essere derogata solo da norme, da disposizioni legislative, cioè, aventi forza di legge, mentre il Regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 ha, oggi, natura, di regolamento e quindi di norma di rango secondario.
Tuttavia il ripetuto richiamo a determinati organi comunali da parte del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, principalmente al sindaco, ma non solo, non favorisce l’immediata ed intuitiva individuazione dei diversi ruoli funzionali in capo ai diversi organi del comune, questa imprecisione terminologica può dare adito a prassi non sempre pienamente conformi alle norme secondo la loro gerarchia e prevalenza all’interno delle fonti del diritto.
Il dirigente non può delegare, nel senso tecnico del termine, prerogative sue, proprie ed esclusive, ma può attribuire, anche nella sua qualità di datore di lavoro titolare del potere dispositivo di cui all’art. 2104 C.C., la mansione di sottoscrivere gli atti di autorizzazione di cui all’art. 79, rimane, tuttavia, responsabile giuridico in prima persona dell’atto emanato.
L’art. 74, 2° comma, del Regolamento di Stato Civile D.P.R. n. 396/2000, dispone che l’ufficiale dello stato civile non possa accordare l’autorizzazione all’inumazione/tumulazione se EGLI non si sia accertato della morte medesima (per mezzo di un medico necroscopo o di altro delegato sanitario). Se nessuno provvede, quindi, la negligenza è da imputare all’ufficiale di stato civile del luogo di decesso. Peraltro, fino ai primi anni del secolo XX, era lo stesso ufficiale di stato civile che si accertava personalmente dell’effettività del decesso.
Il certificato del medico necroscopo è il documento che accerta il decesso e stabilisce l’ora ed i minuti in cui lo stesso è avvenuto: non è essenziale per la denuncia di morte né per la formazione dell’atto, ma è indispensabile per il rilascio dell’autorizzazione alla sepoltura (art. 74, secondo comma, del DPR 396/2000). Di conseguenza, si ritiene che sia compito dell’ufficiale dello stato civile attivarsi per ottenere tale documento, chiedendo alla ASL l’intervento del medico necroscopo: nulla vieta, tuttavia, come capita in molte realtà, che il medico necroscopo venga attivato direttamente dai familiari o dagli incaricati e provveda direttamente alla visita necroscopica ed al rilascio della conseguente certificazione.
Il termine delle 24 previsto dall’art. 72 del DPR 396/2000 è un termine ordinatorio e non perentorio, che ha lo scopo di indicare come le denuncia di morte debba avvenire sollecitamente. Il mancato rispetto di tale termine non comporti obblighi od adempimenti particolari, non essendo prevista dalla normativa alcuna conseguenza in caso di inosservanza del termine suddetto.
Sempre secondo l’art. 74 del Regolamento di Stato Civile DPR 396/2000 l’Ufficiale dello stato civile, per rilasciare l’autorizzazione alla inumazione/tumulazione deve acquisire preliminarmente la certificazione necroscopica. Nulla vi si dice, e nemmeno nel regolamento di polizia mortuaria DPR 285/1990, circa il numero delle copie in cui debba essere rilasciato.
Nel nuovo assetto regionale lombardo individuato dalla Legge n. 22/2003, dal regolamento attuativo n. 6/04 e dalle relative delibere e circolari esplicative il circuito informativo degli adempimenti conseguenti ad un decesso rimane sostanzialmente invariato rispetto allo schema del DPR n. 285/90. L’unica novità, assieme ad una certa compressione temporale nella successione di atti ed incombenze[3] sembra proprio rappresentata dall’avere stabilito che l’accertamento della morte sia effettuato, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, da un medico nominato dalla ASL con qualifica di necroscopo.
Questa necessità della richiesta dell’ufficiale di stato civile è un’innovazione che comporterà seri problemi organizzativi nei comuni, poiché essi dovranno organizzare turni di reperibilità tra gli ufficiali di stato civile e rivedere gli orari di apertura degli uffici.
Il problema più rilevante è, però, ravvisabile nel fatto che si sia introdotto con legge regionale un dovere a carico degli ufficiali di stato civile quando, come già detto, la materia “stato civile” è di esclusiva competenza statale ai sensi dell’Art. 117 Cost.
Tale disposizione risulterebbe pertanto incostituzionale[4]. Si è poi argutamente osservato che l’introduzione di una “richiesta” da parte dell’ufficiale di stato civile potrebbe portare in futuro a pretendere per l’accertamento della morte la corresponsione di una tariffa a carico del richiedente! Ma ciò sarebbe in contrasto con i L.E.A. (livelli essenziali assistenza sanitaria) di cui al DPCM 29 novembre 2001 in quanto la medicina necroscopica è una funzione di medicina meramente pubblica, non solo necessaria, ma anche dovuta e, quindi gratuita. A tal Proposito, confermando questa tesi, si è anche espresso il Ministero degli Interni Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione Centrale per le Autonomie Locali, Sportello delle Autonomie, p.n. 15900/93/L.142/1 bis/31.F del 24/2/2006
In termini di conferimento degli incarichi per i servizi amministrativi propri del comune è del tutto improprio che la regione individui tali compiti in capo a specifici soggetti essendo tale materiali di pertinenza del comune che ai sensi del Decreto Legislativo 267/2000 e successive modificazioni o integrazioni organizza i plessi della macchina comunale con regolamento interno approvato dalla giunta di cui all’Art. 48 comma 3 e Art. 89 D.LGS n.267/2000.
In dottrina, tuttavia non si ritiene che l’obbligo sorto in capo all’ufficiale di stato civile per effetto dell’Art. 3 comma 3 legge regionale n. 22 del 18 novembre 2003 sia di natura esclusiva.
Il medico necroscopo come indicato dall’Art. 40 comma 7 Reg. Reg. n.6/04 deve intervenire entro 24 ore dal trapasso se la dipartita è avvenuta nei giorni festivi, l’accertamento è effettuato entro le ore 8,00 del primo giorno feriale successivo e comunque non oltre 48 ore dal decesso. Il computo delle ore comincia, ai sensi della Circ. Reg. 21/05 dal momento in cui L’AUSL riceve la comunicazione.
Qualora ricorrano le circostanze speciali di cui all’Art. 4 commi 1 e 3 della L.R.n. 22 18 novembre 2003, ossia i casi in cui sia richiesto un intervento d’urgenza da parte del medico necroscopo per ridurre l’ordinario periodo d’osservazione o disporre d’ufficio il trasferimento[5] del defunto dal luogo in cui si trovava al momento della morte al deposito d’osservazione si presume siano legittimati ad avvertire il medico necroscopo i familiari, il medico curante (nei casi in cui la situazione sanitaria lo imponga) ai sensi dell’istituto della notifica[6] previsto dagli Artt.253 e 254 del Testo Unico Leggi Sanitarie e ovviamente l’ufficiale di stato civile, a poter attivare il medico necroscopo.
Per rimuovere e superare le rigidità potenzialmente dannose per la tempestività dei servizi necroscopici introdotte dall’Art. 3 comma 3 L.R. n.22 del 18 novembre 2003 si potrebbe procedere in questo modo:
L’AUSL comunica allo stato civile l’elenco dei medici investiti delle funzioni di necroscopo e lo stato civile lo trasmette a sua volta agli esercenti l’attività funebre autorizzati dal comune, la soluzione è possibile anche con la attivazione del medico necroscopo da parte del soggetto imprenditoriale che lavori (ex Art. 32 Reg. Reg. n.6/04) dietro autorizzazione comunale ed abbia ricevuto mandato dal familiare ad operare per il disbrigo delle pratiche amministrative (art. 8 comma 1 lett. a) LR 22/03, cioè l’attività di agenzia d’affari ex art. 115 T.U.LL.P.S.
È, però, sempre possibile l’intervento diretto dell’ufficiale di stato di civile, ai sensi del paragrafo 8 Circ. Reg. n. 21 del 30 maggio 2005 per una rapida trasmissione delle documentazioni inerenti ad un funerale specie nelle ore di chiusura egli uffici comunali si può ricorrere all’utilizzo di fax o posta certificata.
La fattispecie del grave ritardo[7] nella richiesta di visita necroscopica, pur costituendo una palese infrazione all’Art. 3 comma 3 della legge regionale n. 22 18 novembre 2003 ed all’Art. 40 comma 7 regolamento regionale n. 6 del 27 ottobre 2004, non è espressamente contemplata dall’impianto sanzionatorio della legge regionale n. 6 del 8 febbraio 2005.
La stessa Legge Regionale, tuttavia, per i provvedimenti residuali rinvia alla Legge Nazionale 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale) con cui si è intrapreso un processo di depenalizzazione di ampio raggio per trasformare in illeciti amministrativi di tutti i reati per i quali fosse prevista la sola pena della multa e della ammenda.
Fra le violazioni convertite in illecito amministrativo dalla legge n.689/1981 rientrano anche quelle previste dall’art. 358 del RD 27 luglio 1934, n.1265, Testo Unico delle leggi sanitarie, aggiornato di recente dall’art.16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196
L’inadempienza nell’avvisare per tempo il medico necroscopo, per l’ordinamento nazionale di polizia mortuaria ricade proprio nell’ampio novero dei casi previsti dall’Art. 358 del RD 27 luglio 1934, n.1265.
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[1] L’autorizzazione alla cremazione e alla sepoltura sono due atti distinti, da sottoscrivere da soggetti distinti e con finalità diverse, ma che possono, in relazione alle decisioni proprie di ciascun Comune, confluire in unico atto. Autorizza la sepoltura l’Ufficiale di Stato civile, mentre la cremazione è autorizzata dal Sindaco. Il Sindaco può delegare l’Ufficiale di Stato Civile a firmare l’autorizzazione alla cremazione. In tal caso anche se il soggetto che firma è lo stesso, sul documento dovrebbero essere specificati i due distinti soggetti titolari del potere di firma.
[2] Il d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 risulta emanato ed entrato in vigore dopo che altre fonti, di rango ad esso superiore, avevano già mutato le competenze degli organi dei comuni, tra l’altro individuando organi che non erano presi in considerazione dai TULCP previgenti, con la conseguenza che l’autorizzazione di cui all’art. 24 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 è di competenza esclusiva ed inderogabile del dirigente, quanto meno dal 13 giugno 1990, data di entrata in vigore della legge 8 giugno 1990, n. 142, oggi abrogata in quanto “confluita” nel D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La competenza dirigenziale risulta, oggi, perfino non derogabile, se non per espressa disposizione di legge alla luce della riserva posta dall’art. 107, comma 4 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
[3]Secondo il paragrafo 2 della circolare regionale n. 7 del 9 febbario 2004 La scheda ISTAT avrebbe dovuto esser redatta entro le 24 ore dalla morte, ma il regolamento regionale n. 6/04 che rappresenta una fonte del diritto di rango superiore all’Art. 40 comma 1 con un rimando alla normativa nazionale vigente (DPR 285/90 e DPR 396/2000) stabilisce come la denuncia sulla causa di morte debba esser effettuata dopo le 24 ore dal decesso.
[4] Si tratta di una considerazione prettamente accademica ed astratta, l’Esecutivo non ha impugnato nei tempi previsti dalla costituzione la legge ed il regolamento, per tanto Legge e regolamento producono pienamente e legittimamente i loro effetti giuridici.
[5] Il trasporto a cassa aperta di cui all’Art. 4 comma 4 L.R. 22/06 ed all’Art.39 Reg Reg. n.6/04 può esser disposto con apposita attestazione (allegato 2 delibera 20278 del 21 gennaio 2005) dal medico sopraggiunto sul luogo della morte a condizione che non vi sia pericolo per la salute pubblica. In caso di morte dovuta a morbo infettivo-diffusivo si ritiene responsabilità unicamente del medico necroscopo la decisione di trasferire il cadavere ai sensi del provvedimento adottato dalla Giunta Regionale il 27 febbraio 2002 e dello stesso allegato n.9 alla 20278 del 21 gennaio 2005.[6] Per la “notifica”si seguono le modalità stabilite con DPR 15 dicembre 1990.
[7] Le violazioni eventuali potrebbero essere le seguenti: – omissione di avviso di morte da parte dei familiari o del responsabile dell’impresa funebre che ne avesse ricevuto mandato scritto; ritardo nell’accertamento di morte
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