Presidente ANCI su riforma dei servizi pubblici locali

“Attendiamo di conoscere nel dettaglio gli emendamenti al ddl sulla riforma dei servizi pubblici. Siamo fiduciosi per il prosieguo del confronto con il Governo, c’è spazio per discutere, ma bisogna collegare il tema dei servizi pubblici locali a quello più ampio avviato dal disegno di legge per il nuovo Codice delle Autonomie.
Come associazione offriamo la nostra leale collaborazione sia verso le altre istituzioni, che verso gli investitori interessati al settore delle public utilities”.
Così il presidente dell’Anci, Leonardo Domenici, nel suo intervento conclusivo al convegno sui ‘Servizi pubblici locali nel mercato’, ha replicato al ministro Lanzillotta che aveva preannunciato nuovi emendamenti, frutto dell’accordo in seno alla maggioranza di qualche giorno fa. Domenici ha rilevato che sulla presunta contrarietà dei Comuni alle liberalizzazioni spesso ricorrono modelli interpretativi non corrispondenti alla realtà, perché in questi anni le amministrazioni locali hanno fatto notevoli progressi nella gestione dei servizi pubblici.
Ma anche perché non è possibile arrivare a posizioni standardizzate su questioni che non si prestano minimamente ad essere ridotte ad un unico schema.
“Basta pensare alla situazione dei servizi pubblici locali in molte realtà meridionali, dove per ragioni storico-politiche, esiste una notevole differenza rispetto agli standard di servizi offerti nel centro nord”. Secondo il presidente Anci, “tendenzialmente e mediamente” la volontà dei Comuni non è certo quella di rallentare il processo di liberalizzazione.
“Visto che le liberalizzazioni portano vantaggio al cittadino che è anche un elettore, non vedo perché gli amministratori locali – ha evidenziato Domenici – dovrebbero da un punto di vista logico opporvisi”.
Invece, il problema centrale è quello dell’ applicabilità e della flessibilità dei modelli teorici, che vanno poi calati nelle molte e diversificate realtà territoriali.
“Come Anci chiediamo una diversificazione normativa e modelli di gestione flessibili, non perché vogliamo difendere politiche di potere o rendite di posizione, ma soltanto perché – ha concluso – siamo consapevoli che soltanto la diversificazione possa rendere efficace in concreto il processo di liberalizzazione sul territorio”.

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