I recenti scandali nei cimiteri dell’interland napoletano, in cui si sono consumati addirittura dei reati, rendono quanto mai opportuno un piccolo exursus sulla tutela penale del cadavere.
Innanzi tutto si può meditare su questa massima:
Corte di Cassazione – Penale, Sentenza 21 febbraio 2003, n.17050:
“Il reato di vilipendio di cadavere è integrato da qualunque manipolazione di resti umani che consista in comportamenti idonei ad offendere il sentimento di pietà verso i defunti, non resi necessari da prescrizioni tecniche dettate dal tipo di intervento o addirittura vietati, con la consapevolezza del loro carattere ultroneo o incompatibile con le prescrizioni proprie del tipo di attività svolto. Infatti, secondo consolidato indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità che, seppur risalente nel tempo, non è stato mai contrastato da pronunce di segno opposto, il dolo del reato di cui all’art. 410 c.p. è generico, di talché l’elemento psicologico di detto delitto è integrato dalla consapevolezza del fatto che, come nel caso di specie, l’azione posta in essere non è conforme alle prescrizioni o esigenze tecniche afferenti al tipo attività espletata ed è idonea ad offendere il sentimento di pietà verso i defunti”.
Dopo questa doverosa citazione sono d’obbligo alcune riflessioni:
Il Codice Penale del 1930 ha previsto una molteplicità di fattispecie che contemplano condotte incriminatrici qualificate espressamente di vilipendio, la cui definizione non è tuttavia contemplata in alcuna norma e, di conseguenza, è rimessa all’elaborazione interpretativa di dottrina e giurisprudenza.
Tutte le fattispecie di vilipendio espressamente richiamate possono essere classificate, per materie omogenee, in due distinti gruppi:
– vilipendio in materia di delitti contro la personalità dello Stato (di cui al titolo 1 del libro Il del Codice);
– vilipendio in materia di sentimento religioso e pietà dei defunti (di cui al titolo IV del libro II del Codice).
i cadaveri non sono semplicemente res nullius (da questo punto di vista è significativo che venga penalmente punita ogni forma di commercializzazione del cadavere), costutuiscono, comunque, un esternalità negativa (sotto il profilo della salute pubblica) da smaltire presso quel particolare impianto igienico sanitario che è il cimitero (o in alternativa il crematorio).
Il Codice penale prevede le attività illecite rivolte al cadavere nella sua interezza, a parti del cadavere o alle sue ceneri.
Per nozione comune si intende cadavere il corpo dell’uomo dopo la morte. La morte estingue la capacità giuridica, fa cessare la capacità di agire, annulla la persona fisica e la personalità, ma non per questo viene meno la tutela penale della spoglia che conservi in tutto o in parte le sembianze umane, sì da suscitare il sentimento di pietà verso i defunti.
Nella nozione giuridico-penale di spoglie umane non si annoverano pertanto le mummie, gli scheletri, i teschi e le ossa, conservati nei musei e negli istituti scientifici, che, per la loro destinazione e uso, hanno cessato di essere oggetto di venerazione e di pietà. Invece, la destinazione temporanea delle salme alle sale anatomiche non modifica tale nozione perciò ogni atto che non sia necessariamente connesso alle esigenze scientifiche può risultare punibile.
La tutela penale comprende le parti di cadavere, qualunque esse siano. purché sia riconoscibile la loro appartenenza al corpo umano privo di vita. Ovviamente questa disposizione deve esser raccordata con la definizione di “parti anatomiche riconoscibili” fornita dall’Art. 3 comma 1 lettera b) del DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Una parte anatomica riconoscibile (ad es. arto) può essere inumata, tumulata, cremata, a richiesta dell’avente titolo (ossia del soggetto che abbia subito la mutilazione. Se non vi è richiesta vi è inumazione (anche in forma massiva ed indistinta) o cremazione a seconda della presenza o meno di spazi cimiteriali e di crematori in zona, alle tariffe fissate dal gestore di crematorio o cimitero e con oneri a carico della struttura sanitaria dove è avvenuta l’amputazione.
Vi sono incluse anche le ceneri, prodotte dall’incenerizione del cadavere, dalla combustione del corpo umano o dal dissolvimento naturale (mineralizzazione) dei resti corporei. La normativa sulla destinazione atipica delle ceneri dopo la Legge 30 marzo 2001 n. 130, con cui si è novellato l’Art. 411 Codice Penale è quanto mai complessa, in seguito alle diverse leggi regionali con cui si sono introdotti nell’ordinamento italiano gli istututi di affido personale e soprattutto della dispersione in natura.
Addirittura la norma penale (Capo II titolo IV libro II concernente i delitti contro la pietà da tributare ai defunti fa riferimento alla fattispecie di “cadavere” “parte di esso” e “ceneri” con la massima promiscuità semantica. Oggi in forza dell’Art. 3 comma 1 lettera b) del DPR 15 luglio 2003 n. 254 con la formula di “resti mortali” ( si intendono escusivamente gli esiti di fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, quando sia trascorso il periodo legale di sepoltura. Ad essi la Legge accorda una tutela affievolita con l’Art. 87 del D.P.R. 285/1990 (Si veda a tal proposito Cassazione Sez. 1^ Pen. con sentenza n.958 dell’ 9/11/1999).
Cadavere è indubbiamente quello del neonato che abbia vissuto anche per pochi istanti di vita autonoma extra-uterina, conformemente al concetto che per divenire cadavere è bastante la vita iniziata e spenta dopo brevissimo tempo.
La giurisprudenza, e gran parte della dottrina, considerano cadavere anche il corpo del feto nato morto, purché giunto a maturità tale da rendere evidenti le sembianze umane.
In realtà L’Art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 non individua il termine di presunta età di gestazione di 22 settimane (termine presente in altre legislazioni, es.: quella francese), quanto tre ipotesi di presunta età gestazionale (meno di 20 settimane, tra le 20 e le 28 settimane, oltre le 28 settimane).
I prodotti del concepimento quando non richiesti ed al di fuori della casistica di cui all’Art. 7 DPR 285/1990 (quando, cioè abbiano maturato il diritto a sepoltura o cremazione) sono espressamente – considerati, ai fini del trattamento, come rifiuti sanitari potenzialmente infetti, con obbligo di termodistruzione, ai sensi dell’art. 14 comma 2 del D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254, analogamente alle parti anatomiche non riconoscibili.
Solo la Regione Lombardia con la nuova formulazione dell’Articolo 11, commi 1.bis, 1,ter e 1.quater nel proprio regolamento regionale di polizia mortuaria (N. 6/2004 così come modificato dal Reg. Reg. N.1/2007) estende lo jus sepulchri a tutti i prodotti abortivi, prescindendo dal criterio cronologico.
I REATI DI MANOMISSIONE DEL CADAVERE
Per manomissione di cadavere si intende il compimento di quegli atti o trattamenti che comprendano il vilipendio, il deturpamento, la mutilazione, la distruzione, la soppressione, la sottrazione, la dispersione, l’occultamento e l’uso illegittimo del cadavere. Queste manomissioni sono contemplate dalle quattro norme incriminatrici seguenti:
Il vilipendio di cadavere (art. 410): si verifica quando si compiano intenzionalmente atti idonei a manifestare oltraggio e disprezzo nei confronti del cadavere e delle sue ceneri, ad esempio, sputare sul cadavere o imbrattarlo (pena: reclusione da uno a tre anni). Se il colpevole deturpa, mutila il cadavere o commette su di esso atti di brutalità o di oscenità, il reato è aggravato.
La distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere (art. 411): la distruzione consiste nel ridurre al niente il cadavere bruciandolo o provocandone il disfacimento con sostanze corrosive; la soppressione si ha quando il cadavere viene fatto sparire in modo da non essere più rinvenuto, ad esempio gettato in mare pio, gettato in mare; la sottrazione consiste nel trafugare e nascondere il cadavere in modo permanente e definitivo; la dispersione si ha quando si disseminano in luoghi diversi parti del cadavere o le sue ceneri. La pena è aumentata se il fatto è Commesso n cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia.
L’occuItamento di cadavere (art. 412): L’occultamento del cadavere di una parte di esso o delle sue ceneri si distingue dalla sottrazione perché il nascondimento è solo temporaneo e fatto in modo che il cadavere possa essere prima o poi ritrovato. L’occultamento non presuppone lo spostamento della salma da un luogo all’altro, come invece avviene nella sottrazione; un esempio: la madre, che tace la morte dcl figlio per ritardarne la rimozione e per tenerne le spoglie ancora presso di sé, potrebbe rispondere dell’occultamento, ma nessuno avrebbe il coraggio di condannarla.
L’uso illegittimo di cadavere (art. 413): è commesso da chiunque dissezioni o altrimenti adoperi un cadavere, o una parte di esso, a scopi scientifici o didattici in casi non consentiti dalla legge.
Il dolo è generico quando vi sia stata la coscienza e la volontà di usare illegittimamente il cadavere in casi non consentiti, mentre è dolo specifico l’uso scientifico o didattico del cadavere intero o selezionato, qualora ne facciano abuso tutti coloro che possono divenire soggetti attivi del reato, cioè i medici, gli studenti di medicina, gli insegnanti e gli studiosi di medicina, gli inservienti delle sale anatomiche, i custodi degli obitori e chiunque altro si trovi a disporre del cadavere o di una parte di esso a scopi scientifici o didattici.
La dissezione comprende il riscontro diagnostico, l’autopsia, la dissezione anatomica predetta e gli esercizi di anatomia chirurgica. L’uso diverso dalla dissezione, fatto pur sempre a scopo didattico o scientifico, può aversi nello studio della tanatologia per ricerche sullo svolgimento dei fenomeni cadaverici e nell’insegnamento dell’anatomia artistica agli studenti delle scuole di scultura e di pittura.
La pena è aumentata se il fatto è commesso su un cadavere o su una parte di esso, che il colpevole sappia esser stato da altri mutilato, occultato o sottratto (es.: disseppellire un cadavere, compiendone la sottrazione, per sottoporlo a indagini scientifiche).
Possiamo allora trarre le seguenti conclusioni: delle manomissioni di cadavere il vilipendio ha interesse sessuologico comprendendo gli atti di necrofilia; la mutilazione e la soppressione hanno interesse criminologico quando, dopo l’omicidio, il cadavere viene smembrato; la soppressione e l’occultamento del cadavere di neonato può concorrere col delitto di infanticidio; l’uso illegittimo del cadavere, infine, ha interesse deontologico perché riguarda la responsabilità professionale nei casi di utilizzazione delle salme per scopi non consentiti dall’ordinamento giuridico.
E’interessante un’ultima nota giurisprudenziale; nell’era della comunicazione globale e dell’abuso dell’immagine da parte dei media si registrano, infatti, due importantissimi pronunciamenti:
- Sentenza n. 293/2000 della Corte costituzionale: “Il divieto di pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante non contrasta con la Costituzione perché è diretto a tutelare la dignità umana”.
- Sentenza della Cassazione (sezione terza penale) n. 23356 dell’8 giugno 2001: “La pubblicazione di fotografie del cadavere della vittima di un omicidio può costituire reato se le immagini sono caratterizzate da particolari impressionanti e raccapriccianti, lesivi della dignità umana”.
E’ mancanza di professionalità rispondere ad una domanda ignorandone il senso. Avevo chiesto le pene comminate a chi sottrae cadaveri, ma non mi è stato risposto. La buona educazione impone di dichiarazione il motivo per cui le risposte non possono essere esaudite.
Come già rilevato nelle precedenti risposte è con ordinanza del Sindaco, ai sensi dell’art. 86/1 DPR 285/90, che si stabiliscono in via generale le cautele da adottare nelle estumulazioni.
Per la valutazione circa la esecuzione di operazioni vietate dall’art. 87 del DPR 285/90 è competente il Responsabile del Servizio di custodia cimiteriale anche ai sensi dell’Art. 17 DPR 15 luglio 2003 n. 254, senza poi dimenticare l’obbligo di denuncia (Art. 331 C.P.P.) di eventuali ipotesi di reato, in capo a quest’ultimo in quanto pubblico ufficiale ai termini dell’Art. 357 C.P. o, comunque, se non dipendente pubblico, incaricato di pubblico servizio ex Art. 358 C.P. nella nuova formulazione introdotta con la L. 26 aprile 1990, n. 86.
Il Responsabile del Servizio di custodia, nell’evenienza di gravi anomalie o episodi disfunzionali dovrà presentare anche rapporto al proprio superiore gerarchico, il quale, potrà così provvedere ad elevare le sanzioni amministrative ex Art. 107 DPR n.285/1990 o, comunque, contemplate nei regolamenti comunali di polizia mortuaria ai sensi dell’Art. 16 Legge n.3/2003
È inoltre previsto il parere di personale sanitario in merito alla procedibilità della cosidetta riduzione dei resti ossei in cassetta ossario, per la fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 86 DPR n.285/90. In taluni comuni è invalso l’uso di regolare in via generale dette situazioni con Ordinanza del Sindaco, sentito il parere del responsabile del servizio AUSL, così da richiederne la diretta presenza solo nei casi dubbi o quando si debba procedere a ripristinare la tenuta del feretro (art. 88 DPR 285/90).
Pertanto di norma sono gli operatori cimiteriali che identificano e raccolgono i resti ossei in base alla collocazione, alla presenza di targhette nel cofano o con quant’altro l’esperienza ed il buon senso possa suggerire. Nei casi dubbi, almeno secondo il dettato del DPR n.285/1990 occorre la presenza sia del Responsabile del Servizi di custodia cimiteriale che deve verbalizzare tutto, anche ai fini della tenuta dei registri cimiteriali, sia dell’AUSL.
Gentile Signor Giuseppe,
In esito al Suo quesito si precisa quanto segue:
1) gli Artt. 86, 87, 88 e 89 del DPR n.285/1990 disciplinano in via generale la estumulazione, lasciando comunque al Sindaco il potere di “regolare” le operazioni stesse (oppure se si ritiene più opportuna una soluzione più strutturata e formale si possono scrivere queste procedure a rilevanza igienico-sanitaria nel regolamento di polizia mortuaria comunale). In pratica con ordinanza del Sindaco si forniscono le norme attuative e di dettaglio, e si attribuiscono le competenze…
2) La lettura combinata del 2° e 4° comma dell’art. 86 DPR n.285/1990 consente di affermare senza ombra di dubbio che per ogni feretro estumulato (non per traslazione ad altra tomba dove si applicherebbe il successivo Art. 88)) debba essere verificato lo stato di mineralizzazione del defunto ivi racchiuso.
3) Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni, anche nell’ottica di recuperare prezioso spazio finalizzato all’immissione nei tumuli di nuove sepolture.
4) Nel caso di estumulazione con riduzione dei resti ossei in cassetta ossario, se, ovviamente il cadavere si è scheletrizzato, concerne il Sindaco (o il regolamento di polizia mortuaria locale) stabilire a chi spetti la verifica delle condizioni della salma (mineralizzata o meno). Generalmente in Italia tale compito e’ affidato all’operatore cimiteriale o, quando si abbia una organizzazione più complessa al capo squadra necroforo. Il responsabile del servizio ASL per le funzioni di polizia mortuaria, di concerto con il sindaco, in qualità di autorità sanitaria locale ex Legge n.833/1978, D.LGS n.112/1998 e D.LGS n.267/2000) determinerà i criteri cui dovranno attenersi, in via generale, gli operatori cimiteriali.
5) II Sindaco, quale autorità preposta alla vigilanza ed al buon governo del sistema cimiteriale del comune ai sensi dell’Art. 51 DPR n.285/1990 può ammettere la presenza (o meno) la presenza dei cittadini utenti del servizio cimiteriale a tali operazioni cimiteriali.
Una volta fissato il protocollo operativo, senza bisogno, per forza, della presenza di personale AUSL, anche alla luce delle recenti tendenze di legislazione regionale dove, si tende a demedicalizzare la polizia mortuaria, in nome della semplificazione amministrativa e gestionale, si procede con l’esplorazione del pietoso contenuto del feretro estumulato, rimuovendo il coperchio di legno e quello di zinco.
Il DPR n.285/1990 imponendo obbligatoriamente la supervisione dell’AUSL sulle estumulazioni, lascia, in modo, implicito qualche margine di discrezionalità al medico intervenuto in occasione dell’estumulazione, proprio perchè essendo la tumulazione una pratica funebre che favorisce la conservazione e non la dissoluzione delle spoglie mortali, possono presentarsi molteplici casi dubbi e “border line”.
Tra la completa mineralizzazione di una salma e la sua evidente non riducibilità (le due condizioni più facili da valutare) ci sono condizioni intermedie, che possono lasciare spazio ad interpretazioni personali. Sarebbe comodo dire che il problema non esiste, e che per evitare ogni fastidio legale è sufficiente autorizzare la riduzione solo se, all’apertura del feretro, ogni singolo osso appare isolato, privo della minima traccia di tessuto. Considerando però che in un corpo umano ci sono oltre 200 ossa, l’applicazione di criteri troppo rigidi interferirebbe negativamente sulle riduzioni, con un aggravamento della già preoccupante carenzandi posti salma. Il metro da addottare è semplice: si dà il via libera a tutte quelle riduzioni che possano essere condotte a termine senza manovre brusche, senza dovere ricorrere a torsioni innaturali od a strappi violenti
Poi, se anche le varie ossa nonsono proprio tutte completamente sciolte (esempio alcune vertebre sono ancora attaccate le une alle altre), non ci formalizza troppo. l’importante èche i resti mortali ed i resti ossei vengano manipolati con riguardo e rispetto.
grazie della esaustiva risposta,
cmq nella sezione definizioni ho trovato Riduzione dei resti ossei in cassetta ossario e ho letto che “Le ossa debbono esser completamente “sciolte” ovvero staccate le una dalle altre”.
Nel caso in cui la salma sia completamente mineralizzata, ma le ossa non siano tutte staccate, è possibile eseguire la riduzione (anche visto che l’ art. 87 parla di resti mortali come esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo e non disciplina le operazioni sull’ ossame)??
Grazie
È doveroso aggiungere che per anni la definizione di “resto mortale” è stata molto controversa, in effetti, esistono sentenze della Cassazione che considerano cadavere anche il resto mortale quando lo stesso abbia ancora le sembianze umane. Ad esempio Cass.Pen., 2 febbraio 1960; Cass. Pen., Sez. 3, 27 ottobre 1983, n. 8950, così ad esser tutelato dall’Ordinamento Giuridico, contro eventuali atti cruenti posti in essere sui resti mortali sarebbe l’interesse della pietà verso i defunti, ancorchè sia già trascorso il periodo legale di sepoltura, sino al totale dissolvimento del cadavere, attraverso la mineralizzazione delle parti molli, con conseguente raccolta delle ossa.
Interviene, poi, circolare del Min. Sanità 31/7/98 n.10 con cui si è giunti ad una definizione “amministrativa” del fenomeno, suffragata poi da fonte del diritto di rango superiore, come, appunto il DPR 15 luglio 2003 n. 254 vale a dire che i corpi umani indecomposti sono
: a) è “resto mortale” se sono passati 10 anni dalla inumazione; b) sono “resto mortale” se sono trascorsi20 anni dalla tumulazione.
La Suprema Corte di Cassazione, in data 9 novembre 1999 mostra di aderire a tale definizione, anche se fornita da un semplice atto istruttivo, come una circolare ministeriale, quando notoriamente il giudice dovrebbe esser soggetto soltanto alla Legge (Art. 101 Cost)
La stessa circolare ha identificato la tipologia di sostanze autorizzate per facilitare la scheletrizzazione assieme alle sole operazioni lecite di trattamento dei resti mortali da porre in essere all’atto della dissepoltura.
Se le scienze giuridiche altro non sono se non lo studio metodico e
scrupoloso del linguaggio (possibilmente chiaro) del legislatore, così da
capirne le intenzioni ed i conseguenti comandi (ehh già, anche nel nostro
necroforico mestiere di sinistri beccamorti le parole sono importantissime)
è’d’uopo rilevare come il testo del DPR n. 285/1990 sia confuso e
pasticciato nella scelta dei vocaboli relativi all’attività necroscopica e
di polizia mortuaria in genere (salma, cadavere, resto mortale…) e spesso
usi in modo promiscuo ed indistinto termini che si riferiscono ad entità
medico-legali molto diverse tra loro.
Per fortuna a far chiarezza in questa congerie semantica è intervenuto, con
la sua emanazione, il DPR n.254/2003, di pari grado nella gerarchia delle
fonti e, soprattutto successivo al regolamento nazionale, il quale con
l’Art. 3 comma 2 lettera b) fornisce con un doppio criterio
temporale-amministrativo e medico legale la definizione di “resti mortali”.
Sono, quindi, “resti mortali” nella nuova accezione, solo e solamente gli
esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo dovuti
all’incompleta scheletrizzazione dei corpi umani sepolti in fossa di terra o
cella muraria, per effetto di saponificazione, mummificazione, corificazione
una volta decorso completamente il periodo di sepoltura legale,
quantificato, in via ordinaria, in 10 anni per le inumazioni ed in 20 anni
per le tumulazioni in loculo stagno, di conseguenza gli unici trattamenti
ammesso per i resti mortali, al fine di liberare spazio per nuove sepolture
sono, alternativamente, anche ai sensi della Circolare Ministeriale Sanità
n.10/1998,
1) la cremazione, ora diretta e senza la procedura aggravata di cui
all’Art. 79 commi 4 e 5 DPR n.285/1990, proprio in forza del DPR n.254/2003
con relativa risoluzione ministeriale del 30/10/2003 di p.n.
400.VIII/9Q/3886
2) la ri-tumulazione nello stesso loculo o in diverso tumulo previo
“rifascio” se si verifica la presenza, ancorchè residua di parti molli con
pericolo di percolazioni cadaveriche
3) l’inumazione in campo indecomposti ex Art. 86 comma 2 DPR n.285/1990 con
preventiva neutralizzazione della cassa di zinco, laddove ancora presente ed
in grado di assicurare l’ermeticità del cofano
Nell’articolato del DPR n.285/1990 “raccolta resti” e “riduzione resti” sono
due locuzioni sostantivali e, dunque, due formule linguistiche tra loro sinonime e
perfettamente sovrapponibili, ma, oggi, alla luce del DPR n.254/2003 è un “non
senso logico” parlare di “riduzione dei resti mortali in cassetta ossario”,
proprio perchè sono “RESTI MORTALI” solo i cadaveri indecomposti, cioè gli
inconsunti e per costringerli, con la forza, entro una cassetta ossario
dalle anguste dimensioni (qui siamo già nell’Horror e senza più alcun moto
di resipiscenza mi scateno con un’espressione di barbara violenza verbale)
bisognerebbe smembrarli, squartarli, fratturarli, spezzarli, quand’anche non
segarli con la lama rotante i tanti pezzetti…insomma tutta roba da far invidia a qualche
psicopatico serial killer in stile Leonarda Cianciulli, (nota pluriomicida
e per di più cannibale soprannominata la saponificatrice perchè scioglieva
nell’acido le sue vittime al fine di ricavarne sapone).
Fracassare un resto mortale, ossia una carcassa umana ancora INCORROTTA, per via del rallentamento nei processi di decomposizione cadaverica, configura la fattispecie di reato di cui all’Art. 410 Cod. Penale e sicuramente l’illecito amministrativo di cui all’Art. 87 DPR n.285/1990, in quanto i resti mortali godono di tutela affievolita rispetto ai cadaveri, da parte dell’Ordinamento Giuridico Italiano
La raccolta delle ossa, o, se si preferisce quest’espressione, dei “RESTI OSSSEI”è perfettamente legittima e legale, perchè finalizzata alla conservazione dell’ossame rinvenuto durante le esumazioni/estumulazioni in una sepoltura privata e dedicata a sistema di tumulazione (le ossa, infatti non possono esser interrate, ma solo tumulate o sversate in quella sepoltura ananima e collettiva conosciuta come ossario comune).
Salve,
volevo chiedere un chiarimento. Nel D.P.R. 285/1990 viene spesso menzionata l’ espressione “raccolta dei resti mortali in cassette” (come ad es. l’ art 86), non parlando mai di “riduzione” (se non nell’ art. 87, il quale fa divieto di riduzione sulle salme tumulate non ancora mineralizzate).
Tuttavia ho riscontrato che in molti tariffari in uso presso i cimiteri compaiono due voci : “raccolta dei resti in cassetta ossario” e “riduzione dei resti in cassetta ossario” (quest’ ultima legata quasi sempre alle estumulazioni).
Volevo chiedervi:
Cosa si intende per “riduzione dei resti in cassetta ossario”??
Le procedure sopra proposte sono sinonimi o sono diverse??
Essendo non specificato nel DPR 285/90, la riduzione sui resti ossei è legale o si configura come reato di vilipendio di cadavere??
Grazie Giuseppe
La ringrazio per la risposta e per la sua squisita gentilezza,ma ho ancora da chiederle altre informazioni.
Che cosa si intende per ossario comune?Deve avere caratteristiche particolari?Visto che nella mia città l’ossario è un cunicolo verticale di impossibile accesso ove vengono ammassate buste di plastica contenenti resti umani,fiori nastri ,cellofane e quant’altro.Mi dica lei se al momento dell’estumulazione qualche resto della mia bambina era presente come posso rintracciarlo ?Le ribadisco inoltre che se pure siano passati trentasei anni quì il clima e il tasso di umidità sono abbastanza buoni ed i rinvenimenti di resti sono comuni.La saluto e la ringrazio Mariano
x Mariano
ART. 67 del DPR 285/1990 – regolamento statale di polizia mortuaria
Ogni cimitero deve avere un ossario consistente in un manufatto destinato a raccogliere le ossa provenienti dalle esumazioni o che si trovino nelle condizioni previste dal comma 5 dell’art. 86 e non richieste dai familiari per altra destinazione nel cimitero. L’ossario deve essere costruito in modo che le ossa siano sottratte alla vista del pubblico.
Generalmente si tratta di sanzioni amministrative previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria ai sensi dell’Art. 16 legge 16 gennaio 2003. E’infatti il regolamento comunale di polizia mortuaria a disciplinare nel dettaglio l’accesso dei visitatori al cimitero, l’esecuzione delle operazioni cimiteriali e la presenza a quest’ultime della cittadinanza. (esempio: si potrebbe anche vietare ai famigliari di assistere ad esumazioni o estumulazioni).
Accantonando per un attimo le violazioni alla legge sulla privacy si potrebbe proficuamente ragionare sul profilo di reato delineato dall’Art. 413 Codice Penale dedicato all’uso illegittimo di cadavere.
Salve, lavorando in ambito cimiteriale sarei curioso di sapere quali sono (se esistono), i profili di reato e le sanzioni per chi fotografa un cadavere, un feto, un resto mortale, ecc; insomma quale norma penale o civile viene violata da chi fotografa un cadavere