Con entrata in vigore, posticipata al 27 ottobre 1990, il 10 settembre sempre dello stesso anno fu approvato il testo dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria – D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
…E sono già trascorsi 30 anni, di convivenza, per tutti gli attori del comparto funerario italiano, con questo controverso corpus normativo, così trasversale e poliedrico, nel suo flusso enunciativo, da attrarre nella propria sfera materie e competenze anche molto eterogenee tra loro. Tra l’altro il legislatore, alla fine dello scorso secolo, si muoveva in un quadro costituzionale più certo e piramidale, quindi produsse un regolamento, comunque importante e completo, capace di spaziare su tutto (o quasi) il diritto funerario.
C’è chi, non subendo il fascino del retrò, (o del postumo?) non nutre grandi simpatie per l’impianto storico del D.P.R. n. 285/1990, ritendendolo non tanto una rivoluzione epocale (all’inizio degli anni ’90 sarebbe stato impensabile – a meno di non essere profeti di sventura- per giunta – il caos in cui si naviga a vista di questi ultimi tempi), quanto una timida riforma, con piccoli ritocchi di maquillage tecnico, dei vecchi regolamenti nazionali di polizia mortuaria. Eccessiva impronta igienista e dirigismo sono le due principali accuse sollevate, anche da una parte della dottrina che vede una certa algida degradazione del lutto, in una fredda esecuzione di operazioni unicamente tese allo smaltimento del cadaveri, per ragioni di pubblico interesse.
In effetti (e senza troppa fantasia) il vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria, nasce già… vecchio anche se in un contesto politico e giuridico molto diverso, perché non concepito, già ab origine, in raccordo con la L. n142/1990 sulle autonomie locali… e si sa come la vera cellula della polizia mortuaria sia proprio il Comune.
il D.P.R. n. 285/90, dimostra questo scarto culturale, allora solo latente, nella propria post-maturità lessicale rispetto ad altre fonti del diritto, anche di rango superiore, coeve rispetto alla sua stessa emanazione, ad esempio il ripetuto richiamo a determinati organi comunali, principalmente al Sindaco, ma non solo, anche una volta acclarata la sua “inadeguatezza”, non favorisce, tuttavia, l’immediata individuazione dell’idoneità funzionale in capo alle diverse persone fisiche del comune che in nome e per conto dell’Ente pongono in essere atti giuridici, discrepanza che può dare adito a prassi non sempre pienamente conformi alle norme, secondo la loro gerarchia e prevalenza all’interno dell’ordinamento giuridico italiano.
Parlare ancora (!) del vetusto D.P.R. n. 285/1990 potrebbe apparire un puro esercizio di stile, ma qualche buon risultato si cominciò ad ottenere, per ammodernare l’ottocentesca macchina della polizia mortuaria, anche se con molta, troppa prudenza. Dopo tutto se non conosciamo la storia, ancorchè recente, del nostro vituperato settore, non potremo mai addivenire a quell’agognata riforma di sistema, con una governance moderna per il fenomeno funerario del nostro Paese.
Le maggiori innovazioni del D.P.R. n. 285/1990 riguardarono i seguenti punti:
- Armonizzazione delle norme con la nuova struttura della sanità pubblica conseguente alla legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833.
- Delimitazione del periodo di osservazione dei cadaveri con mezzi tradizionali. Incentivazione dell’ausilio del tanatografo.
- Definizione delle funzioni dei depositi di osservazione, degli obitori.
- Competenze gestionali e dotazione di strutture.
- Prescrizioni costruttive per le bare. Cautele nei trasporti funebri oltre una certa distanza. Valvole o altri dispositivi per fissare o neutralizzare i gas di putrefazione.
- Criteri di determinazione dell’area cimiteriale. Redazione dei piani regolatori cimiteriali.
- Prescrizioni tecniche per locali e strutture di servizio cimiteriale.
- Revisione dei criteri costruttivi per i manufatti a sistema di tumulazione.
- Impianti di cremazione. Modalità per autorizzare ad eseguire le cremazioni. Cinerario comune e nicchie cinerarie.
- Rifiuti speciali cimiteriali.
- Ristrutturazione di cimiteri esistenti e prescrizioni tecniche.
Per ciascuno di questi temi dirimenti si è sviluppata una sintetica scheda riassuntiva di queste novelle.
- Armonizzazione delle norme con la nuova struttura della Sanità pubblica conseguente alla legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978 n. 833.
Con l’introduzione dell’Unità Sanitaria Locale si rese necessario sostituire la figura dell’ufficiale sanitario.
Si introdusse, così, il riferimento al coordinatore sanitario dell’u.s.l. competente per territorio (o per sua delega del dirigente dei servizi di igiene pubblica).
Le competenze dell’Ufficio igiene erano infatti state trasferite alle UU.SS.LL.. L’autorità che nomina il medico necroscopo, infatti, è ora quella dell’A.U.S.L (o comunque denominata mentre mi applico alla stesura di questo pezzo, e non più il Sindaco.
Furono modificate le norme per la raccolta e trasmissione dei dati statistici sulle cause di morte per facilitarne una raccolta sistematica non solo per USL di decesso, ma anche di residenza.
- Delimitazione del periodo di osservazione dei cadaveri con mezzi tradizionali. Incentivazione dell’ausilio del tanatografo.
Il periodo di osservazione di eventuali manifestazioni di vita fu fissato usualmente nelle 24 ore (portate, a 48 nei casi di morte improvvisa o con dubbi di morte apparente).
La visita del medico necroscopo sarebbe effettuata non prima di 15 ore dal decesso e non dopo le 30 ore. Fatti, sempre, salvi i casi di decapitazione, maciullamento, morte dovuta a malattia infettivo diffusiva.
La delimitazione del periodo di osservazione, specie nei casi di decesso antecedenti festività, avrebbe reso necessaria l’attivazione di uno specifico servizio di guardia necroscopica o, in alternativa, la dotazione di apposite apparecchiature di ausilio al medico necroscopo per l’accertamento della morte.
In tal caso, dopo il decesso, anche prima delle 15 ore, il medico avrebbe accertato la morte pure con registrazione protratta per almeno 20 minuti primi, di un elettrocardiografo.
Sarebbero state fatte salve, comunque, le disposizioni dell’oggi abrogata legge 2 dicembre 1975 n. 644 e successive modificazioni (prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico).
- Definizione delle funzioni dei depositi di osservazione, degli obitori. Competenze gestionali e dotazione di strutture.
La materia disciplinata dal titolo III fu rielaborata in maniera più compiuta con la articolazione in quattro disposizioni (art. 12, 13, 14, 15 D.P.R. n.285/1990) rispetto alle due (art. 12, 13 D.P.R. 803/1975) precedenti.
Ciò consentì, nel tempo, di meglio disegnare ed attribuire, gli obblighi, la titolarità, e studiare una collocazione idonea..
Le funzioni si distinguono in:
a) di osservazione: per salme di persone morte in abitazioni inadatte o nelle quali fosse pericoloso mantenerle per il prescritto periodo di osservazione, morte in seguito a qualsiasi accidente nella pubblica via o in luogo pubblico; ignote, di cui debba farsi esposizione al pubblico per il riconoscimento.
b) obitoriali: con osservazione e riscontro diagnostico di cadaveri di persone decedute senza assistenza medica; deposito per periodo indefinito di cadaveri a disposizione dell’autorità giudiziaria per autopsie e accertamenti medico legali, riconoscimento, trattamento igienico-conservativo; deposito, riscontro diagnostico o autopsia giudiziaria o trattamento igienico conservativo di cadaveri portatori di radioattività.
Le funzioni avrebbero potuto essere riunite in un unico locale nei Comuni con popolazione minore di 5000 abitanti.
I piccoli Comuni contermini si sarebbero potuti consorziare sia per l’esercizio delle attività cimiteriali, sia per prevedere il deposito di osservazione e l’obitorio.
Generalmente nei piccoli Comuni il deposito di osservazione e/o l’obitorio coincidevano con la camera mortuaria ed erano situati nel cimitero.
Nei medi e grandi Comuni la struttura era, invece, già distinta dal cimitero, e generalmente istituita presso presidi sanitari. Raramente era ubicata in un particolare edificio rispondente allo scopo, anche se nel corso di questo trentennio si è registrata una tendenza del genere.
In ciascun territorio di U.S.L. questa provvede ad individuare in quali obitori e depositi di osservazione prevedere la dotazione di celle frigorifere di cui all’art. 15.
Furono fissati i seguenti standards:
– Posti salma refrigerati in misura pari ad 1 ogni 20.000 abitanti, con un minimo di 5, a cui aggiungere celle isolate per cadaveri portatori di radioattività in misura pari a 1 ogni 100.000 abitanti;
– Per posto salma refrigerato è da intendersi quello realizzato, anche in forma indistinta, in apposite celle refrigerate.
All’allestimento delle attrezzature necessarie, nonché alla conduzione, avrebbe provveduto il Comune cui obitorio e deposito di osservazione appartengono. (vedasi artt. 22 e 23 della L. 146/1990 sulle forme di gestione).
L’attività in questione era ed è da considerarsi obbligatoria, in quanto servizio istituzionale, d’ufficio.