Va subito premesso che del ventilato obbligo-dovere da parte dell’ufficiale dello stato civile di dare comunicazione all’Asl per richiedere la visita necroscopica non vi è traccia nell’impianto, almeno nazionale di polizia mortuaria.
Di conseguenza mancherebbe anche ogni elemento sulla discussa delega alle imprese, attuata da parte di alcune Regioni.
Tuttavia, se l’intento dell’A.usl è (o comunque denominata) è quello di essere messa a conoscenza dell’evento del decesso ai fini della successiva visita necroscopica da effettuarsi dopo le 15 ore dalla morte, ai sensi dell’art. 4, 5° comma, del D.P.R. n. 285/1990, si potrebbe adottare una comunicazione telematica che il Comune inoltrerebbe dopo la formazione dell’atto di morte all’A.usl per metterla a conoscenza dell’avvenuto decesso di un tale signore la cui salma trovasi nella casa posta in via …X; del Comune di Y …
Un simile espediente – ispirato ad esigenze di coordinamento e nello spirito di collaborazione che debba
esserci tra le PP. AA. ed i loro plessi più periferici – necessiterebbe, però, di un intervento della Regione o dello Stato, con gli strumenti giuridici ancora tutti da definire) non solo in omaggio al principio di uniformità, ma anche per prevedere un simile adempimento che, per altro, non rientrerebbe nelle funzioni dell’ufficiale dello stato civile, la cui disciplina (D.P.R. n. 396/2000) è rigorosamente solo statale, e questo per Costituzione (art. 117)
In tal modo risulterebbe la tracciabilità dell’avviso, lasciando poi all’Asl il compito di stabilire come e quando effettuare la visita necroscopica necessaria perchè, a sua volta,l’ufficiale dello stato civile rilasci l’autorizzazione separatamente alla inumazione o tumulazione. In tal modo, perderebbe alcun valore la proposta che l’ufficiale dello stato civile deleghi qualcuno (la impresa) ad avvisare il medico necroscopo di effettuare la visita. E poi, con quali modalità di individuazione, in caso di omissione di attivazione, per le più svariate ragioni?
Nulla vieta che, in mancanza di direttive e di norme certe e legittime, soprattutto, la richiesta continui ad essere avanzata, come per prassi, dalla parte interessata più diligente (sia essa un parente o una impresa incaricata per le onoranze funebri), in un momento storico, in cui, data l’emergenza, le informazioni istituzionali debbono circolare con la massima rapidità, per consentire un funzionale e veloce trasporto dei feretri al cimitero.
X Domenico,
No, no! I trasporti funebri internazionali continuano ad eseguirsi (salvo speciali, e del tutto straordinarie, limitazioni tra Paesi per il contenimento del corona virus) sotto il profilo della obbligatorietà, o meno, di praticare la siringazione cavitaria, le leggi regionali demandano questa decisione, alla discrezionalità del medico necroscopo.
Quindi sarà l’’autorità sanitaria, che sovrintende al confezionamento del feretro, a valutare prudentemente la situazione, soppesando la possibile non conformità del feretro a quello di cui agli artt. 28 e 29 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
X Domenico,
per risponderLe adeguatamente debbo spericolarmi in un’ardita ricostruzione del tessuto normativo di riferimento:
1) la puntura conservativa non si applica per i trasporti tra Paesi aderenti all’accordo internazionale di Berlino del 10 febbraio 1937, poichè la Convenzione non la contempla tra le misure igienico-sanitarie minime, previste nel suo articolato, invero un po’risalente nel tempo.
2) In Italia la c.d. siringazione cavitaria è disapplicata, ma non abrogata, dalle diverse Leggi Regionali succedutesi in materia, e relativi atti amministrativi d’attuazione, rimanendone, quindi, l’obbligo per i trasporti transfrontalieri, quando, cioè si segue il dettato del solo D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 che la ammette e la richiede espressamente, nelle particolari circostanze di cui all’art. 32 il quale, per il confezionamento del feretro richiama l’art. 30.
Se le fonti di diritto internazionale (Artt. 28 e 29 D.P.R. n. 285/1990) prevalgono su quelle di diritto interno, come ci insegnano a scuola, ritendo sia doveroso praticare l’iniezione conservativa in ottemperanza al regolamento statale di polizia mortuaria, a meno che (ma è un’ipotesi atipica, tutta da verificare) l’ordinanza sindacale, contingibile ed urgente, con cui si recepiscono le indicazioni della Circ.Min. Salute 8 aprile 2020 n. 12302, esplicitamente la annoveri tra i trattamenti troppo pericolosi da eseguire e, dunque, proibiti, ma quest’ultimo sarebbe un solo orientamento, al momento mio personalissimo, da sottoporre alla prova dei fatti.
Buongiorno,
volevo chiedere se, secondo voi, considerato che ai sensi del punto B)4 della Circolare Ministero Salute n. 12302/2020 vieta su salme per le quali non si possa escludere la contrazione in vita del Covid-19 trattamenti conservativi comunque denominati, è possibile effettuarne comunque il trasporto all’estero, anche in contrasto con quanto stabilito dall’art.32 del dpr 285/80.
grazie.
Grazie; mi sembra di capire che in pratica i trasporti all’estero di salme Covid o sospette tali non siano consentiti, proprio per l’impossibilità di effettuare la siringazione cavitaria
Ringrazio di nuovo per l’attenzione. Buona giornata