Colpo di scure sulle partecipazioni societarie comunali

Il Dl. n. 78 del 31 maggio 2010 (G.U. n. 125/10), sulla “manovra correttiva 2010”, all’art. 14, comma 32 stabilisce che i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Le eventuali partecipazioni esistenti al 31 maggio 2010 dovranno essere messe in liquidazione entro il 31 dicembre 2010. Tale vincolo non si applica alle società costituite da più Comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti. La norma impone inoltre, ai Comuni che abbiano una popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti la facoltà di detenere una sola partecipazione societaria e entro il 31 dicembre 2010 dovranno mettere in liquidazione le altre società eventualmente costituite.

“Si mettono a rischio i servizi ai cittadini, pertanto andrebbe rivista la norma sulle società contenuta nel dl 78″. Così Giorgio Galvagno delegato Anci ai servizi pubblici locali, commenta le disposizioni del decreto pubblicato in GU.
“Non si comprende inoltre a quali società ci si riferisce – continua Galvagno – visto che i Comuni devo già adempiere alle disposizioni sulle dismissioni societarie previste nel Bersani, nella finanziaria 2008 e nel transitorio del 23 bis, secondo la catalogazione del servizio come strumentale, non istituzionale o di interesse generale con scadenze diverse che non coincidono, salvo alcuni casi, con quella unica, di fine anno, prevista nella manovra”.
“Proprio adesso che serviva chiarezza, arriva l’obbligo a dismettere tutto, così sembrerebbe, il patrimonio societario comunale entro fine anno. Ma ciò non è affatto semplice e complica ancora di più la situazione dei Comuni già in difficoltà. Chiarisco che non sono contrario ad una razionalizzazione societaria, ma la norma andava necessariamente concordata con le Autonomie, doveva essere graduale e fatta in un periodo meno critico. Anche il previsto limite dimensionale va inoltre rivisto, così come è opportuno che la razionalizzazione del sistema segua i processi di ristrutturazione organizzativa dei servizi che i Comuni stanno compiendo o si apprestano a compiere, non che li governi. Spero quindi – conclude Galvagno – che nel passaggio parlamentare si possa intervenire per eliminare queste criticità.”

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