Vescovo emerito spagnolo dona il suo corpo morto alla scienza

«Le ultime volontà del nostro vescovo erano che i suoi resti fossero donati alla ricerca scientifica».
Con queste parole Francisco Pardo Artigas, attuale pastore di Girona, città vicina a Barcellona, in Spagna, ha comunicato della morte a Santo Stefano di monsignor Jaume Camprodon i Rovira, suo predecessore per i lunghi anni dal 1973 al 2001.
Durante il funerale, celebrato in duomo, la bara col suo corpo non c’era.
La cripta preparata nella cattedrale per accogliere le spoglie dei vescovi titolari è rimasta chiusa.
«Ho donato i miei resti alla sala di dissezione della Facoltà di Medicina di Barcellona» dice nel suo testamento.
La Messa è stata officiata da Pardo, insieme a cardinali e vescovi della regione.
«Era cosciente che fin dal primo infarto che lo ha colpito anni fa, la medicina aveva fatto molto per lui – scrive Pardo in una lettera ai fedeli – e come ringraziamento, ha voluto donare il suo corpo per poter aiutare la ricerca in tutte le malattie». È stata la stessa diocesi «subito dopo la sua morte, a compiere le sue volontà».
Alla seguente domanda (posta da Vatican Insider), Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha così risposto:
Questa vicenda del Vescovo spagnolo serve a migliorare il rapporto e il dialogo tra fede e scienza? E Lei, eccellenza, anche alla luce della scelta del Vescovo spagnolo, come interpreta invece il rapporto – meno “filosofico” e più pratico – tra fede e tecnica scientifica?
«Questa scelta del Vescovo emerito di Girona tocca un tema particolarmente delicato che è quello del rapporto dell’umano con la scienza e la tecnica, rapporto che sta assumendo nuovi contorni. Mentre in passato la tecnica poteva essere considerata uno strumento, oggi sta diventando una cultura diffusa e onnicomprensiva: in questa prospettiva un dialogo tra umanesimo e tecnica è indispensabile, purché e perché non se ne resti asserviti e quindi annullati in una logica che rimarrebbe solo tecnica. La tecnica per sua natura è senza anima, senza sogno, senza quel filo di mistero che è indispensabile per la vita umana. Non tutto può essere affidato alla tecnica perché altrimenti tutto sarà affidato al mercato, a chi ha i mezzi per sviluppare la tecnica e, alla fine, alla legge del più forte: guadagno, sfruttamento diventerebbero rischi sempre più forti. Ecco perché vita e morte legate dal mistero sono indispensabili. Per un progresso scientifico sempre rispettoso della centralità dell’essere umano, per un progresso scientifico davvero “umanistico” e non legge a sé stesso».

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