La giurisprudenza del settore sembra privilegiare taluni aspetti, tra i quali, a mero titolo di esempio non certamente esaustivo, vi sono le tematiche pertinenti alle fasce di rispetto cimiteriale e quelle sulla durate delle concessioni cimiteriali, specie quando risalenti nel tempo, oppure quelle a quanto può rientrare nell’ampia categoria delle “liti in famiglia”, cioè attorno a di debba o possa disporre delle spoglie mortali delle persone defunte (ad esempio, in presenza di più sorelle/fratelli, di nozze plurime, magari con figli nati da queste ultime, ecc.).
Spesso essa tende a registrare tendenze di clutesring (addensamenti) attorno a determinati indirizzi interpretativi, ma non mancano casi in cui, nel tempo, emergono e progressivamente si irrobustiscono orientamenti in direzioni innovative rispetto ai precedenti, cosa che, in genere, avviene in modo tutt’altro che istantaneo, richiedendo il consolidarsi di un indirizzo interpretativo “nuovo” periodi anche lunghi.
Ne possono essere esempio le controversie collegate alle durate delle concessioni cimiteriali, in particolare quando sorte quanto ancora era ammesso che queste potessero essere sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato (c.d. perpetuo), scelte sempre rimesse alle regolamentazioni locali, al punto che <i>prassi</i> diffuse potevano essere percepite come “regole” di portata generale.
In questo contesto, merita di segnalarsi la pronuncia del T.A.R. per la regione Lombardia, sede di Brescia, Sez. 1^, con la sent. n. 517 del 28 maggio 2018 (accessibile, per gli Abbonati PREMIUM, alla sezione SENTENZE). Il motivo di questa segnalazione trova legittimazione in due fattori:
(a) la sentenza enuncia, distintamente, due orientamenti giurisprudenziali attorno alle concessioni sorte in regime di perpetuità, l’uno maggiormente risalente, l’altro di più recente enunciazione;
(b) l’analisi dell’evoluzione delle norme nel tempo, rispetto a ipotesi di revoca (si pensi, es., all'(attuale) art. 92 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), decadenza, estinzione, così come di soppressione di un cimitero e il “trasferimento” (si passi l’espressione) dei diritti sorti in origine in un nuovo cimitero, fermo restando che questi sono coperti da tutela se ed in quanto vi sia un titolo di prova (cioè in presenza di un regolare atto di concessione.
Appare abbastanza raro il reperimento di una tale analisi sulle modifiche alle norme, apparentemente abbastanza omogenee, dato che proprio questa analisi consente di “calibrare” lo jus superveniens.
Rimangono comunque sempre aperte le questioni collegate ad una che può essere riassunte nella domanda: “Una volta sorta una concessione cimiteriale, essa può essere interessata ad un mutamento delle “regole” cui è soggetta?“, domanda che, in alcune occasioni, ha trovato una risposta nella constatazione che, in sede di regolamento comunale di polizia mortuaria e/o di atto di concessione, sia previsto (o, non previsto) espressamente che il concessionario si assoggetta, è obbligato, è a conoscenza che (ecc., a seconda delle formule rituali impiegate) alle “regole” che potranno essere emanate in futuro, nel corso della curata della concessione. Non sempre queste “clausole” sono presenti.