Il tema delle concessioni cimiteriali date in perpetuo, allorquando l’ipotesi era ammissibile, costituisce sempre materia difficile da trattare. Anzi, in sé stessa non lo sarebbe proprio, ma l’attenzione, in molte realtà (se non in tutte, pur se con incidenza diversa) in proposito deriva dagli effetti che questi rapporti concessori determinano sulla gestione cimiteriale.
Effetti che sono emersi a mano a mano che scorreva il tempo dopo il venire meno della legittimità di questa tipologia di concessioni cimiteriali.
Con la pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 22 giugno 2023, n. 18001 (volendo si veda anche la pronuncia della stessa Sezione 3 luglio 2023, n. 18682, non dissimile), che fa seguito alla pronuncia della stessa Corte di Cassazione, Sez. Un. Civ., 27 ottobre 2020, n. 23591 (entrambe reperibili, per gli Abbonati PREMIUM alla Sezione SENTENZE) si è avuta un’ulteriore “messa a fuoco” delle questioni che affrontano questi aspetti.
“Messa a fuoco” che consiglia di attivare i VV.F. (sia permesso …) nei casi in cui gli effetti che – attualmente – conseguono alle pregresse concessioni cimiteriali date in perpetuo producono e dei quali cresce sempre più l’esigenza di trovare soluzioni sostenibili.
Proviamo ad enucleare alcune considerazioni, in particolare nella più recente delle pronunce della Suprema Corte (giudice di legittimità), volutamente tralasciando la questione del riparto di giurisdizione tra giustizia ordinaria e giustizia amministrativa.
[I] Se fino a che sia stato vigente il R.D. 21/12/1942, n. 1880 (ma anche le disposizioni previgenti a questo che avevano pari contenuto) era ammissibile che le concessioni cimiteriali fossero o a tempo determinato (senza limiti massimi di durata), oppure date in perpetuo. Tale ammissibilità è venuta meno con l’entrata in vigore del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 e, di seguito, del D.P.R. 10/9/1990, n. 285 e s.m.
[II] L’attualmente vigente art. 92 D.P.R. 10/9/1990, n. 285 e s.m. ammette, in presenza della concorrenza di talune condizioni, la possibilità di revoca (espressamente per le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, formula che fa sollevare la questione – irrisolta (almeno sotto il profilo della giustizia amministrativa) – se altrettanto valga per le concessioni date in perpetuo, laddove alcuni TAR hanno iniziato ad orientarsi (e, al momento, non si può ancora parlare di indirizzo ermeneutico costante, uniforme e consolidato) per una tale soluzione sulla base dell’asserzione per cui, altrimenti, la perpetuità celerebbe, de facto, un alienazione, incompatibile con l’assoggettamento al regime dei beni demaniali dei cimiteri).
[III] Quando un provvedimento amministrativo incida negativamente nella sfera giuridica ed economica del destinatario, questo non può avere effetto retroattivo, in applicazione del principio di legalità.
La regola per cui questo non può avere effetto retroattivo, in applicazione del principio di legalità, incontra tre limiti naturali in caso di retroattività per determinazioni volontarie, posti a tutela dell’affidamento dei terzi privati e della certezza e stabilità dei rapporti giuridici: non potrà ledere le posizioni giuridiche dei terzi; esige la preesistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’emanazione dell’atto cui si intende dare efficacia retroattiva sin dalla data alla quale si vogliono far risalire gli effetti dell’atto stesso; infine, non può eliminare i fatti avvenuti in epoca anteriore, ai sensi del noto principio secondo cui factum infectum fieri nequit.
[IV] La presenza, in alcune realtà, di concessioni cimiteriali date in perpetuo ma assoggettate, fin dall’atto di concessione, ad un rinnovo (es.: 30ennale) e a carattere oneroso non può essere generalizzata alle concessioni date in perpetuo con il versamento del canone una tantum.
[V] Dalle concessioni perpetue rilasciate in data anteriore a quella di entrata in vigore del D.P.R. n. 803 del 21 ottobre 1975 sono scaturite posizioni di diritto soggettivo che non possono essere assoggettate a una nuova disciplina peggiorativa (salvo il potere di revoca, quanto ammesso).
[VI] Il Consiglio di Stato (Cons. St. n. 5505/2002) ha avuto modo di precisare che gli obblighi del concessionario di concessione perpetua antecedenti il 1975 vanno precisati con l’atto di concessione o con la convenzione e che, l’art. 92 del D.P.R. 285 del 1992 non prevede affatto la trasformazione delle concessioni cimiteriali perpetue in concessioni a tempo determinato limitandosi, per il futuro, a stabilire che possono essere rilasciate solo concessioni a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni.
[VII] La pretesa di incidere unilateralmente sulla disciplina pattizia precedentemente stabilita in relazione all’assetto economico del rapporto tra concedente e concessionario, sostituendo alla regolamentazione stabilita al momento del rilascio della concessione perpetua una nuova disciplina, consistente nell’obbligo di pagamento di un canone periodico, sulla base di una assimilazione delle concessioni perpetue a quelle temporanee, non solo è priva di una specifica base legale, ma così operando, l’Amministrazione comunale pretenderebbe di attivare un intervento che non è destinato ad incidere sul profilo pubblicistico attinente all’an, ossia al rilascio, della concessione, bensì direttamente sul profilo convenzionale, venendo meno alla regola pacta sunt servanda, peraltro, come sopra si diceva, senza neppur invocare una specifica e pertinente delibera ma un preteso “principio dell’onerosità periodica” che secondo il Comune si applicherebbe a tutte le concessioni cimiteriali perpetue antecedenti l’entrata in vigore del D.P.R. n. 803 del 21.10.1975, a prescindere dal fatto che l’atto concessorio lo preveda espressamente o meno.
Se ne ricava che la materia non possa che trovare una soluzione, anche se essa pare, quanto meno, remota, cioè un intervento legislativo (cioè una norma di rango primario), e un intervento legislativo dello Stato in quanto, del tutto chiaramente, questa attiene alla materia dell’ordinamento civile (in cui sussiste la competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. l) Cost.) andando ad incidere su diritti soggetti perfetti.
Purtroppo, si tratta di una prospettiva amara in quanto non sembra che il Legislatore (con l’iniziale maiuscola) abbia visioni ed interessi (termini entrambi da leggersi in senso altamente positivo) in questa materia. Oppure…
Come prima cosa, segnalerei il personale dissenso dall’affermazione iniziale, laddove si usa il tempo presente (… rappresentano …), considerando che si dovrebbe usare anche il passato, così come il futuro. In particolare sul tempo passato occorre, per altro considerare, come gli effetti di quella prassi (è noto come le concessioni cimiteriali potessero essere, sia a tempo determinato sia in perpetuo, ma, al momento della c.d. fondazione del sepolcro, poteva anche essere difficile individuare gli effetti che ne sarebbero conseguiti, specie quando si trattava di numeri limitati, difficoltà di valutazione degli effetti che è persistita anche quando siano venute nel tempo a modificarsi i rapporti tra sepolture e “sepolture” in concessioni cimiteriali. Infatti, in numerose realtà, si registrano oggi (cioè a posteriori) un ampio ricorso a concessioni date in perpetuo, anche per tumulazioni individuali.
Dopo questa premessa, essendo abbastanza venuti alla luce gli effetti delle concessioni in perpetuo, si registra anche la difficoltà di intervenirvi, specie considerando come la giurisprudenza, sia amminiostrativa che si legittimità, sia tutt’altro che “netta” attorno a determinate soluzioni. A ciò va aggiunta, come del resto rilevato, anche la difficoltà di reperimento dei “titoli” (atti di concessione), non solo per la non uniforme qualità di tenuta degli archivi, ma anche per prassi che sono state oscillanti nel tempo.
Dato che ogni intervento va considerato favorevolmente, possono altrettanto favorevolmente individuarsi “strumenti”, anche amministrativi che rispondano ad esigenze di corretta gestione cimiteriale, sia a pro delle famiglie interessate, sia a prodi chi abbia il carico di assicurare la qualità, e continuità, della gestione medesima. Qualche perplessità verrebbe in relazione alla prospettazione di utilizzare l’istituto del c.d. abbandono ammonistrativo, ma solamente per la sua innovatività, preferendosi l’ipotesi della decadenza, motivabile con un abbandono (questa volta, di fatto) di sepolcri, anche se il relativo procedimento sia, o possa apparire, laborioso, temporalmente complesso e comportante il rischio che, alla fine del procedimento, l’amministrazione venga a trovarsi titolare di manufatti inutilizzabili o esposti a costi di riattamento incongrui con principi di proporzionalità.
Data la sede dell’intervento, inclusa la sua collocazione nella “categoria” denominata “Giurisprudenza”, e quindi potenzialmente strumento cui le/i frequentatrici/tori del portale Funerali.org possano fare ricorso, anche quale indirizzo, si è anche la responsabilità di non esporre, specie a chi non abbia le spalle larghe, a operazioni che poi vengano a ritorcersi, rischio maggiore nei casi in cui manchi una sufficiente conoscenza o siano presenti atteggiamenti che sottovalutino i possibili effetti che conseguano ad azioni avventate. Di cui, un’esigenza di cautela, cercando di fornire “strumenti” operativi che possano effettivamente giungere a buon fine.
La strada maestra sarebbe, ovviamente, quella di un intervento legislativo statale (dato che la materia attiene al c.d. “ordinamento civile” (art. 117, 2, lett. l) Cost.), ma realisticamente, in questa fase, si tratta di un percorso poco proponibile. Da ciò, intanto, l’esigenza di dover fare ricorso ad altri “strumenti”.
Se mi è consentita una piccola provocazione…le concessioni sub specie aeternitatis rappresentano il grande limite gestionale nella conduzione di un sistema cimiteriale, quindi sono o dovrebbero essere l’ostacolo da superare, seppur progressivamente. Ma con quali strumenti giuridici? Come sempre forma e sostanza coincidono, poichè non è casuale o indifferente la scelta di un percorso da intraprendere invece di una diversa soluzione. Qui si esercita il potere politico di indirizzo e governo nel fenomeno funerario locale e la scelta della strategia da adottare grava tutta sull’amministrazione comunale, siccome è atto che la caratterizza. Se l’obiettivo è il rientro nel pieno possesso del Comune di concessioni perpetue forse bisognerebbe esperire altri metodi di intervento, la decadenza, poco praticata, invero, per i frequenti strascichi in TribunALE, o l’abbandono amministrativo: istituto, quest’ultimo poco conosciuto perchè assai recente, ma che se recepito bene nel reg. com. di polizia mortuaria permetterebbe con procedimento ad hoc di dichiarare estinte molte, parecchie concessioni , altrimenti intangibili. Perchè allora non si fa? Temo per il costo (soldi, tempo, risorse, personale…) di tutta l’operazione e per i possibili vincoli della soprintendenza. Alla fine -paradossalmente – diventa più economico soprassedere ed adeguarsi allo status quo. Il Comune, in molte realtà, non ha contezza del proprio catasto cimiteriale, di conseguenza qualsiasi azione che non sia la forzatura d’imperio (poi giustamente cassata dai Giudici) è destinata al fallimento, o quanto meno all’…insabbiamento preventivo. Adesso le Amministrazioni sono davvero costrette ad elaborare una diversa exit strategy, perchè l’assalto frontale alla questione pare proprio non aver sortito gli effetti sperati…