A volte vi sono pronunce giurisprudenziali che non costituiscono “giurisprudenza”, come può essere la decisione su una improcedibilità di un qualche ricorso proposto, quando, nel corso del giudizio, la parte ricorrente dichiari una sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione.
Ne possono essere esempi, tra i molti, le recenti sentenze del TAR per la regione Campania, sede di Napoli, sez. III, 21 novembre 2019, n. 5463 (nella quale il ricorso si fondava su una ritenuta situazione di incompatibilità, posta dalla locale legge regionale, del contemporaneo svolgimento dell’attività funebre e il servizio di noleggio e trasporto di ambulanze), nonché stesso TAR per la regione Campania, sede di Napoli, 22 novembre 2019, n. 5526 (in cui il ricorso partiva dalla ritenuta insussistenza di requisiti per l’esercizio dell’attività funebre di altra ditta I.O.F. operante, più o meno, nei medesimi ambiti territoriali): in entrambi i casi la dichiarazione di sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione, formulata dalla parte ricorrente, non risulta argomentata nel dettaglio, anche se solleva curiosità circa quali ne siano le ragioni di fondo, curiosità che, forse, ha interessato anche il collegio giudicante, solo che si consideri come sia “principio generale del processo amministrativo che la parte ricorrente, sino al momento in cui la causa viene trattenuta per la decisione, ha la piena disponibilità dell’azione e, quindi, può dichiarare di avere perduto ogni interesse a coltivare il ricorso.
In quest’ultimo caso il giudice, non avendo né il potere di procedere d’ufficio né quello di sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell’interesse ad agire, non può che dichiarare l’improcedibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per sopravvenuto difetto d’interesse.“.
In mancanza di altri elementi non ci si avventura ad alcuna formulazione di ipotesi, ma non si può evitare di prendere atto di come, qui o là, la concorrenza tra esercenti l’attività funebre sia tutt’altro che esente da contenziosi, talora anche aspri.