Gli elementi, oggettivi e soggettivi, del reato di vilipendio delle tombe

Come è noto il Libro II, Titolo V, Capo II del C.P. è dedicato ai reati contro la pietas dei defunti, reati tra i quali è compreso quello del vilipendio di tombe.
La Corte di Cassazione, Sez. III Pen., 24 novembre 2021, n. 43093 (presente, per gli Abbonati PREMIUM nella Sezione SENTENZE) ha avuto modo di porre l’accento sugli elementi che costituiscono la fattispecie del reato considerato all’art. 408 C.P., rilevando che l’elemento oggettivo del reato consiste in un’azione di “vilipendio”, termine generico che ricomprende qualsiasi atto che esprima disprezzo “delle cose” considerate dalla fattispecie.
Dalla locuzione impiegata nell’art. 408 C.P. – diversa da quella, più ristretta e altrove dal legislatore utilizzata, di vilipendio “su cose” (cfr. art. 410 C.P.) – si ricava che possono rientrare nella condotta punibile anche semplici espressioni verbali che non ricadano sulla cosa, in modo tale da produrne una modificazione esteriore visibile.
La condotta punita dall’art. 408 C.P. – che è rilevante laddove si compia «in cimiteri o altri luoghi di sepoltura» – può avere ad oggetto «tombe, sepolcri o urne›› (non essendo necessario, a differenza della figura criminosa di cui all’art. 407 C.P., che gli stessi contengano effettivamente resti umani), oppure «cose destinate al culto dei defunti» (quali croci, cappelle, immagini, lampade, fiori e tutti gli oggetti finalizzati a ricordare il defunto), ovvero cose destinate «a difesa o ad ornamento dei cimiteri», quali muri, porte, monumenti simbolici, piante dei viali.
Si tratta, dunque, di un delitto posto a tutela del rispetto del luogo di sepoltura e delle cose mortuarie, piuttosto che della riverenza del defunto in sé, e, quanto all’elemento soggettivo, il reato è punito a titolo di dolo generico, sicché basta la coscienza e volontà del vilipendio delle cose di cui si è detto, insieme con la consapevolezza del particolare carattere del luogo (cimitero o altro luogo di sepoltura).
Conseguentemente, è penalmente irrilevante il movente dell’azione e non occorre l’intenzione di offendere la memoria di un determinato defunto, così che commette il reato di vilipendio di tombe chi distrugge i fiori appostivi da altri, anche se l’autore della condotta non voleva offendere il defunto, intendendo protestare contro colui che aveva collocato i fiori (Cass. 10/11/1952, Serena).

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Sereno Scolaro

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