E’ ben noto come fino all’entrata in vigore del dPR 21/10/1975, n. 803, le norme, variamente succedutesi, in materia ammettessero che le concessioni di aree cimiteriali, al fine di realizzarvi sepolcri privati nei cimiteri potessero essere fatte sia a tempo determinato (e senza che le norme stesse ne ponessero un limite temporale) oppure a tempo indeterminato (o, altrimenti, in perpetuo. Il mero fatto di aversi una concessione cimiteriale sorta nel tempo, magari oggi considerabile come lontano (anche se la percezione del tempo costituisce un elemento soggettivo), non consente di qualificarla, di per sé stesso, come perpetua: occorre sempre verificare quali siano in proposito le previsioni del regolare atto di concessione o, se questo sia silente, quali siano state le disposizioni del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria vigente al momento del sorgere della singola concessione cimiteriale.
Se all’origine l’eventuale perpetuità delle concessioni cimiteriali poteva essere valutata come di lieve incidenza, magari anche a motivo del loro ridotto numero, nel tempo si sono venute a constatare quanto le perpetuità delle concessioni cimiteriali costituissero fattori di criticità, tanto più che in numero crescente di casi, spesso sono alla base delle situazioni di abbandono dei sepolcri.
Le modifiche apportate in proposito dal citato dPR 21/10/1975, n. 803 hanno teso a fornire, per il futuro, una risposta a queste situazioni, precedendo che, a certe tassative condizioni, potesse provvedersi alla revoca delle pregresse concessioni i cui termini di durata non fossero quelli così individuati.
Le criticità delle concessioni perpetue ha portato molte realtà ad intervenire, utilizzando il veicolo del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria, a “trasformare” le concessioni perpetue in concessioni a tempo determinato, dando origine a contenziosi in sede di giustizia amministrativa che abbastanza costantemente hanno dichiarato illegittima questa “trasformazione”. Senza citare le numerose pronunce, ci si limita a richiamare quella del TAR Basilicata, Sez. I, n. 550 del 7/8/2018, reperibile, per gli Abbonati PREMIUM nella sezione SENTENZE), per il fatto che in essa è del tutto esplicita la presa d’atto per cui la “perpetuità” della concessione non ha trovato ulteriore disciplina dai successivi (rispetto a quelli del 1891, 1892, 1942) regolamenti (nazionali) di polizia mortuaria, i quali, nel disporre la durata a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo, delle concessioni, hanno statuito che le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del d.P.R. 803/1975, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune (il quale è definito dall’art. 58 dPR 10/9/1990, n. 285, escludendo le superfici considerate al succ. art. 59) e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero.
Il punto è che si sono costituite posizioni di diritto soggettivo che potrebbero essere rimediate solo con una – espressa – disposizione di norma di rango primario.