Il Consiglio di Stato, Sez. II, 12 aprile 2021, n. 2946 (reperibile per gli Abbonati PREMIUM nella Sezione SENTENZE) è intervenuto ancora una volta sul tema dei diritti fissi, considerati dall’art. 19, commi 2 e 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, ponendo l’accento sul fatto che tale istituto non contrasta con l’avvenuto superamento dell’istituto della c.d. privativa nei trasporti funebri, ma – trattandosi di un servizio pubblico locale – non ha riguardo al trasporto funebre in quanto tale, all’autorizzazione al trasporto stesso, dal momento che si colloca in un più ampio quadro normativo, secondo il quale, all’autorizzazione al trasporto della salma, deve altresì aggiungersi l’autorizzazione al seppellimento.
Di qui la presa d’atto che diritto fisso per il trasporto funebre costituisce all’evidenza una tassa per servizi indivisibili, che sono a carico della finanza locale, attraverso i cespiti dell’art. 149, comma 4, lett. c) T.U.E.L., norma che legittima la persistenza di vigenza dell’art. 19, commi 2 e 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
La pronuncia è stata originata da un contenzioso attorno ad una “convenzione” liberamente sottoscritta e sue clausole contrattuali, che, per altro, poco hanno a che vedere con i principi enunciati dalla pronuncia giurisprudenziale.
Questo ultimo rinvio normativo risulta decisamente importante, dal momento che la pronuncia non solo riconferma, per l’ennesima volta, la vigenza della disposizione e la persistenza della sua legittimità, ma ricorda altresì quale sia il contesto di riferimento dei connessi cespiti di entrate, come è nell’ordine naturale delle cose, ma anche il fatto che affermare, che date prestazioni appartengano a quella che è la c.d. fiscalità comunale, non significa proprio (anzi!) che questa difetti di cespiti di entrata.
In altre parole, si torna al concetto per cui le prestazioni, ancorché obbligatorie, costituiscono un onere, che deve trovare corrispettivo.