Don Bruno Cescon, direttore del settimanale diocesano “Il Popolo” di Pordenone, getta acqua sul fuoco delle polemiche conseguenti al rifiuto alle esequie in Chiesa per una urna cineraria. Il caso finito sui giornali della zona, è avvenuto in una frazione di Pordenone. Si tratta di una donna svizzera di origini friulane, deceduta a Sargans in Svizzera; in quel luogo è stata effettuata la cremazione, anche per evitare, poi, problemi di carattere burocratico e quindi in Italia sono giunte solo le sue ceneri. “Corrisponde al vero – afferma Don Bruno Cescon – che non si celebrano le esequie con l’urna presente all’interno della Chiesa, ma questo per un retaggio del passato, che interpretava la cremazione come un atto anti-religioso. È una disposizione che non vale solo nella Diocesi di Pordenone, anzi è presente in gran parte delle Diocesi italiane. Credo, in ogni caso, che possa essere superata”. Il diritto canonico, infatti, stabilisce il divieto alle esequie nel caso in cui sia interpretabile una volontà anti-religiosa o di sprezzo della religione da parte del defunto. Nel caso della cremazione sono rimaste, nelle consuetudini, le esperienze storiche dell’Ottocento, quando il bruciare i corpi era considerato un oltraggio alla Chiesa cattolica. Da qui le disposizioni che proibiscono la presenza delle urne cinerarie in chiesa, ma non impediscono la celebrazione dei funerali di una persona che ha espresso la volontà di farsi cremare. Generalmente, infatti, la cerimonia religiosa viene effettuata alla presenza della salma, che viene quindi portata all’ara crematoria per procedere alla trasformazione in polvere. Ceneri che, contenute nelle urne, vengono poi sepolte in cimitero.
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