Il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. concerne il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
Poiché i cimiteri presentano, frequentemente, caratteristiche di monumentalità, di valenza storico-artistica, tale da ricondurli spesso nell’ambito di applicazione delle disposizioni del “Codice”, si segnala come la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto, a ciò interpellata da un comune, abbia formulato un proprio parere (con nota prot. n. MBAC-DR-VEN-DIR-UFF 0016515 del 23 settembre 2013, indirizzata, per conoscenza, anche alle Soprintendenze dipendenti dalla Direzione regionale, nonché all?ANCI regionale) con il quale si formulano indirizzi comportamentali per quanto concerne l’interno dei cimiteri, gli arredi tombali e le tombe in genere.
Il risultato è che in un cimitero che abbia caratteristiche di monumentalità:
a) si può tranquillamente procedere ad operazioni di inumazione e di esumazione da campo comune, senza nessun Nulla Osta preventivo della Soprintendenza;
b) ordinariamente, per la tempistica delle esumazioni ordinarie non si ravvisano nemmeno elementi per conservare eventuali arredi votivi (suppellettili o altro) presente sulle tombe in campo comune . In caso di estumulazione e per esumazione da concesisoni di lunga durata, occorrerà invece prestare attenzione. Di seguito il passo del parere della Soprintendenza:
gli arredi votivi di cui al precedente punto (i), intendendosi ascrivibili a tale categoria i monumenti o ricordi funebri, le lapidi, le iscrizioni e ogni altro manufatto o cosa realizzato o posta in opera per commemorare i defunti, siano essi o meno di ragione dei soggetti elencati all’ art. 10, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, sono destinatari senz’altro, rispettivamente, della verifica di culturalità di cui al successivo art. 12 ovvero della dichiarazione di cui all’art. 13, a condizione gli stessi posseggano l’interesse di cui al succitato art. 10, commi 1 e 3, e non rientrino nelle esclusioni di cui al successivo comma 5 del medesimo articolo, ovvero quando siano ” opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili” (cose di ragione “pubblica”) o, con riferimento al comma 3, lettera a), quando ” siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad altri cinquanta anni” (cose di ragione “privata”).
Un caso particolare di assoggettamento alla tutela è rappresentato, infine, dal cosiddetto interesse “storico-relazionale” di cui al comma 3, lettera d), del sopraccitato art. 10, il cui accertamento presuppone un provvedimento amministrativo espresso (quale che ne sia la proprietà), svincolato dalla sussistenza dei requisiti “oggettivi” più sopra richiamati.
E infine vine poi specificato:
il combinato disposto dagli articoli 11, comma 1, lettera a) e 50, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, le quali, nell’assoggettare alle disposizioni espressamente richiamate “gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici” ne vietano, senza l’autorizzazione del Soprintendente, il “distacco”.
La formulazione della norma in esame, nel consentire di restringerne la destinazione ai manufatti sepolcrali ascrivibili alla categoria delle “costruzioni” propriamente dette (cappelle o tombe familiari) rende opportuna, in tutti i casi di rimozione, una preventiva comunicazione al Soprintendente, preordinata a conoscere l’effettiva sussistenza della necessità del rilascio della predetta autorizzazione e, nell’affermativa, ad ottenere l’autorizzazione