Indubbiamente a SEFITDIECI edizione 2013 sono tre le principali questioni che sono emerse:
1) le risorse per la gestione dei cimiteri stanno finendo, complice da un lato la crescita della cremazione e la crisi economica (calano gli introiti da concessione di loculi e tombe) e dall’altro il sistema di contabilità cimiteriale. E’ Antonio Dieni che riassume con lo slogan “1 ne entra nei cimiteri e 100 ci restano” il succo della questione. Ogni anno per ogni morto che viene sepolto ve ne sono almeno 100 che sono già stati sepolti in passato e per i quali le risorse mancano o per scelte tariffarie sbagliate di un tempo (si veniva dalla gratuità di sepolture e trasporti funebri) o per il sistema di contabilizzazione attuale (la questione dei ratei) o ancora perché quelle risorse il comune le ha usate per realizzare altre opere di pubblica utilità e in piena crisi economico finanziaria i cimiteri non riescono più a stare in piedi. “Occorre inventarsi una qualche soluzione e la compartecipazione alla service tax è una strada credibile”.
2) SEFIT cambia strategia, nella consapevolezza che “in tutto questo turbinio di norme il sistema dei servizi pubblici locali è sostanzialmente
apparso passivo, sulla difensiva, quasi si sentisse senza più scopi per intervenire nella società”, per dirla con le parole dell’ing. Daniele Fogli, che ha proseguito la sua esposizione così: “E’ ora il momento di passare all’attacco. Appare sempre più che a credere nel servizio pubblico locale è rimasto soprattutto il cittadino che lo usa (visto l esito referendario)”. E poi ha calato la idea forte: “È in questo contesto che alcuni studiosi hanno ipotizzato una nuova forma di gestione del servizi pubblici locali, particolarmente interessante per il settore funebre e cimiteriale, ma che potrebbe essere di esempio anche per altri settori.
Ciò deriva dalla considerazione che esiste una tipologia di servizi pubblici locali con caratteristiche a metà strada tra quelle spiccatamente industriali (come ad es. il gas e
l energia, i trasporti pubblici e ora anche l igiene urbana) e quelle fortemente sociali e che il settore funerario si collochi proprio in questo settore intermedio, a cavallo tra
concorrenza e monopolio, con forti connotazioni moralizzatrici e calmieratrici. E così è nata l idea delle imprese collettive, cioè imprese che abbiano una forte
connotazione sociale e che si radichino nel territorio, coinvolgendo nella gestione i lavoratori e la cittadinanza interessata ad entrare nel capitale, ma non solo.
Politiche tariffarie e modalità gestionali per minimizzare gli sprechi, limitare l utile ad un giusto livello, riversare parte di esso in miglioramento dell impresa e dei servizi erogati. I capitali del Comune, possono servire probabilmente nella fase iniziale, ma poi dovrebbero cedere il passo, per ridursi a entità percentuali mai di controllo.
Inoltre l idea principe è quella che non ha senso l applicazione del Patto di stabilità, le limitazioni operative (in particolare per il personale), a queste tipologie di imprese
collettive, se garantiscono di avere bilanci sani e quindi in utile (in un arco di tempo predeterminato).
Imprese collettive che facciano da volano per un processo aggregativo di scala territoriale sovra comunale, tendenzialmente con bacino di riferimento quello dell ASL.”
3) La tavola rotonda finale (presenti Lapini per la FIC, Bosi per Feniof, Caciolli per Federcofit, Ronca per Asnaf&As, oltre ai padroni di casa di Sefit con Dieni) ha evidenziato un compattamento tra le componenti private e una evidente differenziazione tra queste e le componenti pubbliche (SEFIT) e solidaristiche (FIC). Chi ascoltava, man mano che si chiarivano i ruoli, ha potuto distintamente percepire l’allontanamento dalla possibilità di avere un consiglio unitario della funeraria (anche se non si è escluso, sul finire, un tentativo di chiarimento in ambito ristretto), con Lapini che “vuol andare a vedere”. Sono grandi le differenze di vedute, con l’imprenditoria funebre disposta solo a concedere ai gestori pubblici (e poi e poi … ) i cimiteri, mentre su tutto il resto è l’iniziativa privata che intende dispiegare il proprio mantello. Feniof e soprattutto Federcofit richiamano alla parità di regole tra pubblico e privato, protestano per la mancanza di controlli da parte dei comuni che così lasciano che imprenditori funebri senza scrupoli facciano una concorrenza impropria. In un modo o nell’altro le colpe sono sempre del settore pubblico. E l’invito al tavolo del consiglio unitario della funeraria è sembrato più una foglia di fico per coprire scelte preconfezionate. Una risposta piccata (sui tentativi egemoni della coppia Feniof-Federcofit) del sempre misurato Sereno Scolaro ha dato proprio l’impressione che la misura fosse colma, tanto che Antonio Dieni, un pò moderatore (e per questo considerato una colomba) e un pò partecipante alla tavola rotonda, ha dovuto smorzare i toni che nel frattempo si erano alzati anche con interventi dal pubblico. E’ ormai abbastanza chiaro che sussistono due strategie diverse, in cui il pubblico difende a spada tratta i monopoli di legge (cimiteri e crematori), vuol mantenere una capacità di movimento ampia nella cerimonialità (case funerarie, luoghi del commiato) e nel funebre (perché solo l’imprenditoria funebre pubblica ha creato vere e proprie occasioni di concorrenza e calmeire sui prezzi, mentre in quella tra privati o vi è un facile approdo a cartelli o si dispiega, talvolta, in forme di controllo truffaldino di camere mortuarie, ecc.). E dall’altra l’imprenditoria funebre che sfruttando anche il periodo di crisi economico finanziaria del settore pubblico, intende occupare ogni spazio possibile.
L’annuale incontro della SEFIT si è concluso tra mugugni e persone che man mano abbandonavano la sala per non perdere i treni. Difficile pensare che si creino condizioni collaborative future con un contesto così sfilacciato. Sembrava quasi che l’aria della crisi parlamentare e quella che di Governo, che si sarebbe consumata dopo qualche ora, stesse aleggiando nelle stanze romane della sede di Federutility SEFIT. Anche qui falchi e colombe a fronteggiarsi!